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I NARCOS COLOMBIANI (2° Parte)

I PRIMI PASSI POLITICI DI ESCOBAR

Il corso storico dei cartelli colombiani inizierà a cambiare nel 1979, anno in cui Pablo Escobar Gaviria inizierà a prendere coscienza che il suo potere economico poteva permettergli di riaccendere nel migliore dei modi la sua giovanile passione per la politica. Proposito che il leader del Cartello di Medellin inizierà a perseguire già all’indomani dell’elezione del liberale Julio Cesar Turbay alla presidenza della Repubblica di Colombia, fondando, su impulso dello zio Hernando Gaviria, un proprio movimento politico denominato “Civismo in Marcia”, caratterizzato da un’impostazione sociale ed ecologista. Movimento con cui Escobar si farà notare prima nel piccolo sobborgo metropolitano di Envigado, dove la sua organizzazione criminale era particolarmente radicata, per poi estendersi a tutto il capoluogo di Antioquia, dove sfrutterà la sua popolarità per ottenere i suoi primi successi politici. I primi passi di Escobar nella politica che conta verranno indirizzati da Jairo Ortega, l’avvocato del suo vecchio boss contrabbandiere Alfredo Gomez, ma anche dall’avvocato Parra e, soprattutto, dall’ex-ministro della giustizia Alberto Santofimio, entrambi esponenti della corrente riformista del Partito Liberale, che in Colombia era espressione di principi e valori riconducibili all’area politica del centro-sinistra. Posizioni contigue al socialismo che del resto Escobar aveva coltivato sin da giovane. Valori, tra l’altro, condivisi anche suo cugino Josè Obdulio Gaviria, che farà la sua incursione nel mondo della politica partecipando all’organizzazione del Partito Comunista Colombiano, da cui, tuttavia, ben presto si sgancerà, aggregandosi all’orbita conservatrice di Alvaro Uribe.

LE ORIGINI DEL CONFLITTO TRA NARCOS E GOVERNO

Proprio mentre Escobar muoveva i suoi primi passi in politica, a Washington l’allora ambasciatore colombiano Virgilio Barco negoziava i termini del trattato di estradizione che da lì a poco avrebbe permesso l’estradizione di cittadini colombiani negli Stati Uniti d’America, dove la necessità di giudicare e condannare i narcotrafficanti cominciava ad essere particolarmente sentita. Interesse catalizzato non tanto da motivi etici, quanto dall’imponente flusso di dollari che ogni anno defluiva dagli Stati Uniti verso la Colombia senza far più ritorno. Trattato che il Congresso colombiano approverà verso la fine del 1980, ma che l’allora presidente Turbay eviterà di ratificare direttamente, delegandone la firma al Ministro German Zea, dettaglio formale che più avanti verrà sollevato per delegittimarne l’applicazione. L’amministrazione Turbay, infatti, eviterà di implementare il trattato di estradizione per non irritare la nuova oligarchia di narcotrafficanti, categoria che annoverava persino un suo nipote residente a New York, e con cui più di un politico cooperava sottotraccia. Pur accontentando i narcos, il congelamento del trattato di estradizione continuerà ad allarmarli, inducendoli a sfruttare le loro sostanziose leve finanziarie per corrompere in modo ancora più pervasivo l’establishment politico colombiano, in modo da indurlo ad abrogarlo definitivamente il trattato. I narcos, infatti, non temevano tanto la prospettiva di finire in un istituto penitenziario colombiano, poiché l’alto tasso di corruzione che vigeva nel paese sudamericano gli garantiva condanne leggere e condizioni carcerarie al dir poco privilegiate, e di cui non avrebbero sicuramente usufruito negli Stati Uniti, dove gli si prospettavano condanne dure da scontarsi a condizioni notevolmente più rigide che in patria. Per i narcos colombiani dell’epoca la probabilità di finire estradati negli Stati Uniti era altissima, dal momento che la stragrande parte delle loro rotte finiva proprio negli states. Nello specifico, a Washington avanzeranno il loro diritto di giudicare i narcotrafficanti poiché i loro reati, pur iniziando in Colombia, si consumavano negli Stati Uniti. Il trattato di estradizione si configurerà dunque come una spada di Damocle che pendeva sulle teste dei narcos colombiani, e da cui questi intendevano sottrarsi con ogni mezzo possibile.

IL “ROBIN HOOD PAISA” SCENDE IN CAMPO

La minaccia costituita dal trattato di estradizione, sebbene congelata, contribuirà a convincere Pablo Escobar della necessità di abbandonare la sfera politica locale in favore di quella nazionale, in modo da influenzare direttamente il processo politico inerente l’estradizione dei cittadini colombiani all’estero, mettendo questa sentitissima questione al centro della propria campagna elettorale. Si narra che alla vigilia delle elezioni legislative del 1982 l’allora sindaco di Envigado, Jorge Mesa, abbia esortato Escobar a sfruttare il suo potenziale politico per candidarsi al Congresso della Repubblica, suscitando la reazione di sua suocera che in quell’occasione gli ricorderà l’inopportunità dell’ingresso in politica per un pregiudicato per narcotraffico. Criticità che Escobar respingerà al mittente, sostenendo che i documenti relativi ai propri precedenti criminali siano stati precedentemente eliminati grazie all’ausilio di alcuni agenti dei servizi corrotti. Da lì a poco Escobar si getterà a capofitto in questa avventura politica, integrandosi, insieme all’avvocato Jairo Ortega, alla corrente guidata da Alberto Santofimio all’interno del movimento “Nuovo Liberalismo” fondato da Luis Carlos Galan, in contrapposizione al vecchio establishment del Partito Liberale Colombiano. La campagna elettorale di Escobar si concentrerà sulle masse popolari dell’area metropolitana di Medellin, promuovendo una serie di iniziative sociali finalizzate al contrasto della miseria e del degrado. Iniziative tra cui spiccherà l’ambizioso progetto “Medellin Senza Tuguri”, con cui Escobar finanzierà l’edificazione di interi quartieri residenziali donati alla popolazione indigente che all’epoca sopravviveva a stento tra le fatiscenti baraccopoli che adornavano il capoluogo di Antioquia. Uno di questi quartieri, il cui sviluppo verrà coordinato da Gustavo Upegui, assumerà addirittura il nome di “Barrio Escobar” (quartiere Escobar). Si narra che Escobar esigesse dai tutti i suoi soci una quota da destinare proprio alla costruzione di questi alloggi popolari, e che nessuno abbia mai osato contraddirlo. In quell’epoca, Escobar era solito frequentare assiduamente i degradati e popolosi sobborghi periferici di Medellin, dove era solito distribuire ingenti quantitativi di denaro a chi ne aveva bisogno, consolidando ulteriormente il rapporto diretto che intratteneva con gli abitanti del luogo. Testimoni dell’epoca parlano di bagagliai di fuoristrada ricolmi di contante, che il leader del Cartello di Medellin redistribuiva senza badare a spese, conquistandosi il ben volere e la fedeltà di migliaia di persone lasciate dallo stato colombiano in balia di un contesto caratterizzato da povertà e degrado.

medellin quartieri case popolari escobar
( Scorcio dei quartieri popolari edificati da Escobar a Medellin )

