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CONOSCIAMO LA LIBIA (1° Parte)

Libia, molto è stato detto su di questo paese, soprattutto in tempi recenti, ma quanto ne sappiamo realmente? Proviamo a conoscere il background politico di questo importante paese che si affaccia sul bacino mediterraneo, e con cui l’Italia intrattiene indissolubili rapporti bilaterali.

ELEMENTI GEOGRAFICI

Prima di approfondire la storia politica libica, sarà bene accennare ad alcune nozioni geografiche. La Libia è un paese del nord Africa confinante con Algeria, Ciad, Egitto, Niger, Sudan e Tunisia. E dato che ci interessa, vale la pena menzionare come il nostro paese venga separato dalla Libia “solo”, se così può dirsi, dal Mar Mediterraneo. Il territorio libico è prevalentemente desertico, e la gran parte dei sui principali centri urbani sorge sulle coste mediterranee, anche se sussistono piccoli insediamenti localizzati nell’entroterra meridionale. Sebbene costituisca un unico stato, la Libia è l’aggregato politico di tre macroregioni: la Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan. La capitale libica è Tripoli, città abitata da circa un milione di persone. Le altre città rilevanti sono Bengasi, Misurata, el-Azizia, Tarhuna, Beida, Sirte e Derna, tutte situate nei pressi del versante costiero libico. L’etnia prevalente è quella araba, con rilevanti minoranze berbere e tuareg. La religione dominante è l’islam di confessione sunnita, ma va comunque segnalata anche l’esistenza di una piccola comunità Cristiana, retaggio dell’era coloniale italiana. Linguisticamente prevale l’arabo, mentre le minoranze berbere continuano ad usare la loro lingua berbera, abbastanza conosciute sono poi la lingua inglese e quella italiana, anche essa retaggio dei vecchi trascorsi coloniali. La moneta locale è il dinaro libico, mentre l’economia si basa essenzialmente sull’esportazione di petrolio e gas naturale, risorse naturali di cui il paese è particolarmente ricco.

L’ERA OTTOMANA E I KARAMANLI

Gli odierni territori libici, soprattutto le aree costiere bagnate dal Mar Mediterraneo, sono stati pertinenza dell’Impero Bizantino fino al 647, quando verranno assoggettati dal Califfato islamico, fautore di un processo di arabizzazione della regione nord-africana. Dominio arabo, esercitato da varie dinastie, inframezzato da una relativamente breve parentesi normanna durata poco più di un decennio a partire dal 1146. Successivamente al 1551, l’area di Tripoli verrà assoggettata dall’Impero Ottomano, che ne farà una delle città più avanzate del nord Africa. Il dominio ottomano sulla regione della Tripolitania verrà successivamente esteso a quella meridionale del Fezzan, ma non ancora a quella della Cirenaica. Il dominio ottomano verrà agevolato anche dall’ampio grado di autonomia riconosciuto alle autorità locali, alquanto aperte al commercio con l’Europa che, tra le altre cose, ne sfruttava la tratta degli schiavi. Con il trascorrere del tempo, l’autonomia esercitata dalle autorità locali finirà per indebolire l’autorità ottomana, convincendo Ahmed Karamanli, uno degli ufficiali giannizzeri locali, ad organizzare un colpo di stato che nel 1711 spodesterà il governatore ottomano. Il colpo di mano di Karamanli verrà, tuttavia, legittimato dall’Impero Ottomano, riconoscendolo come nuovo governatore della Tripolitania. Ma sebbene gli ottomani continuassero ad esigere il pagamento dei tributi imperiali, nei fatti, Karamanli instaurerà un vero e proprio regno assoggettato alla propria dinastia, dipendente solo formalmente dalla “Sublime Porta”, termine con cui veniva generalmente identificato il sultanato turco. L’economia di Tripoli trarrà grandi benefici dall’amministrazione di Ahmed Karamanli, abile nello sfruttare a proprio vantaggio l’insidia posta dai pirati barbareschi ai traffici commerciali mediterranei, esigendo dai bastimenti in transito il pagamento di un tributo che li avrebbe garantiti dai consueti e regolari assalti corsari, che avevano base proprio nella città. Grazie al potere accumulato, Karamanli riuscirà ad assoggettare anche le regioni del Fezzan e della Cirenaica, configurando per la prima volta la geografia che contraddistingue la Libia moderna.

