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CONOSCIAMO LO YEMEN (1° Parte)

APPROFONDIMENTO SULLA REALTA’ YEMENITA
In questo nuovo capitolo della serie “Conosciamo…” proveremo a conoscere, come già fatto con la Siria e la Corea, lo Yemen, un altro paese teatro di una crisi internazionale, che a differenza dei primi due risulta sostanzialmente marginalizzata dai media mainstream, nonostante la gravissima crisi umanitaria derivante a cui la stessa comunità internazionale dimostra di essere poco sensibile. Ebbene, come nostro consueto, prima di analizzare l’attuale crisi, proveremo ad analizzare il background storico, politico e culturale di questo paese, di cui effettivamente molto poco si conosce.

CENNI GEOGRAFICI

Per quanto poco si conosca dello Yemen, la sua collocazione geografica lo rende uno dei paesi più strategici del mondo, poiché si affaccia sul Mar Arabico e sul Mar Rosso, tratti di mare collegati dal Golfo di Aden e che si congiungono in prossimità dello Stretto di Bab el-Mandeb, dove ogni giorno transitano decine di milioni di barili di petrolio imbarcati su petroliere dirette verso i voracissimi mercati occidentali, a cui accedono oltrepassando il famoso Canale di Suez, la porta d’accesso al Mar Mediterraneo. Lo Yemen si trova pertanto all’estremità meridionale della penisola araba, confinando con soli due paesi, l’Arabia Saudita a nord e l’Oman a est. La capitale dello Yemen è Sana’a, un’antichissima città collocata nell’entroterra yemenita, che la tradizione vuole fondata da Sem, uno dei figli del patriarca biblico Noè, il ché basta a rendere lo Yemen una delle culle dei popoli semiti. La popolazione yemenita conta circa 28 milioni di abitanti, sostanzialmente riconducibili all’etnia araba, con piccole comunità di estrazione africana che tuttavia non superano il 5% della popolazione, che per la cronaca, e al netto delle pessime condizioni economiche, da anni cresce sul piano demografico. Parallelamente alla capitale Sana’a, dove abitano circa 2 milioni di abitanti, troviamo altri popolosi centri urbani come Ta’izz, Hodeida e Aden, che si affacciano rispettivamente sul Mar Rosso e sul Golfo di Aden.

La religione prevalente nello Yemen è quella musulmana, per il 65% riconducibile alla confessione sunnita, e per il 35% a quella sciita, concentrata nelle aree nordoccidentali, infine va segnalata la ormai scomparsa presenza delle minoranza ebrea, trasferitasi in Israele dopo l’inizio dei conflitti arabo-israeliani, mentre numericamente marginale risulta la presenza cristiana, con dati che oscillano tra i 25.000 e i 40.000. Analizzando il contesto religioso yemenita, vale la pena approfondire la realtà islamica sciita locale, riconducibile sostanzialmente alla setta zaydita che prende il nome da Zayn al-Abidin, un nipote di Maometto divenuto 4° imam e leader della rivolta contro l’ascesa della dinastia omayyade alla guida del califfato islamico. Nonostante la comune appartenenza alla confessione sciita, gli zayditi sostengono che i leader della comunità islamica non debbano necessariamente essere discendenti di Alì, uno dei parenti più prossimi a Maometto. Una delle peculiarità degli zayditi sta nella facoltà di revocare l’autorità degli imam ritenuti incapaci di difendere la comunità islamica dai nemici, tratto distintivo che rende questa setta particolarmente politicizzata, e le ricorrenti faide interne lo stanno a dimostrare.