Questa sua sensibilità sociale renderà Escobar un vero e proprio idolo tra le masse di diseredati di Medellin, che inizieranno a identificarsi sempre di più nella sua lotta contro l’establishment corrotto, ritenuto responsabile della loro precaria condizione socio-economica. Per la prima volta quella gente vedeva un politico che si recava da loro per dare e non solo per ricevere consensi. Consensi che cresceranno soprattutto tra i giovani, a cui Escobar donerà numerosi campi di calcio illuminati, assecondando la sua forte passione per questo sport che amava praticare personalmente ogni volta che ne aveva l’opportunità. L’impegno sociale di Escobar gli varrà persino l’appellativo di “Robin Hood Paisa”, coniato dalla popolare rivista colombiana “Semana”, che così elogiava l’impegno sociale di quello che all’epoca era ritenuto un facoltoso imprenditore controcorrente disposto ad investire parte delle sue fortune per sopperire alle carenze dello stato sociale colombiano. Fama di benefattore che verrà costruita anche grazie all’attenzione mediatica sapientemente catalizzata da giornalisti compiacenti come Virginia Vallejo, conosciuta da Escobar in una festa nella sua Hacienda Napoles, quando lei era ancora fidanzata con Anìbal Turbay, il nipote del Presidente colombiano dell’epoca, che in quell’occasione gli rivelerà la vera “occupazione” di Escobar. La Vallejo sostiene di essersi innamorata di Escobar dopo essere stata salvata dall’annegamento in uno dei laghi circostanti la sua tenuta, diventando la sua amante. Ben presto anche Luis Carlos Galan verrà informato da un suo amico medico della vera fonte delle ricchezze di Escobar, decidendo di espellerlo dal suo movimento. Espulsione disposta platealmente durante un comizio tenutosi proprio a Medellin, ed in cui il candidato presidente neo-liberale alluderà all’opacità che ammantava Escobar e la sua corrente politica guidata da Ortega e Santofimio, anch’essi espulsi dal movimento galanista e costretti a fondarne uno loro denominato “Alternativa Liberale”. Umiliazione che nell’immediato Escobar vendicherà ordinando l’assassinio del suo delatore, confermando il suo background criminale.

Alberto Santofimio Pablo Escobar politica liberale Colombia
( Alberto Santofimio e Pablo Escobar partecipano ad un evento politico )

L’impegno politico non impedirà a Escobar di continuare a gestire i suoi affari criminali, inframezzandoli con i consueti viaggi di piacere con cui era solito trascorrere tempo insieme alla sua famiglia e ai suoi soci del cartello. In uno di questi viaggi, nel 1981, si recherà a Panama, dove verserà al generale Manuel Noriega 5 milioni di dollari per poter installare propri laboratori e riciclare nel paese una consistente quota dei proventi criminali del Cartello di Medellin. Accordo che, tuttavia, qualche mese dopo Noriega disattenderà, disponendo la distruzione dei laboratori del cartello, cedendo alle pressioni degli Stati Uniti. Iniziativa a cui Escobar reagirà chiedendo indietro i soldi precedentemente consegnati, minacciando di uccidere Noriega in caso contrario. Contesa che il generale panamense avrebbe fatto rientrare negoziando la restituzione di 2 milioni di dollari al Cartello di Medellin. In un’altra occasione, Escobar visiterà gli Stati Uniti, visitando molte città, tra cui Washington, dove verrà scattata la famosa foto che lo immortala insieme al figlio Juan Pablo davanti alla Casa Bianca. In quell’occasione, pochi metri separeranno Pablo Escobar dal presidente Ronald Reagan, che negli anni a seguire intensificherà la retorica contro il narcotraffico, in patria come all’estero. Anche se, come vedremo più avanti, non sempre i buoni propositi dell’amministrazione americana troveranno applicazione. Paradossalmente, successivamente a questa sua visita negli Stati Uniti, Escobar spenderà ogni risorsa a sua disposizione per non tornarci, ovviamente da estradato.

Pablo Escobar figlio Juan Pablo USA casa bianca
( Pablo Escobar posa insieme al figlio Juan Pablo davanti alla casa bianca )

Ad ogni modo, sempre negli Stati Uniti, Escobar avrebbe visitato anche Las Vegas, dove secondo un nipote di Escobar, il leader del Cartello di Medellin sarebbe stato omaggiato da Frank Sinatra con una moto Chopper che il cantante italo-americano gli avrebbe regalato a sorpresa dopo aver declinato una sua offerta di acquisto. Stando al racconto del nipote, Sinatra sarebbe stato invischiato negli affari americani del Cartello di Medellin, rinforzando la tesi che lo voleva correlato a Fidel Castaño. Sempre stando ai racconti del nipote, Nicolas Escobar, in occasione di un soggiorno a Panama la sua giovanissima sorella avrebbe concentrato una folla davanti l’albergo dove risiedevano, giocando a lanciare dal balcone della camera, ad insaputa della famiglia, fascette da 10.000 dollari contenute in una valigetta lasciata incustodita, suscitando le ire del padre Roberto Escobar e le ilarità dello zio Pablo Escobar, per nulla infastidito dalla perdita di circa 100.000 dollari contenuti nella valigetta caduta nelle mani della vispa nipote. Episodio futile, ma che la dice lunga sul valore che Escobar attribuiva al denaro, e sul suo approccio stemperante alle situazioni più paradossali che avrebbero messo in crisi chiunque.

I GUERRIGLIERI SI FANNO DEI NEMICI PERICOLOSI

Come abbiamo detto, il 1979 è stato un anno fondamentale per il corso del narcotraffico colombiano, e non solo. Infatti, parallelamente ai primi passi di Pablo Escobar in politica, si realizzerà un evento apparentemente isolato, ma le cui conseguenze contribuiranno a far degenerare ulteriormente il conflitto interno alla Colombia. Nel giugno del 1979, i guerriglieri delle FARC sequestreranno Antonio Castaño, chiedendo alla sua famiglia un riscatto di 20 milioni di pesos per la sua liberazione. Riscatto che il figlio Fidel Castaño pagherà dopo essersi consigliato con Pablo Escobar. Riscatto che indurrà le FARC ad alzare la posta, richiedendo il pagamento di ulteriori 50 milioni, che Fidel pagherà dietro la garanzia della liberazione del padre. Tuttavia, nel corso delle concitate fasi di trasferimento, condizionate dalla presenza di un convoglio di guerriglieri dell’ELN scambiato per un operazione dell’esercito colombiano, Antonio Castaño verrà ucciso dai guerriglieri perché non intendeva collaborare con i suoi aguzzini che lo incitavano a correre, convinti di essere braccati dai militari. Assassinio che i guerriglieri non comunicheranno alla famiglia, a cui estorceranno altri 30 milioni, facendogli credere che loro padre fosse ancora vivo. Notizia che le FARC faranno pervenire alla famiglia solo nel febbraio del 1980, a 8 mesi dal sequestro, attraverso una lettera in cui i guerriglieri chiederanno altri 50 milioni per il riscatto dei suoi resti, che non faranno mai trovare. Lettera a cui Fidel Castaño risponderà facendogliene pervenire un’altra in cui si impegnava ad impiegare tutte le risorse economiche a sua disposizione per vendicare il padre, preannunciando l’intenzione di annichilire il loro movimento guerrigliero. Movimento, verso cui originariamente Fidel provava una certa simpatia, sostenendo, nel corso di un’intervista al periodico “Semana”, che se i guerriglieri non avessero sequestrato e ucciso suo padre probabilmente si sarebbe unito alla loro causa.

