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I NARCOS COLOMBIANI (5° Parte)

Riprendiamo il nostro focus sui narcos colombiani, ripercorrendo le tappe dell’anno 1989, in cui la Colombia verrà messa alle corde dall’offensiva narcoterrorista scatenata dal Cartello di Medellin sotto le insegne dell’organizzazione degli Estradabili e dalle milizie paramilitari ad essa contigua.

LE PREMESSE DI UN “ANNO ESPLOSIVO”

Il 1989 sarà un anno particolarmente pesante per la storia della Colombia, alle prese con la spirale caotica alimentata dalla guerriglia, dai paramilitari, dai narcos e dai settori deviati dell’intelligence statale. Anno che i narco-paramilitari del Cartello di Medellin festeggeranno all’interno della residenza di Henry Perez, e a cui prenderanno parte personalità del calibro di Josè Gonzalo Rodriguez Gacha (el-Mexicano) e Jorge Ochoa. Festeggiamenti caratterizzati da un clima di armonia precario, appesantito dalle fazioni paramilitari sempre più propense a sganciarsi dalla campagna stragista degli Estradabili, paventando il ritiro del proprio contributo finanziario all’organizzazione. Frizioni che degraderanno i rapporti tra Pablo Escobar ed i paramilitari, soprattutto dopo il turbolento vertice in cui Perez chiederà ragione al boss di Medellin della sua disinvolta relazione con i guerriglieri dell’ELN. Contestazioni a cui Escobar avrebbe ribattuto esortando Perez a rispettare i suoi affari come lui rispettava quelli dei suoi paramilitari, sebbene non li condividesse personalmente. Confronto duro, che aprirà una breccia tra le due componenti del Cartello di Medellin, tenute insieme solo dalla preminente figura di Josè Rodriguez, che con Escobar sapeva intendersi come con pochi, esercitando tutta la propria influenza finanziaria sui suoi riottosi luogotenenti paramilitari.

La Colombia, come abbiamo avuto modo di vedere, è un paese fantastico, caratterizzato da fortissime contraddizioni. Contraddizioni che si paleseranno anche, e forse soprattutto, all’interno della sfera militare. Infatti, il 1989 si aprirà con due storie antitetiche: quella dei colonnelli Franklin Quintero, nominato comandante della Polizia della regione di Antioquia; e quella del colonnello Luis Del Vasto che, invece, cederà alle lusinghe del Cartello di Cali, accettando l’incarico di curare la sicurezza del clan Rodriguez-Orejuela, dopo aver rigettato una promozione in protesta contro la linea negoziale del governo con le FARC. Due ufficiali che metteranno le loro esperienze a disposizione di due fronti avversi che, tuttavia, si intersecheranno parecchio nella Colombia degli anni ottanta, contribuendo a dare un’impressione distorta della complessa realtà colombiana. E proprio in questa zona grigia si consumeranno efferati eccidi, come quello che i paramilitari agli ordini di Henry Perez consumeranno il 18 gennaio contro un pool di giudici incaricati di far luce su alcuni crimini avvenuti nella regione del Magdalena Medio, addebitati a Josè Rodriguez Gacha. Strage la cui responsabilità verrà fatta cadere ingannevolmente sui guerriglieri, contribuendo a confondere ulteriormente la situazione del conflitto colombiano.

Alla fine di febbraio, il Cartello di Medellin riprenderà a bersagliare i nemici del Cartello di Cali, inviando un commando che ucciderà il colonnello Libardo Gomez, a cui i fratelli Rodriguez Orejuela avevano assegnato la gestione della sicurezza del Grupo Radial Colombiano, l’emittente che controllavano fittiziamente tramite loro prestanome. Agguato che paleserà l’inadeguatezza del sistema di sicurezza dei boss di Cali, che qualche giorno dopo vedranno saltare in aria anche alcuni dei supermarket della loro catena di distribuzione “la-Rebaja”. Questa serie di attentati indurrà i boss di Cali a temere seriamente per la propria incolumità, soprattutto dopo l’aver saggiato nella propria città la capacità di proiezione militare del temibile Cartello di Medellin, guidato dall’odiatissimo Pablo Escobar.

L’OFFENSIVA PARAMILITARE DEL MEXICANO

La guerra tra i due cartelli colombiani non era l’unico problema con cui la Colombia si ritrovava a fare i conti, poiché proprio mentre le bombe di Medellin scuotevano Cali, un commando paramilitare al soldo del Mexicano e dei fratelli Castaño ucciderà a Bogotà il segretario del Partito Comunista, Teofilo Forero. Ma non pago dell’iniziativa del giorno, la stessa sera del 27 febbraio Josè Rodriguez infliggerà anche un devastante colpo ad uno dei suoi rivali coinvolto nella “guerra verde” per il controllo delle ricchissime miniere di smeraldi. Iniziativa con cui il Mexicano riuscirà ad uccidere Gilberto Molina, il suo vecchio boss, a cui doveva le sue fortune iniziali. E proprio la conoscenza delle abitudini del suo mentore lo aiuteranno a portare a termine il suo proposito criminale, organizzando un commando paramilitare, a quanto pare comandato personalmente da Fidel Castaño, che prenderà d’assalto la sua villa durante una sfarzosa festa, massacrandolo platealmente insieme a molti dei suoi importanti ospiti: dal colonnello alla guida del suo apparato di sicurezza, passando per sicari, amici, compresi i musicisti dell’orchestra ingaggiata per rallegrare la serata. La ferocia dei paramilitari del Mexicano si ripaleserà il 3 marzo, quando un commando paramilitare al suo soldo tenderà all’interno dell’aeroporto di Bogotà un agguato mortale a Josè Antequera, un importante membro dell’Union Patriotica (UP), il partito politico espressione della guerriglia comunista colombiana. Agguato in cui rimarrà ferito anche il liberale Ernesto Samper, il futuro presidente colombiano che, non pochi anni dopo, con i narcos intratterrà rapporti a dir poco compromettenti. Sempre a Bogotà, il 29 marzo, a cadere sotto i colpi dei sicari sarà Hector Giraldo, un giornalista del quotidiano el-Espectador, le cui indagini stavano evidenziando la regia di Escobar nell’assassinio del direttore Guillermo Cano.

Gonzalo Rodiguez Gacha el Mexicano narcos Cartello Medellin
( Josè Gonzalo Rodiguez el-Mexicano )

L’8 aprile, la notizia dell’arresto di Miguel Angel Felix Gallardo, il leader assoluto del potente Cartello di Guadalajara, turberà tutto il mondo del narcotraffico sudamericano, dal momento che il Messico era il paese che garantiva la linea logistica dei narcos verso gli Stati Uniti. Sviluppo legato all’assassinio dell’agente della DEA statunitense Enrique Camarena, la cui tragica fine incrementerà la pressione politica americana sul governo messicano, erodendo la fitta rete di fiancheggiatori di alto profilo che aveva permesso all’organizzazione di Felix di proliferare fino a quel momento.

All’inizio del mese di maggio, gli Estradabili riprenderanno l’iniziativa terroristica, assassinando l’ex-governatore di Boyaca, Alvaro Gonzalez, il padre della giudice Martha Gonzalez, titolare di un’indagine contro Pablo Escobar e Josè Rodriguez. Sempre a maggio, lo zar degli smeraldi, Victor Carranza verrà accusato di complicità nei crimini paramilitari, dopo che all’interno di una sua proprietà verrà rinvenuta una fossa comune di cui, tuttavia, prenderà le distanze, sostenendo che l’avesse acquisita tempo dopo la strage contestatagli. Sul finire di maggio, un gruppo di criminali non meglio identificati sequestrerà l’agente di borsa Gustavo Montoya, il figlio di German Montoya, il consigliere del Presidente colombiano, Virgilio Barco. Iniziativa poco chiara che sembrerà dare adito alla tesi di un possibile coinvolgimento del Cartello di Medellin, interessato a influenzare un’importante figura governativa.

IL DOPPIO GIOCO DI CARLOS CASTANO 

Sempre nel mese di maggio, la polizia colombiana coordinata dal colonnello Franklin inizierà a mettere sotto pressione la cupola del Cartello di Medellin, fermando senza alcuna accusa Don Fabio Ochoa, il capobastone del clan Ochoa, sperando così di stanare qualcuno dei suoi figli ricercati. Strategia che Franklin estenderà anche contro la famiglia di Pablo Escobar, fermando per qualche ora sua moglie, separandola dalla sua giovane figlia di appena 5 anni, rigettando i reiterati tentativi di corruzione a cui il leader del Cartello di Medellin farà seguire nuove pesanti minacce. Il fermo della sua famiglia irriterà Escobar al punto da indurlo a telefonare direttamente alla caserma, esigendo di parlare con Franklin che, tuttavia, si rifiuterà di rispondere, limitandosi a prendere atto del messaggio intimidatorio in cui il narcotrafficante lo costringeva a scegliere tra il liberare immediatamente la sua famiglia o far fronte alle inevitabili conseguenze sulla propria. Minaccia che basterà ad indurre Franklin a liberare i familiari di Escobar che, tuttavia, ordinerà al suo capo dei sicari John Jairo Arias (Piniña) la raccolta dell’intelligence relativa alla routine dello scomodo colonnello, iniziando a predisporre i piani per il suo assassinio. Ma Franklin non era l’unico alto ufficiale nel mirino del Cartello di Medellin, come dimostrerà l’attentato esplosivo, organizzato da Jorge Pabon (el-Negro), a cui il 31 maggio scamperà il generale Miguel Maza, il capo del Dipartimento di Sicurezza Colombiano (DAS) che, a differenza di alcuni innocenti passanti, riuscirà a salvarsi, riportando solo con qualche ferita grazie all’auto blindata su cui viaggiava che il caso ha voluto schermata da un auto in transito sulla sua destra che ha attutito l’onda d’urto sprigionata dall’autobomba che i sicari degli Estradabili avevano piazzato lungo il suo percorso abitudinario. Attentato che porrà fine alla tacita intesa che il capo dell’intelligence colombiana aveva stretto con i narco-paramilitari in funzione anti-comunista, estendendo la dimensione del conflitto colombiano.