Yemen capitale Sana'a
( Uno scorcio di Sana’a la storica capitale dello Yemen )

La lingua ufficiale dello Yemen, come è logico pensare, è l’arabo, da cui derivano molti dialetti tribali locali, ad ogni modo, soprattutto nelle regioni meridionali costiere l’inglese è abbastanza conosciuto delle élite commerciali del paese, storicamente legate ai loro trascorsi coloniali britannici. L’economia yemenita non è particolarmente sviluppata, e dipende sostanzialmente dagli aiuti internazionali, giacché la realtà economica interna rimane una realtà prevalentemente rurale, particolarmente esposta alle ricorrenti crisi idriche, mentre il settore estrattivo, a differenza dei suoi vicini regionali, conta riserve petrolifere alquanto limitate, che costituiscono circa il 90% delle esigue entrate del paese. Fino all’inizio della crisi politica del 2015, lo Yemen era una Repubblica presidenziale, oggi guidata da Mansur Hadi, la cui presidenza è attualmente contestata dai ribelli Houthi. Una delle peculiarità del sistema politico yemenita è quella di riconoscere diritti politici solo ai cittadini di fede islamica.

ORIGINI DELLO YEMEN E RETAGGI RELIGIOSI

Le popolazioni autoctone dell’odierno Yemen si sono distinte per le loro capacità ingegneristiche, costruendo la diga di Ma’rib, una delle dighe più antiche del mondo, con cui sono riusciti nell’impresa di razionalizzare le scarse risorse idriche della regione arabica, attorno a cui l’allora civiltà sabea sviluppò una delle più floride realtà agricole del tempo, tanto da essere identificata dai romani come Arabia Felix, per via della sua prosperità economica, derivante anche dallo strategico porto commerciale di Aden, particolarmente attivo nei traffici verso le Indie. La prosperità economica sabea, come già detto, attirò le attenzioni dei romani, che malgrado l’impegno profuso non riusciranno ad assumere il controllo del sud della penisola araba. A partire dal 300 D.C. la civiltà politeista sabea iniziò ad essere influenzata dalla tradizione ebraica, addirittura intorno ai primi anni del 500 D.C Dhu Nuwas, il sovrano hymairita dell’epoca, decise di convertirsi all’ebraismo, distinguendosi per la feroce persecuzione della comunità cristiana yemenita, suscitando lo sdegno dell’Impero Bizantino, che reagì attaccandolo insieme agli etiopi. L’eccidio perpetrato dai sabei ebrei a danno della comunità cristiana locale fu forse uno dei primi conflitti interreligiosi sviluppatesi all’interno della penisola araba, evento che tra l’altro influenzò particolarmente la cultura locale, tanto da essere menzionato e condannato all’interno del corano islamico qualche decennio dopo. Successivamente alla sconfitta di Dhu Nuwas, i sabei cristiani tornarono a vivere in sicurezza, mentre intanto l’influenza bizantina cominciava a cedere il posto ai persiani dell’Impero Sasanide, che presero il progressivamente il controllo della strategica città di Aden, mentre nel resto degli odierni territori yemeniti numerosi clan e tribù continuarono ad amministrarsi autonomamente, almeno fino alla conquista da parte degli Omayyadi.