Fidel Castano Gil narcos paramilitare
( Fidel Castano Gil )

Fidel Castaño si convincerà della necessità di ingaggiare uno scontro mortale con la guerriglia quando le autorità deluderanno le sue aspettative di giustizia, perché le uniche prove contro gli aguzzini del padre provenivano esclusivamente dalla propria famiglia, dal momento che la popolazione locale si asteneva dal collaborare, temendo di andare incontro alle rappresaglie dei guerriglieri massicciamente presenti in zona. Addirittura, Fidel sostiene che uno degli aguzzini del padre, sebbene fosse un noto esponente delle FARC, godesse dello schermo politico del Partito Liberale di cui era membro. Saranno queste contingenze a indurre Fidel e l’intera famiglia Castaño a perseguire la strada della vendetta privata, organizzando una piccola milizia composta e finanziata da altri latifondisti stanchi di essere vessati dai guerriglieri dalle FARC. Questo piccola milizia, originariamente nota come “Los Tangueros”, riuscirà nel proposito di sterminare quasi tutti i guerriglieri coinvolti nell’assassinio di Antonio Castaño, iniziando a passare regolarmente informazioni all’esercito colombiano, con cui instaurerà uno strettissimo rapporto di cooperazione informale. Successivamente a questa scia di vendette, Fidel abbandonerà la Colombia, trasferendosi per un breve periodo in Israele, dove seguirà un percorso di addestramento in un kibbutz di mercenari locali. La formazione militare israeliana lo renderà una vera e propria macchina da guerra, tanto che al suo ritorno in patria gli verrà affibbiato l’alias di “Rambo”. Capacità militari che gli permetteranno di allargare e consolidare la propria milizia anti-guerrigliera in patria, che denominerà “Autodefensas”, dotandola di una dottrina ideologica radicalmente antitetica a quella del movimento guerrigliero. Organizzazione paramilitare che comincerà che inizierà a prestare i suoi servizi di difesa a molti latifondisti della regione, includendo le miniere di smeraldi del ricchissimo Victor Carranza.

La milizia di Fidel Castaño verrà coordinata sul campo da suo fratello Carlos, che dopo l’assassinio di suo padre abbandonerà il proposito di diventare un professore, addestrandosi per diventare una la mente militare del clan, distinguendosi per la sua personalità grezza, emotiva, volitiva e altamente ideologizzata sulle frequenze dell’estrema destra. La vita di Carlos Castaño sarà caratterizzata da un odio viscerale per tutto quello che gravitava attorno all’orbita della guerriglia e della sinistra in genere. Anche lui, come il fratello Fidel, avrà modo di addestrarsi in un kibbutz israeliano, dove diventerà un fanatico sionista estimatore di Golda Meyer, preponendosi l’obiettivo di riservare alle FARC lo stesso trattamento che gli israeliani riservavano ai palestinesi. Durante il suo addestramento, parallelamente alle tattiche di controguerriglia, Carlos Castaño acquisirà anche nozioni di geopolitica e di intelligence che gli torneranno molto utili in patria per accreditarsi presso gli ambienti militari. Mentre, l’altro fratello, Vicente Castaño, manterrà un basso profilo all’interno del clan, pur impegnandosi nel coordinamento delle attività delle “Autodefensas”.

I GUERRIGLIERI ESTORCONO I NARCOS

Sempre in questo turbolento periodo, attirati dalle immense ricchezze dei narcos, i guerriglieri prenderanno di mira un altro clan di narcos associato al Cartello di Medellin, quello dei Galeano, sequestrando il padre di Fernando. Sequestro effettuato dai guerriglieri dell’EPL, formazione di cui precedente aveva fatto parte Diego Murillo, alias “Don Berna”, nel frattempo divenuto integrante del gruppo di scorta del clan Galeano. E sebbene il sequestro verrà risolto positivamente, grazie anche alle conoscenze di Don Berna, il clan Galeano continuerà ad essere vessato dal gruppo guerrigliero con altre richieste estorsive e danneggiamenti che lo indurranno a radicalizzare la loro cultura politica sulle frequenze dell’estrema destra, iniziando a finanziare l’organizzazione paramilitare dei fratelli Castaño, con cui stringeranno una profonda amicizia forgiata dalla comune avversione verso la guerriglia ed i movimenti sindacalisti locali. Sotto la protezione dei Castaño, i Galeano, così come gli Ochoa e i Moncada, investiranno molti dei loro proventi nell’acquisto di fondi agricoli presidiati proprio dalla loro milizia paramilitare.

Nel 1981, l’anno successivo alla disavventura della famiglia Castano, i guerriglieri del M-19 prenderanno di mira persino Pablo Escobar. Tuttavia, questo loro proposito non andrà a buon fine, poiché il piano verrà sventato dal suo poderoso apparato d’intelligence, favorito dalle costanti informazioni condivise dai numerosi agenti dei servizi segreti a suo libro paga. Nello specifico, Elvencio Ruiz, l’organizzatore del sequestro verrà ingannato dai servizi segreti, che dopo averlo convinto di essere disposti a collaborare al suo piano, lo consegneranno nelle mani dello stesso Escobar. In quell’occasione, Escobar spiazzerà il guerrigliero perdonandolo, esprimendo addirittura simpatia per la sua causa, verso cui contribuirà con una donazione di 10.000 dollari, mantenendo fede al suo motto “Plata o Plomo” (Soldi o piombo), pur ammonendolo dal continuare a bersagliare altri narcos. Tuttavia, nel novembre del 1981, i guerriglieri del M-19, ignorando il consiglio di Escobar, decideranno semplicemente di cambiare bersaglio, sequestrando Martha Ochoa, la sorella di Jorge Ochoa, un altro leader del Cartello di Medellin. Le circostanze indurranno uno dei piloti al servizio del clan Ochoa (Alias Rubin) a sospettare il coinvolgimento di Escobar nel sequestro di Marta Ochoa, provando a dividere i due soci. Sospetti che Jorge Ochoa dissiperà, confidando nella buona fede di Escobar, che dopo essere venuto a conoscenza della cosa intimidirà il pilota con una telefonata in cui lo indurrà ad abbandonare precipitosamente il paese insieme alla sua famiglia. Al netto delle delazioni di Rubin, Escobar esorterà il clan Ochoa a non pagare i 5 milioni di dollari di riscatto richiesto dai guerriglieri, convinto dall’esperienza dei fratelli Castano che pagare non avrebbe fatto altro che incoraggiare i guerriglieri a perseverare nella loro strategia estorsiva.

GLI SQUADRONI DELLA MORTE DEI NARCOS

Sotto la pressione delle richieste estorsive avanzate dalle varie formazioni guerrigliere, i narcos di Medellin convinceranno alcuni importanti latifondisti e commercianti di smeraldi locali a costituire un’organizzazione paramilitare finalizzata a dissuadere i guerriglieri dal continuare a bersagliarli. Questa inedita coalizione di interessi trasversali, che includerà persino esponenti del Cartello di Cali del calibro di Josè Santacruz, porrà le basi dell’organizzazione “Morte ai Sequestratori” (MAS), la cui fondazione verrà pubblicizzata nel dicembre del 1981 da un piccolo aereo che scaricherà migliaia di volantini, durante la partita di calcio America di Cali-Nacional de Medellin, in cui si minacciava la persecuzione dei sequestratori e dei loro fiancheggiatori. Il MAS godrà della tolleranza dei militari, che marginalizzeranno la campagna di persecuzione che l’organizzazione paramilitare scatenerà contro chiunque fosse legato al M-19, sequestrando, torturando e uccidendo chiunque fosse sospettato di collaborarvi. La base operativa del MAS verrà situata all’interno di uno dei magazzini di proprietà di Gerardo “Kiko” Moncada, dove spesso i vertici dell’organizzazione coordinavano le proprie attività insieme ad alcuni ufficiali di polizia e militari. Cooperazione informale che l’establishment politico avallava tacitamente, sgradendo la prospettiva che l’organizzazione ribelle guadagnasse 5 milioni di dollari che avrebbero sicuramente reinvestito per finanziare nuove iniziative sovversive.

