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I NARCOS COLOMBIANI (6° Parte)

Riprendiamo il nostro focus sui narcos colombiani dal 1992, l’anno in cui la pressione stragista dei narco-terroristi del Cartello di Medellin guidato da Pablo Escobar raggiungerà il suo picco, portando a conseguenze sorprendenti.

GLI USA BLOCCANO LA TRATTATIVA STATO-NARCOS

L’euforia conseguente all’abbattimento di Josè Gonzalo Rodriguez Gacha (alias el-Mexicano) del dicembre 1989 verrà dissipata rapidamente, conseguentemente al rapimento di Alvaro Montoya, il figlio di German Montoya, l’influente consigliere del Presidente colombiano Virgilio Barco. La pressione del sequestro verrà amplificata dalla bomba che, il 6 gennaio 1992, gli Estradabili piazzeranno nella sede della Probolsa, presieduta proprio da Alvaro Montoya. Pressione che convincerà German Montoya ad intensificare i negoziati con i fratelli Londoño, i referenti politici del Cartello di Medellin. Intento che, soprattutto dopo la cruenta fine di Luis Carlos Galan, lascerà presagire a Washington l’intenzione del governo di Bogotá di trattare con i narcos. Situazione che gli Stati Uniti proveranno ad influenzare, dispiegando la propria marina militare al largo delle coste colombiane, segnalando così a Barco l’inopportunità di un simile scenario. Dinamiche seguite dall’ennesima strage perpetrata dai paramilitari del clan Castaño nella regione di Antioquia. Dal canto suo, Pablo Escobar insisterà sulla sua strategia negoziale, avanzando al governo una proposta di tregua propedeutica ad una soluzione negoziata. Proposito propiziato facendo rinvenire, il 17 gennaio 1992, un deposito di dinamite come gesto di “buona volontà”. Iniziativa seguita pochi giorni dopo dalla liberazione di Alvaro Montoya, mediata dai discreti fratelli Londoño. Tuttavia, questo sviluppo non rimarrà privo di conseguenze politiche, giacché Barco deciderà di allontanare German Montoya dal paese, destinandolo all’ambasciata colombiana in Canada. Barco, infatti, non riuscirà a respingere la pressione esercitata dall’amministrazione americana, presieduta da Ronald Reagan, che in quel periodo si apprestava a varare un incremento del 50% del budget destinato alle attività di contrasto al narcotraffico. L’asse Barco-Reagan si concretizzerà il 15 febbraio, in occasione del vertice di Cartagena, in cui i due leader concorderanno, insieme ad altri paesi della regione, la necessità di intensificare la lotta al narcotraffico. La visita di Bush in Colombia verrà caratterizzata da altissimi standard di sicurezza, temendo possibili attentati. Alcune speculazioni sostengono addirittura la tesi che il Mexicano si fosse recato sulla costa caraibica colombiana proprio per organizzare un attentato contro Bush, a cui Escobar avrebbe comunque rinunciato dopo la fine del suo potente socio paramilitare. Al netto di queste teorie, quel che è certo è che, successivamente al vertice, l’amministrazione Barco raddoppierà la taglia su Escobar.

German Montoya Virgilio Barco Colombia narcos
( German Montoya e Virgilio Barco )

GUERRIGLIERI E PARAMILITARI ALLA RESA DEI CONTI

La tregua promossa da Escobar si incardinerà con la campagna elettorale per le legislative, preceduta dalla storica normalizzazione politica del movimento guerrigliero M19. Il processo di disarmo del movimento guerrigliero verrà propiziato dalla consegna della spada di Simon Bolivar, rubata qualche anno, allo stato colombiano. Spada che si dice i capi dell’organizzazione avessero successivamente donato proprio a Pablo Escobar che, a sua volta, l’avrebbe regalata al giovane figlio Juan Pablo. La spada ricoprirà un ruolo importante in questo processo negoziale, tanto da indurre i guerriglieri a chiedere al boss di Medellin la restituzione della spada del “Libertadores”, in modo da aiutarli a portare in porto la trattativa con il governo. Richiesta che Escobar accetterà di buon grado, al contrario del figlio che, invece, si sarebbe rifiutato di consegnarla ai sicari del padre, sebbene ignorasse il valore storico del cimelio, tanto da aver dimenticato persino dove l’avesse riposta. Juan Pablo Escobar sostiene di essersi impegnato a cercare seriamente la spada solo dopo aver ricevuto una perentoria telefonata del padre, che gli avrebbe spiegato i motivi della sua urgente richiesta. Spada che il giovane Escobar avrebbe consegnato agli emissari del padre solo dopo essersi scattato una foto con un’oggetto di cui all’epoca non comprendeva il valore storico e politico. La spada di Bolivar verrà, infatti, consegnata alle autorità colombiane il 31 gennaio dal guerrigliero Antonio Navarro. Sviluppi che precederanno le conseguenti elezioni parlamentari dell’11 marzo, vinte dai liberali.

Juan Pablo Escobar spada Bolivar M19
( Juan Pablo Escobar posa con la spada di Simon Bolivar trafugata dall’M19 )

Il processo di distensione tra lo stato colombiano e la guerriglia, aperto dal disarmo del M-19, allarmerà gli ambienti conservatori più refrattari. Sentimento certamente condiviso dai paramilitari del clan Castaño che, dopo la fine del Mexicano, godevano di una posizione pr3minente all’interno della galassia paramilitare. Influenza con cui riusciranno a svincolarsi dall’impegno con cui il Mexicano aveva garantito a Escobar il congelamento degli assassinii dei leader politici espressione della guerriglia. Senza più l’influente Josè Rodriguez a mediare, i paramilitari perderanno il loro pragmatismo, ingaggiando una lotta senza esclusione di colpi con i loro nemici guerriglieri. Proposito che Escobar aveva preannunciato pochi mesi prima al leader dell’Union Patriotica (UP), Bernardo Jaramillo, nel corso di un incontro di cui era venuto a conoscenza Carlos Castaño. Incontro i cui contenuti sono stati condivisi con Fernando Galeano (alias el-Negro), un altro dei quadri intermedi del Cartello di Medellin, particolarmente legato al mondo del paramilitarismo. In quel frangente, Galeano avrebbe chiesto a Escobar se avesse effettivamente messo al corrente Jaramillo dei piani relativi al suo assassinio, ricevendo da Escobar una smentita di circostanza, con cui intendeva evitare l’apertura di un fronte di contesa con l’organizzazione paramilitare post-Mexicano. E proprio facendo leva sui loro comuni ideali anti-guerriglieri che Carlos Castaño avrebbe iniziato a lavorare sottotraccia per allontanare Galeano da Escobar, le cui amicizie con la guerriglia venivano considerate un elemento sufficiente a classificarlo tra i nemici del fronte paramilitare. Tra l’altro, il dialogo politico che Escobar aveva intavolato con l’UP di Jaramillo incontrava l’aperta ostilità dell’establishment conservatore e dei servizi deviati del DAS del generale Miguel Maza. Premesse che agevoleranno la congiura che porrà fine alla vita di Jaramillo, ucciso nell’aeroporto di Medellin, il 22 marzo, dai sicari paramilitari al soldo del clan Castaño. Assassinio che il generale Maza affibbierà a Pablo Escobar, che reagirà esprimendo tutta la sua irritazione ai fratelli Castaño, a cui rimprovererà la mancata rivendicazione paramilitare dell’assassinio. Posizione che, tuttavia, secondo Juan Pablo Escobar, il padre non espliciterà sui media, giacché una simile iniziativa lo avrebbe messo in aperta contrapposizione con i fratelli Castaño in un momento particolarmente delicato. Escobar, infatti, si ritroverà costretto, suo malgrado, ad assumersi la responsabilità dell’assassinio di una personalità politica particolarmente apprezzata, e con cui condivideva la necessità di abrogare il trattato di estradizione verso gli Stati Uniti.

