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I NARCOS COLOMBIANI (1° Parte)

Chi ha avuto modo di leggere il nostro focus sulla Colombia non avrà potuto fare a meno di notare l’influenza che i narcos hanno esercitato sulle dinamiche politiche di questo particolare paese sudamericano, soprattutto a cavallo tra gli anni 70 e 90, per poi sfumare all’inizio degli anni 2000. Influenza che i vari cartelli hanno esercitato incuneandosi in un’area grigia a cavallo tra economia e politica, spesso soverchiata dai colori che contraddistinguono questo meraviglioso paese, pieno di bellezze e contraddizioni. Contraddizioni evidenziate al grande pubblico da numerosi serie televisive, come Narcos, che hanno contribuito a puntare i riflettori su di una complicata realtà che tutt’oggi fatica ad essere archiviata come storia. Storia che la figura di Pablo Escobar, il leader del famigerato Cartello di Medellin, ha contribuito a far conoscere anche a chi della Colombia conosceva appena il nome e la collocazione geografica, lasciandosi incuriosire dalla sua controversa parabola personale, che gli è valsa l’infausto primato del criminale più noto di tutti i tempi, e probabilmente anche quello del più ricco mai esistito su questo pianeta. Ebbene, in questo articolo, e negli altri che con ogni probabilità dovremo allegare per completezza dell’argomento, proveremo a ripercorrere la leggenda nera dei narcos colombiani, analizzandone lo sviluppo sotto un profilo politico, economico, culturale e psicologico, così da comprenderne appieno tutte le dimensioni di questo fenomeno sociale criminale, dalle sue origini ai moventi, passando per l’inevitabile finale ricorrente che caratterizza le vite dei narcos di ieri e di oggi, ovvero la morte o lunghissime detenzioni. Nello specifico, la nostra analisi cercherà di indagare personalità, miti e verità che si celano dietro questa infame e particolarissima categoria di criminali che ad un certo punto è riuscita a contendere il potere alla corrotta oligarchia colombiana, guadagnandosi persino l’attenzione dei più.

LE ORIGINI DI PABLO ESCOBAR

La nostra analisi dei narcos colombiani non può che partire dall’esponente più rappresentativo di questa categoria di individui, ovvero Pablo Escobar Gaviria, personalità su cui si sono scritti molti libri, alcuni scritti da giornalisti, familiari e dai suoi luogotenenti reduci. Pablo Escobar nasce in una famiglia colombiana di umili origini, figlio di una maestra elementare e di un’agricoltore, con un trascorso da vigilante di quartiere e con un’esperienza da maggiordomo presso la tenuta del più volte ministro Joaquin Vallejo, che più avanti diverrà il padrino di Pablo Escobar. Famiglia umile quella Escobar, ma con un background criminale alle spalle risalente all’epoca del proibizionismo, in cui il nonno materno di Escobar, Roberto Gaviria, si arricchirà contrabbandando liquori. Attività che la leggenda vuole abbia iniziato dopo aver rinvenuto dei gioielli occultati all’interno di una sua proprietà. Ad ogni modo, al netto di questo background, Escobar crescerà insieme ad altri fratelli e sorelle in un contesto caratterizzato da particolari ristrettezze nel centro urbano di Medellin, sviluppando una personalità che chi ha avuto modo di conoscerlo bene definiva riservata, sobria, fredda, disciplinata, imperturbabile, poco espansiva ma al contempo anche estremamente sensibile, creativa e incredibilmente ottimista. Chi lo ha conosciuto sostiene che fin da giovane, Escobar avesse le idee chiare, coltivando risolutamente l’ambizione di diventare ricco, per affrancarsi dalla povertà che lo accomunava a molti suoi coetanei dell’epoca. Condizioni sociali che, fin da giovane, lo porteranno ad avversare le autorità, disprezzando, tra le altre cose, l’approccio con cui le forze di polizia erano solite maltrattare gli studenti liberali e socialisti, soprattutto se simpatizzanti gli ideali che animavano la guerriglia colombiana. Secondo alcune fonti, questo senso di solidarietà indurrà il giovane a sviluppare una cultura politica di socialista, influenzata dai testi di Marx e Mao, e dalle esperienze di Pancho Villa e Fidel Castro. Passione politica che, secondo alcune fonti, lo avrebbero addirittura indotto a frequentare per un breve periodo la facoltà di Scienze politiche, che sarebbe stato costretto a lasciare perché incapace di mantenersi agli studi. Tra i sogni del giovane Escobar vi era quello di conquistare il potere per redistribuire il 10% delle ricchezze detenute dagli oligarchi per redistribuirli alle classi disagiate colombiane.

Gustavo Gaviria Pablo Escobar narcos Cartello Medellin coppa Renaut
( Gustavo Gaviria e Pablo Escobar alla Coppa Renault )

Il giovane Escobar si guadagnerà da vivere lavorando nell’officina di biciclette aperta nel 1974 dal suo fratello maggiore Roberto, un campione di ciclismo che, a differenza di Pablo, era contraddistinto da una personalità meno ambiziosa, timorosa e alquanto pessimista. Ma la vita onesta non farà per Pablo Escobar, che reinvestirà i primi soldi guadagnati onestamente per comprare una Lambretta con cui inizierà la sua carriera criminale, effettuando furti di cui gli inquirenti non riusciranno mai a venire a capo per via della doppia colorazione bilaterale del mezzo, espediente ideato appositamente per mandare in confusione vittime e testimoni. Escamotage che contraddistinguerà un po’ tutta la carriera criminale di Escobar, sviluppata in simbiosi con l’inseparabile cugino materno Gonzalo Gaviria, il figlio di un musicista di strada da cui erediterà la passione per la chitarra. I due cugini, spesso coadiuvati dal loro comune amico Jorge Pabon, detto “el-Negro“, passeranno nel giro di poco tempo dagli scippi ai ai furti di automobili, corrompendo gli addetti della concessionaria Renault di Medellin per ottenere informazioni sui clienti a cui spesso sottraevano le auto nuove di zecca, che poi piazzavano sul mercato nero con la complicità del loro meccanico di fiducia, Gerardo Moncada, detto “Kiko“. E proprio nel novembre del 1974, Escobar verrà arrestato per la prima volta proprio per il furto di un veicolo Renault. Accuse da cui, tuttavia, verrà scagionato poco dopo, sostenendo di aver comprato l’auto oggetto del reato in buona fede, senza sapere che fosse stata rubata. Ad ogni modo, durante il suo breve periodo di detenzione avrà modo di conoscere Alfredo Gomez, da cui verrà coinvolto nel mondo del contrabbando di sigarette ed elettrodomestici, distinguendosi per l’organizzazione della logistica e dei trasferimenti della merce importata dal vicino Panama, da dove veniva inoltrata in Colombia, dove i pesanti dazi alle importazioni rendevano proibitivi i prezzi di certi prodotti di importazione. In breve tempo, Escobar riuscirà a conquistarsi la fiducia del suo boss, apprezzandone in particolar modo il suo approccio sobrio, non alterato da vizi comuni come il fumo o l’alcool. Credibilità che Escobar consoliderà ulteriormente investendo le proprie risorse finanziarie per conquistarsi la lealtà degli addetti della filiera del contrabbando, riducendo drasticamente il numero di furti all’interno della catena di distribuzione criminale. Il successo di Escobar nel mondo del contrabbando può essere riassunto dal suo motto “Plata o Plomo” (Soldi o Piombo), formula con cui lasciava ai suoi interlocutori la scelta di beneficiare dei “vantaggi” dell’essere corrotti o affrontare le poco felici conseguenze del non esserlo. Mix di intimidazione e corruzione con cui il giovane Escobar riuscirà a costruirsi una solida credibilità nel basso mondo di Medellin.