LIBIA CONTRO USA: UN CONFLITTO ANTICO

L’insidia posta dai corsari barbareschi metterà alla prova gli equilibri conseguenti la guerra con cui gli Stati Uniti si renderanno indipendenti dal Regno Unito. Infatti, senza più lo scudo strategico britannico, i traffici mercantili americani nel mediterraneo cominceranno ad essere bersagliati da reiterati assalti corsari, compromettendo, tra le altre cose, anche la regolarità della tratta degli schiavi africani diretti verso il “nuovo mondo”. Dinnanzi alle pretese tributarie corsare, gli allora ministri Thomas Jefferson e John Adams, sebbene convinti che assecondare queste richieste non avrebbe fatto che incoraggiarne ulteriormente le iniziative, consiglieranno al governo di Washington di cedere, consapevoli di non avere a disposizione una marina militare in grado di fronteggiare una minaccia così lontana, soprattutto all’indomani dell’estenuante guerra di indipendenza. Sarà così che, nel 1796, gli Stati Uniti stipuleranno un trattato di pace e amicizia con le autorità di Tripoli, accettando il pagamento dei tributi richiesti. Sviluppo che comunque non impedirà agli Stati Uniti di porre le basi della propria marina militare, con cui intendevano garantire la precaria sicurezza dei traffici commerciali mediterranei. Ma la decisione di indirizzare le risorse della nazione sul versante atlantico-europeo non sarà unanime, giacché parte della nuova élite americana avanzerà perplessità sulla prospettiva di spendere risorse meglio impiegabili nella corsa verso il promettente versante occidentale del paese.

L’insediamento di Thomas Jefferson alla Presidenza degli Stati Uniti, nel 1801, verrà accolto da una nuova richiesta di tributi avanzata da Yusuf Karamanli, il nuovo Pashà di Tripoli. Richiesta seccamente respinta dal neo-presidente americano, che non esiterà ad inviare tre navi militari per garantire la navigazione dei bastimenti statunitensi nel mediterraneo, godendo del supporto logistico dell’allora Regno di Sicilia, retto da Re Ferdinando IV. Iniziative che indurranno Karamanli a recedere dal trattato di pace e amicizia stipulato solo qualche anno prima, esponendo decidendo di ingaggiare le navi americane inviate nel Mediterraneo. Ma nonostante i primi successi barbareschi iniziali, nel 1801 la marina militare americana riuscirà ad assediare il porto di Tripoli, iniziando a sostenere le rivendicazioni al trono di Hamet Karamanli, il fratello di Yusuf Karamanli, precedentemente esiliato all’estero. Parallelamente a ciò, nel 1805 gli Stati Uniti allestiranno in Egitto una milizia composta da mercenari arabi con cui prenderà d’assalto la città cirenaica di Derna, riuscendo ad espugnarla, anche grazie al determinante supporto fornito dalle tre fregate inviate nel Mediterraneo. Una volta presa Derna, la milizia organizzata dagli americani inizierà a marciare in direzione di Tripoli, arrestandosi, per fare ritorno in Egitto, solo dopo la decisione di Yusuf Karamanli di stipulare un nuovo trattato di pace con gli emissari statunitensi. La battaglia di Derna sarà la prima battaglia che gli Stati Uniti combatteranno dalla fine della guerra d’indipendenza fuori dal continente americano. Stando alle cronache del tempo, gli americani lasceranno Derna senza ricompensare i mercenari arabi che gli avevano permesso di mettere alle strette il loro avversario.