Leader Union Patriotica UP Bernardo Jaramillo Colombia
( Il leader dell’Union Patriotica Bernardo Jaramillo )

Una settimana dopo l’assassinio di Jaramillo, il governo smentirà qualsiasi trattativa con i narcotrafficanti, estradando 4 importanti boss negli Stati Uniti, tra cui Josè Abello (el-Mono). L’arresto di Abello agevolerà il passaggio della leadership del Cartello della Costa ad Alberto Orlandez, meglio noto come “el-Caracol”, che comunque continuerà la partnership con i più potenti narcos di Medellin. Gli Estradabili, infatti, reagiranno all’estradizione di Abello riprendendo la campagna terroristica, che si focalizzerà nuovamente sull’assassinio di ufficiali di polizia. Mattanza da cui il generale Miguel Maza riuscirà a salvarsi, ancora una volta, grazie alla soffiata con cui, il 5 aprile, il doppiogiochista del Cartello di Medellin, Carlos Castaño, aiuterà il DAS a localizzare l’autobomba con cui i sicari del Cartello di Medellin intendevano ucciderlo. Soffiate che, almeno fino a quel momento, Escobar non assocerà all’infido socio paramilitare. Ma poco importava ad Escobar, la cui tabella di marcia continuava a svilupparsi senza tregua, giacché il giorno successivo al rinvenimento dell’autobomba destinata a Maza, sequestrerà il senatore liberale Federico Estrada. Alcuni dei sicari coinvolti nel sequestro, erano delle vecchie conoscenze del parlamentare, a cui da giovani si erano rivolti per ottenere, senza successo, aiuto per trovare un lavoro che, per ironia della sorte, alla fine hanno trovato tra i ranghi del Cartello di Medellin, evidenziando bene la radice sociale dei problemi di cui l’establishment colombiano dell’epoca era origine e vittima. Estrada verrà portato alla presenza di Escobar che, dopo una “convincente chiacchierata”, riuscirà a trasformare uno dei più radicali sostenitori del trattato di estradizione verso gli Stati Uniti in un suo critico. Cambio di idea maturato nel corso dei circa due giorni di sequestro. Del resto, il motto di Escobar rimaneva pur sempre “plata o plomo”, con cui era solito dare ai propri avversari la possibilità di salvarsi la vita, guadagnandoci pure, o pagare lo stesso prezzo che farà pagare al convoglio di militari saltato in aria l’11 aprile nel corso del transito di un ponte dove i suoi sicari avevano collocato un autobomba. Episodi su cui, non di rado, Carlos Castaño riusciva a metterci una pezza, come nel 19 aprile, quando permetterà al DAS di individuare un cecchino del cartello pronto ad uccidere il candidato presidenziale conservatore Rodrigo Lloreda.

Ma al netto dell’impressione positiva che superficialmente possa suscitare, Carlos Castaño era il genere di persona pronta collaborare con l’intelligence sana per salvare un politico amico, e con l’intelligence deviata per ucciderne uno nemico. E’ il caso di Carlos Pizarro, il leader dell’M19, amico di Pablo Escobar. Per uccidere Pizarro, i fratelli Castaño collaboreranno alacremente insieme agli apparati deviati del DAS, grazie a cui riusciranno ad apprendere il volo su cui, il 26 aprile, si sarebbe imbarcato il leader guerrigliero, riuscendo ad occultarvi la mitraglietta con cui uno dei loro sicari paramilitari riuscirà ad ucciderlo poco dopo il decollo. Il sicario, al soldo dei Castaño, finirà abbattuto dalla scorta del politico, eliminando così future testimonianze scomode. A detta di Carlos Castaño, l’organizzazione dell’assassinio di Pizarro ha necessitato di 3 mesi di intelligence solo per avere ragione della sua routine, particolarmente accorta e imprevedibile. Difficoltà superate grazie alle dritte degli agenti di scorta che il DAS aveva assegnato a Pizarro dopo alcune minacce anonime ricevute. Anni dopo, Carlos Castaño sosterrà che, sebbene non odiasse l’M19, di cui anzi aveva apprezzato le clamorose iniziative dimostrative iniziali, considerate di natura radicalmente diversa da quella delle FARC. Carlos Castaño, infatti, riteneva che Pizarro fosse una marionetta politica di Escobar, e che se non avesse commesso l’errore di legarsi a lui in cambio di sostegno finanziario per la sua organizzazione sarebbe stato risparmiato.

Leader M19 Carlos Pizarro guerriglia Colombia
( Il leader dell’M-19 Carlos Pizarro )

Ad ogni modo, l’assassinio di Pizarro irriterà ancora una volta Pablo Escobar che, a detta di un reduce del cartello, considerava effettivamente alla stregua di un suo referente politico potenzialmente in grado di conquistare la presidenza colombiana. Escobar, infatti, si era sempre giustificato con i suoi amici guerriglieri, di cui condivideva gli ideali socialisti, che i suoi rapporti con i paramilitari dei fratelli Castaño erano subordinati alla sua proficua partnership con Josè Gonzalo Rodriguez, senza di cui non sarebbe riuscito a sostenere la guerra parallela contro lo stato ed i nemici del Cartello di Cali, tenendo a precisare che non aveva mai cooperato con la sua organizzazione sicariale alle iniziative puramente paramilitari. Addirittura, Escobar sosterrà che con l’assassinio di Pizarro, l’oligarchia avesse ucciso l’unica persona in grado di poter salvare il paese dal caos in cui si trovava. Come se ciò non bastasse, Escobar si ritroverà ancora una volta accusato dell’assassinio delle persone a lui più vicine, contestandone aspramente le conseguenze mediatiche ai fratelli Castaño. Situazione di cui Escobar avrà modo di discutere personalmente con Fidel Castaño all’interno della sua Hacienda Napoles, dove rivelerà, in presenza di due esponenti dell’M19 come Pedro Jimenez e Otty Patino, di essere il responsabile della fine di Pizarro, pur addebitandone la regia ad ambienti conservatori, facendo vago riferimento al quotidiano el-Tiempo, di proprietà della famiglia Santos. Ed effettivamente, alla luce dei risultati che l’M19 raccoglierà più avanti, il movimento guidato dalla pragmatica leadership di Pizarro rischierà seriamente di incanalare l’intero movimento guerrigliero su di un binario politico proficuo, mettendo in ombra addirittura le ben più note e potenti FARC, al punto da agevolarne il coinvolgimento in un processo di pace assolutamente avversato dai conservatori.

ESCOBAR SCOMMETTE SUL NUOVO CORSO GAVIRIA

Nel mese di maggio, il Cartello di Medellin tornerà a bersagliare i nemici del Cartello di Cali, facendo saltare in aria alcuni supermarket di proprietà della famiglia Rodriguez Orejuela. Ordigni che faranno detonare anche a Bogotà il 12 maggio, provocando numerose vittime. L’amministrazione Barco, infatti, non intendeva esaurire il proprio mandato assecondando la strategia negoziale degli Estradabili, e laddove sembrava farlo, era solo per perdere tempo ed ingannare i loro influenti referenti politici. Come nel caso del senatore Federico Estrada che, una volta riacquisito la libertà, deluderà le aspettative di Escobar, tornando a sostenere a spada tratta il trattato di estradizione, per di più dalla posizione del responsabile della campagna elettorale del candidato liberale galanista Cesar Gaviria. Cambiamento di idea che, il 16 maggio, gli Estradabili ricompenseranno attentando alla vita del parlamentare, ingaggiando uno scontro a fuoco con la sua scorta dinnanzi casa sua, senza tuttavia riuscire ad ucciderlo. Proposito che John Jairo Posada (alias el-Titi) riuscirà a realizzare comunque il 21 maggio. Il 19 maggio, la notizia della condanna a 30 anni di Josè Abello negli Stati Uniti, convincerà gli Estradabili ad intensificare la pressione contro lo stato. Proposito concretizzato il 23 maggio, piazzando un autobomba dinnanzi la sede di una nota emittente radio di Medellin. Mentre il giorno successivo ad essere colpito saranno i poliziotti di élite del Blocco di Ricerca nei pressi dell’Hotel Intercontinental. Due giorni dopo quest’attentato, il 25 febbraio, il candidato liberale galanista, Cesar Gaviria vincerà le elezioni presidenziali, subentrando a Virgilio Barco.

Josè Mono Abello narcos Cartello Medellin costa Colombia USA estradizione
( Josè “Mono” Abello )

Il clima di intimidazione alimentato dalla campagna terroristica degli Estradabili coinvolgerà tutta la Colombia, fatta eccezione per la famiglia di Pablo Escobar, strategicamente collocata in Europa, ben lontana dalle rappresaglie dei nemici. Nello specifico, la famiglia Escobar trascorrerà l’estate del 1990 in Italia, dove avrà modo di assistere ai mondiali di calcio, per poi trasferirsi a Losanna. E sebbene le notizie delle stragi in patria arrivassero anche in Svizzera, Escobar invierà alcune lettere con cui tranquillizzerà il figlio Juan Pablo, esortandolo a godersi l’esperienza europea, rassicurandolo sull’efficacia della sua strategia negoziale con il nuovo governo. Tuttavia, ben presto, il giovane Juan Pablo Escobar si accorgerà di essere pedinato, decidendo di abbandonare il prestigioso istituto di Losanna dove si era recato per imparare l’inglese insieme alla fidanzata. Sempre in Svizzera, studiavano Gustavito Gaviria, il figlio di Gustavo Gaviria, e Nicolas Escobar, il figlio di Roberto Escobar. Nel caso di Gustavito Gaviria, la sua permanenza studio in Svizzera era stata agevolata dal padre, che nel 1988 era riuscito a farlo scagionare dopo l’arresto per porto d’armi abusivo. Gustavito Gaviria era, infatti, il degno erede di suo padre, giacché dietro la sua personalità cordiale celava un carattere forte ed infido che lo induceva persino a registrare le chiamate che le domestiche inoltravano dalla sua residenza. Così come aveva ereditato dal padre la passione per le belle donne, che coltivava senza badare a spese, e di cui l’altrettanto infido cugino Nicolas metteva al corrente lo zio Gustavo Gaviria che, come abbiamo avuto modo di accennare, era poco avvezzo agli sperperi di denaro. In ogni caso, tra gli Escobar-Gaviria di seconda generazione, Nicolas Escobar ricoprirà un ruolo marginale nell’organizzazione, un po’ come del resto suo padre Roberto che, a differenza del fratello e del cugino, poteva essere considerato un narcotrafficante solo di nome. Ad ogni modo, sempre in Svizzera, a Berna, nel maggio del 1990 verrà arrestato un terrorista basco dell’ETA, accusato di spostare un carico di dinamite, che secondo gli inquirenti avrebbe dovuto essere utilizzato per colpire l’Ambasciata colombiana locale. Sospetti che acquisiranno valore dopo l’intercettazione di una telefonata in cui Escobar commissionava l’assassinio dell’ex-ministro della giustizia Enrique Low ovunque si trovasse nel mondo. Minacce che hanno indotto il governo a far rientrare Low in Colombia, dove, tuttavia, la sua richiesta di auto blindata non gli verrà accordata.