Intorno al 630 D.C. i clan e le varie tribù yemenite cominciarono ad aderire più o meno spontaneamente all’islam, agevolando la cacciata dei persiani sasanidi dalla penisola araba, tollerando invece la presenza cristiana ed ebrea, dietro pagamento della “Jizya”, un’apposita tassa che garantiva l’incolumità dei non musulmani che appartenevano ad un culto monoteista, di cui rispettavano la fedeltà ai testi biblici, tanto da riconoscerli come “Popoli del Libro”. Successivamente all’ascesa dell’islam, un numero considerevole di ebrei cominciò a convertirsi alla nuova religione, spesso per liberarsi dei vincoli politici che gravavano sui non musulmani, a cui erano preclusi i ruoli di potere.
La religione islamica influenzerà pesantemente il corso storico-politico yemenita, soprattutto dopo lo scisma derivante dalla lotta per la successione alla guida del califfato, che polarizza tutt’oggi sunniti contro sciiti. La disputa tra sunniti e sciiti è stata accompagnata anche dalla nascita della setta kharigiti ibaditi, una corrente islamica intermedia alle due confessioni principali, su cui vale la pena approfondire. Nello specifico, i kharigiti ibaditi erano sostenitori del 4° califfo Alì, il primo imam sciita, che tuttavia abbandoneranno quando questi accetterà di scendere a patti con quello che successivamente deverrà il primo califfo omayyade (Muʿawiya). Gli ibaditi sono riconducibile ad una tradizione islamica piuttosto moderata e pacifica, è sostengono che la guida della comunità islamica spetti ai più degni, non necessariamente appartenenti alla famiglia di Maometto. Ad ogni modo, l’approccio moderato degli ibaditi, non è un tratto condiviso dall’intera setta kharigita, che generalmente è stata connotata da un certo estremismo sia contro gli sciiti che contro i sunniti, ragion per cui gli ibaditi si ritengono distinti dai kharigiti. Nel 746, gli ibaditi insorsero contro gli omayyadi cacciandoli dallo Yemen, inseguendoli fino nell’entroterra arabo, conquistando per qualche tempo le città di Mecca e Medina, anche se poco dopo gli sviluppi di questa crisi gli omayyadi si riappacificarono con gli ibaditi permettendogli di installarsi nell’odierna regione dell’Oman.

L’ASCESA DEL MOVIMENTO ZAYDITA 

Successivamente al periodo abbasside, intorno al 818, i nuovi califfi di Baghdad inviarono Muhammad Ibn Zayd, un discendente del primo califfo omayyade Muʿawiya, a stabilizzare la regione yemenita minacciata dall’attivismo degli sciiti, nominandolo emiro. Ad ogni modo, il nuovo emiro arabo sunnita, approfittò del indebolimento del califfato abbasside per rendersi progressivamente indipendente, imponendo il proprio dominio sulla regione yemenita. L’ascesa della dinastia fondata da Zayd dovette tuttavia fare i conti con la parallela ascesa del movimento sciita Zaydita guidato dall’imam al-Hadi, un’esponente del clan Rassid, la cui leadership venne generalmente riconosciuta da un gran numero di tribù yemenite, soddisfate dal suo approccio razionale alla dottrina islamica.
Tuttavia, l’ascesa della dinastia zaydita si sviluppò in modo turbolento a causa delle ricorrenti lotte per il potere interne al clan Rassid, ma ciononostante riuscì comunque ad estendere il proprio dominio sulla regione settentrionale yemenita, contendendo alla concorrente dinastia degli Yufridi il controllo della strategica città di Sana’a. L’ascesa degli sciiti Zayditi venne lungamente contrastata dai califfi fatimidi sciiti, principali antagonisti dei califfi sunniti abbassidi. I fatimidi sostenevano la dinastia sciita dei Sulahyd, che intorno al 1040 abbandonarono la confessione sunnita, convertendosi allo sciismo, continuando a contrastare gli avversari Zayditi, relegandoli in posizione di marginalità politica, riuscendo addirittura ad imporre per qualche tempo il proprio dominio sulla Mecca. Nel 1086, la dinastia Sulahyd perse tutta la sua influenza sotto la leadership di una donna, la regina Arwa, sempre sostenuta dai califfi fatimidi, la cui denominazione derivava proprio da un’altra donna, parliamo di Fatima, una delle figlie di Maometto.

Grande Yemen
( Prospettiva storico-geografica del “Grande Yemen” )