Martha Ochoa Juan Ochoa e Jorge Ochoa Vasquez
( Martha Ochoa con i fratelli Jorge Ochoa e Juan Ochoa Vasquez )

Il MAS metterà su anche un efficacissimo apparato di intelligence che, attraverso la capillare rete di sicari del Cartello Medellin, monitorerà a tappeto i telefoni pubblici della città di Medellin, da dove partivano le telefonate estorsive dirette alla residenza della famiglia Ochoa. Operazioni di ricerca a cui prenderà parte persino Pablo Escobar che, sebbene in piena campagna elettorale, accompagnerà in più occasione personalmente i propri sicari, indossando le uniformi dell’esercito per non destare sospetti. Si narra che in uno di questi raid, Escobar avrebbe rapito due importanti esponenti guerriglieri, tra cui l’attuale senatore Pablo Catatumbo, obbligandoli a scegliere tra il tradire i propri compagni o a scavarsi la fossa. Si narra che in quell’occasione uno dei due guerriglieri avrebbe accelerato lo scavo della fossa, esortando Escobar a ucciderlo rapidamente perché non aveva alcuna intenzione di tradire i propri compagni, suscitando l’ammirazione del leader del Cartello di Medellin, che apprezzando il suo atteggiamento temerario e risoluto lo convincerà a negoziare con l’M-19 una soluzione mutuamente vantaggiosa per giungere alla liberazione di Martha Ochoa. Altre tesi raccontano che parallelamente alle iniziative del MAS, il clan Ochoa arriverà a sfruttare i suoi contatti politici per chiedere all’ex-presidente venezuelano Carlos Perez il coinvolgimento del generale panamense Manuel Noriega di mediare per la liberazione della sorella Martha con i delegati del M-19 residenti a Panama, in cambio della liberazione dei numerosi guerriglieri presi in ostaggio del MAS. La verità su questa trattativa non si mai appurata del tutto, fatto sta che Martha Ochoa verrà liberata incolume nel febbraio del 1982 dopo 129 giorni di prigionia. Alcune tesi sostengono che il clan Ochoa alla fine abbia pagato il riscatto richiesto, mentre altre sostengono che la ferocia del MAS sia stata sufficiente a mettere alle strette i guerriglieri, costringendoli a liberare Martha Ochoa. Ad ogni modo, quello che è certo è che successivamente alla liberazione di Martha Ochoa le relazioni tra l’M-19 ed il Cartello di Medellin si intensificheranno rapidamente, dando luogo ad una singolare partnership strategica, coltivata in particolar modo da Pablo Escobar, e di cui avremo modo di approfondire più avanti.

LA CAMPAGNA ELETTORALE DEI NARCOS 

La risoluzione del sequestro di Martha Ochoa permetterà a Pablo Escobar di dedicarsi a tempo pieno alla sua campagna elettorale parlamentare. Ma nonostante la candidatura di Escobar, il gotha del Cartello di Medellin curerà con particolare attenzione anche le elezioni presidenziali, finanziando sia il candidato liberale Alfonso Lopez, che quello conservatore Belisario Betancur. Alcuni testimoni sostengono che solo Escobar abbia versato alla campagna di Lopez non meno di 300.000 dollari dell’epoca, consegnati al suo responsabile della campagna elettorale Ernesto Samper, che qualche anno dopo diverrà presidente della Repubblica di Colombia. Si narra che Escobar e la cupola del cartello abbiano incontrato persino Lopez e Samper in una suite dell’Hotel Intercontinental di Medellin, avvalendosi della mediazione dell’influente faccendiere Santiago Londoño White, che all’epoca coordinava i liberali di Antioquia. In quell’occasione i boss del Cartello di Medellin, spacciandosi per un gruppo generosi di imprenditori locali, avrebbero donato alla campagna liberale qualcosa come 50 milioni di pesos. Secondo Virginia Vallejo, Lopez avrebbe ricevuto finanziamenti anche dal leader del Cartello di Cali, Gilberto Rodriguez, sempre per mezzo di Samper. Addirittura, sempre secondo la Vallejo, in un’occasione la moglie del presidente Lopez avrebbe viaggiato in Europa insieme alla famiglia di Gilberto Rodriguez, lasciando intendere che le due famiglie intrattenessero relazioni stabili. Va considerato che la candidatura presidenziale di Lopez verrà formalizzata dopo una fase interlocutoria interna al partito liberale, dove era data quasi per scontata la candidatura dell’ex-ministro della giustizia Alberto Santofimio, poi sfumata. Detto questo, l’ala conservatrice del Cartello di Medellin guidata da Gustavo Gaviria, Josè Rodriguez e dal clan Ochoa finanzierà generosamente anche il candidato conservatore Betancur, avvalendosi dei servigi dell’altro fratello Londoño White, Diego, che paradossalmente curava la campagna elettorale dei conservatori nella regione di Antioquia. Addirittura, Gonzalo Rodriguez avrebbe messo a disposizione di Betancur anche un elicottero della sua flotta per agevolarne gli spostamenti durante la campagna elettorale. Secondo altre fonti, il Cartello di Medellin arriverà ad erogare fino a 5 milioni di dollari per favorire l’elezione di Betancur. Finanziamenti trasversali con cui i leader del Cartello di Medellin contavano di mantenere congelato il trattato di estradizione, e possibilmente abolirlo. Lo stesso Escobar farà della lotta al trattato di estradizione il suo principale cavallo di battaglia durante la campagna elettorale per il Congresso, alternandolo alle aspre critiche nei confronti della vecchia oligarchia colombiana.

Virginia Vallejo Pablo Escobar
( Virginia Vallejo intervista Pablo Escobar )