LA POLIZIA DECAPITA L’ALA MILITARE DI MEDELLIN

Il 26 maggio la Polizia farà irruzione in uno dei covi del Cartello di Medellin, dove tra le considerevoli quantità di dinamite stoccate dai narco-terroristi, con tanto di autobomba pronta all’uso, gli ufficiali colombiani rinverranno alcuni documenti che permetteranno di arrestare decine di sicari. Operazione che metterà sotto pressione John Jairo Arias “Piniña”, il capo dell’ala militare del cartello, la cui rilevanza nell’organizzazione era aumentata esponenzialmente dopo la fine del Mexicano. A Piniña va ricondotta la strategia intimidatoria contro gli inserzionisti del quotidiano el-Espectador, contribuendo a metterlo in crisi finanziaria. Quello che Piniña non sapeva era che nel covo di una delle sue bande gli inquirenti troveranno un’agenda telefonica contenente 6 numeri che provvederanno ad intercettare, risalendo all’indirizzo di una delle sue residenze. Nello specifico, la polizia, dopo aver intercettato le telefonate tra la domestica della famiglia Arias, riuscirà a localizzare il domicilio del narco-terrorista, situato all’interno del prestigioso quartiere del Poblado di Medellin. E sebbene Escobar avesse informato il suo capo-sicario che qualcuno a lui vicino stesse lavorando per tradirlo, esortandolo a spendere per capire chi fosse, Piniña deciderà di non ascoltare il consiglio del suo boss, ritenendolo un’inutile spreco di risorse. Certezze che verranno meno il 13 giugno, quando il Blocco di Ricerca della Polizia colombiana, guidato dal colonnello Hugo Aguilar, individuerà il terrorista intento a guardare una partita dei mondiali di calcio di Italia 90 in compagnia della moglie e del figlio. Nel corso dell’operazione i poliziotti faranno detonare per errore la porta dell’abitazione della vicina di Arias, allertandolo. Una volta localizzata l’abitazione del terrorista, la polizia incontrerà anche difficoltà a scardinare la porta blindata della sua abitazione, permettendogli di fuggire, lanciandosi dal terzo piano del palazzo in cui abitava, riportando importanti ferite che non gli impediranno di raggiungere il parcheggio, dove ingaggerà un fatale scontro a fuoco a cui, tuttavia, non sopravvivrà. Finirà così la vita del giovane regista della strategia stragista del Cartello di Medellin, la cui vita probabilmente avrebbe avuto un epilogo diverso se in gioventù non avesse rubato l’autoradio di Escobar. Ad ogni modo, all’interno del covo di Piniña, la polizia rinverrà un’altra agenda telefonica, all’interno della quale verrà rilevato il numero di un’importante boss ignoto del cartello.

John Jairo Arias "Piniña" sicario Cartello Medellin scorta Pablo Escobar
( John Jairo Arias “Piniña” scorta Pablo Escobar )

La notizia dell’improvvisa fine del suo fidato capo-sicario, susciterà l’immediata reazione di Escobar, che disporrà l’assassinio di due presunti debitori di Arias, nell’erronea convinzione che l’avessero tradito per non ripagarlo. Assassinii, seguiti il giorno dopo da un autobomba contro una caserma della polizia. L’assassinio di Arias turberà molto i giovani sicari alle sue dipendenze, che il 26 giugno prenderanno d’assalto una discoteca di Medellin frequentata da giovani benestanti che trucideranno senza pietà, rivendicando la strage con un murales con sopra impresso lo slogan “anche i ricchi piangono”. Mentre il 27 giugno, l’ennesima soffiata di Carlos Castaño farà rinvenire una nuova autobomba destinata contro il DAS, il giorno successivo a saltare in aria sarà un’altra autobomba collocata nei pressi di un’altra caserma di Medellin. Ad ogni modo, la fine di Piniña muterà gli equilibri interni all’ala militare di Escobar, favorendo l’ascesa dell’efferato David Ricardo Prisco, il capo della famigerata banda di sicari dei “los-Priscos”.

I PARAMILITARI SI SVINCOLANO DA ESCOBAR

La fine di Arias, e la transizione all’interno dell’apparato sicariale di Escobar, convincerà i paramilitari comandati da Henry Perez ad approfittare della situazione, passando al Blocco di Ricerca informazioni utili all’eliminazione dell’odiato leader del Cartello di Medellin. Dopo la fine del Mexicano, infatti, Perez aveva avuto una turbolenta discussione con Pablo Escobar all’interno della sua Hacienda Napoles, contestandogli, insieme al paramilitare Ramon Isaza, la cooperazione con i guerriglieri dell’ELN nella regione del Magdalena Medio, che ritenevano un’area di loro pertinenza. Rimostranze che Escobar tornerà a rigettare aspramente, intimando ai due paramilitari di non interferire con i suoi affari, se non volessero che iniziasse ad interferire con i loro. L’incontro prenderà una brutta piega quando Isaza contesterà ad Escobar la guerra intrapresa contro lo stato, suscitando le ire del boss di Medellin, che lo caccerà in modo particolarmente umiliante dalla propria proprietà, minacciando addirittura di ucciderlo. Poco dopo, Escobar, intimerà a Ramon Isaza l’evacuazione delle sue truppe dalla regione del Magdalena Medio, allontanando una fonte di incertezza dalla sua amata Hacienda Napoles. Umiliazione a cui Isaza reagirà convincendo Perez a pianificare l’assassinio dello scomodo e odiato alleato, sfruttando la loro egemonia militare nella regione del Magdalena Medio. Fu così che i due paramilitari prenderanno contatti con il Blocco di Ricerca, informandolo della presenza di Escobar all’interno della sua tenuta. Presenza confermata il 3 luglio, quando Perez si recherà da Escobar per consegnargli la quota che esigeva per il proseguo della sua guerra contro lo stato, senza fargli comprendere le sue reali intenzioni.

Ramon Isaza paramilitari colombia
( Il comandante paramilitare Ramon Isaza )

Le informazioni fornite dai paramilitari contribuiranno all’organizzazione di un nuovo raid contro l’hacienda Napoles di Escobar, studiato sempre insieme a Perez, il cui senso di protagonismo manterrà in posizione marginale Carlos Castaño, raccomandando ai militari di evitare l’uso di elicotteri, che invece il comando colombiano utilizzerà contro il suo consiglio. Elicotteri che, infatti, verranno notati dalla rete di osservatori al servizio di Hernan Henao, l’influente cugino della moglie di Escobar, nonché amministratore della Hacienda Napoles, permettendo al boss di Medellin di sfuggire ancora una volta alla cattura. Fuga che, in questa circostanza, metterà alla prova la salute del narcotrafficante, che durante la fuga nella giungla colombiana contrarrà la malaria, apprendendo solo dopo qualche giorno di convalescenza dell’arresto del cugino. Ad ogni modo, sull’onda della frustrazione conseguente al fallito raid, i poliziotti si renderanno protagonisti del saccheggio dell’Hacienda Napoles, senza risparmiare le sculture raffiguranti i dinosauri su scala reale presenti nella tenuta, dove gli ufficiali credevano fossero nascosti i tesori del narcotrafficante. In quel frangente, Escobar inizierà a convincersi che dietro il raid della polizia si celasse un traditore che, considerata la regione del Magdalena Medio, non poteva che essere Henry Perez, l’unico a sapere dove si trovava in quei giorni. Escobar, infatti, si convincerà che la cooperazione che Perez e Isaza avevano accordato alla polizia celasse il tentativo dei paramilitari di negoziare la sua eliminazione con un’amnistia che li avrebbe permesso di sottrarsi alle pesanti accuse di crimini contro l’umanità. Convinzione che lo indurrà a scrivere una lettere a Perez, in cui lo accuserà di essere un traditore al soldo della polizia, annunciandogli la sentenza di condanna a morte. Minacce replicate anche nei confronti di Isaza, a cui tornerà ad intimare l’evacuazione dalla regione del Magdalena Medio, ricevendo in cambio una risposta sprezzante in cui il paramilitare lo esortava ironicamente ad inviare i suoi sicari in modo da sottrargli le armi di cui la sua organizzazione avrebbe fatto un uso migliore. Quel che è certo, è che da quel momento l’Hacienda Napoles finirà sotto il suo controllo.