Intorno al 1173, le regioni yemenite vennero strappate al dominio fatimide dai califfi sunniti Ayyubidi guidati da Saladino, i quali ben presto si ritrovarono a fare i conti con la tenace resistenza zaydita. Il declino degli ayyubidi lasciò spazi prontamente colmati dalla dinastia turca dei Rasulidi, che riuscì ad imporre il proprio dominio sulle regioni yemenite, agevolata dalle persistenti lotte per il potere interne agli zayditi, che comunque continuavano a mantenere il controllo delle regioni montuose settentrionali prossime alla città di Sana’a. Il dominio dei Rasulidi durerà incontrastato almeno fino ai primi anni del 1400, quando la loro base di potere cominciò a sgretolarsi, favorendo l’ascesa politica dei loro alleati Thairidi, arricchitisi gestendo le importantissime rotte commerciali con le indie, che intorno al 1500 divennero oggetto delle ambizioni della potente marina portoghese, la cui presenza cominciò a minacciare l’egemonia regionale dei Mamelucchi egiziani. Nello specifico, i Mamelucchi decideranno di contrastare i portoghesi, alleandosi con i Thairidi, che tuttavia dopo l’iniziale sostegno decideranno di revocare il proprio supporto, suscitando la rappresaglia degli egiziani, appoggiati per l’occasione persino dagli zayditi, riuscendo a conquistare le roccaforti dei loro vecchi alleati locali. La sconfitta dei Thairidi del 1517, permise ai Mamelucchi egiziani di controllare le regioni yemenite, almeno fino all’intervento dell’Impero Ottomano del 1539, quando i sultani di Istanbul decisero di prendere il controllo della penisola araba, ridimensionando la crescente influenza la zaydita, cooptandone le élite.

IL DOMINIO OTTOMANO AL NORD E BRITANNICO AL SUD

L’intesa raggiunta dagli zayditi venne incrinata dall’approccio autocratico delle autorità ottomane, che nel 1568 suscitò una poderosa insurrezione, faticosamente ricomposta dall’esercito ottomano di Selim II, il cui intervento fu agevolato dalle persistenti lotte per il potere interne agli zayditi, che comunque continueranno a controllare le loro tradizionali roccaforti settentrionali. Il dominio ottomano comincerà a vacillare solo nel 1626, quando gli zayditi riusciranno progressivamente a respingere gli ottomani dalle regioni yemenite, anche perché gran parte dell’esercito del sultanato turco era impegnato a risolvere una crisi nel nord dell’Iraq.
La cacciata degli ottomani, permise agli Zayditi di governare una proficua fase di progresso economico, favorito dalle importantissime esportazioni di caffè e dai fitti rapporti commerciali intrattenuti con le indie. Il dominio zaydita sullo Yemen venne stabilizzato sotto gli imamati dei fratelli Muhammad e Ismail al-Mutawakkil, i quali riuscirono a contrastare efficacemente le endemiche spinte centrifughe tribali, esonerando dai tributi o addirittura attribuendo sovvenzioni ai clan più irrequieti, risolvendo sul nascere una rivolta promossa da una comunità di sabei ebrei, a cui successivamente vennero imposte particolari sanzioni che prevedevano la confisca delle loro proprietà e il divieto di acquistarne altre.

Mappa Impero Ottomano
( Mappa dell’Impero Ottomano )

Nel 1658, gli zayditi riuscirono ad assoggettare al loro dominio sull’Hadramau, la regione costiera meridionale della penisola araba. Intorno al 1700, le lotte per il potere interne alla cerchia zaydita ripresero prepotentemente, proprio mentre alcune contese commerciali con la Compagnia delle indie francesi, culminavano in veri e propri scontri nei pressi della città costiera di Mokha, da dove partiva la gran parte delle esportazioni di caffè verso l’occidente, che proprio a partire da questo periodo cominciò a scontare la concorrenza internazionale, innescando un processo di progressiva recessione economica, che inasprì le precarie relazioni tribali all’interno del paese. Addirittura nel 1740, la dinastia Abdali ne approfittò per assumere il controllo della ricca costa meridionale yemenita, fondando il Sultanato di Lahej, realtà tribale che nel 1839 cederà all’influenza coloniale della corona britannica, diventandone un protettorato. Pochi anni dopo la sua fondazione, il Sultanato di Lahej concederà il porto di Aden alla Royal Navy, dove gli inglesi istituiranno una zona franca posta sotto il diretto controllo coloniale britannico. Ad ogni modo, il dominio coloniale britannico sul Sultanato di Lahej favorì la prosperità economica della zona costiera meridionale yemenita, garantendo ai locali ampli margini di autonomia, vincolandoli solo nelle relazioni commerciali con altre realtà straniere.

