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L’ALLEANZA TRA RUSSIA E SIRIA

LA STORICA ALLEANZA TRA SIRIA E RUSSIA 

Dopo aver analizzato i 4 articoli di analisi sul back-ground storico-politico della Siria ( Siria 1Siria 2 Siria 3Siria 4 ), ed aver illustrato le premesse e gli sviluppi della rivoluzione siriana, considerandone nello specifico i maggiori gruppi di opposizione e gli interessi dei paesi stranieri coinvolti nella guerra civile siriana, approfondendo, tra l’altro, i turbolenti rapporti tra Siria e USA, adesso passiamo all’analisi della storica alleanza tra Siria e Russia.

I rapporti tra Russia e Siria sono antichi e persistono tutt’oggi, le prime influenze russe risalgono all’epoca sovietica, quando Mosca patrocinò la nascita del Partito Comunista siro-libanese, anche se la vera svolta si registrò nel 1944, quando i russi sostennero il processo di indipendenza della Repubblica di Siria, consentendole di sganciarsi dal controllo coloniale francese. L’URSS, tra l’altro, ebbe un ruolo determinate nella formazione del neo-nato esercito siriano, contribuendo alla formazione dei primi ufficiali, istruiti in conformità con gli standard sovietici, come nel caso dell’ex presidente Hafiz al-Assad, addestratosi in Russia con i primi Mig-17.

 

( Breznev e Assad )

 

L’appoggio americano alla nascita di Israele, indusse i siriani a ricercare le forniture militari sovietiche, rigettando fermamente l’ipotesi di adesione al Patto di Baghdad, una coalizione di paesi arabi filo-americani, intenzionati a contrastare l’influenza comunista in Medioriente. I rapporti tra Siria e URSS si consolidarono ulteriormente dopo la Crisi di Suez, quando i russi minacciarono di intervenire in soccorso dell’Egitto di Nasser. La crescente influenza sovietica nella regione, interessò in particolar modo la Siria, nonostante la lunga serie di colpi di stato, d’altronde l’alleanza con i sovietici permetteva al potente establishment militare sostanziose forniture militari e cospicui finanziamenti, indispensabili per sostenere l’intricata realtà politica interna ed esterna.

I COMUNI INTERESSI STRAATEGICI 

L’influenza sovietica in Siria risultò senza dubbio maggiore di quella ravvisabile in Egitto, non a caso le forniture che i sovietici indirizzavano ai siriani pur essendo quantitativamente inferiori a quelle egiziani, erano solitamente più moderne. I limiti quantitativi che i russi ponevano alle forniture militari siriane, erano probabilmente dovute alla volontà di non sconvolgere gli equilibri di forza con Israele, abitato da molti ebrei di origine russa, spesso riconducibile ad una forma mentis marcatamente socialista, se non proprio atea. Malgrado il Partito Comunista Siriano fosse marginale all’interno della politica siriana, l’URSS riuscì comunque ad influenzare il corso politico siriano, intrattenendo proficui rapporti con i leader del Partito Baath, da Jadid ad Assad.

Negli anni 70, durante la Presidenza Assad, l’Unione Sovietica otterrà il permesso di allestire nel Porto di Tartus, una base navale di appoggio alle missioni mediterranee della flotta del Mar Nero. I solidi rapporti tra la Siria e l’URSS si deteriorarono solo durante l’era Gorbaciov, quando i sovietici cominciarono a ridurre considerevolmente le forniture militari, invitando i siriani ad abbandonare il concetto di parità strategica con Israele, inducendo Damasco ad intavolare trattative di pace definitive. Tuttavia l’invito sovietico indusse i siriani a ricercare nuovi fornitori militari come la Cina e la Corea del Nord. Solo con l’avvento della presidenza Putin, i rapporti tra la Russia e la Siria del neo-presidente Bashar al-Assad si riassestarono, consentendo la stipula di un accordo bilaterale che condonava il 75% del debito siriano contratto ai tempi dell’URSS, convertendo parte dell’importo in nuove commesse militari.

( Assad e Putin )

IL PRAGMATISMO RUSSO NELLA CRISI SIRIANA 

Nel 2011, l’esplosione della crisi siriana catalizza l’attenzione della comunità internazionale, in particolar modo stati occidentali come gli USA, la Francia ed il Regno Unito richiederanno a più riprese l’intervento del Consiglio di Sicurezza ONU, incontrando regolarmente il veto russo, accompagnato da quello cinese. La Russia seppur preoccupata dalla crisi siriana, mantenne un approccio pragmatico e contiguo al governo baathista del presidente Assad, garantendogli un efficace scudo diplomatico. La posizione russa in merito alla crisi siriana, si sviluppò in modo antitetico a quella occidentale, considerata deleteria e destinata ad aggravare il caos politico mediorientale, innescato dal disastroso, quanto illegale, intervento americano in Iraq.