La rottura tra Escobar e Perez scompiglierà gli equilibri interni al fronte paramilitare, alle prese con la transizione post-mexicano. Nello specifico, Perez e Isaza riusciranno a catalizzare il supporto di pochi altri paramilitari, mentre il clan Castaño preferirà mantenersi neutrale, non ritenendosi ancora abbastanza forte da poter fare a meno dell’alleanza strategica con un personaggio ricco e potente come Pablo Escobar, che riuscirà comunque a mantenere buoni rapporti con altri gruppi paramilitari. Del resto, la fine del Mexicano era bastata ai boss degli smeraldi colombiani per porre fine alla “guerra verde”, concordando una pace nel mese di luglio. Pace che vedrà coinvolti personalità del calibro di Victor Carranza e Luis Murcia.

LA FINE DELLA MENTE FINANZIARIA DI MEDELLIN

L’escalation terroristica degli Estradabili tornerà a scuotere Medellin il 15 luglio, con una serie di attentati multipli che verranno seguiti da una tregua unilaterale proclamata il 27 luglio. Tregua con cui Escobar intendeva accogliere l’insediamento del nuovo presidente Cesar Gaviria, entrato ufficialmente in carica il 7 agosto. E sebbene il governo rimarrà espressione dello stesso Partito Liberale dell’ex-presidente Virgilio Barco, e lo stesso Gaviria fosse esponente di spicco del movimento neo-liberista di Galan, il governo che si apprestava ad insediarsi si porrà in netta discontinuità con il precedente. Linea evidenziata dal nuovo Ministro della giustizia Jaime Giraldo, subentrato a Monica De Greiff, artefice di una politica di sottomissione agevolata alla giustizia colombiana per i narcotrafficanti. A Giraldo si deve l’introduzione del modello di giustizia senza volto, con cui veniva garantito l’anonimato ai giudici che indagavano sui crimini commessi dai narcos, permettendogli di ascoltare gli accusati all’interno di cabine con vetri oscurati e voce modificata, schermandoli da possibili rappresaglie. Provvedimento criticato dall’Organizzazione degli Stati Americani perché contrario ai principio di giusto processo, e che, in ogni caso, non impedirà ai narcos di risalire all’identità dei giudici, facendo seguire le auto degli avvocati che erano soliti incontrarli. Linea, quella della nuova amministrazione Gaviria, assolutamente non condivisa dalla polizia colombiana che, prima di adeguarsi al nuovo corso politico, avrà modo di assestare un nuovo devastante colpo alla cupola del Cartello di Medellin, uccidendo Gustavo Gaviria, il fidatissimo cugino di Escobar, ritenuto la mente finanziaria dell’organizzazione. Nello specifico, il covo in cui viveva Gaviria verrà localizzato grazie al determinante contributo dell’efficacissima rete di intelligence del Cartello di Cali, grazie a cui la polizia riuscirà a comprendere l’identità del boss ignoto annotata all’interno dell’agenda rinvenuta all’interno della residenza di John Jairo Arias. Intelligence che riuscirà nell’impresa di individuare una personalità particolarmente scaltra e accorta come quella di Gustavo Gaviria, che evitava metodicamente di comunicare telefonicamente proprio per paura delle intercettazioni.

Gustavo Gaviria Cartello Medellin narcos Colombia
( Gustavo Gaviria )

L’operazione con cui la Polizia accerterà la presenza di Gustavo Gaviria nell’abitazione verrà portata a termine il 12 luglio da un gruppo di ufficiali del Blocco di Ricerca camuffati da tecnici telefonici, le cui indagini preliminari verranno agevolate dalle indicazioni del marito della domestica del boss. Secondo i reduci della famiglia Esocbar, una volta rilevata la presenza della polizia nel perimetro della sua abitazione, Gustavo Gaviria avrebbe esortato la moglie a chiamare il pronto soccorso perché temeva la prassi con cui la polizia era solita uccidere, o peggio ancora, sequestrare e torturare i ricercati. Dinamica che puntualmente si verificherà dinnanzi l’abitazione del boss, che dopo essersi aggrappato alla ringhiera, opponendosi all’arresto, verrà picchiato selvaggiamente a morte dai poliziotti del Blocco di Ricerca. La dinamica dell’assassinio del cugino verrà denunciata pubblicamente da Escobar, sostenendo che uccidere un individuo disarmato che chiedeva di non essere ucciso configurasse una palese violazione dei diritti umani da parte delle istituzioni a cui spetta la tutela dei diritti. Diritti umani, di cui in realtà poco importava al narcotrafficante, ma che per un paese civile come la Colombia costituiva una grave mancanza che, tra l’altro, continuerà a costituire un grave problema anche negli anni a seguire. Ad ogni modo, proprio perché Escobar non era quello che si potrebbe definire un estimatore dei diritti umani, si adopererà per vendicare il cugino a suo modo, torturando ed assassinando il marito della sua domestica infedele. La fine di Gustavo Gaviria arriverà nel momento meno opportuno per Escobar, perchè, a detta di suo figlio Juan Pablo, la fine del cugino rischiò di compromettere seriamente i negoziati appena avviati con gli emissari della nuova amministrazione Gaviria, che avrebbe addirittura minacciato pesantemente nel corso del loro primo discreto incontro. In appena un mese, Escobar si ritroverà così privato del capo dei suoi sicari e della mente finanziaria del cartello, peraltro alle prese con gli assestamenti conseguenti la fine del Mexicano e del “Mono” Abello.

LA STRATEGIA DEI SEQUESTRI ECCELLENTI

Nonostante la situazione non fosse delle migliori, Escobar si ritrovava comunque finalmente nelle condizioni di poter negoziare con un nuovo governo. Negoziato che, come suo solito, porterà avanti alternando stragi a sequestri eccellenti. Basti considerare che dall’inizio del 1990 al mese di agosto, la campagna terroristica degli Estradabili era costata la vita a 435 poliziotti, senza contare le vittime collaterali civili. A riguardo della strategia dei sequestri, Escobar commissionerà al nuovo capo dell’apparato sicariale, David Ricardo Prisco, il rapimento di Diana Turbay, la figlia dell’ex-presidente conservatore Julio Cesar Turbay. E sebbene Prisco fosse un efferatissimo criminale, non mancava dell’astuzia necessaria per sequestrare una persona particolarmente accorta come lo era di certo la Turbay, nota giornalista colombiana. Nello specifico, Prisco, sfrutterà le relazioni privilegiate che Escobar intratteneva con l’organizzazione guerrigliera ELN, per contattare la giornalista, facendole credere che il leader dell’organizzazione fosse interessato a concederle un’intervista, al fine di rilanciare il processo di pace con il governo, seguendo le orme dell’M19. E grazie a questo raffinatissimo inganno che, il 30 agosto, Prisco riuscirà a convincere Diana Turbay a seguirlo nella fitta foresta colombiana insieme alla sua troupe, composta dal direttore della sua testata, Juan Vitta, la giornalista Azucena Lievano, il cameraman Richard Becerra e Orlando Acevedo. Malgrado fosse privata della libertà, Diana Turbay continuerà a svolgere la sua professione di giornalista, confezionando un’intervista a David Ricardo Prisco, pubblicata durante il periodo del suo sequestro. Nel corso dell’intervista, Prisco sosterrà di aver lavorato all’organizzazione dell’inganno in cui la giornalista era caduta sin dall’indomani dell’assassinio di Luis Carlos Galan, simulando nel dettaglio la prassi utilizzata dall’ELN per contattare i giornalisti. Durante l’intervista Prisco rivelerà alla Turbay come Escobar gli avesse ordinato di garantire la su incolumità, garantendole un trattamento dignitoso, e che lui come altri sicari non si sarebbe mai sognato di contraddire il suo boss, giacché chi non eseguiva i suoi ordini era solito fare una brutta fine. Prisco evidenzierà alla Turbay come il governo ignori l’effettivo potere militare a disposizione del Cartello di Medellin, pur evidenziando come tutti nell’organizzazione preferissero vivere in pace, almeno come lo stato consentiva ai loro nemici del Cartello di Cali, alla cui avarizia attribuisce l’origine della guerra che li vedeva contrapposti. Prisco concluderà l’intervista sostenendo che lui, come gli altri membri dell’organizzazione, fosse disposto a costituirsi, ma solo con le dovute garanzie, così da non essere esposti alle rappresaglie dei loro nemici. Durante il sequestro, Diana Turbay avrà anche modo di tenere una corrispondenza anche con Pablo Escobar.