LA MINACCIA WAHHABITA E L’INFLUENZA BRITANNICA

La precaria situazione economica del resto della regione yemenita, peggiorò sul piano politico quando nella regione araba dell’Hijaz cominciò a prendere piede il movimento islamico sunnita dei wahhabiti, ideologicamente antitetico alla tradizione sciita degli zayditi, che non riusciranno ad impedire ai loro avversari la conquista delle ricche pianure settentrionali del paese, aggravando ulteriormente la pessima situazione economica interna. La minaccia wahhabita costrinse l’elite zaydita a ricercare il supporto dell’Impero Ottomano, che si realizzò indirettamente attraverso la campagna militare guidata dal Mehmet Alì Pascià, l’allora Vicerè d’Egitto, culminata con la sconfitta dei wahhabiti. Successivamente alla sfida wahhabita, i zayditi conserveranno la propria indipendenza, nonostante la profonda crisi economica e le endemiche lotte per il potere tra i vari pretendenti all’imamato. Sarà proprio la persistente instabilità politica yemenita ad agevolare il consolidamento della posizione britannica nella regione, dinamica che indusse gli ottomani ad intervenire direttamente per stabilizzare la realtà interna, riprendendo il controllo diretto del paese, proponendo agli zayditi di diventare propri vassalli. Tuttavia, il ridotto potenziale militare ottomano nella regione yemenita permetterà agli zayditi di respingere la proposta dell’Impero Ottomano, costringendo l’esercito turco a ritirarsi dal paese, dove ritorneranno solo nel 1872, successivamente all’apertura del Canale di Suez in Egitto, quando la presenza britannica nella regione arabica cominciava a costituire una seria minaccia alla loro egemonia regionale.

Il ritorno dell’esercito ottomano pose definitivamente fine al turbolento imamato zaydita, rendendo lo Yemen una delle tante province ottomane. Il ripristino del dominio ottomano ricompattò gli zayditi, agevolando l’aggregazione di un movimento di resistenza che tuttavia non costituirà una vera minaccia per le forze di occupazione del sultanato turco. Intorno al 1884, le riforme tanzimat avviate dagli ottomani, vennero contestate come eretiche dagli zayditi, che arrivarono ad insorgere contro i turchi, rei di aver ripudiato la legge islamica (Sharia), cedendo alle impostazioni istituzionali di estrazione occidentale. Paradossalmente, gli zayditi, nella loro lotta agli ottomani, cercheranno inutilmente di ottenere il supporto britannico, chiedendo l’intermediazione del vicino Sultanato di Lahej. Nel 1911, l’imam Muhammad riuscì a compattare la realtà zaydita guidando quella che diverrà una lotta contro gli infedeli ottomani, la cui veemenza costringerà il sultanato turco a scendere a patti, stipulando il Trattato di Daan, con cui venne riconosciuto amplia autonomia amministrativa all’imamato yemenita, affrancandogli dagli oneri tributari imperiali e ratificando il primato della giurisdizione islamica locale. L’accordo trovato tra il sultanato turco e gli zayditi, permise agli ottomani di stabilizzare la realtà yemenita, agevolando la campagna di conquista del Sultanato di Lahej, sottratto per qualche tempo al controllo coloniale britannico.