L’ASCESA DEI SENUSSI

Una volta risolta la contesa con gli Stati Uniti, nel 1817, Yusuf Karamanli si renderà protagonista di un massacro perpetrato ai danni di una tribù rea di aver messo in discussione l’entità dei tributi richiesti. Richieste tributarie che diverranno sempre più esose, soprattutto a partire dal 1819, quando la stipula dei trattati post-napoleonici intimeranno ai barbareschi l’abbandono delle scorribande corsare, innescando una profonda crisi economica. Dinamica a cui la dinastia Karamanli cercherà di compensare concentrandosi sulla tratta degli schiavi africani, sebbene tale fenomeno fosse prossimo alla sua abolizione su scala globale. L’indebolimento delle autorità locali preluderà ad una guerra civile che convincerà le autorità ottomane ad intervenire per riprendere il controllo dei territori libici, ponendo fine alla dinastia Karamanli.

Parallelamente al ripristino del controllo ottomano sui territori libici, inizierà ad imporsi la confraternita islamica dei “Senussi”, fondata nel 1837 da Muhammad al-Senussi, un influente leader religioso formatosi nella rinomata università egiziana di al-Azhar che, tuttavia, sarà costretto a lasciare a causa delle reiterate censure ricevute dagli ulema locali e dalle autorità ottomane, particolarmente indisposte verso il fondamentalismo religioso. Prima di trasferirsi in Cirenaica, al-Senussi vivrà in esilio alla Mecca, città dove avrà modo di approfondire le affinità teologiche con il movimento fondamentalista Wahhabita, lo stesso che qualche tempo dopo contribuirà alla fondazione del Regno d’Arabia Saudita. Senussi condividerà con i Wahhabiti anche i sentimenti anti-ottomani, auspicando l’emancipazione della comunità islamica dalle autorità turche, accusate di trascurare i dettami della legge coranica. Contrapposizione amplificata dai propositi del sultano ottomano di modernizzare l’impero, e con esso la religione islamica, dimostrandosi sensibile ai fermenti europei della rivoluzione francese. Ad ogni modo, successivamente all’esilio a la Mecca, intorno al 1840, Senussi si trasferirà nella regione libica della Cirenaica, conquistandosi la simpatia di molte delle tribù beduine locali, esercitando una certa autorevolezza dottrinale un po’ in tutto il Maghreb ed il Medioriente. In particolar modo, Senussi stabilirà la propria roccaforte nei pressi della città cirenaica di Derna. Negli anni a seguire, i Senussi, guidati dal reggente provvisorio Shmed Sharif, proveranno ad arginare l’avanzata dei francesi di stanza in Chad.

LE AMBIZIONI COLONIALI ITALIANE IN LIBIA

L’apertura del Canale di Suez in Egitto ripristinò la rilevanza strategica del Mar Mediterraneo, evidenziando la collocazione geo-strategica dell’Italia, risolutamente intenzionata a controllarne le rotte commerciali, pianificando l’assoggettamento dei territori libici sotto il controllo ottomano. Ambizioni strategiche che, tuttavia, si scontravano con l’opposizione britannica ad est, e a quella francese ad ovest, dove Roma si era già vista sottrarre la possibilità di controllare la vicina Tunisia. La strategia libica impostata dall’Italia si concretizzerà dapprima sul piano economico, diventando il principale partner commerciale di quello che all’epoca era classificato come il Vilayet ottomano di Tripolitania. Il rovesciamento del Sultano ottomano Abdul Hamid II darà slancio all’iniziativa italiana, inducendo una considerevole parte dell’opinione pubblica italiana a sostenere la necessità di assumere un controllo più assertivo dei territori libici, nonostante la rilevante opposizione della galassia socialista rivoluzionaria, a cui facevano eco gli ambienti massoni simpatizzanti del nuovo regime dei Giovani Turchi, con in testa l’allora sindaco di Roma, Ernesto Nathan. Nonostante ciò, nel 1911, il Regno d’Italia entrerà in conflitto con la Turchia, sottraendole, con una certa fatica, il controllo sulla regione costiera dell’odierna Libia. I turchi, tra i cui ranghi combatteva Mustafa Kemal, cederanno le armi solo dopo l’occupazione italiana di Rodi e delle isole del Dodecaneso, siglando gli accordi di pace di Losanna, lasciando che i territori libici diventassero una pertinenza coloniale del Regno d’Italia, sebbene questo controllasse a mala pena la sola regione della Tripolitania.