Diana Turbay
( La Giornalista colombiana Diana Turbay )

Il sequestro di Diana Turbay darà ragione ad Escobar, che il 5 settembre riuscirà ad ottenere dalla nuova amministrazione Gaviria l’emanazione del decreto 2047, che prevedeva una serie di agevolazioni penali finalizzate all’agevolazione della resa dei narcotrafficanti, a cui venne avanzata la garanzia di non essere estradati. Le dinamiche negoziali tra il nuovo governo liberale e gli Estradabili si incardineranno all’interno della stagione di riforme che da lì a poco avrebbe portato alla convocazione di un’assemblea costituente. Ciononostante, pur ritenendosi soddisfatto dall’avvio della trattativa con lo stato, Escobar rifiuterà comunque di costituirsi, giacché temeva la non remota possibilità che il decreto 2047 venisse successivamente rimodulato, esponendolo alla tanto temuta estradizione. Le criticità evidenziate da Escobar troveranno risalto pubblico dopo che la madre di Diana Turbay esorterà il presidente Cesar Gaviria ad accogliere le richieste degli Estradabili, rimodulando il decreto 2047 come gesto di buona volontà per salvare la vita di sua figlia. L’approccio negoziale dell’amministrazione Gaviria comincerà a palesarsi il 18 settembre con il rilascio, per mancanza di prove, di Hernan Henao, il cugino di Escobar, arrestato nel corso del fallimentare raid estivo contro la sua Hacienda Napoles. Lo stesso giorno, a riacquistare la libertà sarà anche Eduardo Rueda, il killer di Luis Carlos Galan, che immediatamente dopo la sua evasione dalla prigione in cui era detenuto, si adopererà per organizzare una propria milizia paramilitare nella regione del Magdalena Medio. La disponibilità negoziale del nuovo governo rassicurerà Escobar, che il giorno successivo rilancerà la posta, sequestrando Francisco Santos, il rampollo della famiglia editrice del quotidiano el-Tiempo, dove era fautore della linea dura nei confronti dei narcos. Giusto per capire l’importanza di Francisco Santos, vale la pena ricordare che è esponente di una delle principali famiglie dell’oligarchia colombiana, divenuto vice-presidente sotto l’amministrazione Uribe, nonché cugino del futuro presidente Juan Manuel Santos, con alle spalle un mandato da ambasciatore negli Stati Uniti conclusosi nel gennaio dell’anno scorso. Inutili saranno le precauzioni prese da Hernando Santos, il padre di Francisco, che sebbene avesse potenziato la sicurezza del quotidiano di cui era proprietario, e fornito un’auto blindata al figlio, non riuscirà ad impedire al commando degli Estradabili di sequestrarlo, dopo aver assassinato il suo autista. Il sequestro di Santos verrà seguito, il giorno successivo, dal rapimento di Marina Montoya, la sorella di German Montoya, il consigliere dell’ex-presidente Barco, rapita all’interno di un ristorante di Bogotà.

Francisco Santos Colombia Trump USA
( Donald Trump e Francisco Santos )

ESCOBAR RIGETTA CALI DALLA SUA STRATEGIA

Parallelamente all’efficacissima campagna di sequestri, il Cartello di Medellin porterà avanti anche la guerra con i nemici del Cartello di Cali. Il 25 settembre, infatti, un commando di sicari di Medellin coordinato da Brances Muñoz (alias Tyson) prenderà d’assalto un campo di calcio in cui si stava tenendo una partita a cui assisteva la cupola del Cartello di Cali. La partita si trasformerà in una vera e propria strage, a cui, tuttavia, i boss di Cali riusciranno rocambolescamente a sfuggire, confondendosi tra le campagne circostanti. L’attentato sarà il modo con cui Escobar rigetterà la tregua che il Cartello di Cali aveva precedentemente avanzato per coordinare una strategia comune con cui agevolare l’abrogazione costituzionale dell’estradizione. Escobar, infatti, non aveva alcuna intenzione di collaborare con i nemici di Cali, preferendo insistere sulla sua strategia. Alla vigilia della campagna elettorale per l’elezione dell’Assemblea Costituente, Escobar incaricherà il suo contabile, Rodrigo Osorio, di confezionare le valigette ricolme di dollari da destinare ai deputati incaricati di costituzionalizzare il divieto di estradizione. Si stima che il Cartello di Medellin arriverà ad investire più di 5 milioni di dollari per corrompere parte dell’Assemblea Costituente, avvalendosi della discreta intermediazione dei fratelli Londoño, da cui riceveranno mazzette almeno 27 deputati della costituente. Escobar proverà anche a cooptare la quota di delegati espressione della galassia paramilitare. Ma quello che Escobar ignorava era che Henry Perez si era accordato con i boss del Cartello di Cali, registrando gli incontri con cui i suoi emissari di corrompevano i delegati della costituente, pianificando di passare le intercettazioni agli Stati Uniti. Registrazioni che gli americani faranno pervenire al Presidente Cesar Gaviria che, tuttavia, avrebbe mantenuto riservate, preferendo mantenere in piedi il discreto negoziato con Escobar. Scelta che indurrà gli americani a desistere dal pubblicare una registrazione che avrebbe inevitabilmente delegittimato il processo di riforma costituzionale di un paese chiave per la propria strategia regionale.

In questo clima, il 23 ottobre, il Blocco di Ricerca ucciderà nel corso di un blitz Luis Gaviria, e che molti reduci ritengono sia stato ucciso dopo essere stato torturato dalla polizia, come accaduto al ben più noto cugino Gustavo Gaviria. La risposta degli Estradabili si verificherà il 7 novembre, quando ad essere sequestrate saranno Beatriz Villamizar, la sorella di Luis Alberto Villamizar, e Maruja Pachon, moglie dello stesso Villamizar, oltre che sorella della moglie di Galan. Per la cronaca, Luis Villamizar, parlamentare neoliberale galanista, era scampato ad un agguato del Cartello di Medellin nel 1986, a causa delle sue iniziative parlamentari contro i narcos, e per questo trasferito in Indonesia, a guidare la locale ambasciata colombiana fino al 1989. Trascorsi che non impediranno al presidente Gaviria di affidargli l’impostazione dei negoziati con gli Estradabili di Pablo Escobar, che metterà in chiaro che la sua eventuale eliminazione sarebbe coincisa con la quella di tutti gli ostaggi. Escobar, oltre ad avviare la tanto auspicata trattativa con lo stato, guadagnerà così anche un’insperata polizza sulla vita.

Maruja Pachon e Luis Alberto Villamizar
( Maruja Pachon con il marito Luis Alberto Villamizar )

I FRATELLI OCHOA NEGOZIANO LA RESA

Nonostante la pressione esercitata sulla famiglia Escobar-Gaviria, gli Estradabili non si faranno distrarre dalla loro strategia machiavellica, ricompensando le chiusure del governo con le aperture, e le aperture con le chiusure. Il primo gesto distensivo dei narcos di Medellin sarà il rilascio di Juan Vitta, avvenuto il 26 novembre. Ma non tutti i boss di Medellin resisteranno alla pressione extragiudiziale della polizia, come nel caso di Fabio Ochoa Jr., che informerà la famiglia dell’intenzione di costituirsi, incaricando i propri legali di prendere contatti con la magistratura. Proposito maturato dopo la sparizione del cugino ed emissario, Mauricio Isaza, sparito nel nulla una settimana prima della fine di Luis Gaviria e dell’amico Jairo Pelaez, sempre per mano degli squadroni della morte extragiudiziali della polizia. Secondo Martha Ochoa, i rapitori avrebbero chiesto un riscatto di 1.5 milioni di dollari per ognuno di loro, che, tuttavia, non avrebbero pagato, perché informati da poliziotti al loro soldo che i loro amici fossero stati già torturati e uccisi, apprendendo che il prossimo della lista fosse proprio il giovane Fabio Ochoa. E sebbene Jorge e Juan Ochoa consigliassero al giovane fratello di temporeggiare almeno fino a che il governo non avesse accolto i loro emendamenti del decreto 2047 di resa agevolata, Fabio Ochoa informerà Pablo Escobar della sua intenzione di costituirsi comunque il prima possibile, pur chiarendogli l’intenzione di non voler collaborare con la giustizia. La lettera di Fabio Ochoa non sarà l’unica con cui avrà a che fare Escobar in quel periodo, giacché il 29 novembre autorizzerà l’invio della lettera che Franscisco Santos invierà alla propria famiglia. Lettera che scriverà dopo aver incontrato personalmente lo stesso Escobar, da cui sarebbe stato esortato a spingere il padre a moderare la linea pro-estradizione del Tiempo, invitandolo a sostenere la necessità di affrontare la questione in ambito costituzionale. Santos avrà modo di leggere alcuni dei comunicati con cui Escobar chiederà al governo lo stesso trattamento con cui negoziava il processo di pace con l’ELN, complimentandosi con il boss per lo stile da giornalista navigato. Questi sviluppi verranno seguiti dall’attentato con cui, il 10 dicembre, i sicari degli Estradabili feriranno la giudice Carmen Palacio. Agguato controbilanciato il giorno dopo dalla liberazione della giornalista tedesco Hero Buss, seguita da un comunicato con cui i narcotrafficanti accoglieranno il decreto 2047 a vantaggio di chi si costituiva. Di tutte queste trame verrà lasciato all’oscuro l’ignaro popolo colombiano, che il 9 dicembre eleggerà l’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto aprire un nuovo corso politico per il loro paese. Assemblea Costituente dominata per il 31% dal Partito Liberale e per il 26% dall’organizzazione politica espressione dello smobilitato M19. Elezione accompagnata da un autobomba contro la polizia, contro cui i narcos del Cartello di Medellin avevano ingaggiato un confronto senza esclusione di colpi. Gli sviluppi politici colombiani, oltre che dagli Stati Uniti, verranno osteggiati anche dagli ambienti più conservatori dell’esercito colombiano, che proprio lo stesso giorno dell’elezione della costituente prenderà d’assalto il quartier generale delle FARC di la-Uribe.