L’INGRESSO DI ESCOBAR NEL NARCOTRAFFICO

Durante la sua gavetta da contrabbandiere, Pablo Escobar prenderà l’abitudine di vivere di notte e di dormire di giorno, curando personalmente la logistica della rete di contrabbando di Lopez, convincendosi col tempo che di notte il cervello funzionasse meglio che di giorno. Ad ogni modo, all’epoca, al netto delle sue spiccate attitudini criminali, Escobar era solo uno della miriadi di banditi di strada che affollavano gli impoveriti sobborghi di Medellin, anche se la sua ambizione non era affatto comune, tanto che agli inizi degli anni 70 inizierà a cimentarsi nella lucrosa pratica dei sequestri di persona. E sebbene manchino prove certe, la vera svolta economica di Escobar si realizzerà nell’estate del 1971 con il sequestro di Diego Echavarria, un noto industriale di Medellin, rinvenuto senza vita qualche settimana dopo il suo rapimento. Sul triste epilogo dell’industriale non si è mai appurata la verità, dando adito a numerose versioni, di cui una vuole che sia stato rapito proprio da Pablo Escobar e Gustavo Gaviria che, dopo aver ottenuto dalla famiglia il riscatto di circa 50.000 dollari, uccideranno comunque l’industriale. Secondo tale versione, i proventi di questo sequestro sarebbero stati investiti dai due cugini per finanziare la loro prima incursione nel mondo del narcotraffico, recandosi in Perù per contrattare il loro primo piccolo carico, introdotto clandestinamente in Colombia mediante l’ausilio di una Renault 4, marchio che contraddistinguerà la vita del narcotrafficante. Escobar e Gaviria inizieranno così la loro carriera da narcos, anche se in realtà non lo erano ancora, dato che per piazzare il loro primo e piccolo carico saranno costretti ad avvalersi di un intermediario che conoscesse bene l’ancora acerbo mercato del narcotraffico. Qualcuno come Jorge Ochoa, il rampollo di una benestante famiglia di allevatori attivi anche nel campo della ristorazione, originaria di Cali ma cresciuta in quel di Medellin.

LA RETE AMERICANA DEL CLAN OCHOA

Jorge Ochoa, insieme ai suoi fratelli Juan e Fabio, vivranno un periodo della loro giovinezza negli Stati Uniti, dove cureranno l’esportazione di bestiame proveniente dalla Colombia. Attività che i fratelli Ochoa alternavano all’esportazione di merce non altrettanto legale, curando la gestione della rete criminale messa su dal loro zio Fabio Restrepo, uno dei pionieri del narcotraffico colombiano attivi negli Stati Uniti. Nello specifico, i fratelli Ochoa opereranno tra la Floria e il Texas, dove il giovane Jorge investirà molti dei suoi proventi illeciti, soprattutto nell’acquisto di moto Harley Davidson, marchio di cui era grande estimatore. Gli affari del clan Ochoa progrediranno fino al 1979, quando la loro crete criminale verrà sgominata dalle forze di polizia statunitensi, inducendoli a rimpatriare precipitosamente in Colombia, delegando il ripristino dell’organizzazione negli states a Rafael Cardona, un loro connazionale. Non sorprende che sia stato proprio Fabio Restrepo a smerciare il primo carico contrabbandato dai Pablo Escobar e Gonzalo Gaviria, presentategli dal nipote Jorge Ochoa. Tuttavia, poco dopo questo affare, Restrepo verrà assassinato in circostanze fosche, dando adito a teorie che lo vogliono ucciso proprio da Escobar in combutta con suo nipote Jorge. Ad ogni modo, successivamente a questo sviluppo, Jorge Ochoa riorganizzerà la rete statunitense dello zio, affidando la gestione della rotta Colombia-USA al suo caro amico Mauricio Restrepo, un ex-marinaio specializzato in radiocomunicazioni. Carichi illeciti che a Miami venivano curati ed amministrati da Diego Arcila Henao, detto “el-Tomate” per via della sua passione per il cognac, ma che, al netto dei suoi modi rozzi, era ritenuto alquanto arguto, pur distinguendosi per il suo stile di vita vistoso, fatto di sport, fuoriserie e belle donne, configurando lo stereotipo del narcos alla Miami Vice.

I proventi finanziari americani di quello che più avanti diverrà noto come Cartello di Medellin verranno amministrati da personalità come Max Mermelstein, un ingegnere di origini ebraiche amico di Rafael Cardona, a cui si deve l’efficientamento della rete logistica e finanziaria dell’organizzazione negli Stati Uniti, dove nel giro di qualche anno genererà volumi di affari per oltre 7 miliardi di dollari all’anno. Un altro elemento chiave dell’organizzazione negli Stati Uniti sarà Giovanni Riccobono, altrimenti noto come Jon Pernell, un malavitoso newyorkese di origini siciliane, ritenuto legato al clan mafioso italo-americano dei Gambino, caratterizzato da uno stile di vita talmente lussuoso e vistoso da catalizzare sia le piacevoli attenzioni delle belle donne che quelle meno gradite degli inquirenti, che avranno vita facile nell’indagare sui numerosi purosangue su cui era solito riciclare molti dei suoi fondi neri. La rete di fiancheggiatori americani dei narcos di Medellin era integrata anche da personalità come Mickey Munday, un armatore attivo anche nella gestione di un cementificio di Miami, entrato per caso nell’orbita dell’organizzazione, ereditando un carico di stupefacenti di un amico ucciso in circostanze poco chiare, e che riuscirà a capitalizzare grazie all’aiuto di Giovanni Riccobono, ricavandone 165.000 dollari, somma guadagnata in così poco tempo da indurlo a mollare i suoi affari leciti per affiliarsi alla rete colombiana gestita da Cardona. Munday, a differenza di Riccobono, manterrà un basso profilo sociale, riciclando discretamente i propri proventi soprattutto nell’edilizia, il suo vecchio campo, sfuggendo per molti anni alle attenzioni degli inquirenti americani.

max mermelstein narcos usa
( Il faccendiere americano del Cartello Di Medellin, Max Mermelstein )

LE PRIME PERIPEZIE ED IL SUCCESSO DI ESCOBAR

Ritornando ad Escobar, il successo della sua prima incursione nel narcotraffico lo convincerà ad insistere in questo piccolo ma sempre più redditizio mercato, organizzando proprie rotte tra Ecuador, Perù e Colombia, in cui le piccole utilitarie Renault 4 utilizzate per i suoi traffici illeciti aumenteranno di numero, tutte dopo essere state opportunamente modificate nell’autocarrozzeria di Gerardo Moncada, abile nel ricavare all’interno dei veicoli gli spazi necessari ad occultare i carichi agli agenti della dogana, sfruttandone le ruote di scorta ed i serbatoi. Renault 4 che col tempo verranno sostituite da autoarticolati, che continueranno a fare la spola sul confine meridionale colombiano. Durante questo periodo, nel marzo del 1976, Pablo Escobar si sposerà con la giovanissima Maria Victoria Henao che, nonostante le reiterate scappatelle del marito, lo considererà per tutta la sua vita il suo unico vero amore. Relazione inizialmente maldigerita dal fratello Mario Henao, sebbene questi fosse amico d’infanzia dello stesso Escobar, con cui, tra l’altro, condivideva gli ideali socialisti. Tre mesi dopo il matrimonio, Escobar, Mario Henao e Gustavo Gaviria verranno arrestati in fragranza di reato, dopo aver tentato di corrompere gli ufficiali che avevano sequestrato un mezzo con a bordo un loro carico proveniente dall’Ecuador, occultato dentro numerose cataste di pneumatici. Tuttavia, nonostante l’arresto, Escobar non perderà la sua spavalderia, come dimostra l’espressione tenuta nella sua prima foto-segnaletica. Infatti, anche quella volta la detenzione di Escobar durerà poco, riuscendo a farsi scarcerare tre mesi dopo in circostanze fosche, caratterizzate da un clima di intimidazione e corruzione che, verosimilmente, influirà sulla scelta del giudice di scagionarlo. Scarcerazione che non andrà giù ai due agenti responsabili dell’arresto che, secondo le testimonianze di un sicario del cartello di Medellin, avrebbero reagito sequestrando in un luogo isolato Escobar e Gaviria minacciando di ucciderli. Minacce a cui i due cugini riusciranno a sottrarsi corrompendo anche loro, pur meditando vendetta, che i due cugini consumeranno qualche mese dopo, tendendo un agguato ai due ufficiali. L’indagine di questo crimine faticherà a progredire per via delle reiterate minacce con cui i due narcotrafficanti riusciranno ad intimidire la famiglia del giudice a cui venne assegnato il caso. La risoluzione di questa questione giudiziaria, segnerà la svolta economica del poco più che ventenne Pablo Escobar che, da quel momento in avanti, cambierà radicalmente il suo tenore di vita, girando in Porsche e abitando in case lussuose, realizzando il suo sogno di diventare un giovane milionario.