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( Carlos Castaño )

La decisione di uccidere Maza verrà presa da Pablo Escobar e Josè Rodriguez, incaricando Carlos Castaño che, tuttavia, da quel momento in avanti preferirà mantenere un approccio ambiguo a metà strada tra i boss del Cartello di Medellin e la sfera militare stataledi cui, fino a quel momento, aveva discretamente curato le relazioni bilaterali. Nello specifico, al pari di Henry Perez, Carlos Castaño aveva iniziato ad avversare la condotta filo-guerrigliera di Escobar, passando informazioni sensibili alle forze di sicurezza colombiane con cui tradizionalmente interagiva per conto del Cartello di Medellin. Nello specifico, Carlos Castaño si interfaccerà discretamente con il DAS con lo pseudonimo di “Alekos”, il nome di un personaggio tratto da un libro di Oriana Fallaci sul ribelle greco Alejandro Panagulis, che il comandante paramilitare stava leggendo proprio in quel periodo. Iniziativa di cui lascerà all’oscuro il fratello maggiore Fidel, il capo del potente clan narco-paramilitare che, al suo contrario, continuava a considerare Escobar un socio e amico leale. Infatti, il rapporto tra Escobar e Fidel Castaño era francamente reciproco, poiché così come il primo non voleva essere coinvolto nella campagna di sterminio dei paramilitari contro i guerriglieri, il secondo si manteneva neutro nella guerra ingaggiata con il Cartello di Cali. Il Cartello di Medellin, infatti, rimaneva pur sempre un’associazione di interessi comuni federalizzati, e non una struttura centralizzata, anche se ovviamente l’influenza di soggetti come Escobar e Rodriguez non era lontanamente equiparabile a quella degli altri associati, che si adeguavano acriticamente alla loro linea dura anti-estradizione. Ad ogni modo, il giorno successivo all’attentato contro il generale Maza, il 1 giugno, Juan Gomez assumerà l’incarico di sindaco di Medellin, città la cui quotidianità verrà scandita da vere e proprie logiche di guerra civile che sconvolgeranno le vite dei suoi cittadini.

I MERCENARI DEL CARTELLO DI CALI

Mentre le iniziative terroristiche del Cartello di Medellin scuotevano la Colombia, i boss del Cartello di Cali correvano precipitosamente ai ripari, incrementando le risorse a disposizione del colonnello Del Vasto, il loro nuovo capo della sicurezza. Del Vasto si porterà dietro, come suo assistente, anche Jorge Salcedo, il figlio di un ex-generale colombiano, laureato in Economia e Ingegneria, specializzato in sistemi di intelligence e telecomunicazioni. E sarà proprio grazie a Salcedo che il Cartello di Cali riuscirà a strutturare un efficacissimo sistema di intercettazione telefonica con cui monitoreranno tutti i numeri che tenevano frequenti contatti tra le città di Cali e Medellin. All’inizio del 1989, Salcedo si recherà nel Regno Unito, per conto dei boss di Cali, per assoldare David Tomkins e Peter McAleese, due mercenari britannici con trascorsi nella lotta alle FARC, paradossalmente proprio al soldo dei paramilitari del Mexicano. Ma del resto, i mercenari sono e restano mercenari, e in quanto tali prestano i loro servizi a chi offre semplicemente di più. In quel frangente, Salcedo avanzerà ai due mercenari la richiesta dei suoi facoltosi committenti colombiani di aggregare un commando incaricato dell’eliminazione di Pablo Escobar. Tomkins, interessato dall’offerta, raggiungerà la Colombia nel mese di febbraio, incontrando la cupola del Cartello di Cali, a cui chiederà un compenso di 10 milioni di dollari, che i narcotrafficanti caleñi accetteranno di buon grado, offrendo addirittura un bonus in caso di buon esito dell’operazione. Una volta assunto l’incarico, Tomkins farà ritorno in patria dove allestirà un commando composto da 10 reduci delle SAS e della Legione Straniera, con cui inizierà a lavorare all’organizzazione di un raid contro l’Hacienda Napoles dove Escobar periodicamente ritornava a nascondersi.

I mercenari britannici, una volta giunti in Colombia, tra un addestramento e l’altro, trascorreranno molto del loro tempo libero nelle locande locali dove erano soliti ubriacarsi, finendo per attirare l’attenzione sulla loro insolita presenza. Condotta che l’inflessibile Miguel Rodriguez si vedrà costretto a correggere, confinandoli all’interno di una sua residenza rurale, dove il commando straniero continuerà ad addestrarsi lontani da occhi indiscreti. Dal canto suo, Salcedo appronterà un aereo Cessna Centurion dotato della migliore tecnologia di intercettazione dell’epoca, con cui inizierà a monitorare attentamente gran parte del traffico telefonico riconducibile a Pablo Escobar. E proprio sfruttando questo Cessna, Salcedo e McAleese riusciranno ad effettuare alcuni voli di ricognizione sull’Hacienda Napoles, scattando alcune fotografie utilizzate per organizzare meticolosamente il raid che avrebbero attuato non appena avrebbero avuto la conferma della presenza di Escobar nella tenuta. Il lavoro di intelligence del Cartello di Cali darà esito positivo il 3 giugno, quando avranno conferma della presenza di Escobar nella sua hacienda, dove trascorreva le giornate assistendo alle partite della Copa Libertadores. Il raid, programmato per il 6 giugno, verrà coordinato a terra dal colonnello Del Vasto, e dall’alto da Salcedo, mentre il commando dei mercenari britannici si sarebbe diretto verso il loro obiettivo a bordo di due elicotteri: Uno Huge 500 camuffato con la livrea dell’esercito colombiano, armato di mitragliatrice M240 messa a disposizione da un ufficiale corrotto, con a bordo 2 mercenari e un sicario di fiducia di Josè Santacruz, che agiva da interprete; e un Bell 205 camuffato con la livrea della Polizia, con a bordo altri 10 mercenari armati di tutto punto, a cui si sarebbero aggiunti altri sicari imbarcati su di un Cessna che sarebbe atterrato sulla pista dell’hacienda poco dopo l’inizio del raid per dar man forte al gruppo d’assalto.

Tuttavia, il sofisticatissimo piano organizzato dai mercenari al soldo di Cali fallirà in corso d’opera a causa della foschia riscontrata nella regione del Magdalena Medio, che impedirà al sovraccaricato Huge-500 di atterrare al punto prestabilito per rifornirsi del carburante necessario a raggiungere l’obiettivo, contribuendo a farlo schiantare nel mezzo della fitta foresta colombiana, uccidendo il pilota, figlio di un generale colombiano in pensione, e ferendo gravemente McAleese, recuperato discretamente solo alcuni giorni dopo, per non allertare l’infrastruttura di sicurezza del Cartello di Medellin. Quel 6 giugno, l’ignaro Escobar riuscirà a salvare la vita grazie alle condizioni meteorologiche. Ma se la parabola di Escobar poteva improvvisamente concludersi quel 6 giugno all’interno della sua amata Hacienda Napoles, quella dell’intera cupola del Cartello di Cali si sarebbe potuta concludere anche prima, se non fosse stato per un assurdo capriccio del Patron di Medellin. Infatti, a detta di alcuni sicari reduci dell’organizzazione, l’intelligence raccolta da John Jairo Arias “Piniña” aveva permesso di piazzare un autobomba dinnanzi alla caffetteria dove i principali boss del Cartello di Cali si sarebbero dovuti incontrare, ma che per via di un malfunzionamento dell’innesco a distanza non esploderà. In quella concitata circostanza, Piniña, accompagnato da una ventina di sicari armati di armi automatiche, chiamerà Escobar per metterlo al corrente dell’inconveniente, chiedendogli l’autorizzazione di procedere con un assalto tattico diretto che, con sua somma sorpresa, il suo boss gli negherà, esigendo ostinatamente l’eliminazione dei suoi nemici mediante autobomba, così da vendicare con lo stesso clamore quella fatta detonare contro la sua famiglia a Medellin. Questa decisione sarà probabilmente la peggiore che il leader del Cartello di Medellin prenderà, e di cui avrà modo di pentirsi amaramente qualche anno dopo. Infatti, anche la successiva autobomba che i sicari di Medellin, coordinati da Jorge Pabon, piazzeranno lungo il percorso abituale di Miguel Rodriguez esploderà prima del suo passaggio per problemi di innesco, convincendo persino Escobar dell’inopportunità del continuare con la strategie delle autobombe.

IL NARCO-SCANDALO CUBANO

Qualche giorno dopo il fallito raid contro Escobar, il 12 giugno, un gruppo di ufficiali cubani, con a capo il potente generale Arnaldo Ochoa, verrà accusato dalle autorità dell’Havana di essere collusi con il narcotraffico. L’inchiesta cubana sarebbe stata innescata da un’indagine statunitense che indurrà i fratelli Fidel e Raul Castro a prendere le distanze dagli ufficiali collusi con i narcotrafficanti, scaricando tutte le responsabilità sul generale Ochoa, un veterano decorato nel 1984 dallo stesso Fidel Castro con la medaglia degli eroi della rivoluzione. Al netto delle circostanze relative al suo arresto, e dei suoi trascorsi rivoluzionari, Ochoa era considerato un ufficiale preminente, secondo solo ai fratelli Castro che, secondo alcune fonti, ne temevano il suo allineamento alla corrente riformista filo-sovietica di Gorbachev. Oltre al generale Ochoa, lo scandalo narcos-cubano coinvolgerà anche il capitano Jorge Martinez, il Ministro degli interni Jose Abrantes, il Ministro dei trasporti Torrealba, e l’ex-console cubano a Panama, nonché Consigliere del Ministro degli Esteri, Amado Padron. L’inchiesta cubana darà luogo ad un processo trasmesso dalla tv nazionale cubana, probabilmente nel tentativo di non fornire agli Stati Uniti pretesti per associarli alla loro lotta al narcotraffico in un momento particolarmente delicato della guerra fredda. L’inchiesta cubana avrebbe indotto anche Jorge Avendano (alias el-Cocodrilo), il referente locale del Cartello di Medellin a lasciare l’isla grande per fare il proprio ritorno in Colombia.