La mancata collaborazione russa alle iniziative promosse dall’occidente, è stata verosimilmente dovuta alla loro controversa interpretazione della Risoluzione ONU 1973, ottenuta e distorta in modo da sostenere deliberatamente l’avanzata delle milizie ribelli libiche, agevolando il rovesciamento del governo guidato da Gheddafi, sebbene la stessa risoluzione autorizzasse una “no fly zone”, finalizzata alla protezione dei civili. Dinnanzi alla palese inaffidabilità occidentale, nel fuorviare i limiti che il mandato del Consiglio di Sicurezza imponeva nella gestione della crisi libica (tutt’oggi irrisolta), i russi adottarono un atteggiamento estremamente critico nei confronti delle loro risoluzioni diplomatiche. A queste considerazioni politiche, ben presto si aggiunse la preoccupante similitudine tra gli sviluppi della crisi libica e la crisi siriana, entrambe riconducibili ad una regia islamista, decisamente estranea alle rivendicazioni democratiche propagate dai mass-media.

Tralasciando la sfera politica, i russi hanno sostenuto la legittimità del governo siriano guidato da Bashar al-Assad, solo dopo aver vagliato attentamente il potenziale militare siriano, rivelatosi ben più solido di quello libico, e per tanto considerato idoneo a ripristinare l’ordine interno, minacciato dal controverso fronte ribelle, compromesso con l’islamismo radicale jihadista. Le critiche occidentali alle forniture militari indirizzate all’esercito siriano, vennero nettamente respinte dalla Russia, contestando le medesime accuse a molti paesi arabi ed occidentali, coinvolti in molti programmi di sostegno militare al fronte ribelle, compresi quelli contigui al terrorismo jihadista. Tra l’altro, il presidente russo Putin non ha mancato di evidenziare l’irresponsabile condotta americana nella regione, sprofondata nel caos proprio in conseguenza del loro approccio unilaterale alle crisi globali, inoltre il leader del Cremlino non manco di contestare il ricorso strumentale dei pretesti democratici, in realtà mirati a legittimare il rovesciamento di governi ostili alle loro mire egemoniche globali.

La prima fase del conflitto siriano, venne trattata dal governo russo con estremo pragmatismo, sostenendo gli le iniziative diplomatiche mediate dall’ex segretario generale ONU, Kofi Annan, i cui risultati vennero comunque vanificati dalla ritrosia ribelle a dialogare con il governo baathista guidato da Bashar al-Assad, inoltre come se ciò non bastasse tra le fila ribelli si cominciò a registrare l’anomala presenza di foreign fighters provenienti da alcune ex-repubbliche sovietiche, il cui ritorno avrebbe verosimilmente compromesso il precario ordine raggiunto recentemente nel Caucaso russo.

L’INTERVENTO MILITARE RUSSO IN SIRIA 

Dinnanzi all’indisponibilità del fronte ribelle a negoziare una soluzione politica, i russi decisero di intervenire militarmente, accogliendo la richiesta di soccorso del governo di Damasco, contribuendo ad alleggerire notevolmente la pressione militare che gli insorti esercitavano sull’esercito siriano. L’intervento russo si concretizzò repentinamente, approntando una base aerea nei pressi della roccaforte Alawita di Latakia, dove vennero rapidamente dislocati un largo numero di mezzi aerei, coperti da un efficace scudo aereo. L’efficacia delle operazioni aeree russe in Siria, venne inoltre agevolata dalla concessione dello spazio aereo iraniano, che permise all’aviazione di Mosca l’uso dei suoi bombardieri strategici. Tra l’altro, l’azione russa in Siria è servita anche per saggiare le capacità militari post-sovietiche, dopo i massicci investimenti che la presidenza Putin ha dirottato alla difesa. Nello specifico i russi hanno avuto modo di constatare le qualità del nuovo caccia-bombardiere Su-34 e del moderno caccia Su-35, passando per i missili cruise Kalibr.