Pablo Escobar gaviria narcos cartello medellin fotosegnaletica
(Prima Foto-segnaletica di Pablo Escobar )

IL NUCLEO DEL CARTELLO DI MEDELLIN

La lucrosa partnership tra i cugini Escobar-Gaviria ed il clan Ochoa costituirà il nucleo di quello che diverrà noto come Cartello di Medellin, organizzazione che, almeno agli inizi, vedeva il clan Ochoa prevalere per influenza economica su Pablo Escobar che, secondo alcuni testimoni di giustizia, era solito rivolgersi a Jorge Ochoa con particolare deferenza, chiamandolo addirittura “Patron”. Ad ogni modo, con il trascorrere del tempo, molti piccoli narcotrafficanti locali decideranno di integrarsi al cartello, attirati dalla sicurezza derivante dall’essere integrati tra i ranghi di un organizzazione ben strutturata. Tra questi, spiccheranno i vistosi fratelli Fernando e Mario Galeano, figli del titolare di un magazzino edile di Medellin, attirati dai ben più facili guadagni garantiti dal narcotraffico. I due fratelli Galeano si divideranno i compiti, con Fernando più esposto nella gestione della sfera criminale, distinguendosi per la sua personalità elegante, generosa e popolare; lasciando al più defilato Mario la gestione della sfera finanziaria, alternata alla passione per le belle donne, i cavalli e le auto di lusso. Il clan Galeano, sarà uno dei pochi interni al Cartello di Medellin a sviluppare un proprio apparato di sicurezza autonomo simile, anche se non all’altezza, di quello che metterà su Pablo Escobar. Apparato di sicurezza che i Galeano affideranno a Diego Murillo, alias “Don Berna”, un-ex guerrigliero dell’EPL, che riuscirà a scalare i ranghi del clan, partendo dal basso, secondo alcuni lavando le auto dei boss, fino a diventare il capo della loro scorta.

Un altro importante clan integrato al Cartello di Medellin sarà quello dei Moncada, guidato da Gerardo “Kiko” Moncada, assistito da suo fratello William. Come abbiamo già accennato, Gerardo Moncada riuscirà a scalare i vertici del cartello grazie all’antica amicizia che lo legava a Pablo Escobar, risalente ai tempi in cui frequentava la sua officina, dove agli albori della sua carriera criminale era solito nascondere le auto rubate, e dove successivamente si modificheranno le auto destinate ad occultare i loro loschi carichi. Al netto del suo basso profilo, Kiko Moncada diverrà uno dei narcos più ricchi di Medellin, secondo alcuni persino più ricco dello stesso Escobar, anche perché a differenza sua non investirà un solo centesimo per dotarsi di un proprio apparato militare, preferendo usufruire della protezione del suo vecchio amico Pablo in caso di bisogno. Ricchezza ben nota a Medellin, dove Gerardo Moncada era solito circolare a bordo della sua fiammante Ferrari, una delle prime ad essere state importate in Colombia. Un altro importante membro del cartello, entrato nell’organizzazione sfruttando l’amicizia con Escobar, sarà Albeiro Areiza, detto “el-Campeon”. Tra i membri del cartello si conteranno anche importanti personalità dell’oligarchia colombiana, come Rodolfo Ospina, detto “el-Chapulin” (la cavalletta), il nipote dell’ex-presidente Mariano Ospina, attivo nel riciclaggio dei proventi illeciti provenienti dagli Stati Uniti. Un’altra personalità dal background eccellente era Josè Rafael Abello, detto “Mono Abello”, il rampollo di una famiglia notabile, impegnato nella gestione dei traffici illeciti nel nord della costa caraibica, dove svilupperà un’infrastruttura di potere autonoma. Sempre nella zona costiera caraibica si specula cooperasse anche John Freydell, il padre della fidanzata del pilota di Formula 1 Juan Pablo Montoya, attivo nell’ambito nautico, accusato di fornire lance veloci ai narcos e di essere contiguo al clan Ochoa, di cui era molto amico.

LE “ALI POLITICHE” DEL CARTELLO DI MEDELLIN

In un ristretto lasso di tempo, il giro di affari del Cartello di Medellin aumenterà esponenzialmente, soprattutto dopo l’acquisto dei primi aerei privati, intestati a compagnie turistiche fittizie ufficialmente impegnate a trasportare facoltosi turisti in giro nei Caraibi, ma che in realtà svolgevano una funzione decisamente meno lecita. Traffici aerei occulti e legittimamente autorizzati dall’Aviazione Civile, all’epoca gestita dal giovane Alvaro Uribe, il futuro presidente della Colombia, subentrato, su designazione dell’allora presidente Julio Cesar Turbay, al vecchio direttore Santiago Uribe, ucciso dai narcos per la sua opposizione ai loro loschi traffici aerei. Tra l’altro, va notato come la famiglia Uribe risulti imparentata con la famiglia Ochoa. Ad ogni modo, Uribe dirigerà l’aviazione civile per quasi tre anni, avvalendosi del suo stretto collaboratore Cesar Villegas, personalità che tornerà più avanti in questo storia. Sul ruolo di Uribe negli affari dei narcos colombiani non si è mai fatta luce, ma quel che è certo è che durante la sua direzione dell’aviazione civile le rotte aeree del Cartello di Medellin prolifereranno. Rotte aeree amministrate da boss locali, spesso legati al paramilitarismo, responsabili del coordinamento dei carichi spediti dalle decine di piste aeree abusive e legali che il cartello costruirà un po’ in tutta la Colombia, soprattutto nella regione rurale del Magdalena Medio. Alcune di queste piste erano dissimulate tra le campagne colombiane, dove venivano costruite piccole case semoventi ideate per confondere le rilevazioni aeree. Piste costruite sotto il coordinamento di Luis Enrique Ramirez, detto “Miky”, un cuoco che scalerà i ranghi del clan guidato da Fernando Galeano, fino a diventarne braccio destro.

Alvaro e Alberto Uribe
( Alvaro Uribe e il padre Alberto Uribe )

Molti degli aerei della flotta del Cartello di Medellin saranno ricondotti a Gabriel Puerta, il proprietario di una compagnia aerea, particolarmente attivo nel riciclaggio dei fondi del cartello attraverso la sua società specializzata nella riconversione di valuta straniera. Aerei pilotati da personaggi come Guillermo Angel Restrepo, vicino al clan Ochoa, e Francisco Cifuentes, la cui famiglia più avanti verrà ritenuta legata al Cartello di Sinaloa. Parallelamente alle rotte aeree, il Cartello di Medellin svilupperà anche lucrosissime rotte nautiche, soprattutto verso il Messico, dove grazie all’ausilio di Gustavo Tapias, un discreto ingegnere a cui Escobar affiderà la strutturazione della sua rotta privilegiata detta “la Fanny”, nome della nave che faceva la spola tra le coste occidentali colombiane e quelle pacifiche messicane., costituendo una delle principali entrate regolari del leader del Cartello di Medellin. Traffici che a livello internazionale verranno agevolati dall’honduregno Juan Matta-Ballesteros, un vero e proprio broker del narcotraffico globale, sospettato di curare il 65% del narcotraffico tra Colombia e Spagna, paese dove trascorreva molto tempo, riciclando i proventi delle sue attività illecite. Si ritiene che Juan Matta abbia accumulato una fortuna prossima ai 2.000 milioni di dollari, in gran parte reinvestita nel suo paese di origine, dove era solito fare beneficienza, distinguendosi anche per la corruzione di numerosi alti ufficiali delle forze armate. Addirittura, si ritiene sia stato il principale sponsor dell’ascesa al governo del generale Paz in Honduras.