Questa dinamica andrà a consolidare le tesi che speculavano di una partnership tra i narcos colombiani ed il governo di Cuba. Addirittura, secondo un luogotenente reduce del Cartello di Medellin, Pablo Escobar avrebbe tenuto persino una corrispondenza con i fratelli Castro attraverso la mediazione di esponenti guerriglieri come il leader dell’M-19, Ivan Marino, e addirittura di personalità del calibro del premio nobel colombiano Gabriel Garcia Marquez, che avrebbe fatto da tramite inconsapevole indiretto tra narcos e cubani, senza, tuttavia, aver contezza delle lettere che passavano tra le sue mani a margine dei suoi viaggi. A tal proposito, Nicolas Escobar, il nipote del leader del Cartello di Medellin, sostiene che suo zio conoscesse Garcia Marquez, con cui parlava spesso, e di cui si sarebbe persino avvalso per abbozzare dei tentativi negoziali con gli ambienti governativi colombiani. In accordo con la tesi della contiguità tra i narcos colombiani ed il governo cubano, alcuni reduci del Cartello di Medellin hanno sostenuto anche che Escobar avesse offerto considerevoli somme di denaro in cambio di missili antiaerei portatili da poter utilizzare contro gli elicotteri dell’esercito colombiano, ricevendo dai cubani solo la disponibilità a fornire armi leggere che di certo non mancavano negli arsenali dei narcos colombiani. Il testimone in questione sostiene che una volta appresa la notizia della condanna degli ufficiali cubani, Escobar abbia ironizzato sull’ipocrisia dei fratelli Castro. A rinforzo della tesi della contiguità narco-cubana, l’ex-colonnello cubano in esilio, Juan Reynaldo Sanchez, sostiene che il colonnello Ochoa fosse alle dirette dipendenze di Raul Castro, e che in un’occasione ha persino avuto modo di ascoltare una conversazione in cui Fidel Castro autorizzava il Ministro dell’interno Abrante di coprire un narco-carico. Ad ogni modo, al netto di queste rivelazioni, vere o presunte, quel che è certo è che nel mese di luglio gli accusati, con in testa il colonnello Ochoa verranno giustiziati a Cuba dopo essere stati condannati per reati legati al narcotraffico.

Mentre a Cuba si consumavano queste dinamiche, in Colombia i sicari degli Estradabili comandati da John Jairo Arias “Piniña” concluderanno le operazioni di intelligence contro il colonnello Valdemar Franklin, piazzando un’autobomba lungo il percorso che avrebbe intrapreso la mattina del 4 luglio. Autobomba che esploderà al passaggio della Mercedes bianca su cui il colonnello era solito spostarsi. Ma anche questo attentato non andrà come preventivato dai sicari del Cartello di Medellin, dal momento che la Mercedes bianca ad esplodere non sarà quella del comandante della Polizia, ma quella identica su cui quella mattina viaggiava nella stessa direzione Antonio Roldan, il governatore liberale della regione di Antioquia, nonché amico dello stesso Pablo Escobar, che ne apprezzava la sua linea contraria all’estradizione. Clamorosissimo errore che Escobar cercherà comunque di sfruttare a proprio vantaggio, corrompendo alcuni testimoni affinché riconducessero la regia dell’attentato a Josè Santacruz, uno dei boss del nemico Cartello di Cali, così da invischiarlo nella campagna terroristica contro lo stato da cui si erano mantenuti lontani. Ad ogni modo, a prescindere dalle trame degli Estradabili, l’attentato evidenzierà al colonnello Franklin di essere un obiettivo prioritario del Cartello di Medellin, convincendolo ad abbandonare la vecchie routine, e prendendo la decisione di girare senza scorta, evitando di condividere con altri il destino che un ufficiale incorruttibile avrebbe inevitabilmente pagato nella Colombia di fine anni ottanta. Scelta tattica che, tuttavia, complicherà moltissimo il monitoraggio dei suoi spostamenti.

IL MEXICANO DOMINA LA “GUERRA VERDE”

Il giorno successivo all’attentato in cui perderà la vita il governatore Roldan, un commando al soldo di Josè Rodriguez prenderà d’assalto l’edificio in cui si trovava un suo delatore, attivo nell’ambito minerario, che passava informazioni sul suo conto alla DEA, ma che nelle fasi concitate dell’assalto riuscirà comunque a scamparla. Assalto seguito il 7 luglio da un attentato a Bogotà contro una sede dell’impresa mineraria legata al commercio degli smeraldi colombiani di proprietà di Victor Carranza. Attentato seguito da quello che il 10 luglio ucciderà Julio Carranza, il nipote dello zar degli smeraldi colombiani. L’escalation che il Mexicano scatenerà contro i suoi nemici coinvolti nella guerra verde continuerà il 15 luglio con l’assalto ad una delle principali miniere di proprietà di Carranza, in cui i suoi paramilitari faranno strage delle guardie poste a loro protezione, sequestrando il capo della sicurezza Pedro Yaya, che tortureranno per estorcergli informazioni, per poi gettarlo dall’elicottero in volo in piena foresta colombiana. Raid seguito il giorno dopo da un assalto contro un cargo di una delle imprese di Carranza, e da un attentato dinamitardo contro un’altra sede dell’impresa Carranza, il 26 luglio. Il 28 luglio, i narcos del Cartello di Medellin prenderanno di mira la giudice Maria Elena Diaz, responsabile del mandato di arresto preventivo contro Josè Rodriguez e Pablo Escobar, con l’accusa di narcotraffico e sicariato.

Il clima di terrore che i narcotrafficanti avevano scatenato nell’estate del 1989, indurrà persino il Sindaco Juan Gomez ad attuare un coprifuoco nella città di Medellin dalle ore 22 alle 6 del mattino, limitando gli spostamenti dei cittadini durante la fase più acuta dell’escalation narco-terroristica. Misura che in realtà era finalizzata a limitare gli spostamenti nelle ore notturne, quelle preferite dai narcos, soprattutto da Pablo Escobar, convinto che la notte esaltasse le doti intellettive rispetto alle ore del mattino, in cui il boss preferiva dormire fino a tardi. Ad ogni modo, al coprifuoco si aggiungerà anche la campagna televisiva in cui le foto-segnaletiche dei boss del Cartello di Medellin, con annesse taglie milionarie, scandivano gli spot pubblicitari su tutte le reti colombiane. In questo clima di terrore estivo, e con una narco-sentenza di condanna in sospeso, all’inizio del mese di agosto, il colonnello Franklin riprenderà la strategia dei fermi dei familiari dei boss, disponendo quello di Freddy Rodriguez, il figlio del Mexicano, con l’accusa di porto d’arma illegale. Arresto che metterà sotto pressione Josè Rodriguez.

Sempre in questo clima di terrore, il 4 agosto, il colonnello Franklin, l’ex-sindaco di Medellin Pablo Palàez ed il leader neo-liberale Luis Carlos Galan animeranno una conferenza in cui rimarcheranno la necessità di contrastare con forza il narcotraffico, insistendo sulla necessità di proseguire con il trattato di estradizione che, solo pochi giorni prima, aveva portato negli Stati Uniti Eduardo Martinez, uno dei finanzieri del Cartello di Medellin. E proprio mentre queste importanti personalità partecipavano a questa conferenza, le residenze di villeggiatura dell’Amministratore delegato di Ecopetrol, Andre Londoño, e del parlamentare conservatore Luis Alfredo Ramos verranno date alle fiamme per mettere ancora più pressione all’oligarchia colombiana. Eventi seguiti, il 15 agosto, da un fallito attentato predisposto da un commando del Mexicano contro la moglie del suo mentore Gilberto Molina. Tuttavia, lo stesso giorno, in quel di Panama, il Cartello di Cali riuscirà per la prima volta a colpire uno dei luogotenenti del Cartello di Medellin, uccidendo Jorge Pabon, il sicario amico di Escobar che aveva innescato la faida tra i due cartelli, e ricoperto un ruolo fondamentale nell’assassinio di personalità del calibro del Ministro Lara, del colonnello Ramirez e del direttore dell’Espectador Guillermo Cano. L’assassinio di Pabon non fermerà comunque la campagna terroristica di Escobar, che il giorno successivo disporrà l’assassinio a Bogotà del magistrato Carlos Valencia, che indagava sul suo ruolo nell’assassinio di Guillermo Cano, e altri reati correlati al narcotraffico.

GALAN ENTRA NEL MIRINO DEI NARCOS

Con l’avvicinarsi della elezioni presidenziali, la cupola del Cartello di Medellin si riunirà in una delle residenze del Mexicano per discutere le prospettive politiche a loro più favorevoli, e tra cui si evidenzierà subito l’inopportunità che la scontata elezione del favoritissimo leader neo-liberale Luis Carlos Galan avrebbe rappresentato per loro. E proprio durante questo summit, l’ex-ministro della giustizia liberale Alberto Santofimio avrebbe suggerito ai boss di Medellin i vantaggi derivanti dall’assassinio di Galan, un politico in ascesa e risoluto ad applicare pienamente il trattato di estradizione verso gli Stati Uniti. Santofimio, infatti, riteneva che senza Galan avrebbe potuto conquistare agevolmente la candidatura presidenziale liberale. Secondo le testimonianze di alcuni sicari reduci del cartello, la proposta di uccidere Galan verrà accolta di buon grado da Pablo Escobar, ma non altrettanto da narcos come Josè Rodriguez e Albeiro Areiza (alias el-Campeon). Addirittura, Gerardo “Kiko” Moncada, arriverà a criticare apertamente tale proposito, rievocando le conseguenze derivanti dall’assassinio del ministro della giustizia Lara. Rimostranze seccamente rigettate da Escobar, che risponderà al socio che lo stava solamente informando del suo proposito e non chiedendo il suo consenso per fare qualcosa che avrebbe fatto a prescindere dalla sua opinione. Approccio assertivo con cui Escobar era solito mettere alle strette i suoi soci di minoranza, a cui non rimaneva che adeguarsi acriticamente alla sua strategia.