PABLO ESCOBAR ENTRA IN PARLAMENTO

Al culmine di un’intensa campagna elettorale, il 14 marzo del 1982, Pablo Escobar riuscirà a farsi eleggere al Congresso colombiano come deputato supplente di Jairo Ortega. Carica con cui coronerà il suo sogno di diventare un politico e che, soprattutto, gli permetterà di godere dell’immunità parlamentare, che ne subordinava l’arresto solo in flagranza di reato, e comunque non in prossimità di una sessione parlamentare. Parallelamente all’elezione di Escobar, il conservatore Belisario Betancur assumerà l’incarico di Presidente della Repubblica di Colombia, con somma soddisfazione dell’ala conservatrice del Cartello di Medellin che ne aveva patrocinato l’elezione. Betancur, infatti, riteneva prioritario arginare la minaccia costituita dai guerriglieri delle FARC rispetto alla questione inerente l’estradizione, lasciando intendere voler mantenere congelato il trattato con gli Stati Uniti. Il giorno del suo insediamento Escobar proverà un senso di rivalsa nei confronti delle sue povere origini, arrivando a sfidare addirittura il protocollo che imponeva ai congressisti di indossare la cravatta per entrare in Parlamento. Tuttavia, quel giorno Escobar imparerà che le logiche del potere sono ineludibili, tanto da costringerlo a farsi prestare la cravatta di uno dei commessi per fare il proprio esordio in Congresso, cedendo alla detestata etica oligarchica. Successivamente al suo insediamento, Escobar si calerà nel ruolo di parlamentare, informandosi regolarmente sulle attività parlamentari e leggendo molti quotidiani. Ad ogni modo, complice il rigido clima di Bogotá, Escobar apprezzerà poco la vita della capitale, facendo spesso ritorno nella sua amata Medellin tutte le sere in cui ne aveva la possibilità, sfruttando il suo jet privato. Oltre ad influenzare la sua routine, i riflettori politici costringeranno Escobar a rimodulare la sua scorta, integrandola con personalità di fiducia più consone alle nuove circostanze, affidandone l’organizzazione a Carlos Alzate, detto “el-Arete”, un ex-militare addetto alla scorta di un importante generale, nonché figlio di una sua cugina, assunto su raccomandazione di sua madre.

Jairo Ortega Pablo Escobar politica congresso parlamento Colombia
( Jairo Ortega e Pablo Escobar siedono in Parlamento )

Escobar avrà modo anche di svolgere missioni parlamentari all’estero, recandosi in Spagna, dove presenzierà alla cerimonia di insediamento del Premier Felipe Gonzalez. Tuttavia, mentre assolveva al suo mandato di congressista, Pablo Escobar apprenderà delle pressioni con cui la DEA statunitense stava pressando Luis Carlos Galan per screditarlo, in modo da espellerlo dal parlamento, come aveva già fatto dal suo partito. Secondo Viginia Vallejo, l’odio di Escobar verso Galan sarebbe stato alimentato da Alberto Santofimio, che lo considerava l’unico ostacolo alla loro ascesa politica. Santofimio riuscirà ad esercitare una notevole influenza su Escobar, lodando le sue capacità nel trascinare i ceti popolari, alimentando così il suo ego che, secondo la Vallejo, lo induceva a considerarsi un “Libertadores” erede della causa di Simon Bolivar, destinato a liberare la Colombia dalla vecchia oligarchia prona agli interessi statunitensi. In quel periodo, la Vallejo organizzerà all’interno della discoteca di Josè Ocampo alcune conferenze in cui Escobar si scaglierà pubblicamente contro il trattato di estradizione, considerandolo un’umiliazione sia per la dignità dei cittadini colombiani che per la stessa giustizia nazionale, contestandone veementemente la subordinazione della legge colombiana a quella di paesi stranieri.

Sempre la Vallejo sosterrà che Escobar conoscesse Alvaro Uribe, sostenendo di essere stata sorpresa quando glielo avrebbe presentato per via dello stile e di una cultura radicalmente diversa dalle persone con cui era solito intrattenersi quando si ritrovava in compagnia con il leader del Cartello di Medellin. Addirittura la giornalista sostiene che Escobar fosse molto soddisfatto di Uribe, commentando che dietro la faccia da studentello bonario si celasse un astuto lottatore che molto aveva fatto per agevolare i traffici aerei del cartello. I defilati legami tra Escobar e la famiglia Uribe sarebbero confermati dalla partecipazione di Alberto Uribe, il padre del futuro presidente colombiano, alla cerimonia di inaugurazione di uno dei quartieri popolari costruiti da Escobar a Medellin per i ceti poveri. Nello specifico, Alberto Uribe, esponente di una ricca famiglia di estrazione ultraconservatrice, si distinguerà per il finanziamento della campagna elettorale del Presidente Betancur, che più avanti favorirà suo figlio Alvaro nella sua elezione a sindaco di Medellin nell’ottobre del 1982. Secondo Nicolas Escobar, i contatti tra lo zio e la famiglia Uribe venivano gestiti da Jaime Uribe, il fratello del futuro presidente.

Alberto Uribe verrà assassinato nell’estate del 1983 da un commando delle FARC, al culmine di un assalto alla sua tenuta di campagna, in cui verrà ferito anche l’altro suo figlio Santiago, che da lì in poi radicalizzerà la sua cultura conservatrice, legandosi al mondo del paramilitarismo. Poco si sa sulle reali dinamiche della cruenta fine di Alberto Uribe, che secondo alcune fonti sarebbe stato ucciso nel corso di uno scontro a fuoco che avrebbe ingaggiato con il commando guerrigliero. Di questo controverso episodio si conosce relativamente poco, ma a quanto è dato sapersi, all’interno del ranch è stato rinvenuto un elicottero Huge 500, sulla cui proprietà esistono alcune teorie non meglio chiarite. La prima di queste controverse teorie sostiene che l’elicottero fosse di proprietà della famiglia Uribe, che lo avrebbe utilizzato per raggiungere la tenuta di campagna; la seconda invece ritiene che il velivolo fosse stato noleggiato dalla società Helicargo, di proprietà di Juan Gonzalo Angel, il fratello di Guillermo Angel, uno dei piloti di spicco del Cartello di Medellin, affiliato al clan Ochoa; e la terza teoria, agganciandosi alla seconda, sostiene che fosse stato inviato da alcuni membri del cartello per soccorrere e trarre in salvo gli Uribe, arrivando, tuttavia, troppo tardi. A tal proposito, per inquadrare meglio la vicenda, va considerato che la famiglia Uribe risulta imparentata con la famiglia Ochoa. Nello specifico, Norma Ochoa, la sorella del capofamiglia Ochoa, Don Fabio Sr. (sospettato da alcuni di essere il vero capo occulto del Cartello di Medellin), si è sposata con Roberto Velez Ochoa, lo zio della madre di Alvaro Uribe Velez. E lo stesso Roberto Velez Ochoa sarebbe imparentato alla lontana sempre con gli Ochoa. Tra l’altro, i figli di Norma Ochoa e Roberto Velez, Mario e Juan Diego sarebbero legati ad ambienti paramilitari.

Alvaro e Alberto Uribe
( Alvaro e Alberto Uribe )

L’ESTABLISHMENT DEMOLISCE ESCOBAR

Le prese di posizione di Pablo Escobar contro il trattato di estradizione verranno seguite a stretto giro dalle prime indagini contro la sua persona e contro Gustavo Gaviria, che durante la parentesi politica del cugino aveva preso in mano la gestione degli affari del cartello. Nello specifico, ai due cugini verrà contestata l’importazione illegale degli animali esotici presenti all’interno dell’eccentrica Hacienda Napoles. In questo frangente temporale, un commando del Cartello di Medellin prenderà d’assalto gli uffici giudiziari di Medellin, distruggendo molti documenti, alcuni dei quali presumibilmente legati ai precedenti criminali di Escobar e Gaviria. Ad ogni modo, le accuse contro Escobar precederanno di qualche settimana la nomina di Rodrigo Lara Bonilla a Ministro della Giustizia, un esponente di spicco del nuovo-liberalismo di Galan. Non appena assunto l’incarico, Lara si scaglierà contro i narcos colombiani, accusando platealmente Escobar di essere contiguo al narcotraffico e al MAS nel corso di una eclatante sessione parlamentare. Lara sarà il primo politico colombiano a puntare i riflettori sul fenomeno del narcotraffico in Colombia, finendo per catalizzare su di se l’odio dei boss, a cui contestava di inquinare l’economia del paese, evidenziando in particolar modo il loro ruolo nell’ambito calcistico. Odio che verrà amplificato dopo che Lara evidenzierà l’inadeguatezza del sistema giudiziario colombiano, auspicando l’applicazione del trattato estradizione verso gli Stati Uniti per punire con più efficacia i narcotrafficanti colombiani. Sviluppi che susciteranno un senso di tradimento tra i narcos colombiani nei confronti del presidente Betancur, lo stesso che solo qualche mese prima avevano contribuito ad eleggere a suo di dollari proprio per liberarsi di quell’estradizione che adesso tornava a pericolosamente a riproporsi.