Juan Matta Ballesteros narcos honduras
( Il narcotrafficante honduregno Juan Matta Ballesteros )

EL MEXICANO

La rotta Colombia-Messico verrà potenziata soprattutto dopo l’ingresso nel cartello di Medellin di Josè Gonzalo Rodriguez Gacha, non a caso noto come “el-Mexicano”, per via del suo amore per la cultura messicana e del suo pittoresco cappello da cow boy che era solito indossare. La passione per il Messico di Rodriguez si svilupperà a partire dal 1977, quando grazie alla mediazione di Juan Matta-Ballesteros prenderà contatti con Miguel Angel Felix Gallardo, il potente leader del Cartello di Guadalajara. Josè Rodriguez, nato nei sobborghi di Bogotà da un’umile famiglia di campesinos, al netto della sua scarsa cultura, svilupperà una personalità estremamente rude, seriosa ma alquanto ambiziosa e socievole. Caratteristiche che permetteranno ad un umile cameriere di scalare il mondo della criminalità fino a diventare capo scorta del commerciante di smeraldi colombiani Gilberto Molina, da cui successivamente si sgancerà per dedicarsi al lucroso business del narcotraffico, ponendosi alla guida di un proprio gruppo criminale che, successivamente, confluirà nel Cartello di Medellin, all’interno del cui instaurerà un rapporto di profonda amicizia con Pablo Escobar, con cui condivideva il temperamento serio e risoluto e, soprattutto, la passione per il calcio, tanto da sfidarsi in numerose occasioni. Passione calcistica che coltiverà anche sul piano professionistico, diventando azionista di maggioranza della squadra dei Milionarios di Bogotá, in cui riciclerà molti dei proventi delle sue attività illecite.

Gonzalo Rodiguez Gacha el Mexicano narcos Cartello Medellin
( Josè Rodiguez Gacha “el-Mexicano” )

Al netto del suo approccio rude e grezzo, che spesso lo portava a limitare al minimo la socializzazione con i suoi subordinati, chi lo conosceva bene lo descriveva come un fanatico dell’igiene personale, un po’ come Escobar, che si dice dedicasse svariate ore della propria giornata alla cura personale. Ciononostante, malgrado non amasse sperperare denaro, anche il Mexicano si distinguerà per il sostegno economico alla popolazione indigente della sua zona, acquisendo una certa popolarità. Rodriguez, al pari dei fratelli Ochoa, coltiverà una grande passione per i cavalli, detenendone uno dal valore di ben tre milioni di dollari, chiamato Tupac Amaru, come uno degli ultimi sovrani Inca. Il Messicano investirà i suoi immensi proventi criminali acquisendo svariati ettari di terreno nella regione del Magdalena Medio, contendendosi il primato sulle ricche miniere di smeraldiVictor Carranza e al suo vecchio boss Molina. Più avanti, nel 1985, all’infrastruttura del Mexicano si aggregherà anche Leonidas Vargas che, come lui, al netto delle origini contadine e dell’istruzione elementare, scalerà i ranghi della criminalità partendo dal rango di sicario, fino a controllare la regione del Caqueta al confine con l’Ecuador, diventando uno dei boss più importanti del Cartello di Medellin. Vargas, Rodriguez ed Escobar saranno i pionieri che inaugureranno la lucrosissima rotta verso il Messico, collaborando in particolar modo con il boss locale Amado Carillo Funtes. Sempre affiancato all’infrastruttura del Mexicano, stava Josè Ocampo, un semplice tassista arricchitosi rapidamente fino a diventare un ricco imprenditore agricolo, nonché titolare di una delle più note discoteche di Medellin e di una catena di supermercati che utilizzava per riciclare i fondi neri del cartello. La potenza finanziaria di Ocampo gli consentirà persino di acquisire la quota di maggioranza della squadra di calcio dell’Indipendiente di Medellin, la squadra del cuore di Pablo Escobar, che successivamente passerà sotto il controllo di Pablo Correa, un altro boss del Cartello do Medellin. Alcune tesi sostengono che proprio in una tenuta di Pablo Correa si sia tenuto il summit in cui i Cartelli di Medellin e Cali si sarebbero spartiti le piazze statunitensi, concordando il dominio di Medellin in Florida e di Cali a New York.

IL CLAN DEI FRATELLI CASTAŇO

Sempre nei pressi della regione rurale del Magdalena Medio cresceranno anche i fratelli Castaño , figli di Antonio Castaño , un benestante agricoltore locale. Famiglia unita, ma caratterizzata da fortissime frizioni interne, che non di rado culminavano in feroci risse, come quelle in cui il capofamiglia si affronterà a colpi d’arma da fuoco con il giovane primogenito Fidel. Più avanti, Fidel Castaño aprirà, aiutato dal giovanissimo fratello Carlos, un bar a Segovia, cittadina frequentato da molti guerriglieri locali che, non di rado, aiutava a nascondersi dalle autorità, condividendo i loro ideali sociali. Fidel, infatti, pur amando la vita borghese, odiava, come i guerriglieri, l’oligarchia colombiana, ritenuta responsabile delle pessime condizioni sociali del paese. Ad ogni modo, Fidel Castaño lascerà presto la famiglia per dedicarsi prima al commercio di auto usate e successivamente al commercio e contrabbando di oro e pietre preziose. Gli affari di Fidel andranno talmente bene da consentirgli di viaggiare molto in Europa, avvalendosi di un passaporto falso con cui si presentava sotto il cognome italiano di Beltrami, intrattenendo relazioni con importanti personalità del mondo dell’arte, della filosofia e della finanza, come la famiglia Halaby e, secondo alcuni, persino Salvador Dalì. Esperienza europea che permetterà a Fidel di armonizzare la propria fredda, seria, autoritaria, ma pacata ed educata, personalità con una solida cultura politica, che gli consentirà di mutare strategicamente approccio in base alle circostanze.

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( Fidel Castano Gil )

A Parigi, si distinguerà per l’affitto a lungo termine di una suite presso l’Hotel Ritz, e per la limousine con cui era solito fare il giro delle gallerie d’arte della ville lumiere. La passione per l’arte lo porterà ad acquisire numerose opere d’arte del colombiano Fernando Botero, che non esitava a sfruttare per incamerare importanti plusvalenze economiche. Ad ogni modo, dopo l’esperienza europea, Fidel ritornerà in patria rilevando metà dell’impesa agricola del padre, assumendo la leadership della famiglia. Più avanti, Fidel avrà modo di conoscere Pablo Escobar, complice la vendita di alcuni autoveicoli, stringendo una solida amicizia, peraltro rafforzata dalla comune simpatia per gli ideali della cultura socialista. Amicizia che Fidel sfrutterà per integrarsi al Cartello di Medellin, facendo il proprio ingresso nel narcotraffico, inaugurando una propria rotta boliviana. L’adesione al Cartello di Medellin lo porterà a trasferirsi proprio nel capoluogo di Antioquia, dove acquisterà la lussuosa villa di Monte Casino, rilevandola dalla ricca famiglia di industriali tessili di origini ebraiche, Halaby. Tra l’altro, uno dei figli di William Halaby Sr., William Jr, sfrutterà la sua amicizia con Fidel per farsi coinvolgere nella sua infrastruttura criminale. Di Fidel non si conosce molto, ma si dice che uno dei suoi agganci negli Stati Uniti sia stato niente meno che il noto cantante Frank Sinatra.