L’INDIPENDENZA YEMENITA E L’INFLUENZA ITALIANA

L’avvento della prima guerra mondiale costrinse gli ottomani a ridimensionare la propria presenza nella penisola arabica, permettendo all’imam zaydita Yahia di rendersi definitivamente indipendente dal sultanato turco, approfittando del caos derivante dalla rivolta araba nella vicina regione dell’Hegiaz arabo. Fra i primi paesi a riconoscere la nascita ufficiale del nuovo regno yemenita ci fu l’Italia, che nel 1926, sotto l’impulso dell’allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini patrocinò la stipula di un apposito trattato di amicizia, dall’alto valore strategico e commerciale, soprattutto dopo la conquista della vicina Etiopia. Nei piani di Mussolini, le colonie abissine sincronizzate con l’imamato zaydita dello Yemen avrebbero incrementato il peso strategico dell’Italia, contendendolo al Regno Unito il controllo delle rotte commerciali tra occidente ed oriente. L’alleanza con gli italiani venne giustificata dall’ambizione zaydita di imporsi su tutta la regione meridionale della penisola araba, ponendo le basi per la costruzione di un “Grande Yemen”, rivendicando la sovranità sui territori controllati dal Regno Unito, che si apprestarono ad invadere, conseguendo tuttavia scarsi risultati.

Yemen Regno unito Arabia Saudita
( Situazione politico-geografica dello Yemen alla vigilia della 1°Guerra mondiale )

La cacciata degli ottomani permise al nascente regno yemenita di prendere il controllo delle coste occidentali, espandendosi verso la regione settentrionale dell’Hegiaz arabo, dove entrarono nuovamente in contrasto con i wahhabiti, nel frattempo alleatisi con l’ascendente dinastia saudita, supportata della corona britannica. Le ambizioni yemenite, accompagnate dal sostegno italiano, indussero i sauditi a chiedere il sostegno del Regno Unito con cui riuscirono a limitare l’avanzata zaydita verso nord, convincendo l’imam Yahia ad avviare negoziati culminati con il riconoscimento della sovranità britannica sulla città di Aden, che all’epoca era uno dei principali porti mondiali, secondo solo a quello americano di New York. Nel 1937, la città di Aden venne scorporata dall’amministrazione delle colonie indiane britanniche, rendendola una colonia britannica a tutti gli effetti, distinguendosi per la dinamicità della propria economia e per lo stile di vita cosmopolita totalmente antitetico a quello dell’imamato zaydita, fermamente ancorato alla tradizione islamica sciita.
La pace con i britannici stabilizzò il versante yemenita meridionale, ma non quello settentrionale, dove i sauditi riuscirono ad impossessarsi dell’Emirato di Asir lungo le coste nordoccidentali sul Mar Rosso, tuttavia l’avanzata del poderoso esercito arabo cominciò a rallentare nei pressi della regione montuosa di Sana’a, dove sorgevano le principali roccaforti zaydite, contingenza che indusse i sauditi a proporre un negoziato culminato con il Trattato di Tadif, che ratificò l’annessione delle popolose coste nordoccidentali yemenite alla nascente Arabia Saudita, con cui vennero fissati i reciproci confini.

CONSLUSIONI

Come abbiamo avuto modo di comprendere in questo primo articolo, la realtà yemenita è una realtà che storicamente risulta influenzata da logiche religiose, basta far riferimento al dualismo tra ebrei e cristiani in epoca sabea, passando per la più recente contrapposizione interna all’islam tra le correnti sunnite e quelle sciite di derivazione zaydita. Contrapposizioni religiose spesso strumentalizzate per finalità politiche sia dalle realtà tribali yemenite che dalle varie potenze regionali che si si sono ritrovate nel corso dei secoli ad esercitare il loro dominio su questa turbolenta regione della penisola araba. Il nostro approfondimento ha riservato un trattamento particolare alla realtà zaydita, poiché rappresenta una costante della realtà yemenita che continua ad influenzare tutt’oggi la politica yemenita. Gli zayditi sono riusciti a conservare nei secoli la loro particolare struttura politico-religiosa, che sebbene agganciata allo sciismo, va ben oltre le sue impostazioni classiche, costituendo una tradizione sostanzialmente autonoma, che tuttavia condivide l’atavica ostilità nei confronti dei sunniti, ostilità che è cresciuta esponenzialmente in conseguenza della sfida lanciata dai wahhabiti. Sebbene, il potenziale militare degli zayditi non sia sempre stato all’altezza delle loro ambizioni, sono comunque riusciti a resistere ai ricorrenti tentativi di annessione straniera, conservando gelosamente la loro autonomia, soprattutto all’interno delle roccaforti montuose contigue all’antica città di Sana’a, autentici fortini inespugnabili. Dinnanzi alla solidità delle roccaforti zaydite hanno segnato il passo un po’ tutti i loro avversari, dal poderoso esercito ottomano all’attrezzatissimo esercito saudita, che hanno fatto valere inutilmente il loro potenziale numerico e tecnologico. Ad ogni modo, i ricorrenti assedi nemici hanno permesso di stemperare l’endemiche lotte per l’imamato, ricompattando le varie fazioni zaydite respingendo regolarmente ogni tentativo di subordinazione straniera, almeno all’interno delle loro roccaforti montuose settentrionali.