La giornalista amante di Escobar, Virginia Vallejo, sostiene di aver incontrato Escobar in un covo situato all’interno della foresta colombiana, provando a dissuaderlo dal proposito di uccidere Galan, cercando una soluzione negoziata con il futuro presidente, evitando di cedere alle strumentalizzazioni di Santofimio che, secondo la giornalista, intratteneva rapporti anche con la cupola di Cali, con cui stava preparando l’ascesa presidenziale di Ernesto Samper. Invito che il leader del Cartello di Medellin avrebbe fermamente declinato, sostenendo di essere coinvolto in una guerra con Galan da cui sarebbe uscito vincitore solo chi dei due sarebbe sopravvissuto. Tuttavia, va detto che sebbene Escobar sia arrivato a minacciare di bombardare i media ostili alla Vallejo, il suo rapporto con la giornalista inizierà a degradarsi conseguentemente alla crisi con il Cartello di Cali, dal momento che dal 1987 aveva iniziato a lavorare per la rete del Grupo Radial Colombiano, di proprietà dei fratelli Rodriguez Orejuela, con cui intratteneva rapporti non meno stretti di quelli intrattenuti con il boss di Medellin.

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( Luis Carlos Galan e Alberto Santofimio )

Detto ciò, Escobar sfrutterà il proposito dell’assassinio di Galan, provando ad invischiare, ancora una volta, i suoi odiati nemici di Cali nella guerra allo stato, incaricando David Ricardo Prisco di utilizzare il documento di identità di uno dei boss rivali per acquistare un auto all’interno di cui piazzare una carica esplosiva sufficientemente potente da uccidere Galan. Piano che, tuttavia, i famigerati sicari dei “los-Priscos”, coordinati da John Jairo Arias “Piniña”, non riusciranno ad implementare, ripiegando su di un nuova strategia che prevedeva di assassinare Galan mediante l’ausilio di lanciarazzi in occasione di una conferenza del leader neo-liberale all’Università di Medellin. Tuttavia, anche questo nuovo piano sfumerà la mattina del 3 agosto, a causa dell’intervento del colonnello Franklin, tempestivamente allertato dalla denuncia di una cittadina insospettita dalla presenza dei sicari intenti a preparare l’attentato, che riusciranno comunque a dileguarsi in tempo. Anche se pare che la polizia abbia intercettato in loco David Ricardo Prisco, abile nel riuscire a dissimulare la sua identità, simulando addirittura supporto alle indagini degli inquirenti giunti sul posto.

Il fallimento dei piani predisposti dai “los-Priscos”, sulle cui tracce erano gli inquirenti, convincerà Escobar a riunirsi nuovamente con il Mexicano, a cui chiederà di mettere a disposizione la propria infrastruttura paramilitare per colpire Galan a Bogotà, la sua area di influenza. Summit a cui parteciperanno anche Kiko Moncada, Areiza, ed i leader paramilitari Henry Perez e Ariel Otero, e in cui dopo aver espresso le riserve della prima riunione, i boss del Cartello di Medellin cederanno nuovamente alle pressioni di Escobar, prendendo atto che la scontata vittoria di Galan alle presidenziali sarebbe inevitabilmente coincisa con la loro estradizione negli Stati Uniti. Una volta presa la decisione, Henry Perez avrebbe messo a disposizione uno dei suoi killer di fiducia, Jaime Eduardo Rueda, un ex-guerrigliero delle FARC passato tra le fila dei paramilitari. Rueda incontrerà la cupola del Cartello di Medellin pochi giorni dopo, concordando un compenso di 200 milioni di pesos, oltre alla fornitura di una mitragliatrice Mini-Uzi, abbastanza piccola da essere occultata, agevole da maneggiare e soprattutto in grado di superare il giubbotto antiproiettile che il loro obiettivo avrebbe verosimilmente indossato. L’organizzazione dell’attentato sarebbe stata agevolata anche dall’intelligence relative alla scorta di Galan, che Carlos Castaño riuscirà ad ottenere dai suoi canali riservati interni al Dipartimento di sicurezza del DAS.

GLI ESTRADABILI SGRETOLANO LO STATO

La presa in carico della fine di Galan da parte dell’ala paramilitare del Cartello di Medellin, permetterà a quella sicariale di Escobar di concentrarsi sull’assassinio del colonnello Valdemar Franklin, riuscendo a corrompere il suo autista personale. Autista che la mattina del 18 agosto fermerà l’auto nel punto prestabilito dai sicari del Cartello di Medellin, guidati da John Jairo Posada (alias el-Titi), lasciandolo in balia delle raffiche di colpi che il commando esploderà per alcuni interminabili minuti contro il veicolo su cui viaggiava Franklin, trovando anche il tempo di accertarsi che non fosse sopravvissuto. L’autista del colonnello, che si costituirà poco dopo, racconterà agli inquirenti l’agghiacciante dinamica dell’agguato, che avrebbe agevolato fermando l’auto, da cui uscirà immediatamente dopo aver messo al corrente il colonnello dell’imminente arrivo di un commando di sicari che si apprestava ad ucciderlo. La tragica fine del colonnello Franklin segnerà una gravissima sconfitta dello stato colombiano nella lotta al narco-terrorismo degli Estradabili. Sconfitta che diverrà totale la stessa sera di quel 18 agosto, quando a cadere sarà il candidato presidenziale favorito, Luis Carlos Galan. Il leader neoliberale cadrà sotto i colpi della Mini Atlanta maneggiata dal sicario narco-paramilitare Eduardo Rueda, posizionatosi alla base del palco su cui il Galan stava tenendo un comizio elettorale a Soacha, una cittadina prossima alla capitale Bogotà, all’interno del territorio controllato da Josè Rodriguez. Secondo reduci del cartello, Escobar apprenderà la notizia dell’attentato nella sua Hacienda Napoles, e alla notizia del ricovero del suo nemico, temendo che si fosse salvato, si isolerà per qualche ora dai suoi inseparabili sicari, con cui parlerà fino all’alba dell’esito dell’agguato solo dopo la conferma della morte di Galan.

Waldemar Franklin Colombia narcos
( Il colonnello Waldemar Franklin )

Sulla fine di Galan si sono fatte largo molte teorie, alcune meramente speculative come quella che vuole Galan freddato in macchina dalla stessa scorta corrotta del DAS, a quelle decisamente più solide che evidenziano una strategia condivisa tra il DAS ed i cartelli di Cali e Medellin che, secondo alcune fonti, avrebbero siglato una tregua per l’occasione. Ed effettivamente, qualche anno dopo si è rilevata la responsabilità del capo del DAS, Maza Marquez nel sostituire il capo scorta di Galan con Jacobo Torregrosa, accusato di aver alleggerito la scorta del candidato neoliberale, da cui, tra l’altro, si era posizionato a sospetta distanza in occasione dell’agguato. Inoltre, anche la scelta di trasportare Galan nell’ospedale più distante, anziché quello più vicino, ha dato adito a controversie e dietrologie. Del resto, anche lo stesso figlio di Galan sostiene che l’elezione del padre sia stata sabotata anche da alcuni ambienti politici ostili alla prospettiva della sua scontata elezione. Secondo alcune fonti, all’indomani della morte di Galan, Pablo Escobar sarebbe stato contattato telefonicamente da Alberto Santofimio per discutere le conseguenze della sua fine, con cui parlerà a lungo, senza, tuttavia, affermare il suo coinvolgimento nell’attentato, per paura di essere registrato dall’infido consulente politico, con cui approfondirà i sondaggi particolarmente favorevoli all’ex-ministro Cesar Gaviria, investito come successore del leader neoliberale dalla sua stessa famiglia, affinché portasse a termine la guerra che aveva ingaggiato con i narcos.

La notizia della fine di Galan sconvolgerà l’opinione pubblica colombiana, inducendo il governo del Presidente Virgilio Barco a dare una svolta alla guerra al narco-terrorismo degli Estradabili, agevolando ulteriormente l’iter di estradizione, e autorizzando misure detentive preventive che prima della fine del suo mandato porteranno all’arresto di centinaia di sospettati. Ma la misura più importante varata dal governo Barco sarà sicuramente l’istituzione del Blocco di Ricerca, una forza di polizia di élite, comandata dai colonnelli Hugo Martinez, Danilo Gonzalez e Hugo Aguilar, incaricata di assicurare alla giustizia la cupola degli Estradabili. Posizioni espresse mentre Escobar ospitava all’interno di una sua proprietà i fratelli Fidel e Carlos Castaño, con cui parlerà a lungo delle conseguenze derivanti dall’assassinio di Galan, concordando una lettera in cui gli Estradabili minacciavano nuove iniziative contro il governo. In quell’occasione, secondo il figlio di Escobar, Juan Pablo, l’offerta del padre di pagare integralmente il commando paramilitare coinvolto nell’organizzazione del delitto Galan verrà cordialmente declinata da Fidel Castaño, che se ne assumerà l’onere, considerandola la sua quota di partecipazione alla guerra allo stato intrapresa dagli Estradabili. Dinamiche seguite pochi giorni dopo dall’arresto del presunto assassinio di Galan, incarcerandolo fino al maggio del 1993, quando le autorità colombiane riconosceranno di essersi sbagliate. Arresto seguito nei giorni successivi da una serie di attentati esplosivi multipli a Medellin, dove il sindaco Juan Gomez si vedrà costretto ad estendere il coprifuoco notturno per garantire l’incolumità dei cittadini.