IL MODELLO DI BUSINESS ESCOBAR & GAVIRIA

Il giro d’affari del Cartello di Medellin si allargherà talmente tanto da catalizzare l’attenzione di numerosi esponenti dell’establishment di Medellin, che presidieranno la residenza di Escobar nella speranza di poter investire sulle sue lucrosissime rotte criminali, considerandolo alla stregua di un broker finanziario. Va infatti considerato che al suo apice, il Cartello di Medellin controllerà circa l’80% del narcotraffico globale, tanto che si narra che l’organizzazione spendesse più di 2.500 dollari al mese in elastici per ordinare le innumerevoli mazzette che accatastava nelle centinaia di rifugi presidiati dai propri fiancheggiatori. Tra l’altro, si stima che circa il 10% del sostanzioso flusso di dollari che defluivano in contanti dagli Stati Uniti verso la Colombia andasse perso per degrado conservativo. Situazione che Escobar sfrutterà appieno, elaborando delle vere e proprie formule di investimento con tanto di polizze di garanzia che prevedevano il risarcimento della somma investita nel caso in cui il carico andasse perso per qualche ragione. Le code di individui che si svilupperanno quotidianamente dinnanzi all’abitazione di Escobar indispettiranno molto suo cognato Mario Henao che, sebbene coinvolto negli affari del cartello, lo esorterà a tenere gli affari lontani dalla sua famiglia, convincendolo a dotarsi di un vero e proprio ufficio nel blasonato quartiere del Poblado di Medellin, dove si trasferirà nel dicembre 1977 insieme alla sua famiglia, acquistando un palazzo multipiano denominato “Edificio Monaco”, come il noto principato, il cui arredamento verrà arricchito da costosissime opere d’arte commissionate appositamente da sua moglie Maria Victoria Henao, appassionata di architettura e arte. La passione per l’arte della moglie di Escobar, si svilupperà parallelamente a quella per la bella vita, organizzando sfarzose feste insieme al fratello Mario che, quando non era alterato dai fumi dell’alcool, era solito disquisire di cultura con musicisti, poeti e filosofi, a cui spesso garantiva sostegno finanziario. Escobar, invece, quando aveva tempo libero in casa gradiva intrattenersi guardando film western o della saga di 007, non disdegnando l’ascolto di musica lirica in cui amava dilettarsi in ambito familiare. Tra l’altro, la residenza di Escobar era accessoriata da una gigantesca antenna parabolica satellitare che gli permetteva di fruire in particolar modo dei principali network di informazione internazionali.

La fortuna che Pablo Escobar arriverà ad accumulare verrà delegata al fidato cugino Gustavo Gaviria che, al netto della sua scarsa istruzione, si configurerà come la vera mente finanziaria del Cartello di Medellin. Funzioni amministrative che, secondo alcuni membri reduci del cartello, esercitava con estrema lungimiranza, tanto da essere considerato persino più ricco dello stesso Escobar, anche se in realtà era difficile stabilire cosa era effettivamente suo e cosa era di suo cugino, dal momento che quest’ultimo amministrava le entrate di entrambi. Gaviria riciclerà molti di questi proventi illeciti in beni immobili in giro per il mondo, dove era solito recarsi personalmente in viaggio insieme alla famiglia, distinguendosi anche per l’acquisto di oro, diamanti, smeraldi e opere d’arte a fini di investimento. Tuttavia, al netto delle equivalenti ricchezze, Gustavo era generalmente riconosciuto come un taccagno, al contrario di Escobar che invece era solito spendere molto senza pensarci tanto. Ad ogni modo, chi ha avuto modo di conoscere Gustavo Gaviria lo descrive come una persona seria, elegante, riservata e alquanto serafica che, sebbene non amasse sperperare denaro, conduceva comunque uno stile di vita decisamente agiato, e per certi versi persino più vistoso di Escobar, coltivando il suo interesse per le belle donne e le auto sportive, facendosi notare molto in giro per Medellin per il suo stile di vita. Passioni, quelle per le donne che i due cugini condivideranno, al pari di quella per i motori, intrattenendo numerose relazioni extra-coniugali con molte avvenenti modelli colombiane, spesso cooptate a suon di dollari dopo aver consultato le riviste patinate dell’epoca.

L’OASI PROTETTA DI ESCOBAR

L’ampia disponibilità economica permetterà a Pablo Escobar e Gonzalo Gaviria di coltivare nel migliore dei modi la loro passione per il motorsport, fondando una vera e propria scuderia con cui avranno modo di competere nella Coppa Renault, conseguendo anche discreti risultati. Competizioni in cui avranno modo di sfidarsi anche con i fratelli Ochoa che, tuttavia, preferivano di gran lungo curare la loro passione per i cavalli di passo fino, che erano soliti esibire durante le sfarzose feste che organizzavano nella loro immensa tenuta, dove gli influenti ospiti venivano trasportati in loco con appositi voli charter, godendosi le esibizioni di noti artisti colombiani. E proprio per non essere da meno dei fratelli Ochoa, nel 1979, i due cugini Escobar e Gaviria acquisteranno una gigantesca tenuta nei pressi della regione del Magdalena Medio, successivamente denominata “Hacienda Napoles“, secondo alcuni in ossequio alla città di Napoli, legata alle origini di Al Capone, personaggio criminale verso cui Escobar provava una vera e propria ammirazione. Tenuta che i due cugini riusciranno a comprare a suon di dollari nonostante la ritrosia iniziale del proprietario, con cui in giovinezza Escobar sarebbe persino venuto alle mani, pagandola con il primo carico che atterrerà nella adiacente pista aerea pavimentata, autorizzata da Alvaro Uribe. Escobar e Gaviria investiranno circa 60 milioni di dollari su questa tenuta, inaugurata con una sfarzosa festa inaugurata con tanto di documentario ed esibizioni di artisti famosi.

Hacienda Napoles Pablo Escobar elicottero
( L’Hacienda Napoles di Pablo Escobar e Gustavo Gaviria )

All’interno dell’Hacienda Napoles, amministrata dal cugino Luis Hernando Gaviria, Escobar ricreerà la propria oasi personale, arricchendola con piscine; campi da tennis, dove era solita giocare sua moglie; un’arena per corride; laghi artificiali, dove era solito scorrazzare con moto d’acqua e hovercraft; statue di dinosauri su scala reale e persino uno Zoo safari con tanto di elefanti, ippopotami e giraffe, tutti rigorosamente importati di contrabbando grazie alla cooperazione del suo socio Gustavo Upegui, un’ex-poliziotto, divenuto proprietario della squadra di calcio di Envigado. Animali non pericolosi che Escobar sceglierà meticolosamente in compatibilità con il loro habitat naturale, precedentemente approfondito consultando i libri della National Geographic. Giardino zoologico, privo di recinzioni, che Escobar amava perlustrare a bordo della sua Nissan Patrol azzurra, il colore preferito con cui il boss amava verniciare molte stanze delle sue residenze. Zoo che, per sua espressa volontà, rimarrà aperto al pubblico, permettendo alla gente comune priva di sostentamento di condividere la sua passione per gli animali esotici, mettendo addirittura a disposizione una stazione di rifornimento di carburante gratuita per gli avventori che potevano raggiungere il sito, immerso all’interno della profonda selva colombiana, percorrendo le infrastrutture che il leader del Cartello di Medellin finanzierà per rendere accessibile la remota regione del Magdalena Medio. Visitatori che potevano rilevare l’eccentricità della tenuta di Escobar e Gaviria sin dall’ingresso, dove i due cugini collocheranno uno degli aerei che li aveva resi ricchi, seguito da una replica dell’auto di Bonnie & Clyde, appositamente crivellata in loco dai suoi sicari. Per rafforzare la sicurezza della sua tenuta, collocata in un’area presidiata dai guerriglieri delle FARC, Escobar si rivolgerà ad Henry Perez, un sicario, che dopo il rapimento di suo padre ad opera della guerriglia, aderirà alla milizia paramilitare organizzata da Ramon Isaza, diventando l’antitesi paramilitare del leader delle FARC, Manuel Marulanda. Perez e Isaza contribuiranno a mantenere sicura l’area dell’Hacienda Napoles, ricevendo in cambio i cospicui finanziamenti che Escobar gli farà regolarmente pervenire attraverso Hernan Henao, il cugino della moglie, responsabile della sicurezza della tenuta e dei laboratori del cartello ad essa adiacenti, servendosi di un’efficacissima rete di informatori che presidiavano i bar locali, dove chi beveva era solito raccontare avvenimenti inusuali rilevati in quella remota ma turbolenta regione.