( Marina russa opera con i missili Kalibr )

Nel giro di qualche mese, l’intervento militare russo riuscì a ribaltare le sorti del conflitto siriano, puntellando il governo baathista del presidente Assad e supportando la controffensiva dell’esercito nel nord del paese, culminata con la riconquista della città di Aleppo, il secondo centro urbano più importante della Siria. Dopo la presa di Aleppo, i siriani si lanciarono alla conquista delle remote regioni desertiche orientali, sottraendole progressivamente al controllo dell’Isis, seppur in coabitazione forzata con le milizie kurde filo-americane.

PROSPETTIVE STRATEGICHE MEDIORIENTALI 

La Russia risulta tutt’oggi un mediatore fondamentale tra le ambizioni irredentiste kurde ed il governo di Damasco, verosimilmente Mosca ha esercitato pressioni politiche sui i baathisti, affinché considerassero la concessione di una forma di autonomia alle comunità del Rojava kurdo. La Russia, infatti, durante l’epoca sovietica ha intrattenuto solidi rapporti con le organizzazioni kurde di estrazione marxista, come il PKK, da cui derivano le odierne milizie YPG. Tuttavia la dissoluzione dell’URSS, ha indotto i kurdi ad allinearsi sulle posizioni americane, partecipando attivamente alla deposizione del presidente irakeno Saddam Hussein.

La fine della guerra fredda ha infatti comportato una paradossale inversione dei poli geopolitici, tutt’oggi in atto, trascinando molti alleati del blocco sovietico dalla parte degli USA e viceversa, dai kurdi passati armi e bagagli sotto l’influenza di Washington, alla Turchia e l’Egitto, sempre più prossimi alle posizioni di Mosca, tornata prepotentemente sulla scena internazionale. La risoluta politica estera approntata dal presidente Putin ha contribuito alla restaurazione del potenziale internazionale della Russia, tornata a sfidare l’egemonia globale americana. La sfida che i russi oggi si apprestano a lanciare agli USA non ha pretese egemoniche, ma risulta essenzialmente mirata all’instaurazione di un ordine internazionale multipolare, che costringa gli americani a condividere le responsabilità globali, con attori preminenti come la Cina, l’India, il Brasile e l’Unione Europea.

La prossima conclusione del conflitto siriano, sembra prefigurare una clamorosa vittoria strategica della Russia, che conserva ed amplia la propria presenza militare in Siria, anche se una volta archiviato il conflitto, ci si ritroverà inevitabilmente a gestire un paese frammentato ed altamente instabile, su cui incombe la prospettiva di una sempre più probabile secessione del Rojava, verosimilmente destinato ad integrarsi con il Kurdistan irakeno, gettando le basi di un futuro stato kurdo indipendente, incastonato in pieno Medioriente e soggetto all’influenza americana. I russi hanno compreso la portata geopolitica questione kurda, innescata dall’intervento americano in Iraq del 2003, evento che va considerato come il primo capitolo di un piano sostanzialmente finalizzato alla rettificazione dei confini geografici formalizzati dagli Accordi Sykes-Picot.

LA SFIDA RUSSA ALL’ORDINE EGEMONICO USA

La crisi siriana rappresenta il secondo capitolo di questo nuovo “grande gioco”, i cui prossimi capitoli coinvolgeranno sicuramente la Turchia e l’Iran, non necessariamente in quest’ordine, paesi dove si riscontra la presenza di una nutrita comunità kurda, pronta ad insorgere contro i rispettivi governi. Queste premesse strategiche stanno coagulando attorno alla Russia, il consenso di molti stati mediorientali, stanchi di subire i caotici effetti dell’intraprendente politica regionale americana. Il crescente favore che la Russia incontra in Medioriente, si lega alla necessità di riequilibrare gli equilibri di forza nella regione, non a caso nell’ultimo periodo le esportazioni militari russe nell’area sono aumentate esponenzialmente. Oltretutto la presenza di Mosca nella regione mediorientale sembra rassicurare anche Israele, giacché la sua presenza militare in Siria impedisce all’Iran di acquisire la “golden share” sul governo di Damasco.

Per i paesi arabi risulta semplice interagire con un paese pragmatico come la Russia, del tutto estraneo alla retorica democratico-umanitaria che gli Stati Uniti strumentalizzano per sostenere le loro ambizioni egemoniche globali. La Russia conosce la strategia americana, perché ne è stata l’antesignana, infatti durante l’epoca sovietica l’establishment russo perseguiva la propria egemonia globale promuovendo la diffusione del modello comunista, così come oggi gli USA promuovono il loro modello liberal-democratico turbo-capitalista.

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