Il 14 dicembre, gli Estradabili libereranno Azucena Lievano, emettendo un comunicato in cui avanzeranno la loro disponibilità a garantire una tregua unilaterale al fine di raggiungere una soluzione pacifica della loro contesa con il governo. Lo stesso giorno verrà scelto da Fabio Ochoa per costituirsi, salvo rimandare a causa dell’intervista con cui il Ministro della giustizia Jaime Giraldo escluderà l’intenzione di modificare il decreto 2047, rigettando le richieste avanzate dai negoziatori degli Estradabili. Ma al netto delle rivendicazioni politiche, il governo approverà ugualmente in giornata il decreto 3030 con cui recepirà le criticità evidenziate dagli Estradabili, concedendogli la cumulazione dei reati ai fini di una condanna minima, e soprattutto di essere detenuti in centri detentivi speciali dove poter essere garantiti dalle rappresaglie dei nemici del Cartello di Cali. Atto seguito l’indomani dalla resa di Fabio Ochoa, autorizzato solo 12 ore prima da una lettera inviatagli da Pablo Escobar, sebbene i suoi legali non avessero ancora ben analizzato il nuovo decreto del governo. Ma la paura di fare una brutta fine avrà la meglio sui cavilli legali, inducendo il più giovane boss del clan Ochoa a costituirsi nel carcere di Itagui, all’interno del comprensorio di Medellin. Sviluppo che, il 19 dicembre, convincerà gli Estradabili a liberare anche il cameraman Orlando Acevedo aggregato alla troupe di Diana Turbay. Liberazione compensata due giorni prima dal sequestro della moglie e della figlia dell’industriale Elkin Echavarria, esponente di una nota famiglia dell’oligarchia colombiana, che annoverava importanti politici e artisti. Solo per rendere l’idea, Elkin Echavarria era padrino della figlia dell’ex-presidente Virgilio Barco.

Clan Ochoa Vasquez Cartello Medellin Fabio Ochoa Jorge Ochoa Juan Ochoa
Clan Ochoa Vasquez Cartello Medellin Fabio Ochoa Jorge Ochoa Juan Ochoa

Mentre la trattativa con lo stato iniziava a ripagare la strategia negoziale degli Estradabili, Escobar ne approfitterà per colpire il fronte paramilitare a lui avverso, assassinando il figlio di Ramon Isaza, lui stesso sopravvissuto rocambolescamente a più di un agguato. Assassinio che evidenzierà ai paramilitari che, al netto della fine del Mexicano, il potere di Pablo Escobar rimaneva intatto, sia sul piano politico-finanziario che militare. Condizione di cui si erano resi conto i fratelli Castaño, che sebbene critici di Escobar, si erano guardati bene dal finire nel mirino della sua poderosa macchina da guerra, che nel corso del solo 1990 aveva posto fine alla vita di circa 5.400 persone, contribuendo al 25% dei crimini registrati in Colombia. Trend che raggiungerà l’apice nel gennaio del 1991, con ulteriori 1.200 vittime falciate dall’escalation con cui gli Estradabili eserciteranno tutta la pressione possibile sul governo e, soprattutto, sulle fazioni ad essi più ostili. Ostilità proveniente soprattutto dalla polizia, che il 7 gennaio riuscirà ad arrestare nuovamente Dandeny Muñoz (alias la-Quica), lo stesso sicario che il Cartello di Medellin aveva precedentemente fatto evadere di prigione in modo spettacolare, a bordo di un elicottero, insieme al fratello Brances (Tyson). Dopo l’abbattimento di Piniña, i fratelli Muñoz, ricopriranno un ruolo chiave nell’apparato sicariale del cartello, che lo stesso giorno effettuerà un agguato contro la polizia in rappresaglia per l’arresto di “la-Quica”. Dinamiche che, il 15 gennaio, non impediranno a Jorge Ochoa di costituirsi alle autorità, seguendo le orme del fratello Fabio. Jorge Ochoa, al pari degli altri fratelli, non riusciva più a reggere le pressione derivante dalla polizia, sebbene fosse riuscito più volte a sfuggirvi in modo rocambolesco, una volta addirittura camuffandosi tra i musicisti mariachi che suonavano ad una sua festa.

LA POLIZIA FA VACILLARE I NEGOZIATI

Pochi giorni dopo, la polizia riuscirà ad intercettare Armando Prisco, ingaggiando uno scontro a fuoco apparentemente mortale, perché in realtà il sicario riuscirà a salvare la vita grazie al soccorso prestato dal fratello medico Conrado Prisco, facendosi dare per morto dagli inquirenti. Notizia che indurrà uno dei suoi luogotenenti a spendere gran parte della sua fortuna, salvo pentirsi poco dopo averlo scoperto vivo, decidendo di collaborare con la polizia per salvarsi dall’inevitabile vendetta, rivelando le coordinate del covo di David Ricardo Prisco, il capo dei sicari d’elite del Cartello di Medellin, ucciso, il 22 gennaio, dalla polizia al culmine di uno scontro a fuoco durato circa 5 ore. Assassinio seguito lo stesso giorno da quello del fratello Armando, eliminato definitivamente in un altro covo poco distante. Collateralmente a queste operazioni, la polizia riuscirà ad apprendere da un sicario dei “los-Priscos”, dopo averlo torturato, le coordinate del covo dove era detenuta Diana Turbay. Informazione che la polizia non esiterà a sfruttare per organizzare un’operazione d’assalto con tanto di elicotteri, culminata in uno scontro a fuoco che provocherà il ferimento dell’ostaggio Richard Becerra e la cruenta fine di Diana Turbay. Le dinamiche della fine della figlia dell’ex-presidente colombiano rimarranno fosche, e se la polizia sostiene che sia stata uccisa dai sicari di Medellin, questi ultimi hanno evidenziato come l’entità delle ferite riportate dalla giornalista fossero compatibili con le raffiche di fuoco amico esplose dalla mitragliatrice pesante dell’elicottero adoperato dalla polizia nel corso del raid. Nel corso del raid, Escobar, informato via radio dell’assalto, temerà seriamente per le ripercussioni che l’eventuale liberazione della Turbay avrebbero inevitabilmente avuto sulla sua strategia negoziale. Secondo alcuni reduci del cartello, una volta appresa la notizia della fine di Diana Turbay, Escobar tirerà un sospiro di sollievo, pur rammaricandosi dopo aver riletto le lettere inviate dalla madre della giornalista. Escobar non mancherà di lamentarsi con Luis Alberto Villamizar dell’inopportuno passo falso del governo. Azzardo che Escobar non lascerà senza risposta, annunciandogli l’intenzione di assassinare uno degli ostaggi. Infatti, proprio durante questi eventi, Escobar stava negoziando i termini della sua resa, esigendo condizioni ben diverse da quelle che il governo aveva garantito ai fratelli Ochoa, detenuti nel carcere di Itagui, dove, al contrario loro, temeva non ci fossero le condizioni di sicurezza necessarie a schermarlo dalla vendetta dei suoi ben più numerosi nemici personali.

I NEGOZIATI DE LA CATEDRAL

Trattative che Don Fabio Ochoa Sr., nella veste del capo famiglia del clan, agevolerà, mettendo in contatto Escobar con Rafael Garcia, un noto ed influente esponente del clero colombiano. Garcia, comunicherà indirettamente con Escobar attraverso lettere anonime che leggeva nel corso della trasmissione televisiva religiosa che conduceva. La trattativa che il governo intavolerà con Escobar attraverso gli intermediari coinvolti a vario titolo verterà sulla richiesta di detenzione all’interno di un istituto penitenziario speciale, laddove il “Patron” di Medellin avrebbe potuto vivere ben schermato dalle iniziative ostili dei suoi nemici. Escobar, infatti, al contrario dei fratelli Ochoa, aveva collezionato nemici a destra e manca, spaziando dalla sfera criminale a quella politica. Preoccupazioni che lo avevano convinto a scartare la prospettiva di una detenzione all’interno del carcere di Itagui insieme ai suoi soci. E sebbene il governo non fosse disposto ad accogliere le sue richieste, Escobar riuscirà comunque a piegarlo, minacciando di uccidere Francisco Santos. Decisione che, tuttavia, il narcotrafficante cambierà poco dopo, preferendo eliminare Marina Montoya, consumando così la vendetta contro il fratello German Montoya, ritenuto il responsabile del mancato accordo con il governo del presidente Barco. E mentre il governo revocava gli ultimi veti, i faccendieri di Escobar provvedevano a formalizzare la cessione al comune di Envigado di una struttura immersa tra le pittoresche montagne circostanti la città di Medellin, che il sindaco compiacente Jorge Meza si prodigherà a riqualificare come istituto penitenziario speciale, lo stesso che più avanti diverrà mediaticamente noto sotto la denominazione di “la-Catedral”. Carcere la cui costruzione verrà seguita personalmente da Escobar, soprattutto nel mese di maggio, visitandola insieme all’ingegnere a cui era stata affidata la riqualificazione dell’edificio.