Ramon Isaza paramilitari colombia
( Il leader paramilitare Ramon Isaza )

I FONDAMENTI DELL’EGEMONIA DI ESCOBAR

La cura della sicurezza per Escobar diventerà un elemento distintivo che lo differenzierà da tutti gli altri narcos colombiani. Infatti, a differenza degli altri narcotrafficanti, Escobar investirà una vera e propria fortuna nello sviluppo di un poderosissimo apparato militare, grazie a cui riuscirà ad imporsi sulla miriade di gruppi criminali che infestavano la città di Medellin. E sebbene inizialmente Escobar circolasse armato della sua amata pistola Sig Suer P226, avvalendosi della protezione del suo primo guardaspalle Ruben Londoño, detto “la-Yuca”, con trascorrere del tempo e l’incremento del numero dei nemici, si doterà di un poderosissimo apparato di sicurezza che riuscirà addirittura a regolarizzare, ottenendo dal Ministero degli interni la licenza per costituire un gruppo di vigilanza privato autorizzato a girare armato, sotto la supervisione dell’ex-colonnello Henry Villegas, che come altri ufficiali locali, si farà corrompere dal Escobar, favorendolo in tutto quello che chiedeva, passandogli regolarmente informazioni vitali per garantire la sopravvivenza della propria organizzazione criminale.

L’apparato militare che Escobar costruirà recluterà centinaia di giovani sicari tra i degradati sobborghi di Medellin, la cui fedeltà verrà forgiata sia dai sostanziosi compensi che garantiva a loro e le loro famiglie, ma in buona sostanza anche dall’approccio confidenziale con cui era solito trattarli a differenza di chi li considerava dei meri reietti sociali. La fedeltà che questi sicari svilupperanno nei confronti di Escobar sfiorerà l’idolatria, essendo generalmente considerato uno di loro che ce l’aveva fatta e che, a differenza degli altri boss del cartello, riusciva ad esercitare un non indifferente carisma personale, rafforzato dal modo con cui era solito dare seguito alle sue parole, e dalla sua memoria fotografica che gli consentiva di ricordarsi nomi e peculiarità di chiunque conoscesse. Tra questi sicari, spiccherà John Jairo Arias, detto “Piniña”, un giovane dalle umilissime origini che, al netto della sua bassa statura e dalla sua istruzione elementare, riuscirà a conquistarsi la fiducia di Escobar in circostanze alquanto singolari. Arias, infatti, conoscerà Escobar dopo avergli rubato l’autoradio ed essere stato prontamente rintracciato e portato al suo cospetto, dove con sua grande sorpresa verrà elogiato dal capo del Cartello di Medellin per il suo atteggiamento temerario, esortando i suoi sicari a prenderlo ad esempio. Successivamente al suo reclutamento, Arias, scalerà i ranghi dell’organizzazione fino ad assumere la leadership dell’apparato di sicurezza di Escobar, che sotto la sua gestione arriverà a contare più di 2.000 sicari, distinguendosi per la propria personalità fredda e sagace, sommata alla conoscenza approfondita di tutte le dinamiche che si sviluppavano nel basso mondo, dove attingeva continuamente per reclutare nuove leve criminali. Un altro importate sicario reclutato in circostanze singolari è stato Luis Carlos Aguilar, detto “el-Mugre”, uno scaltro giovane motociclista che Escobar sceglierà come sua scorta personale dopo averlo sfidato a stargli affiancato sul lato destro dell’auto sulla quale viaggiava contro mano ad alta velocità dribblando macchine e marciapiedi, per mettere alla prova la sua capacità di coprire il fianco destro della propria auto durante i tragitti in circostanze emergenziali, così da ostacolare eventuali agguati contro la sua persona. Ruolo che più avanti Aguilar tralascerà per scortare il giovane figlio di Escobar, Juan Pablo, facendo valere la sua indole gioviale. A questi sicari, se ne aggiungeranno moltissimi altri, che ricopriranno a vario titolo un ruolo di primo piano nella prepotente ascesa del Cartello di Medellin, acquisendo una rilevanza popolare all’interno del microcosmo criminale di Medellin, contribuendo a rendere l’organizzazione nota per via della sua estrazione aggressiva e popolare.

John Jairo Arias "Piniña" sicario Cartello Medellin scorta Pablo Escobar
( John Jairo Arias “Piniña” scorta Pablo Escobar )

La popolarità con cui Escobar riusciva a conquistarsi il ben volere dei ceti popolari di Medellin traspariva dai suoi modi aperti e cordiali verso le persone più umili che era solito incontrare ed aiutare economicamente senza badare a spese. Approccio enfatizzato da uno stile di abbigliamento casual, che non sentiva la necessità di esibire ricchezza, sfoggiando costosi orologi o catene d’oro come facevano molti suoi colleghi. E proprio questi suoi modi popolari indurranno l’establishment di Medellin a precludergli l’accesso ad uno dei club più esclusivi della città. Veto che, tuttavia, riuscirà a scardinare, convincendo il personale a scioperare, arrivando persino a far insabbiare la piscina del club. Escobar, infatti, al netto del suo stile popolare non disdegnava frequentare anche i ceti più altolocati, e fare la bella vita. E sebbene fosse un narcotrafficante, riuscirà a costruirsi l’immagine di un facoltoso imprenditore attivo nel settore petrolifero. Copertura con cui riuscirà a viaggiare in giro per il mondo, soprattutto tra Stati Uniti e Brasile, sia in famiglia che con i soci, distinguendosi per il noleggio di limousine ed elicotteri con cui era solito spostarsi durante i suoi soggiorni turistici.

LE ORIGINI DEL CARTELLO DI CALI

Similmente a Medellin, anche la città di Cali sarà teatro dell’ascesa di un gruppo di narcotrafficanti locale, che successivamente verrà conosciuto come Cartello di Cali. La storia del Cartello di Cali come quella del Cartello di Medellin ha origine in un contesto di povertà e degrado come quello in cui cresceranno i fratelli Gilberto e Miguel Rodriguez Orejuela. I due fratelli Rodriguez, infatti, cresceranno in balia di un padre pittore avvezzo all’alcool, che non di rado li maltrattava. Gilberto sarà addirittura costretto a lasciare gli studi per mantenere la famiglia, vendendo fiori ed oggetti riciclati per le strade di Cali. Tuttavia, la sua perseveranza lo porterà a sviluppare una personalità ambiziosa e carismatica, che lo indurranno ad investire i suoi primi guadagni nell’apertura di un piccolo negozio. Ambizione che indurrà il giovane Rodriguez ad integrare i proventi della sua piccola attività commerciale con i proventi del mondo criminale, in cui farà il proprio ingresso insieme a Josè Santacruz, alias “Don Chepe”, con cui costituirà una banda di sequestratori meglio nota come i “Los Chemas”. Sentiero criminale che, almeno inizialmente, Miguel Rodriguez deciderà di non percorrere, preferendo intraprendere la carriera di assistente di volo, faticando ad arrivare a fine mese. Strada diametralmente opposta a quella dell’autorevole fratello maggiore Gilberto, che non esiterà a cacciarlo di casa dopo la scelta di sposare una ragazza che non approvava. Ad ogni modo, con i proventi derivanti dai riscatti, intorno al 1975, la banda dei los Chemas farà il proprio ingresso nell’ascendente mondo del narcotraffico. Con i primi proventi la banda acquisterà i primi aerei privati, espandendo notevolmente il loro giro d’affari. E proprio verso la fine del 1975 che Gilberto Rodriguez verrà arrestato per la prima volta in Perù, da dove, tuttavia, riuscirà a farsi scarcerare in tempi alquanto brevi.