Bandiera del Regno zaydita dello Yemen
( Vessillo del Regno zaydita dello Yemen )

La regione yemenita, come abbiamo potuto notare è sempre stata oggetto di occupazioni imperiali, soprattutto riconducibili ai vari califfati, che tuttavia non sono riusciti ad influire sulle dinamiche politiche tribali prevalenti nella regione, che molti hanno avuto modo di conquistare, senza tuttavia riuscire a dominare davvero. L’attenzione delle potenze internazionali verso lo Yemen è stata catalizzata dalla sua interessantissima collocazione geografica, essenziale per controllare le ricchissime rotte commerciali tra l’oriente e l’occidente, mercati collegati dallo strategico stretto di Bab el-Mandeb. Il circondario meridionale contiguo al polo commerciale di Aden, catalizzerà le attenzioni occidentali, dei portoghesi prima e dei britannici dopo, imponendo il loro dominio sul locale Sultanato di Lahej, costretto a subordinarsi all’influenza della corona di sua maestà, diventandone un protettorato coloniale. La presenza britannica condizionerà lo sviluppo della regione costiera meridionale dello Yemen, rendendo la sua popolazione decisamente molto più cosmopolita ed economicamente più intraprendete di quella delle regioni montuose zaydite, distinguendosi per la sua appartenenza alla confessione islamica sunnita, che tuttavia rimarrà storicamente subordinata agli ordinamenti giuridici di derivazione occidentale. La presenza britannica, per quanto forte non riuscirà a subordinare al proprio dominio gli zayditi, correndo addirittura il rischio di essere cacciati da Aden, soprattutto all’indomani della Grande Guerra, quando la proiezione strategica italiana in Abissinia, sembrò minacciare la loro posizione di dominio nella regione, mettendo a rischio la loro egemonia commerciale marittima.

Nel primo dopoguerra, il corso politico yemenita coinciderà con la prepotente ascesa internazionale dell’Italia, la cui ambiziosa classe dirigente dell’epoca oserà predisporre una proiezione strategica, capace di minacciare consolidati equilibri geopolitici, dimostrando una spregiudicatezza politica che spiazzerà affermate realtà imperiali come quella britannica, costretta a rinforzare le proprie posizioni nella regione, incrementando la portata delle forniture militari alla coalizione araba composta da sauditi e dai wahhabiti, che pur non riuscendo a sconfiggere gli zayditi, alleati dell’Italia, riusciranno quantomeno a ridimensionarne la base di potere strappandogli il controllo dell’emirato nordoccidentale di Asir. Si, perché dietro il confronto tra la coalizione wahhabita saudita e la dinastia zaydita si celavano rispettivamente Regno Unito ed Italia, coinvolte in una partita geopolitica dal valore strategico non indifferente, soprattutto per l’Italia, alle prese con dinamiche internazionali di altissimo profilo.

In conclusione di questa primo articolo dedicato alla conoscenza dello Yemen, rimandiamo l’approfondimento al prossimo articolo che analizzerà gli interessanti sviluppi della realtà yemenita conseguentemente alla seconda guerra mondiale, fino a giungere alle origini dell’odierna crisi.

SEGUE LA 2°PARTE.