BARCO RESPINGE MEDELLIN E “DIALOGA” CON CALI

Immediatamente dopo la fine di Galan, Escobar tornerà ad avanzare la sua strategia negoziale, mettendosi in contatto con il suo padrino, ovvero l’ex-Ministro Joaquin Vallejo, a cui chiederà di mediare una tregua con German Montoya, l’influentissimo consigliere presidenziale del Presidente Barco, oltre che vecchio socio di Gilberto Rodriguez, con cui deteneva una quota della filiale colombiana della Chrysler. La proposta negoziale di Escobar, verrà giudicata come intempestiva da Montoya, a causa dell’impatto clamoroso che la fine di Galan continuava ad avere sull’opinione pubblica colombiana. Tuttavia, questo approccio negoziale verrà comunque affossato da una soffiata del quotidiano La-Prensa, di proprietà della famiglia dell’ex-presidente conservatore Pastrana, che costringerà Montoya a smentire precipitosamente i rumors a mezzo stampa, sebbene confermati non poco tempo dopo dal Ministro Carlos Lemos, evidenziando il rifiuto da parte del governo a negoziare con i narcos. Anche il Cartello di Cali cercherà di mettersi discretamente in contatto con il governo, attraverso Jorge Barco, il fratello del Presidente colombiano. Più avanti, Gilberto Rodriguez sosterrà di aver incontrato Jorge Barco a Cali, fornendogli una serie di informazioni che farà passare al fratello al fine di mettere le forze di polizia nelle condizioni di affrontare la temibile macchina da guerra del Cartello di Medellin. Informazioni che, a sua volta, Virgilio Barco passerà al generale Miguel Maza, convincendolo a superare le sue riserve e instaurare un canale di intelligence con i narcos di Cali, da cui apprenderà la risoluta intenzione del Cartello di Medellin di ucciderlo oltre che il grado di corruzione che contraddistingueva i più alti ufficiali di polizia della città di Medellin. Le informazioni condivise dai narcos di Cali riusciranno a convincere l’amministrazione Barco ad affidare il comando del Blocco di Ricerca ad ufficiali fidati, e soprattutto poco legati alla città di Medellin. Al fine di intensificare la pressione sugli Estradabili, il generale Maza convincerà il governo Barco a trasmettere degli spot televisivi con le sostanziose taglie ricompensa da 250.000 dollari per chiunque avesse fornito informazioni contro i boss del Cartello di Medellin o i loro principali luogotenenti. Iniziativa a cui gli Estradabili non perderanno tempo a rispondere, diffondendo per via aerea migliaia di volantini che offrivano 1.3 milioni di dollari per la testa di Maza, evidenziando il loro potenziale finanziario.

German Montoya Virgilio Barco Colombia narcos
( German Montoya e Virgilio Barco )

La pressione del governo e della DEA statunitense non coinvolgerà solo i narcos del Cartello di Medellin, ma anche i piccoli, ma influenti, boss del Cartello del Norte del Valle, come Ivan Urdinola Grajales. Nello specifico, gli Stati Uniti inizieranno a pressare il governo colombiano affinché estradasse Ivan Urdinola, ritenuto il vero proprietario del carico che la DEA sequestrerà in quel periodo a Miami a Harold Ackerman, il cognato di suo fratello Julio Urdinola. Richiesta di estradizione complicata da accogliere, poiché all’epoca Ivan Urdinola non aveva carichi pendenti. La situazione delicata che viveva Urdinola portava piccoli narcos come lui a solidarizzare con la linea degli Estradabili, o quantomeno mantenersi neutrale nella guerra con il Cartello di Cali, confidando di poter beneficiare dall’eventualità di un negoziato tra l’organizzazione narco-terroristica di Medellin ed il governo, sempre più alle strette.

GLI ESTRADABILI INTENSIFICANO L’ESCALATION

Escobar si ritroverà costretto ad abbandonare la sua Hacienda Napoles, e soprattutto i suoi amati animali, a partire dalle zebre, messe sotto sequestro dalla polizia. Ma il pensiero delle sue zebre in gabbia, in cui probabilmente si identificava, lo indurrà ad ordinarne la liberazione ai suoi sicari, organizzandone la sostituzione con degli asini bianchi verniciati a strisce, con cui il beffardo Patron di Medellin si prenderà gioco dei vigilantes di guardia piazzati dal governo. La liberazione delle zebre all’interno della sua Hacienda Napoles rappresenta, tuttavia, anche l’amore di questo eccentrico criminale per la natura. A riconferma di ciò, suo nipote, Nicolas Escobar, sostiene che in un’occasione Escobar notò degli sversamenti di terre di scarto nel fiume circostante la sua hacienda, e dopo essere risalito ai cercatori d’oro responsabili, li pagherà la somma che intendevano racimolare con le loro operazioni, ottenendo dal gruppo di non tornare più ad inquinare il fiume. Approccio, a suo modo, conciliante che spiegherà come Escobar sia riuscito a guadagnarsi per lungo tempo le simpatie e la complicità della gente comune, a cui, in coerenza al suo motto “Plata o Plomo” (soldi o piombo), dava sempre un’alternativa vantaggiosa alla morte.

Tornando alla dimensione politica, il rifiuto dei negoziati da parte del governo irriterà ancora di più gli Estradabili, convincendoli ad intensificare la guerra allo stato, pianificando l’assassinio del candidato presidenziale liberale, Cesar Gaviria, il successore di Galan. Proposito a cui gli Estradabili lavoreranno insieme ai fratelli Castaño, parallelamente ad una nuova ondata di attentati. Ondata che inizierà il 2 settembre, quando gli Estradabili faranno saltare in aria parte dei locali del giornale el-Espectador, a cui seguirà persino la casa di villeggiatura della famiglia Cano. Mentre l’11 settembre assassineranno Pablo Pelaez, il popolarissimo ex-sindaco liberale di Medellin. Sull’onda di questi attentati, il 20 settembre verrà arrestato Eduardo Rueda, il vero killer di Galan. Arresto che verrà seguito il giorno dopo da una scia di attentati esplosivi contro le principali sedi politiche del paese. Dinamiche che sembreranno far vacillare l’intesa tra narcos ed i servizi deviati del DAS, contro cui gli Estradabili si vendicheranno predisponendo un nuovo attentato, programmato per il 21 settembre, contro il generale Miguel Maza che, tuttavia, verrà sventato in tempo, individuando l’autobomba che i sicari di Medellin avevano assemblato appositamente per lui. Iniziativa che la polizia non riuscirà a replicare per impedire l’attentato del 26 settembre contro l’hotel Hilton di Cartagena, la popolarissima meta turistica caraibica. La campagna terroristica degli Estradabili continuerà il 10 ottobre, con l’assassinio della direttrice amministrativa del quotidiano el-Espectador, Martha Luz Lopez, colpita dalle raffiche dei sicari mentre faceva rientro a casa. Agguato di cui, Miguel Soler, un altro dirigente del giornale, farà in tempo ad apprendere, prima di fare la stessa triste fine della collega, cadendo sotto i colpi di un commando di sciari del Cartello di Medellin. I due giornalisti cadranno dopo aver resistito alla pressione delle reiterate minacce degli Estradabili, che esigevano la censura del loro scomodo giornale.

Ma ad ottobre anche lo stato colombiano riuscirà a segnare qualche importante colpo, ottenendo dall’Ecuador l’estradizione del boss Evaristo Porras, a cui gli Estradabili risponderanno due settimane dopo, piazzando una bomba contro il consolato ecuadoregno. Il 10 ottobre verranno arrestati a stretto giro anche altri due boss del calibro del “Mono” Josè Abello e di Leonidas Vargas, anche se quest’ultimo verrà rilasciato poco dopo. Colpi a cui gli Estradabili risponderanno il 16 e il 17 ottobre con un attentato contro il giornale Vanguardia Liberal, l’assassinio del radiofonista Diego Vargas e con l’assassinio del magistrato pro-estradizione Hector Jimenez, freddato dai sicari davanti casa sua. Agguati seguiti dall’attentato del 20 settembre contro l’hotel Royal di Barranquilla, un’altra località turistica colombiana. Addirittura, il 26 settembre a finire sotto i colpi degli Estradabili sarà un bus della polizia. Evento che i sicari degli Estradabili consumeranno lo stesso giorno del derby calcistico tra l’Indipendiente di Medellin e l’America de Cali, che la squadra dei fratelli Rodriguez Orejuela riuscirà ad aggiudicarsi, corrompendo l’arbitro Alvaro Ortega, reo di aver annullato il gol del pareggio della formazione di Medellin, facendo vincere quella di Cali per 3-2. Combine che Escobar non perdonerà, disponendo l’assassinio dell’arbitro il mese successivo. Il calcio diverrà così terreno di scontro tra i due cartelli, guidati da personalità particolarmente sportive e competitive, come Escobar e Miguel Rodriguez, che quando giocava la sua squadra del cuore metteva da parte qualsiasi affare pur di seguirla.

Il 27 settembre, anche i paramilitari del clan Castaño riprenderanno l’iniziativa, uccidendo il vice-presidente dell’Assemblea di Antioquia, membro di spicco dell’Union Patriotica, all’interno del suo ufficio. Il giorno dopo, il governo Barco applicherà i suoi propositi, disponendo l’estradizione negli Stati Uniti del “Mono” Abello. Iniziativa che gli Estradabili vendicheranno il giorno successivo, contro il giornalista Jorge Pulido, uccidendolo per le sue inchieste inerenti gli intrecci di interessi finanziari tra narcos e politica. Agguato seguito il 30 ottobre da tre attentati esplosivi contro le sedi delle più importanti banche colombiane. Mentre il giorno successivo a cedere sarà il leader liberale Roa. L’1 novembre a perdere la vita sarà la magistrato Maria Elena Espinosa, assassinata davanti casa da un commando al soldo di Escobar, che negli anni passati aveva provato in più occasione ad intimidirla, costringendola a chiedere una scorta che verrà ferita nel corso dell’agguato. Lo stesso 1 novembre cadrà anche Luis Madero, un politico conservatore entrato in contrasto con Josè Rodriguez. Mentre il giorno successivo un’autobomba degli Estradabili esploderà nel centro di Bogotà.