Gilberto Rodriguez Orejuela narcos Cartello Cali
( Il leader del Cartello di Cali Gilberto Rodriguez Orejuela )

Ad ogni modo, nonostante questa disavventura peruviana, Gilberto Rodriguez si convincerà che il narcotraffico fosse la sua strada. L’approccio strategico con riuscirà ad imporsi in questo settore gli varranno l’alias dello “scacchista”. Proprio grazie alle sue spiccate capacità strategiche, rafforzate da un certo carisma, riuscirà ad aggregare i piccoli narcotrafficanti locali in quello diverrà noto come il Cartello di Cali, un’organizzazione finalizzata al ridimensionamento dei considerevoli rischi che i piccoli narcos correvano in un settore dove la prospettiva degli ingenti guadagni era controbilanciata da un alto tasso di insicurezza e letalità. Lo stile manageriale con cui Gilberto Rodriguez gestirà il cartello renderà il narcotraffico un’occasione di investimento aperta a chiunque volesse integrare le proprie entrate economiche partecipando anche ad un solo carico isolato. Carichi prevalentemente diretti verso gli Stati Uniti, dove Don Chepe strutturerà una vera e propria rete di distribuzione capace di produrre profitti milionari, che seppur inferiori a quelli del Cartello di Medellin, già nel 1978 inizieranno a catalizzare l’attenzione delle autorità americane, monitorando alcuni movimenti finanziari sospetti all’interno di alcuni conti aperti presso la Chase Manhattan Bank. La gestione diretta dei carichi statunitensi costerà a Don Chepe i primi problemi con la giustizia, scontando persino una condanna a New York per detenzione abusiva di armi da fuoco. Città da dove era solito coordinare gli affari del cartello avvalendosi della collaborazione delle centinaia di immigrati colombiani presenti nella grande mela. Più avanti, il Cartello di Cali collaborerà con il cartello messicano del golfo, guidato da Juan Garcia Abrego.

IL MODELLO DI BUSINESS DI RODRIGUEZ

Gilberto Rodriguez sfrutterà il suo considerevole potere finanziario per costruirsi l’immagine di un vero magnate della finanza, riciclando i proventi del narcotraffico in attività lecite come la catena di distribuzione alimentare “La Rebaja”. Più avanti, Gilberto Rodriguez diventerà socio della filiale colombiana della Chrysler, diventando socio di German Montoya, il futuro consigliere del presidente colombiano Virgilio Barco. Successivamente, riuscirà persino ad acquisire il controllo di una delle più importanti compagnie telefoniche nazionali, da cui trarranno importanti informazioni d’intelligence. Le consistenti entrate finanziarie del cartello indurranno Gilberto Rodriguez a dotarsi di una propria banca, acquisendo il Banco del Los Trabajadores dal parlamentare e sindacalista conservatore Tulio Cueva, agevolando così le attività di riciclaggio dell’organizzazione.

L’immenso potere economico di Gilberto Rodriguez, sommato ai suoi modi e gusti raffinati, gli consentiranno di accattivarsi le simpatie dell’establishment politico-economico di Cali, distinguendosi per il suo opulento stile di vita e per le sfarzose feste che era solito organizzare in città. Feste presidiate da un vero e proprio esercito di colletti bianchi corrotti che gli consentiranno di agire come il vero e proprio padrone della città di Cali, diventando titolare degli ippodromi e autodromi locali, dove competeranno anche i cugini Escobar e Gaviria. E anche laddove i leader del cartello incontreranno ostracismo, reagiranno sempre in maniera controllata, come quando Don Chepe reagirà al veto incontrato all’adesione del club notabile più importante della città di Cali fondandone uno proprio ancora più esclusivo. Dunque, se il Cartello di Medellin costruirà il suo potere sulla popolarità e sulla forza militare, il Cartello di Cali lo fonderà su di uno stile manageriale ben più discreto e rassicurante. Stile di vita che Gilberto Rodriguez cercherà di inculcare ai propri figli, facendogli studiare all’estero, tra USA ed Europa, nella speranza di renderli personalità al di sopra di ogni sospetto, capaci di integrarsi a pieno titolo tra i ranghi dell’establishment colombiano. Addirittura, si narra che conseguente all’arresto di uno dei suoi figli, abbia dato in escandescenza, malmenandolo al momento della sua scarcerazione.

Miguel Rodriguez Orejuela narcos Cartello Cali
( Miguel Rodriguez Orejuela )

Ad ogni modo, quando la carriera criminale di Gilberto Rodriguez sarà ormai ben consolidata, si riconcilierà con il fratello Miguel, coinvolgendolo nei propri traffici criminali. Miguel Rodriguez sfrutterà la sua personalità estremamente seria, distinta, meticolosa, disciplinata e riflessiva per conquistarsi progressivamente un ruolo di primo piano nel Cartello di Cali, acquisendo un’autorevolezza seconda solo a quella del fratello maggiore, tanto da inibire chiunque fosse in sua presenza dal fumare, atteggiamento che non tollerava. L’impegno di Miguel sarà talmente intenso che, secondo il figlio William, anche ai famigliari serviva un appuntamento per incontrarlo. Stile di vita che indurrà sua moglie a lasciarlo, trasferendosi a sua insaputa negli Stati Uniti insieme al figlio William, che tornerà in patria solo sei anni dopo, quando suo padre avrà avuto altri figli da due compagnie diverse. Nel 1979, successivamente al suo ingresso nel cartello, Miguel asseconderà la sua passione per il calcio, acquisendo il controllo della squadra America de Cali, distinguendosi per la pratica della corruzione degli arbitri. Squadra, la cui amministrazione, verrà successivamente delegata a suo figlio William, dopo il suo conseguimento della laurea in giurisprudenza. Durante la sua amministrazione, proverà ad ingaggiare, senza successo, persino il noto calciatore Diego Armando Maradona, con cui intratterrà comunque cordiali rapporti. E sempre a Miguel verrà demandata la cura delle relazioni tra il cartello ed il mondo della politica, da cui otterrà la protezione e le agevolazioni necessarie a garantire la prosperità del cartello. Nel 1984, i due fratelli Rodriguez faranno il loro ingresso nel mondo dei mass media, finanziando il fondatore del “Grupo Radial Colombiano”, evitando, tuttavia, di esporsi in prima persona per non destare eccessivo clamore mediatico.

IL CARTELLO DEL NORTE DEL VALLE

Sul finire degli anni settanta, nella Valle del Cauca si strutturerà un piccolo cartello di narcotrafficanti guidati da Gerardo Martinez, detto “Dracula”. A lui presto si assoceranno altri piccoli narcos autonomi, molti dei quali ex-poliziotti dalle umili origini, come Orlando Henao Motoya ed Efraim Hernandez, e molti altri che erano soliti aggregarsi saltuariamente solo in caso di bisogno. I due narcos, col tempo si sganceranno da Martinez, strutturando meglio l’organigramma del cartello che si specializzerà nella cura di alcune fasi della produzione e della logistica dei più grandi Cartelli di Cali e di Medellin, garantendone la sicurezza e la celerità degli spostamenti dei loro carichi. Nello specifico, il Cartello del Norte del Valle manterrà un rapporto simbiotico con il Cartello di Cali. Il cartello del Norte del Valle riuscirà a proliferare grazie al controllo della realtà rurale periferica e soprattutto della città costiera di Puerto Buenaventura, da dove partivano molti dei carichi che i cartelli di Cali e Medellin inoltravano regolarmente in Messico attraverso la rotta pacifica. Porto in cui Efraim Hernandez, meglio noto come “Don Efra“, muoverà i primi passi nel mondo del crimine, sfruttando il proprio distintivo per coprire i traffici illeciti dei contrabbandieri locali. Ad ogni modo, col trascorrere del tempo sarà la figura di Orlando Henao a prevalere per autorevolezza all’interno dell’organizzazione. Autorevolezza accompagnata da un piccolo ma efficacissimo apparato di sicurezza curato da Wilber Varela, detto “Jabon”, un altro ex-poliziotto che riuscirà a conquistarsi la fiducia di Henao, scalando progressivamente i ranghi del cartello. Sempre al servizio di Orlando Henao crescerà anche Luis Hernando Gomez, il figlio di un ex-sindaco colombiano, divenuto suo autista e scorta personale.