Le ultime resistenze governative verranno vinte attraverso il proseguimento della strategia stragista. Stragi come quelle con cui i sicari dei “los-Priscos” effettueranno il 28 gennaio contro una pattuglia della polizia a Medellin, seguita il 4 febbraio da un attentato contro la popolazione civile, proprio alla vigilia dell’insediamento dell’Assemblea Costituente. Appuntamento storico che Escobar cercherà di influenzare attraverso clamorose azioni dimostrative contraddittorie. Infatti, agli attentati dei giorni precedenti, gli Estradabili faranno seguire il rilascio di Beatriz Villamizar. Liberazione seguita da una nuova ondata di attentati contro la Polizia, il 6, 10 e 15 febbraio. Attentati che precederanno la resa di Juan Ochoa, l’ultimo esponente del clan rimasto in libertà, la cui costituzione rischierà di saltare a causa dell’autobomba piazzata nell’affollata Arena Macarena di Medellin, con cui i reduci dei “los-Priscos” vendicheranno autonomamente, senza informare Escobar, la fine dei loro capi uccisi dalla polizia pochi giorni prima. Ad ogni modo, il clan Ochoa ricoprirà un discreto ruolo nella trattativa tra l’ala oltranzista di Escobar e Villamizar. In quel frangente, Villamizar verrà irritato dalla decisione di Escobar di non liberare la moglie Maruja Pachon insieme a sua sorella. E sebbene Villamizar avesse raccolto intelligence relative al covo in cui era detenuta sua moglie, eviterà di coinvolgere la polizia, allontanando la realizzazione di uno scenario simile a quello che aveva portato alla tragica fine di Diana Turbay.

LA COSTITUZIONE DI ESCOBAR

Il 19 marzo, il Ministro della giustizia Giraldo lancerà un appello a Pablo Escobar in cui lo inviterà a costituirsi con la garanzia della non estradizione. Invito che Escobar, al contrario dei fratelli Ochoa, ignorerà, esigendo dall’Assemblea Costituzionale l’inserimento di una norma costituzionale che vietasse espressamente l’estradizione di cittadini colombiani all’estero. Escobar, infatti, era ben consapevole che una semplice legge non sarebbe bastata a schermarlo dalla prospettiva di una sua futura estradizione determinata dal possibile cambiamento della linea politica del governo, esigendo, pertanto, un’apposita norma costituzionale. Richiesta che Escobar imporrà a suo modo il 17 aprile, facendo detonare un autobomba che ferirà il magistrato Libardo Lopez e alcuni civili. Come se ciò non bastasse, due giorni dopo, i sicari di Escobar umilieranno la polizia, organizzando la spregiudicata l’evasione di Dandeny Muñoz (la-Quica) dal carcere di Bogotà in cui era detenuto, recuperando un sicario chiave per l’ala militare del cartello.

Il 30 aprile, nonostante i negoziati fossero ormai in dirittura di arrivo, i sicari degli Estradabili assassineranno l’ex-ministro della giustizia Enrique Low all’esterno dell’Università di Bogotà, dove stava attendendo l’arrivo di un taxi, perché sprovvisto dell’auto blindata precedentemente richiesta al governo poco dopo il suo rientro dalla Svizzera. Assassinio eccellente con cui Escobar archivierà l’ultima voce di rilievo capace di influenzare i lavori dell’Assemblea Costituente, come lo era senz’altro quella di Low. Iniziativa che indignerà Villamizar, a cui Escobar risponderà prendendo le distanze dall’atto, sostenendo che sulla testa di Low fossero interessati molti altri narcotrafficanti colpiti dall’estradizione di alcuni dei loro familiari più stretti. In realtà, Escobar non intendeva perdonare uno dei suoi più strenui nemici, e non perderà l’occasione di eliminarlo proprio nel corso delle ultime settimane di negoziato guerreggiato. Logica che lo indurrà a riservare l’ultimo attentato dinamitardo alla Polizia, colpita il 13 maggio. Iniziative criminali con cui Escobar riuscirà a vincere le ultime opposizioni al progetto di articolo costituzionale che da lì a poco avrebbe vietato l’estradizione di cittadini colombiani all’estero, sancendo quella vittoria politica che lo aveva portato ad esporsi personalmente all’interno dell’insidiosissima arena politica colombiana. La trattativa sarebbe stata definita il 18 maggio, quando Rafael Garcia incontrerà Escobar in una residenza alla periferia di Medellin, superando, grazie alle garanzie dell’amico don Fabio Ochoa, la paura dell’incontro con il famigerato narcotrafficante. Alcuni reduci del Cartello di Medellin sostengono che Escobar abbia letto in presenza dei suoi sicari la bozza dell’articolo 35 che l’Assemblea si apprestava a votare, concludendo la lettura con l’esclamazione “Viva Colombia!”, suscitando l’applauso euforico dei suoi sicari. Per la cronaca, l’articolo 35 della nuova costituzione colombiana verrà approvato a scrutinio segreto a larga maggioranza, con 51 voti favorevoli e 13 contrari. Risultato agevolato in particolar modo dalla delegazione dell’M19, storicamente critica del trattato di estradizione verso gli Stati Uniti. Documento diplomatico archiviato con la forza da una delle organizzazioni criminali più feroci della storia mondiale.

Pablo Escobar Maria Victoria Henao
( Pablo Escobar e la moglie Maria Victoria Henao )

PABLO ESCOBAR SI BLINDA ALLA CATEDRAL

Una volta venuta meno la tanto odiata estradizione, il 20 maggio gli Estradabili procederanno alla liberazione di Francisco Santos e Maruja Pachon. Liberazione che la Pachon commenterà ai cronisti, evidenziando il buon trattamento riservatogli dagli Estradabili, esortando il governo a portare a termine il negoziato. Negoziato che Escobar subordinerà ad un ultima richiesta, quella della rimozione dell’odiato generale Miguel Maza dalla direzione del DAS. Richiesta che il governo accoglierà qualche mese dopo, seppur dopo un’iniziale ritrosia. Approccio con cui l’amministrazione Gaviria accorderà ad Escobar anche la reclusione all’interno di un istituto penitenziario speciale, incastonato tra le montagne circostanti la sua amata Medellin, dove verrà approntato in fretta e furia il 30 maggio. Il 19 giugno del 1991, mentre l’Assemblea Costituente approvava la nuova Costituzione della Repubblica di Colombia, un elicottero governativo atterrava all’interno di un campo da calcio nei pressi di Envigado, un sobborgo di Medellin dove, tra le ali di folla radunata come scudo umano, emergerà la figura di Pablo Escobar, scortato da un centinaio di sicari armati di tutto punto. Il compiaciuto Escobar si avvicinerà all’elicottero, all’interno del quale stava ad aspettarlo Villamizar, al quale rivolgerà la beffarda battuta “che ci fai qui, vuoi essere ucciso come me?”. Al viaggio di Escobar verso il suo “sito di detenzione speciale” parteciperanno anche Rafael Garcia ed il giornalista Luis Alirio, anch’essi selezionati come scudi umani, schermando il velivolo da possibili incidenti lungo il percorso verso il penitenziario speciale di Envigado. Nello specifico, a Luis Alirio, Escobar commenterà come quel giorno sancisse il suo ritiro dalla vita criminale, dedicandolo al “figlio pacifista” Juan Pablo e all’amata figlia Manuela, giudicando l’eliminazione del trattato di estradizione come un atto di sensibilità verso il popolo colombiano.

L’elicottero trasporterà Escobar direttamente a “la-Catedral”, dove in mattinata si erano costituiti alcuni importanti luogotenenti del Cartello di Medellin, a cui verrà affidata la gestione della sua sicurezza personale. Lista di detenuti che crescerà nei giorni seguenti, con l’arrivo di Roberto Escobar, e di altri luogotenenti di rilievo come Jorge Avendaño (el-Cocodrilo), l’intermediario cubano del cartello; seguito da sicari di fiducia come Carlos Mario Alzate (el-Arete), Luis Carlos Aguilar (el-Mugre) e Jhony Rivera (el-Palomo). Pablo Escobar si costituirà dinnanzi ai procuratori Carlos Arietta e Jaime Cordoba, consegnando al direttore del penitenziario, Eduardo Mejia, la sua inseparabile pistola Sig Sauer. A detta dei sicari reduci del cartello, una volta giunti a la-Catedral, Escobar si sarebbe intrattenuto a lungo con Villamizar, scusandosi per il sequestro della moglie e della sorella, pur evidenziando come la scelta di concentrarsi sulla sua famiglia fosse stata sollecitata da personalità politiche a lui ben note che, tuttavia, non rivelerà nonostante l’insistenza del suo interlocutore. Una volta ispezionato il carcere, senza segnalare particolari anomalie, Villamizar lascerà la-Catedral, facendo tappa presso il carcere di Itagui, dove ringrazierà i fratelli Ochoa, senza di cui sarebbe stato difficile riuscire a giungere ad una soluzione pacifica della crisi che attanagliava da quasi un decennio il paese. Sviluppo accolto con particolare enfasi dall’amministrazione del presidente Cesar Gaviria, che considererà il negoziato con l’assassinio del suo amico Galan alla stregua di una vittoria che quantomeno gli avrebbe permesso di governare senza l’assillo della campagna terroristica affrontata dai suoi predecessori. E così come Gaviria costruirà la sua vittoria sulla sconfitta dell’amico Luis Carlos Galan, Escobar costruirà la sua su quelle del socio Josè Gonzalo Rodriguez, del cugino Gustavo Gaviria e del cognato Mario Henao. Tra gli sconfitti troveranno posto anche i poliziotti del Blocco di Ricerca comandato dai colonnelli Danilo Gonzalez, Martin Poveda e Hugo Aguilar; a cui si aggiungeranno gli Stati Uniti, ed i boss del Cartello di Cali.