Ministro giustizia Rodrigo Lara Bonilla Luis Carlos Galan liberali Colombia
( Luis Carlos Galan e Rodrigo Lara )

Dal canto suo, Escobar rigetterà le accuse di Lara, minacciando di querelarlo per diffamazione nel caso in cui non avesse presentato prove idonee a sostenere le sue insinuazioni. Addirittura, nel corso di una conferenza stampa, esibirà alla stampa il visto d’ingresso che certificava le sue regolari visite negli Stati Uniti, dove secondo Lara gli era stato precluso l’ingresso. Ma Escobar non si limiterà solo a questo, perché, stando a Virginia Vallejo, si sarebbe recato a casa sua in compagnia di Santofimio e alcuni boss del Cartello di Medellin con una videocassetta che riprendeva il ministro Lara mentre riceveva soldi per la sua campagna elettorale da Evaristo Porras, un altro narcos attivo al confine con l’Ecuador. Videocassetta che la Vallejo si sarebbe rifiutata di divulgare, chiedendo a Escobar di farla pubblicare da qualcun altro, temendo finire coinvolta in affari più grandi di lei. Sempre secondo la Vallejo, durante la riunione i boss del cartello avrebbero parlato della prospettiva di eleggere Santofimio alle successive elezioni presidenziali, ipotizzando persino la designazione di Escobar quale suo successore alla guida della Repubblica di Colombia. Secondo la Vallejo, dopo la riunione in casa sua, i boss del cartello si sarebbero recati a casa dell’ex-presidente liberale Alfonso Lopez, dove erano attesi per discutere di altre importanti questioni di natura politica. Se questi aneddoti siano reali non è dato saperlo, ma poco dopo questa riunione Escobar umilierà platealmente Lara in Parlamento, facendo distribuire tra i banchi dell’aula una copia dell’assegno che avrebbe ricevuto da Evaristo Porras, accusando il Ministro della giustizia dinnanzi all’intero emiciclo di essere un politico corrotto al servizio dei narcotrafficanti. L’iniziativa di Escobar, spiazzerà Lara, screditandolo agli occhi del suo partito, che addirittura lo metterà sotto inchiesta etica su iniziativa del suo amico Galan.

Tuttavia, la strategia di Escobar si rivelerà alquanto effimera, per effetto della consequenziale controffensiva mediatica coordinata dai mass media colombiani e statunitensi. Infatti, pochi giorni dopo il Ministro Lara convocherà una conferenza in cui assisterà insieme ai cronisti ad un servizio confezionato dall’emittente televisiva statunitense ABC in cui si accusava Escobar di essere un narcotrafficante. Servizio che verrà seguito a stretto giro dalla revoca del visto di Escobar e, soprattutto, dalla clamorosissima pubblicazione sul quotidiano El-Espectador della foto-segnaletica del suo primo arresto per narcotraffico. Infatti, sebbene Escobar avesse provveduto a far sparire i fascicoli giudiziari di quell’episodio oscuro della sua vita, avvalendosi di alcuni ufficiali corrotti, il quotidiano colombiano riuscirà comunque a rinvenire nel proprio archivio la pagina del quotidiano in cui veniva pubblicata quella che all’epoca era una notizia relativamente irrilevante, ma che in quel frangente risulterà idonea a stravolgere il corso della storia colombiana. Si narra che Escobar avesse provato ad insabbiare la circolazione del giornale in questione, ordinando ai suoi sicari di comprare tutte le copie dell’Espectador, senza tuttavia riuscire nel proprio intento. Diffamato dinnanzi all’opinione pubblica colombiana, Escobar accuserà l’Espectador di essere il portavoce calunniatore al servizio della vecchia oligarchia del paese. Nonostante ciò, l’Espectador continuerà la sua campagna contro Escobar, dando risalto alle indagini inerenti l’assassinio dei due agenti responsabili del suo arresto. Poche settimane dopo questi sviluppi il magistrato Gustavo Zuluaga spiccherà un ordine di arresto per Pablo Escobar e Gustavo Gaviria per l’assassinio dei due agenti uccisi nel 1977. Mandato da cui Escobar riuscirà a sottrarsi grazie all’immunità parlamentare che, tuttavia, gli verrà revocata qualche settimana dopo. Dinnanzi a questa immensa pressione mediatica e politica, Escobar asseconderà il consiglio del suo mentore Alberto Santofimio, rassegnando le proprie dimissioni il 20 gennaio del 1984, divulgando un comunicato stampa in cui si riservava di continuare a contribuire al progresso della Colombia in “forma civica”. Uno dei suoi primi atti da “privato cittadino” sarà quello di inviare un gruppo di sicari ad intimidire la moglie del magistrato Zuluaga, intercettata e fatta scendere dalla sua auto che verrà gettata in un burrone davanti ai suoi occhi. Episodio che nonostante tutto non riuscirà a piegare la volontà del magistrato, che continuerà a perseguire i due narcotrafficanti.

LE FARC TRADISCONO IL MEXICANO

Mentre la carriera di Pablo Escobar veniva letteralmente demolita dall’offensiva politico-mediatica scatenatogli contro dall’establishment , si realizzerà un altro passaggio fondamentale destinato a stravolgere ulteriormente il corso della storia colombiana. Infatti, nel novembre del 1983, i guerriglieri delle FARC, probabilmente incoraggiati dalle difficoltà di Escobar, decideranno di prendere d’assalto uno dei laboratori di pertinenza di Josè Rodriguez Gacha “el-Mexicano”. Si narra che questi laboratori fossero localizzati nella profonda giungla colombiana controllata dalle FARC, e che el-Mexicano avesse concordato con il leader guerrigliero Jacobo Arenas il pagamento di un canone in cambio della sicurezza dei suoi traffici nella regione. All’epoca, secondo Carlos Castaño, i laboratori del Mexicano erano presidiati dalle milizie delle FARC comandate da Victor Suarez, meglio noto con l’alias di “Mono Jojoy”. Il rapporto tra el-Mexicano e le FARC, originariamente fondato sulla pacifica e mutuamente proficua coesistenza, inizierà ad incrinarsi quando Arenas rigetterà la proposta di Rodriguez di sfruttare la roccaforte guerrigliera de “la-Uribe” per potenziare le infrastrutture logistiche aeree del Cartello di Medellin, temendo di attirare l’attenzione degli Stati Uniti e delle forze armate colombiane. Queste dinamiche precederanno l’assalto delle FARC al laboratorio di Josè Rodriguez, dove i guerriglieri si approprieranno di carichi per un valore stimato di centinaia di migliaia di dollari. Successivamente alla razzia delle FARC, l’assertivo Mexicano si riunirà con il Mono Jojoy, chiedendogli la restituzione del “maltolto”, minacciando di scatenare una guerra in caso contrario. Richiesta che le FARC esaudiranno parzialmente, prendendosi gioco di Rodriguez, sottraendogli poco dopo un carico quattro volte più grande del precedente, innescando una guerra che all’epoca le FARC non credevano potesse assumere la portata che assumerà nel giro di pochi anni. Guerra in cui Gonzalo Rodriguez troverà nei paramilitari dei fratelli Castaño, di Henry Perez e Ramon Isaza i suoi naturali alleati. Soldi, armi, ideologia, politica e vendetta costituiranno un mix esplosivo che farà detonare nel peggiore dei modi l’ordine interno della Repubblica di Colombia.