LE FATALI “PASSIONI SPORTIVE” DI ESCOBAR

Il 22 novembre, dopo aver più volte prolungato i termini di custodia cautelare, la polizia libererà Freddy Rodriguez, il figlio del Mexicano. Notizia che Josè Rodriguez apprenderà insieme ai suoi soci del cartello con cui era riunito nell’Hacienda el-Oro, una tenuta immersa nella remota foresta della regione del Magdalena Medio. Località impervia e difficile da raggiungere, eccetto che per i selezionatissimi ospiti della cupola di Medellin: sicari, politici o più spesso donne. E non certo a caso, tra gli ospiti di quella giornata figurava una squadra di pallavoliste che Mario Henao aveva appositamente ingaggiato su indicazione di suo cognato, Pablo Escobar, anche se per finalità “non propriamente sportive”. Infatti, sebbene Escobar si considerasse anche uno sportivo, era soprattutto un donnaiolo che, anche in mezzo ad una caotica guerra, non si voleva privare dell’opportunità di “conoscere” la beniamina della squadra di pallavolo in questione, incaricando il fratello della sua amata moglie di trovare il modo di entrarvi in contatto. Il modo, ovviamente sarà la corruzione, con cui Henao riuscirà a convincere l’allenatore della squadra a condurre alcune delle avvenenti componenti della squadra ad incontrare il loro narco-estimatore. Offerta che parte della squadra accetterà, recandosi nel remoto covo dei narcos di Medellin insieme al loro allenatore, che dopo aver conosciuto Escobar, riuscirà a farsi autorizzare a lasciare la tenuta, sebbene la prassi di sicurezza imponesse che nessuno degli ospiti lasciasse la casa prima di averci dormito, per evitare il rischio di essere traditi e segnalati alle autorità.

L’euforia della circostanza, infatti, indebolirà le capacità di giudizio di Escobar, lasciando andare l’allenatore, senza sapere che dopo l’incontro preliminare con Mario Henao aveva passato l’informazione alla rete d’intelligence del Cartello di Cali, che a loro volta l’avevano passata alla polizia, permettendogli di organizzare un raid per sgominare in un colpo solo gli ignari boss di Medellin. Raid che difficilmente avrebbero potuto effettuare in una regione particolarmente impervia, e soprattutto brulicante di milizie paramilitari legate a doppio filo al Cartello di Medellin. Ma fortunatamente per le forze di sicurezza colombiane, tra i ranghi paramilitari vi era chi, come Carlos Castaño, era disposto a collaborare per togliere di mezzo l’ingombrante e infido Pablo Escobar. Piano discretamente condiviso anche da un altro importante leader paramilitare come Henry Perez, che dall’eventuale riuscita del raid avrebbe potuto trarre l’opportunità di svincolarsi dal ferreo controllo di Josè Rodriguez. I due paramilitari si offriranno di condurre personalmente il raid, pur lasciando i meriti dell’operazione alla polizia che, tuttavia, rifiuterà, temendo che il loro atteggiamento celasse il tentativo di salvare i narcotrafficanti. I due paramilitari falliranno anche nel convincere i militari a non utilizzare gli elicotteri, il cui arrivo avrebbe sottratto all’operazione il vantaggio dell’effetto sorpresa. Ad ogni modo, l’allenatore non sarà il solo a lasciare la festa in anticipo, poiché anche il Mexicano deciderà di spostarsi nel primo pomeriggio, per andare a prendere notizie del figlio appena rilasciato.

All’indomani della “piacevole notte” trascorsa, Roberto Escobar, allertato dalla propria rete di informatori dell’arrivo di un gruppo di elicotteri diretti proprio verso la loro posizione, sveglierà precipitosamente il fratello Pablo, che, in un primo momento minimizzerà l’allarme, esortando a lasciarlo dormire ancora un po’ con la tanto desiderata pallavolista, ricordandogli che le uniche radure circostanti alla tenuta idonee all’atterraggio degli elicotteri erano rese impraticabili dal posizionamenti di alcuni cavi d’acciaio. Riposo che sarà costretto ad interrompere, dopo la telefonata dei suoi informatori che segnalavano l’arrivo di un convoglio militare diretto proprio all’Hacienda el-Oro. L’arrivo degli elicotteri della polizia colombiana verrà accolto dalle raffiche esplose da fucili di assalto di Escobar e dei suoi sicari. La situazione precipiterà così in fretta da indurre Escobar a sfuggire alle sortite dell’artiglieria dell’elicottero nella fitta giungla colombiana, lasciandosi dietro il cognato Mario Henao, che in quelle circostanze concitate riterrà opportuno lavarsi prima della fuga. Scelta che pagherà a caro prezzo, finendo per essere mitragliato dentro la doccia. Notizia che Escobar apprenderà solo due giorni dopo il raid, accusando il colpo della perdita di un socio, parente e amico con cui aveva iniziato la sua carriera criminale.

La tragica fine di Henao, sommata alla consuetudine della polizia colombiana di uccidere anziché arrestare i ricercati, indurrà Escobar a pagare una taglia per ogni ufficiale ucciso, calibrando la ricompensa proporzionalmente al loro grado e rango. Il macabro tariffario elaborato dal boss di Medellin, partiva da 2 milioni di pesos per un sergente ai 10 per i tenenti, passando per i 50 dei colonnelli ed i 100 per i generali. Somme considerevoli per un contesto particolarmente povero come quello di Medellin, dove si assisterà ad una vera e propria mobilitazione di sicari disposti a tutto pur di arricchirsi. Secondo testimonianze dell’epoca, i sicari riscuotevano le taglie semplicemente recandosi presso i luogotenenti del Cartello di Medellin con i ritagli dei giornali in cui si parlava dell’ufficiale da loro ucciso. Tale pratica incrementerà il tasso di violenza a Medellin, complicando la vita ai poliziotti, che in molti casi si coordinavano per organizzare delle spedizioni punitive extra-giudiziali contro i giovani considerati contigui all’apparato sicariale dei narcos, amplificando esponenzialmente la spirale di violenza che attanagliava la città.

LA STRAGE DEL VOLO AVIANCA 203

Successivamente al raid all’hacienda el-Oro, gli Estradabili alzeranno il tiro, decidendo di implementare il piano dell’assassinio del candidato presidenziale favorito, il galanista Cesar Gavira. L’opportunità per uccidere Gaviria verrà suggerita da Carlos Castaño, che da fonti infedeli interne al DAS apprenderà la data del volo con cui il candidato liberale pianificava di recarsi a Cali. Informazione che gli Estradabili capitalizzeranno, assemblando un ordigno esplosivo che, secondo le rivelazioni di un testimone di giustizia, Jorge Ochoa avrebbe pensato di far collocare sull’aereo in questione. Secondo queste rivelazioni, Carlos Castaño, agevolato dai sui contatti deviati del DAS, avrebbe ingannato un giovane ad imbarcarsi sull’aereo, convincendolo ad attivare quello che pensava fosse un registratore con cui avrebbe dovuto spiare la conversazione dei passeggeri seduti dinnanzi a lui, innescando inconsapevolmente la carica esplosiva in pieno volo che Carlos Mario Azate (el-Arete), il nipote di Roberto Escobar, aveva fatto assemblare. Il piano degli Estradabili progredirà senza intoppi fino al 27 novembre, quando l’inconsapevole terrorista contrattato dai narcos si imbarcherà sul volo Avianca 203, facendolo saltare in aria. Strage che provocherà 107 vittime, senza, tuttavia, uccidere Gaviria che, all’’ultimo minuto, deciderà di non imbarcarsi sul volo, dando ascolto al consiglio del colonnello Homero Rodriguez, il suo capo scorta. Ufficialmente, Gaviria sosterrà di non aver preso quel volo perché non desiderava turbare con la sua presenza i passeggeri dei voli di linea, intimoriti dal volare con una personalità ad alto rischio come lui. Ad ogni modo, tra le vittime della strage del volo Avianca, ci saranno anche un cittadino americano e un ex-capitano dell’esercito riconducibile all’apparato di sicurezza del Cartello di Cali. Detto ciò, sulla strage si speculerà moltissimo, e parallelamente alla pista che risaliva alla regia degli Estradabili, su cui si è moto dibattuto in ambito giudiziario, più avanti si farà largo anche la pista dell’incidente causato da un guasto del Boeing 727. Quel che è certo è che successivamente all’incidente, Gaviria, che conservava comunque un larghissimo consenso tra i sondaggisti, rimodulerà la sua agenda politica, limitando al minimo gli spostamenti, rendendo praticamente impossibile ai narcos l’organizzazione di un nuovo attentato.

Colombia volo avianca 203 narcos estradabili
( Jet della compagnia aerea colombiana Avianca)

IL “PIANO DI PACE” DI ESCOBAR PER LA COLOMBIA

Giorni dopo la strage del volo Avianca, Escobar, costretto a mantenere le distanze dalla sua amata famiglia, trascorrerà il suo compleanno insieme ai suoi fidati sicari. Ma anche in quella circostanza, il leader del Cartello di Medellin non rinuncerà a lavorare alla sua strategia politica, incaricando il proprio legale Guido Parrra di organizzare un incontro con Bernardo Jaramillo, il presidente dell’Union Patriotica, il partito di riferimento della guerriglia delle FARC. Jaramillo incontrerà Escobar quello stesso 2 dicembre, attirato dalla prospettiva di una possibile accordo di pace risolutivo tra guerriglieri e paramilitari. Secondo i testimoni presenti all’incontro, i due, dopo aver cenato e guardato insieme il telegiornale, avrebbero iniziato una lunga conversazione, in cui Escobar avrebbe rivelato al suo ospite di ascriversi all’ideologia socialista, pur evidenziando come certi atteggiamenti della guerriglia lo abbiano deluso, spingendolo a destra. A tal proposito, in quella circostanza Escobar lamenterà un attacco dinamitardo predisposto dalla guerriglia contro una sua residenza, sebbene, al contrario di altri suoi soci, non avesse alcun contenzioso con loro. Escobar non mancherà anche di criticare il tragico sequestro culminato con la morte del padre dei fratelli Castaño, e da cui è derivato il clima avvelenato che caratterizzava la ferocissima contrapposizione tra guerriglia e paramilitari. Jaramillo, dal canto suo, chiederà conto a Escobar della sua guerra allo stato, contestando la legittimità della sua condotta terroristica. Accuse a cui il boss di Medellin risponderà sostenendo che la sua fosse una condotta necessaria al contrasto del trattato di estradizione, ma che auspicava sarebbe durata fino alla fine dell’amministrazione Barco, confidando nella volontà del prossimo governo di negoziare una soluzione con gli Estradabili.