CONCLUSIONI

Come abbiamo potuto ripercorrere, la strategia dei sequestri eccellenti varata dagli Estradabili non è riuscita a persuadere l’amministrazione Barco, risolutamente sintonizzata sulle frequenze statunitensi. Approccio che ha deluso i narcos del Cartello di Medellin, convinti di poter convincere il governo a replicare la linea negoziale che aveva appena aperto con i guerriglieri del M19. Mediazione a cui, tra l’altro, Pablo Escobar avrebbe agevolato con la consegna della spada di Simon Bolivar. In particolar modo, Escobar intravedrà prima di tutti le possibilità derivanti dalla promozione di una trattativa di pace tra stato e guerriglia, provando a coinvolgere sia l’M19 di Carlos Pizarro, che l’Union Patriotica di Bernardo Jaramillo. Prospettiva che, tuttavia, incontrava anche la netta resistenza degli ambienti più conservatori, di cui i paramilitari erano espressione occulta. Questa divergenza di interessi, divenuta più netta dopo la fine del Mexicano, pregiudicherà la spregiudicata strategia di Escobar, erodendogli progressivamente l’appoggio del movimento paramilitare. Divergenza strategica palesatesi successivamente all’assassinio di Jaramillo prima, e di Pizarro dopo. Assassinii che, stando alle rivelazioni dei fratelli Castaño, sarebbero stati propiziati, in una certa misura, da esponenti conservatori contigui all’influentissima, e insospettabilissima, famiglia Santos. Anche se questa contrapposizione si svilupperà in maniera progressiva con Henry Perez e Ramon Isaza, fautori di una linea più netta, ed il clan Castaño decisamente più defilato. Tutte logiche che avrebbero visto la regia occulta dei servizi deviati del DAS comandato dal generale Miguel Maza, la vera eminenza grigia in grado di mettere in congiunzione le sfere criminale, politica e istituzionale della Colombia di fine anni ottanta.

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( L’allora capo del DAS colombiano Miguel Maza e le principali vittime delle stragi politiche di fine anni 80 )

L’elezione di Cesar Gaviria, pur riconfermando i liberali al governo, coinciderà con quel drastico mutamento di indirizzo politico tanto auspicato da Escobar. Nuovo corso con cui Gaviria non si farà scrupoli a scendere a patti con il responsabile della cruenta fine del suo amico Galan, e che, tra l’altro, aveva tramato contro la sua stessa vita pochi mesi dopo, abbattendo il volo Avianca. Cambiamento a cui la polizia cercherà di intralciare, eliminando John Jairo Arias e Gustavo Gaviria, rispettivamente il braccio armato e la mente finanziaria del Cartello di Medellin. Risultato che i poliziotti del Blocco di ricerca riusciranno a conseguire anche grazie all’intelligence fornita dal discreto Cartello di Cali, contraddistinto da una linea decisamente filo-istituzionale. Approccio antitetico a quello scelto dal Cartello di Medellin, la cui strategia negoziale si articolerà parallelamente ad un’efferatissima campagna terroristica, rinforzata da sequestri di personalità eccellenti. Ferocia a cui gli ambienti deviati interni alla polizia reagiranno in via extragiudiziale, sequestrando, torturando e uccidendo la manovalanza del Cartello di Medellin che gli capitava a tiro. Questa parentesi della storia colombiana verrà dominata, infatti, da criminali conclamati e altri decisamente insospettabili, che contribuiranno a convincere per conseguenza indiretta larghi strati della popolazione di Medellin a simpatizzare per Pablo Escobar, tanto da arrivare a considerarlo alla stregua di un mito popolare capace di arginare e ricompensare con lo stesso metro le nefandezze, non meno brutali, con cui gli squadroni della morte della polizia perseguitava i giovani dei quartieri più degradati della città. Gli stessi quartieri che avevano determinato l’ascesa politica dello stesso narcotrafficante, abile nel costruirsi l’immagine di “Robin Hood Paisa” romanzata dai media nel corso dei primi anni ottanta, quando i media lo consideravano un eccentrico benefattore dei sobborghi popolari. Fama costruita sulla formidabile fortuna criminale ammassata nell’arco di un decennio, e con cui Escobar riuscirà a strutturare un vero e proprio sistema di welfare criminale parallelo allo stato.

Ma per quanto i settori deviati della polizia abbiano contribuito a degradare significativamente l’immagine delle istituzioni colombiane, almeno in questa fase della storia colombiana, il saldo criminale rimarrà comunque nettamente favorevole a Pablo Escobar. Non a caso, come abbiamo avuto modo di segnalare, sul finire degli anni ottanta, una significativa aliquota dei crimini colombiani era espressione diretta o indiretta del Cartello di Medellin. Terrorismo scellerato, ma sicuramente non privo di strategia politica, soprattutto se considerati luoghi, date e personalità designate. La regia degli Estradabili, infatti, dinnanzi alla approccio con cui le élite colombiane tolleravano il costo sociale e politico della loro brutale escalation terroristica, deciderà di portare la guerra vista sui giornali all’interno delle case dei loro influenti editori, a cominciare dalla famiglia Santos, passando per quella dell’ex-presidente Turbay e per la cerchia di amicizie contigue a quella Barco e Galan. Così Escobar metterà alle strette le famiglie della Colombia che conta, quelle che avevano dato i natali ai presidenti del passato e a quelli del futuro, responsabili di averlo rigettato, espellendolo dal parlamento all’inizio degli anni ottanta. Strategia che sgretolerà la risoluta linea pro-estradizione dei principali giornali colombiani, e con essa quella del governo, a cui non resterà che scendere a patti con gli Estradabili, garantendogli la non estradabilità, oltre che una serie di benefici penali, come la cumulazione dei reati in un’unica condanna minima. Aperture accolte con favore dal clan Ochoa, ma rigettate risolutamente da Escobar che, consapevole del valore della parola data in politica, esigerà garanzie costituzionali per la sua resa. Garanzie che riuscirà ad ottenere corrompendo gran parte dell’Assemblea Costituente. Corruzione di cui gli Stati Uniti che, al netto delle prove raccolte attraverso i canali paramilitari, non utilizzeranno, preferendo non compromettere la stabilità di un paese chiave per la propria strategia sudamericana. In ogni caso, la decisione di vietare l’estradizione, laddove non conseguente a corruzione, verrà avallata dal desiderio di allontanare la cappa di insicurezza che da qualche anno condizionava pesantemente la vita dei colombiani. Risultato supportato in modo netto dalla delegazione politica del M19 che, senza le pragmatiche relazioni intrattenute da Escobar, difficilmente avrebbe agevolato l’organizzazione che solo qualche anno prima taglieggiava. La scommessa di Escobar aveva pagato, trasformando il nemico di ieri in una risorsa di domani. Successo strategico e politico che rese Escobar qualcosa di più di un semplice narcotrafficante. Pablo Escobar era, infatti, un criminale politico, che pur non riuscendo a realizzare il suo sogno di diventare presidente, riuscirà comunque a costringere chi lo era diventato ad obbedirgli.

Del resto, quella di Escobar è una storia che, al netto del suo spropositato tasso di criminalità, non può non essere considerata straordinaria. Nessun criminale della storia contemporanea è, infatti, riuscito a riformare la costituzione di un paese, e a farsi recludere in un carcere costruito su di una propria proprietà e, per giunta, presidiato da propri accoliti armati. Risultati decisamente eclatanti, soprattutto se considerati con quelli che Cosa Nostra riuscirà a conseguire in Italia attraverso la famigerata trattativa stato-mafia. Da questo punto di vista, le parabole criminali di Pablo Escobar e Toto Riina, seppur accomunate da una deriva stragista, divergeranno parecchio nei risultati conseguiti. La storia delle organizzazioni criminali è fatta da individui riusciti ad affrancarsi dalla povertà, da altri capaci di inventarsi business internazionali multimiliardari, e altri ancora in grado di farsi eleggere parlamentari, ma nessuno di questi, fino ad Escobar, è riuscito a costringere un paese a ratificare la propria volontà in sede costituzionale. La storia dice che l’estate del 1991, un individuo estraneo all’oligarchia riformerà la costituzione della Repubblica di Colombia, imponendo una diarchia ufficialmente presieduta da Cesar Gaviria in quel di Bogotá, ma sostanzialmente retta da Pablo Escobar, con capitale Medellin. Diarchia con cui, al culmine di un decennio di lotta, la vecchia oligarchia colombiana si accorderà con la nuova oligarchia di narcotrafficanti, con cui troverà i motivi per ristabilire un ordine socio-politico mutuamente accettabile. Ma come avremo modo di scrivere nella prossima parte di questo focus, non tutto in Colombia va come sembra, e l’illusione di una capitale spostatasi da Bogotá a Medellin svanirà una mattina d’estate dell’anno seguente, quando Pablo Escobar inizierà a sperimentare il significato del detto “sic transit gloria mundi”.