Gonzalo Rodriguez Gacha el Mexicano
( Josè Rodriguez Gacha “el Mexicano” )

Secondo Carlos Castaño, Josè Rodriguez riuscirà a far valere il suo considerevole potenziale economico per assumere progressivamente il controllo delle varie milizie paramilitari, sottraendole alla leadership di Pablo Guarin, ucciso in circostanze fosche dallo stesso Mexicano, smentendo la tesi che lo voleva ucciso dalla guerriglia. Secondo Carlos Castano, Henry Perez, pur consapevole di queste dinamiche, preferirà rimanere silente per interesse, permettendo ai narcotrafficanti di insinuarsi nella loro “causa antisovversiva”. Rodriguez riuscirà a superare rapidamente la crisi con le FARC grazie al sostegno finanziario di Gerardo “Kiko” Moncada che, su richiesta di Escobar, gli comprerà un consistente carico depositato in Florida, ottenendo la liquidità necessaria a rimettere in sesto la propria infrastruttura criminale, evitando di intaccare il suo considerevole patrimonio immobiliare. Anche il clan Ochoa contribuirà al risanamento dell’organizzazione del Mexicano, comprandogli un consistente quantitativo d’oro. Ad ogni modo, da quel momento in avanti Josè Rodriguez entrerà in modalità anti-guerrigliera, iniziando a girare con una nutritissima scorta composta da ben 70 sicari armati di tutto punto, così da dissuadere eventuali aggressioni delle FARC. Scorta talmente colossale da annoiare persino Escobar, che spesso preferiva recarsi ad incontrare il socio nelle sue tenute proprio per evitare il clamore che inevitabilmente i convogli armati del Mexicano suscitavano laddove passasse. Scorta che Rodriguez non ridimensionerà mai, rigettando le ricorrenti esortazioni di Escobar a tenere un profilo meno vistoso. Ad ogni modo, qualche anno più avanti, nel 1985, anche il boss della regione del Caqueta Leonidas Vargas verrà tradito dalle FARC, che dopo aver protetto per anni i suoi traffici lo rapirà, liberandolo solo dopo il pagamento di un sostanzioso riscatto. Episodio che lo indurrà a consolidare la sua partnership con Gonzalo Rodriguez, mentre i guerriglieri cominciavano a meditare l’opportunità di inserirsi nel lucroso business del narcotraffico per finanziare la loro “causa rivoluzionaria”. Anche il Cartello di Cali, sebbene avesse trovato un’intesa con i guerriglieri dell’ELN, ad un certo punto avrà problemi con la strategia dei sequestri intrapresa dalla guerriglia, finendo per chiedere supporto al Cartello di Medellin, che gli presterà assistenza con un commando di sicari capeggiato da Jorge Pabon, personalità che più avanti metterà in crisi le relazioni tra i due cartelli trascinandoli in guerra totale.

Manuel Marulanda Victor Suarez Mono Joyjoy FARC guerriglia Colombia narcos Mexicano
( I leader delle FARC Manuel Marulanda e Victor Suarez “Mono Joyjoy” )

CONCLUSIONI

Come abbiamo visto, ad un certo punto la strada dei narcos colombiani si è incontrata con quella della politica, seppur per motivazioni diverse. Alcuni, come Escobar l’hanno deliberatamente incontrata, mentre altri lo hanno fatto perché costretti dalle circostanze, come nel caso dei clan Galeano, Castaño, Ochoa e di Gonzalo Rodriguez. Motivazioni diverse, ma che ad un certo punto verranno compattate dalla comune minaccia costituita dal trattato di estradizione. In quel frangente, Escobar coniugherà l’utile al dilettevole, coltivando le proprie giovanili aspirazioni politiche con la necessità di integrarsi all’establishment politico colombiano, così da controllare meglio le dinamiche necessarie all’abrogazione del tanto temuto trattato di estradizione con gli Stati Uniti. L’ascesa politica di Escobar non esalterà particolarmente gli altri soci del cartello che, tuttavia, non ne ostacoleranno l’ambizione di concorrere tra i ranghi liberali, sebbene molti di loro fossero conservatori, a cominciare dal suo fidatissimo cugino Gustavo Gaviria. Tuttavia, almeno fino a quel momento, le reciproche peculiarità politiche non avevano influenzato minimamente gli equilibri di potere all’interno del Cartello di Medellin, all’interno del quale la priorità condivisa era preservare la loro macchina da soldi. Ritornando alla questione dell’estradizione verso gli Stati Uniti, non si può fare a meno di notare come l’amministrazione conservatrice Turbay abbia cercato di affossare il trattato di estradizione negoziato dall’ambasciatore liberale Barco. La mancata firma del trattato, e la conseguente delega al Ministro Zea, ha palesato l’intenzione di Turbay di sabotarne l’applicazione con cavilli formali che avrebbero, quantomeno, rinviato una questione così scomoda da gestire. Questione talmente urgente da indurre il gotha del Cartello di Medellin a finanziare entrambi i candidati alla presidenza del 1982, avvalendosi della complicità degli influenti fratelli Londoño White.

L’ascesa politica di Escobar, incoraggiata dallo zio Hernando Gaviria, si strutturerà rapidamente grazie al determinante supporto di personalità come Ortega e Santofimio. Anche se non va sottovalutato il ruolo che, con ogni probabilità, avrà giocato anche il suo padrino Joaquin Vallejo, più volte ministro della Repubblica di Colombia. Inoltre, va considerato, che parallelamente alla sua ascesa, anche suo cugino Josè Obdulio Gaviria muoverà i suoi primi passi politici sotto l’ala protettiva di un altro personaggio controverso come il futuro presidente colombiano Alvaro Uribe. Ad ogni modo, Escobar riuscirà ad imporsi sulla scena politica anche per via della sua indubbia popolarità tra i ceti popolari di Medellin, coltivandola a suon di contanti destinati al finanziamento di numerose opere sociali. Del resto, in Colombia, come nel resto del mondo, la criminalità organizzata riesce a radicarsi laddove lo stato è meno presente, come nel caso del degradato e sovrappopolato contesto urbano di Medellin. Il successo di Escobar a Medellin e dintorni fu dovuto alla sua capacità di ascoltare e capire una realtà sociale di cui era e continuava a sentirsi parte, nonostante il successo economico. Successo che per quanto ben coperto, era ben noto in città, come Galan avrà modo di apprendere per vie informali durante la propria campagna elettorale. Realtà di cui, tra l’altro, era ben consapevole anche la famiglia del presidente Turbay. E sebbene Escobar apprezzasse particolarmente l’agenda riformista di Galan, ben presto dovrà prendere atto che la sua agenda differiva dalla propria, seppur su di un singolo, ma fondamentale, punto, quello dell’estradizione. Galan si rivelerà la risoluta nemesi di tutto quello che Escobar rappresentava, ovvero la nuova oligarchia di narcotrafficanti colombiani. Ostilità che Escobar era convinto fosse stata inoculata dagli Stati Uniti, intimoriti dalla prospettiva dell’ascesa di una nuova oligarchia in un paese strategicamente chiave come la Colombia, su cui incombeva la minaccia costituita dalla guerriglia marxista, peraltro in un periodo come quello della guerra fredda. L’intelligence di Washington, infatti, aveva iniziato a pressare l’organizzazione di Escobar già nei primi anni ottanta, costringendo il generale panamense Noriega a disattendere gli accordi che aveva precedentemente raggiunto con i boss del Cartello di Medellin. Da questo periodo in poi, la relazione tra Escobar e gli Stati Uniti si configurerà come una sorta di guerra fredda. Con ogni probabilità, a quel tempo gli Stati Uniti erano disposti a tollerare l’Escobar narcos, ma non l’Escobar politico colombiano, decidendo di sabotarne la carriera politica.