Leader Union Patriotica UP Bernardo Jaramillo Colombia
( Il leader dell’Union Patriotica Bernardo Jaramillo )

Durante la conversazione, Escobar sosterrà la necessità di sostenere la candidatura liberale di Ernesto Samper, giacché riteneva l’ex-ministro della giustizia Santofimio troppo debole e Gaviria troppo compromesso con il fronte neoliberale galanista. Prospettiva politica su cui Escobar chiederà a Jaramillo di convergere in cambio di supporto finanziario alla sua formazione politica e, soprattutto, della sua mediazione di un accordo con cui risolvere l’annosa contesa con i paramilitari del Mexicano. A tal proposito, Escobar rivelerà a Jaramillo di aver convinto il Mexicano a congelare un attentato contro la sua persona, mettendolo in guardia dal fidarsi della sua scorta, perché infiltrata da agenti corrotti dai paramilitari. Escobar, infatti, ribadirà al suo interlocutore la sua intenzione di mantenersi neutrale nel confronto tra guerriglia e paramilitari, considerandosi un soggetto mediatore interessato a trovare un convergenza su una soluzione che avrebbe potuto produrre vantaggi consequenziali a tutte le parti coinvolte. Al culmine di questa lunga conversazione, Jaramillo chiederà a Escobar tempo per valutare la sua offerta insieme alla dirigenza dell’UP e delle FARC, dove Jacobo Arenas non sembrava particolarmente ostile ad uno simile scenario. L’incontro tra Escobar e i paramilitari susciterà i sospetti di Carlos Castaño, che per conoscerne i dettagli non esiterà a sequestrare un professore che aveva accompagnato Jaramillo all’incontro. Tuttavia, qualche giorno dopo quest’incontro, la strategia negoziale di Escobar verrà affossata dall’ennesima fuga di notizie.

GLI ESTRADABILI DEMOLISCONO IL DAS

Parallelamente alle strategie politiche, dopo aver mancato l’assassinio di Cesar Gaviria, il Cartello di Medellin rimetterà nel mirino il generale Miguel Maza, ricompensandone la collaborazione strategica con gli avversari del Cartello di Cali. Proposito che l’apparato sicariale degli Estradabili deciderà di implementare assemblando un bus carico di esplosivo da far esplodere proprio sotto la sede del DAS, dove Escobar riteneva la polizia torturasse impunemente i suoi sostenitori arrestati. L’autobus verrà allestito sotto la supervisione di Carlos Mario Alzate (alias el-Arete), rinforzando le sospensioni del mezzo, caricato con l’impressionante carico da circa 8.000 Kg di tritolo. Il micidiale carico mortale contenuto dal bus detonerà la mattina del 6 dicembre, lasciando un cratere profondo 3 metri e sprigionando un’onda d’urto che danneggerà gli edifici entro un raggio di 3 km. Tuttavia, sebbene il devastante attentato degli Estradabili non fosse riuscito nel proposito di eliminare Maza, riuscirà sicuramente ad influenzare la votazione con cui il parlamento si accingeva a sottoporre a Referendum un emendamento relativa al contestato trattato di estradizione. L’escalation terroristica degli Estradabili si intensificherà parecchio in questa prima parte di dicembre, attuando un centinaio di ulteriori attentati esplosivi.

Attentato edificio DAS Colombia narcos Estradabili Cartello di Medellin
( Lo scenario conseguente all’attentato degli Estradabili contro la sede del DAS )

LA CADUTA DEL MEXICANO

Parallelamente a questi eventi, il Cartello di Cali supplirà al suo carente potenziale militare, sfruttando la propria rete d’intelligence e, soprattutto, i canali di privilegiati intrattenuti con il colonnello del Blocco di Ricerca, Danilo Gonzalez, grazie a cui riuscirà a collocare un proprio infiltrato all’interno dell’organizzazione del Mexicano. Il colonnello Gonzalez ricoprirà un ruolo chiave nell’operazione, vantando una comprovata esperienza nell’ambito dell’intelligence. L’infiltrato sarà Jorge Velasquez, meglio noto come “el-Navegante”, un marinaio che prestava i suoi servizi ai narcos nella costa colombiana caraibica, dove riuscirà a conquistarsi la fiducia di Josè Rodriguez nel giro di 10 mesi. El-Navegante sfrutterà questa sua rischiosa, ma privilegiata, posizione per aggiornare il Cartello di Cali sulle iniziative del potente boss rivale, in cambio di 1 milione di dollari. La presenza di un infiltrato ignoto all’interno della sua cerchia verrà sospettata da Josè Rodriguez, che per qualche tempo si rifugerà all’interno dell’organizzazione di Escobar, senza, tuttavia, riuscire a capire chi fosse il traditore. Ciononostante, il Mexicano deciderà di recarsi sulla costa caraibica a supervisionare insieme al figlio Freddy la nuova narco-rotta a cui stava lavorando, ignorando il consiglio di Escobar di evitare di esporsi in una regione estranea, priva di giungle dove nascondersi, e per di più dove le forze speciale americani avrebbero potuto effettuare agevolmente dei raid. Quello che il Mexicano non sapeva era che la liberazione di suo figlio Freddy era stata pianificata dalla polizia proprio nella speranza di poterlo rintracciare. Alla sua individuazione a Cartagena, contribuiranno anche le indicazioni che il politico conservatore Romel Hurtado passerà al generale Maza e al Ministro della difesa Oscar Botero, il figlio del noto artista colombiano. Presenza che il 10 dicembre verrà confermata da Velasquez, partecipando insieme al Blocco di Ricerca all’organizzazione del raid del 15 dicembre. Raid di cui il Mexicano verrà allertato preventivamente dagli immancabili ufficiali corrotti, che gli permetteranno di cambiare covo a bordo di una lancia rapida. Fuga che, tuttavia, gli elicotteri della polizia riusciranno ad intercettare comunque, individuando il furgone su cui si era messo alla guida.

Josè Gonzalo Rodriguez Gacha Mexicano Cartello Medellin narcos Colombia
( Josè Gonzalo Rodriguez el-Mexicano )

Durante questo concitato inseguimento, suo figlio Freddy e il suo socio Gilberto Rendon si lanceranno dal fugone nel tentativo di confondere gli inseguitori, finendo per essere crivellati dall’artiglieria degli elicotteri della polizia. Mentre pochi istanti dopo, un posto di blocco costringerà Rodriguez ad abbandonare il veicolo per inoltrarsi in una piantagione dove verrà abbattuto dalle raffiche esplose dai velivoli del Blocco di Ricerca, che secondo alcune fonti sarebbero stati assistiti tatticamente dal discreto intervento di un commando di Navy Seal americani presenti lungo la costa colombiana. Un’altra tesi vuole Rodriguez non ucciso dall’artiglieria colombiana, ma dall’esplosione di una sua granata, attivata dallo stesso boss con l’intento di negare ai suoi inseguitori la possibilità di catturarlo ed estradarlo, attuando il motto degli Estradabili che preferivano finire i loro giorni in Colombia che vivere reclusi negli Stati Uniti. Al netto delle varie versioni, quel che è certo, è che con la fine di Josè Gonzalo Rodriguez Gacha, gli Estradabili perderanno il loro leader paramilitare, ed il suo non certo trascurabile potenziale finanziario, con cui la rivista Forbes lo aveva catalogato tra le persone più ricche del mondo di quel 1989. Negli anni successivi alla sua cruenta fine, la leggendaria fortuna del Mexicano susciterà numerose cacce al tesoro da parte di individui convinti di poter rinvenire almeno un briciolo del suo formidabile patrimonio, fatto di contanti e pietre preziose. A detta dei sicari reduci, Escobar apprenderà la fine del suo socio con compostezza, assumendo l’espressione di chi si aspettava l’epilogo da cui l’aveva messo in guardia solo qualche giorno prima. Evento che, invece, verrà festeggiato con particolare enfasi dal governo Barco, a cui, tuttavia, Escobar risponderà poco dopo con una nuova autobomba che costringerà il paese a prendere atto che, al netto dei proclami, la situazione non era affatto cambiata, e che la spirale di violenza degli Estradabili continuava ad incombere sulla Colombia.

LA DIMENSIONE GRIGIA DELLA FINE DI NORIEGA

L’iniziativa degli Estradabili si farà ancora più seria il 20 dicembre, quando sequestreranno a Bogotà Alvaro Montoya, il figlio di German Montoya, il consigliere del segretario del Presidente Barco. Alla notizia del sequestro del figlio, German Montoya si consulterà con il generale Maza, che gli consiglierà di cercare contatti a Medellin, rivolgendosi ai fratelli Santiago e Diego Londoño, i referenti politici del Cartello di Medellin. I fratelli Londoño confermeranno che Alvaro Montoya si trovava in mano degli Estradabili, e che Gustavo Gaviria avesse avanzato l’intenzione di utilizzarlo per costringere il governo Barco ad imbastire un negoziato che questa volta avrebbe fatto bene a non far fallire come quello abbozzato l’anno precedente. Tuttavia, malgrado queste premesse, il negoziato tra il governo e gli Estradabili filtrerà ancora una volta sui media, costringendo l’amministrazione a smentire qualsiasi trattativa finalizzata all’abrogazione del trattato di estradizione con gli Stati Uniti, ribadendo pubblicamente ai narcos che l’unica soluzione possibile rimaneva la loro resa incondizionata. Lo stesso giorno del sequestro Montoya, gli Stati Uniti inizieranno l’invasione di Panama, rovesciando il governo di Manuel Noriega, una vecchia e infida conoscenza dei narcos di Medellin. Invasione che gli americani giustificheranno proprio facendo leva sui suoi legami con il narcotraffico. Tra l’altro, gli Stati Uniti riusciranno a reperire le prove necessarie ad incriminare Noriega per narcotraffico grazie alla discreta cooperazione del Cartello di Cali, che avrebbe investito un milione di dollari per corrompere l’ambasciatore Ricardo Bilonik, per ottenere la testimonianza con cui si evidenzieranno i legami intercorsi negli anni ottanta tra Noriega, il generale Omar Torrijos ed il Cartello di Medellin. Strategia con cui i narcos di Cali sarebbero riusciti ad ottenere un cospicuo sconto di pena per un parente di Josè Santacruz. Il turbolentissimo 1989 colombiano si concluderà il 29 dicembre con l’arresto di Josè Ocampo, l’ex-tassista socio e amico di Escobar, con cui negli anni della sua ascesa politica ospitava conferenze contro l’estradizione all’interno della sua nota discoteca di Medellin, ma che nell’ultimo periodo aveva preferito mantenere un basso profilo, facendosi passare per imprenditore agricolo.