Orlando Henao Montoya narco Cartello Norte del Valle
( Il leader del Cartello del Norte del Valle Orlando Henao Montoya )

Più avanti la cupola del cartello integrerà anche Ivan Urdinola Grajales, il proprietario di un magazzino refrigerato che monopolizzava la catena di distribuzione nella città di Cartago, a metà strada tra Cali e Medellin. La carriera di Urdinola inizierà importando piccoli carichi dal Perù, avvalendosi dell’intermediazione del narcotrafficante di confine Evaristo Porras, grazie a cui riuscirà a diventare milionario nonostante la giovanissima età, avvalendosi della collaborazione degli ufficiali che controllavano i vicini aeroporti. La posizione di Urdinola nel Cartello del Norte del Valle si consoliderà in simbiosi con l’infrastruttura di Orlando Henao, di cui sposerà la sorella Lorena, il cui carattere cordiale contribuirà a smussare le intemperanze che talvolta avevano la meglio sulla sua personalità generosa che lo portava a fare beneficienza nella sua regione di appartenenza. Generosità che, come altri narcos, era solito palesare assistendo i ceti popolari delle sua aree d’influenza. La sensibilità sociale di Ivan Urdinola e Lorena Henao li indurrà ad adottare anche alcuni bambini, crescendoli insieme ai loro figli.

CONCLUSIONI

Il narcotraffico colombiano si svilupperà nel bel mezzo degli anni settanta, durante le amministrazioni liberali presiedute da Alfonso Lopez e Julio Cesar Turbay che, preoccupandosi più della minaccia costituita dalla guerriglia, marginalizzeranno questo fenomeno criminale, consentendone di svilupparsi in modo rapido e incontrollato. Governi che riusciranno a fare davvero molto poco per le grandi masse popolari impoverite che si riversavano dalle campagne nelle città come Medellin e Cali. Contesto sociale precario in cui cresceranno i principali narcos del paese, da Pablo Escobar a Gilberto Rodriguez, anche se quest’ultimo ha avuto la possibilità di riscattarsi autonomamente, avviando una piccola attività commerciale che evidentemente gli stava comunque stretta. Povertà che si aggregava ad una cultura della corruzione alquanto diffusa, come dimostra l’alto numero di poliziotti che hanno cambiato vita, preferendo il lucroso mondo del narcotraffico che avrebbero avuto il dovere di contrastare, come nel caso di Orlando Henao, Efraim Hernandez e Wilber Varela. Anche se non mancheranno casi di personalità benestanti che, pur vivendo più che agiatamente, perseguiranno una via al guadagno più rapida e semplice, senza tuttavia avere velleità di potere, come nel caso delle famiglie Ochoa e Galeano, ma anche del nipote dell’ex-presidente colombiano, Rodolfo Ospina o di Luis Hernando Gomez. Dunque, il contesto in cui si sviluppa il narcotraffico colombiano è riconducibile ad un mix di concause spesso contraddittorie, ma che trovavano coerenza nella volontà di sfruttare la possibilità che quell’epoca offriva a persone di estrazione sociale diversa di arricchirsi rapidamente.

Tuttavia, è anche vero che non tutti questi narcos avevano lo stesso peso, e probabilmente questa differenza di potenziale va ben ponderata, soprattutto alla luce del primato che personalità come Pablo Escobar riusciranno a strutturare in questo nuovo ambito criminale. E senza dubbio, la scalata criminale di Escobar affonda le sue radice nella povertà e nel desiderio di riscatto sociale, che inizialmente cercherà di conseguire scommettendo sulle sue qualità politiche. Capacità che sarà costretto ad accantonare per far fronte ad una condizione economica precaria, che a chi perseguiva un riscatto sociale, non lasciava altre alternative al mondo della criminalità. Realtà che Escobar muterà drasticamente, strutturando un modello di business tanto criminale quanto inedito, mettendo su una vera e propria multinazionale del crimine, riuscendo ad intercettare, come amava ribadire, una nuova domanda di mercato che, al netto delle sue nefaste conseguenze sociali, rappresentava una mastodontica opportunità economica per realtà periferiche come quelle sudamericane. Pertanto, lo sviluppo del narcotraffico può facilmente essere inquadrato in una logica di mercato, presidiato, in questo caso specifico, da squali della finanza criminale che non si facevano scrupolo ad arricchirsi, anche a costo di ingenti costi sociali scaricati sugli strati sociali più deboli delle società occidentali, che negli anni settanta hanno iniziato a decomporsi come una moderna araba fenice tra le luci psichedeliche del progresso del modello liberale capitalista. E non certo a caso, il mercato principale che questi pionieri del crimine hanno preso d’assalto è stato principalmente quello USA, il più vicino e degradato tra quelli occidentali.

Parallelamente all’ascesa di questo infame business prolifererà una nuova oligarchia colombiana, decisamente più ricca e dinamica di quella che da decenni si alternava alla guida del paese che alla mancanza di cultura sopperiva con il pragmatismo che le strade lastricate di povertà talvolta sanno insegnare come, e meglio, dei college più prestigiosi a chi è disposto ad imparare dalla vita. A cavallo tra gli anni 70 ed 80 questi nuovi oligarchi accumuleranno una ricchezza spropositata, e quando scriviamo spropositata lo facciamo perché è impossibile quantificare il numero di miliardi di dollari che questi soggetti sono riusciti a muovere nel giro di così pochi anni. Soldi che sono stati spesi per finanziare lussi ed eccentricità, ma anche per alimentare un’economia illegale parallela da cui ha tratto sostentamento una larga porzione della popolazione colombiana che tutt’oggi, soprattutto nelle aree rurali, fatica a trovare alternative legali ed etiche.

A questo punto, molti si domanderanno perché approfondire le eccentriche storie di questi soggetti criminali, che con la politica non hanno nulla a che fare. Ebbene, la risposta a questa vostra domanda la troverete nel prossimo (o prossimi, dipenderà da come riusciremo a sintetizzare il materiale a nostra disposizione) articolo, dove evidenzieremo come la dimensione economica e culturale del fenomeno criminale del narcotraffico si intersecherà con quella politica di un paese alle prese con una guerra civile come la Colombia. Si, perché nel prossimo articolo illustreremo come questo fenomeno criminale si sia politicizzato, per svariati motivi, finendo per condizionare pesantemente il corso della politica colombiana. Processo in cui i lussi e le eccentricità di questi bizzarri criminali cederanno bruscamente il passo al finanziamento di dinamiche politiche e militari, innescando una spirale di caos culminata con il processo di autodistruzione di questi infausti personaggi, portandosi dietro molti tra corrotti e innocenti. Epilogo che lascia trasparire il prezzo che, riprendendo una battuta del film “Il Padrino”, i narcos colombiani si sono ritrovati a pagare per la vita che hanno scelto, andando incontro alla stessa autodistruzione a cui inevitabilmente sono andati incontro i loro poveri “clienti”, o per meglio dire vittime. Premesso ciò, questo articolo introduttivo servirà solo a farvi comprendere chi erano e da dove venivano i narcos colombiani. Presupposti indispensabili per comprendere meglio la fine che faranno. Sviluppi che, per l’appunto, ripercorreremo nel nostro prossimo articolo, dove la dimensione politica di questo fenomeno criminale sarà senz’altro più evidente ed interessante che in questa prima parte.