Pablo Escobar calcio Medellin
( Pablo Escobar inaugura un campo da calcio )

La delusione di Escobar verso i propri ideali, sarà simile a quella provata da Fidel Castaño nei confronti della guerriglia colombiana, all’indomani dell’assassinio di suo padre. Delusione che contribuirà a trasformare un potenziale socialista in un efferato paramilitare di estrema destra, in grado di esasperare ulteriormente il conflitto colombiano, ostacolando attivamente tutti i tentativi governativi di risolvere l’annosa disputa con la guerriglia. Anche altri clan del Cartello di Medellin, come i Galeano, gli Ochoa e lo stesso Escobar si ritroveranno alle prese con le pretese estorsive delle varie formazioni guerrigliere, a cui risponderanno in modo simmetrico costituendo un’organizzazione paramilitare in grado di dissuaderli dal continuare questa loro strategia. Lotta paramilitare che si avvarrà persino della discreta complicità delle forze armate colombiane. Tuttavia, Escobar, a differenza dei Castaño, non ideologizzerà la lotta alla guerriglia, trasformando addirittura quello che era un nemico in un potenziale alleato. Partnership strategica che legherà il leader del Cartello di Medellin ai ribelli del M-19. Organizzazione guerrigliera con cui il clan Ochoa riuscirà ad interagire avvalendosi di contatti politici di primo livello, capaci di riuscire a coinvolgere nella trattativa per la liberazione di Martha Ochoa personalità del calibro del presidente venezuelano Carlos Perez e del generale panamense Manuel Noriega.

Le interconnessioni tra il mondo dei narcos e l’establishment politico colombiano verranno confermate anche nel corso della campagna elettorale del 1982, quando il gothà del Cartello di Medellin finanzierà entrambi i candidati presidenziali. E se Escobar continuerà a prediligere i liberali di Lopez, molti dei suoi soci preferiranno sostenere il conservatore Betancur, avvalendosi della mediazione di personalità come i fratelli Londoño White. Elezioni che accontenteranno sia Escobar, eletto al Congresso, che i suoi soci conservatori, soddisfatti dall’elezione presidenziale del conservatore Betancur. Risultati che incrementavano le possibilità di disinnescare la minaccia costituita dal trattato di estradizione. Escobar, infatti, si attiverà sin da subito a perorare la necessità di abrogare il trattato di estradizione verso gli Stati Uniti, organizzando numerose conferenze. Il tutto, mentre, a Medellin il giovane Alvaro Uribe veniva eletto sindaco del capoluogo di Antioquia grazie al determinante sostegno dei conservatori del neo-presidente Betancur. Tuttavia, malgrado queste favorevoli premesse, Escobar dovrà rapidamente prendere atto che in politica il potere non basta mai, e che spesso finisce per disintegrare chi prova a controllarlo, aggregando gli interessi in maniera trasversale.

Così dopo pochi mesi dalla sua elezione, Escobar si ritroverà travolto da uno scandalo coordinato dalla fazione liberale guidata da Galan, che fin dal suo esordio in politica aveva ostacolato la sua ascesa. E nessuno saprà mai se la trama del leader neo-liberale sia stata determinata dalla sua reale volontà di ripulire il fronte liberale dalla corruzione narcos, o dalla semplice necessità di assumerne il controllo, epurando una potente ed insidiosa corrente interna, che oltre a Escobar inglobava a vario titolo politici di primo livello come l’ex-Ministro Santofimio e probabilmente anche l’ex-presidente Lopez. Scandalo che nel giro di qualche mese costringerà Escobar a rassegnare le proprie dimissioni da parlamentare, abbandonando tutti i sogni di gloria che aveva costruito parallelamente al suo impero criminale. Sviluppo che deve averlo deluso profondamente, anche perché veniva escluso dall’arena politica da soggetti che aveva finanziato e contribuito ad eleggere, e che ad un certo punto gli hanno voltato le spalle. In quel frangente, Escobar apprenderà la discrepanza tra la criminalità comune di cui era espressione e la criminalità oligarchica di cui era divenuto vittima. Con le sue dimissioni, la vecchia oligarchia liberal-conservatrice riuscirà ad arginare l’ascesa della nuova oligarchia narcos, respingendo la loro OPA ostile. Sviluppo con cui la vecchia oligarchia relegherà i narcos in uno stato di subordinazione, precludendogli l’accesso diretto alla sfera politica. Condizione che, pur umiliando Escobar, in fin dei conti non dispiaceva poi tanto ai suoi soci del Cartello di Medellin che, al pari di quello di Cali, non chiedevano altro che continuare ad arricchirsi con i loro traffici illeciti, confidando di riuscire a mantenere congelato il trattato di estradizione, conservando lo status-quo.

Tuttavia, parallelamente ai problemi di Escobar, il Cartello di Medellin si ritroverà a fronteggiare la sfida con cui i guerriglieri delle FARC approfitteranno del loro momento di debolezza per subordinarli al loro dominio. Percezione di debolezza che Josè Rodriguez dissiperà ingaggiando una guerra diretta che nel giro di qualche anno stravolgerà il corso del conflitto colombiano, mettendo alle corde la guerriglia. Conflitto che forgerà l’alleanza tra i narcos e la contro-guerriglia paramilitare imbastita da Ramon Isaza, Henry Perez ed il clan Castaño. Questa seconda parte ci ha permesso di comprendere come i narcos abbiano cercato di integrarsi all’interno dell’establishment colombiano, tentando, senza successo, di assumerne il controllo. Gli sviluppi del 1982, ci rivelano una Colombia ostile ai narcos, ma non ai loro soldi, in cui non tutto era come appariva in superficie, e dove i colori di questo meraviglioso paese contribuivano a sfumare una zona grigia frequentata sia da personaggi insospettabili che da altri decisamente poco raccomandabili. Narcos che all’inizio del 1983 si ritroveranno sfruttati e traditi dai loro referenti politici, assediati dalla guerriglia e pressati dagli Stati Uniti. Accerchiamento che, come vedremo nella terza parte di questo focus, indurrà il governo a prendere il sopravvento sui narcos, suscitando la loro scomposta reazione, innescando una spirale di violenza che trascinerà nel caos il governo colombiano, la guerriglia e l’intera Colombia.