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( Manuel Noriega e Fidel Castro )

CONCLUSIONI

La Colombia, come abbiamo ribadito più volte, è un paese caratterizzato da mille contraddizioni. E negli anni ottanta, chi indossava una divisa poteva prendere strade diverse, prendendo le parti dello stato o dei suoi nemici, anche se più spesso molti ufficiali impareranno a vivere in equilibrio nella zona grigia in cui queste due realtà antitetiche comunicavano senza tante remore. E mentre alcuni ufficiali non mancheranno di solidarizzare con gli ambienti paramilitari delle autodefensas, contraddicendo la linea di dialogo che il governo cercava con la guerriglia, altri non disdegneranno andare anche più in là, cooperando attivamente con i narcos. In questo clima, i narco-paramilitari al soldo di Josè Gonzalo Rodriguez continueranno la campagna di sterminio contro gli esponenti politici espressione della galassia guerrigliera. Guerra in cui i paramilitari potranno contare sul discreto supporto di ambienti militari compiacenti, soprattutto tra l’intelligence, oltre che a livello politico interno ed esterno. Guerra che le squadre della morte del Mexicano non faticheranno a condurre anche nel contesto della guerra verde per il controllo delle miniere di smeraldi, riuscendo nell’impresa di eliminare avversari del calibro di Gilberto Molina e mettendo alle strette Victor Carranza.

Per quanto concerne la guerra tra i due principali cartelli colombiani, la fine degli anni ottanta coinciderà con la brutale escalation con cui l’efferatissimo Cartello di Medellin metterà a dura prova la sicurezza dei meno aggressivi boss di Cali. Escalation che i narcos di Medellin non faticheranno a portare avanti parallelamente a quella scatenata sotto le insegne degli Estradabili contro lo stato colombiano. Campagna terroristica che imporrà un altissimo prezzo ai suoi ufficiali più valorosi, soprattutto per quanto concerne i numerosi magistrati che verranno perseguitati ed uccisi dai sicari al servizio dei narcos. Vittime che si conteranno a centinaia anche tra i ranghi della polizia, dove, tuttavia, tra i ranghi degli integerrimi ufficiali si confondevano anche individui non altrettanto integri, che contro i sicari dei cartelli intraprenderanno una serie di ritorsioni extra-giudiziali. Approccio che i boss di Medellin non lasceranno impunito, prendendo di mira gli ufficiali ritenuti responsabili di tali condotte, soprattutto quelli che accusati di torturare le giovani manovalanze criminali, dentro e fuori dalle caserme. Atteggiamenti che contribuiranno ad accrescere il carisma di Pablo Escobar tra i sobborghi popolari di Medellin, dove spesso veniva considerato più alla stregua di un ribelle che di un criminale, accrescendone il mito che in parte persiste tutt’oggi. Del resto, a differenza dei mafiosi all’italiana che erano soliti taglieggiare, i boss del Cartello di Medellin erano trattati alla stregua di benefattori, poiché, più che chiedere i loro soldi, erano soliti redistribuirli a chi ne aveva bisogno. Condotta che configurerà un sistema di Welfare parallelo criminale che alienerà larghi strati della popolazione allo stato. Addirittura, l’amministrazione di Medellin sarà costretta a istituire dei veri e propri coprifuoco proprio al fine di arginare i picchi di caos raggiunti durante questo controverso periodo in cui il capoluogo di Antioquia somiglierà al teatro di una vera e propria guerra civile.

I rapporti tra stato e narcos, come abbiamo avuto modo di constatare, verranno cementati dall’interesse finanziario, ma soprattutto dalla necessità strategica di arginare il processo di normalizzazione politica della guerriglia. Proposito che trovava nettamente contrari i narco-paramilitari come Josè Rodriguez ed i fratelli Castaño, mentre lasciava indifferente Pablo Escobar, che con i guerriglieri aveva sempre tenuto un approccio pragmaticamente conciliante e, per certi versi, ideologicamente simpatico. Approccio compreso dal Mexicano e da Fidel Castaño, ma non tollerato dall’ala paramilitare più integralista riconducibile a Carlos Castaño e Henry Perez. Josè Rodriguez e Fidel Castaño, infatti, comprendevano benissimo che la condotta di Escobar era dettata dall’opportunismo, come dimostrato dai trascorsi con i sandinisti nicaraguensi e i cubani, su cui, tuttavia, non è dato sapere che livello abbiano effettivamente raggiunto tali legami evidenziati da un’inchiesta promossa dalle istituzioni giudiziarie dell’Havana. Ma le amicizie che Escobar coltivava con esponenti della galassia guerrigliera indurranno ugualmente Carlos Castaño a sfruttare i suoi contatti col DAS del generale Miguel Maza per sabotare l’anomala strategia del patron di Medellin, senza tuttavia rendere partecipi il suo potente fratello e, soprattutto, il temutissimo Mexicano. Le riserve di Carlos Castaño nei confronti di Escobar erano certamente condivise, seppur per altre ragioni decisamente meno ideologiche, dal Cartello di Cali, che per eliminarlo arriveranno a commissionare un commando di mercenari britannici. Ma l’intelligence di Cali non basterà a scardinare la fortuna che ancora accompagnava il leader del Cartello di Medellin, uscito indenne sia dal loro raid, che da quello che Castaño organizzerà insieme all’esercito. Ma la fortuna di breve periodo non coinciderà con quella di lungo periodo, perché la proverbiale testardaggine che condizionerà la vita di Escobar, inducendolo ad esigere l’eliminazione della cupola di Cali mediante l’ausilio di un’autobomba, si rivelerà una follia fatale.

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( Il generale Miguel Maza )

Malgrado le incomprensioni trasversali, alla vigilia delle elezioni presidenziali, narcos di cartelli diversi, paramilitari, intelligence, politica riusciranno comunque a trovare i margini per sabotare la scontata vittoria del leader neoliberale Luis Carlos Galan, considerato risolutamente troppo aperto nei confronti della guerriglia e fin troppo determinato a sostenere il trattato di estradizione con gli Stati Uniti. Nello specifico, nonostante le riserve dei soci di minoranza degli Estradabili, l’organizzazione ratificherà il proposito di uccidere Galan, con cui Escobar aveva un contenzioso personale e politico fin dai tempi in cui era stato espulso dal suo movimento politico. Proposito che gli Estradabili, e con essi i loro sponsor politico-istituzionali occulti, riusciranno a conseguire grazie all’infrastruttura di potere paramilitare del Mexicano, agevolata dalla complicità garantita da settori deviati dell’intelligence colombiana. Assassinio che, insieme a quello del colonnello Franklin, metterà alle corde lo stato colombiano, inducendolo a reagire istituendo un corpo di polizia speciale, il cui unico obiettivo sarà la caccia ai narcotrafficanti. Laddove per narcotrafficanti, questi ufficiali intendevano quelli di Medellin, e non di Cali, che anzi collaboreranno discretamente con il governo, passando informazioni sui loro pericolosissimi avversari. Del resto, i contatti, tra l’amministrazione Barco e narcos di Cali erano agevolati dai legami tra Gilberto Rodriguez e German Montoya, soci della filiale colombiana della Chrysler. E proprio grazie a questa cooperazione occulta che il Blocco di Ricerca riuscirà ad abbattere Josè Rodriguez, privando il Cartello di Medellin del suo pilastro paramilitare, la cui fine muterà molti degli equilibri interni all’organizzazione, allargando il solco tra la componente paramilitare integralista e la componente egemonica guidata da Pablo Escobar.

Malgrado la fine del Mexicano, Escobar non allenterà la pressione sullo stato colombiano, provando ad uccidere Cesar Gaviria, il candidato sostituto di Galan, organizzando un clamoroso attentato aereo che non si sarebbe potuto organizzare senza i contatti che Carlos Castaño intratteneva con il DAS. Ma questa sarà una delle ultime iniziative che gli Estradabili coordineranno insieme, poiché successivamente alla dipartita del Mexicano, il proposito di Escobar di mediare una pace tra guerriglia e paramilitari verrà affossato, un po’ per il radicalismo del clan Castaño, un po’ per l’influenza che gli Stati Uniti e l’oligarchia conservatrice riusciranno ad esercitare su di loro. Escobar, infatti, sperava che questa sua strategia gli potesse consentire di acquisire un capitale politico da spendere con la successiva amministrazione, con cui auspicava di poter integrare la risoluzione dei suoi problemi con quelli che la Colombia aveva con la guerriglia. A suo modo, il narco-terrorista di Medellin confidava di poter mediare una difficilissima pace, in cambio della garanzia di non essere estradato negli Stati Uniti, che per lui avrebbe avuto un valore ben più concreto, e decisamente meno nobile, di quel Nobel per la pace vinto qualche anno dopo dal presidente Santos. Opposizione che Escobar cercherà di demolire piazzando un bus carico di tritolo sotto la sede del DAS, mandando un segnale forte ai suoi avversari strategici. Iniziativa rafforzata dal conseguente sequestro del figlio di German Montoya. Sequestro che costringerà l’influente consigliere del presidente Barco a ricercare la mediazione dei fratelli Londoño, i faccendieri politici attivi in quella zona grigia in cui politica e criminalità erano soliti interagire senza particolari remore. Ricerca di contatti che convinceranno Pablo Escobar e Gustavo Gaviria della necessità di insistere sulla strategia dei sequestri eccellenti, le cui sorti, evidentemente, stavano decisamente più a cuore delle centinaia di vittime falciate dall’escalation terroristica, a cui tuttavia non rinunceranno. Nel prossima 5° parte di questo focus sui narcos colombiani ripercorreremo le tappe che porteranno il Cartello di Medellin a piegare lo stato colombiano, raggiungendo il suo apogeo.