L’EMIRATO DI CIRENAICA CONTRO L’OCCUPAZIONE ITALIANA

L’assoggettamento italiano sui territori libici verrà contestato dalla “Senussia”, nonostante il suo leader, Ahmad Shariff, fosse impegnato a contrastare gli inglesi in Egitto. Tra i più strenui oppositori della colonizzazione italiana della Libia figurerà Omar al-Mukhtar, il figlio di una famiglia contadina, artefice di una efficacissima strategia di guerriglia capace di mettere seriamente in difficoltà le forze italiane, tanto da meritarsi l’appellativo di “leone del deserto”. Pur di contrastare l’occupazione italiana, i Senussi arriveranno ad accordarsi tacitamente con gli inglesi, soprattutto dopo il passaggio della leadership dal Ahmad Shariff al cugino Idris al-Senussi, congelando le ostilità con le forze britanniche di stanza in Egitto. E proprio grazie a questa scaltra iniziativa diplomatica che Idris Senussi riuscirà ad acquisire legittimità internazionale, facendosi riconoscere come Emiro della Cirenaica. Posizione che più avanti riuscirà a farsi riconoscere sul tavolo negoziale anche dalle autorità italiane. I rapporti tra Italia e l’Emirato cirenaico, tuttavia, continueranno ad essere particolarmente tesi, soprattutto dopo il fallimentare tentativo dei Senussi di prendere il controllo della Tripolitania, bloccato dalle forze italiane al culmine della battaglia di Bani Walid.

Libia Omar al-Mukhtar
Libia Omar al-Mukhtar

Successivamente, nel 1920, l’Italia proverà a ricomporre i rapporti con la Senussia, stipulando un accordo in cui l’amministrazione coloniale libica riconosceva una larga autonomia all’Emirato di Cirenaica. Tuttavia, a distanza di sue soli anni, le istanze nazionaliste torneranno ad infiammare i territori libici, ripristinando il confronto tra l’Italia ed i Senussi. Crisi che il governo di Benito Mussolini, precedentemente contrario all’intervento italiano in Libia, deciderà di risolvere definitivamente, autorizzando una decisa campagna militare finalizzata al consolidamento del controllo italiano sulla colonia libica. Durante le prime fasi del conflitto, Idris Senussi si esilierà in Egitto per motivi di sicurezza, affidando le operazioni militari ad Omar al-Mukthar, con cui nel 1929 le autorità italiane riusciranno a trovare una fragile tregua, tuttavia, infranta poco dopo dagli stessi libici, innescando una nuova e più cruenta fase del conflitto. Nonostante la strenua resistenza dei Senussi comandati da al-Mukthar, le forze italiane riusciranno ad assoggettare la regione desertica del Fezzan. Successi militari agevolati dalla spregiudicata condotta militare del generale Rodolfo Graziani, responsabile di una brutale campagna contro le forze ribelli, estesa indiscriminatamente alla popolazione civile, facendo ricorso a deportazioni forzate e all’uso di armi chimiche. Il conflitto si concluderà nel 1931, con la conquista italiana della roccaforte senussita di Kufra, nell’entroterra desertico della Cirenaica. Evento seguito dall’arresto di Omar al-Mukhtar, processato sommariamente, e successivamente giustiziato pubblicamente per aver contravvenuto alla tregua precedentemente concordata. La fine di al-Mukthar segnerà la sconfitta del fronte senussita, ma anche l’ascesa di un vero e proprio mito nazionale che resisterà alla prova degli anni.

L’ERA COLONIALE ITALIANA IN LIBIA

Successivamente alla sconfitta del fronte senussita, nel 1934, il governo italiano integrerà i territori della Tripolitania a quelli della Cirenaica, sottoponendoli al governatorato generale della Libia, affidato a Italo Balbo, uno degli esponenti prominenti del Partito Nazionale Fascista. La disarticolazione della guerriglia, permetterà al governo di Roma di avviare un rapido processo di colonizzazione, agevolando l’afflusso massivo di immigrati provenienti dal meridione d’Italia, che nel 1936 arriveranno a costituire circa il 12% della popolazione residente in Libia. Sempre durante il periodo coloniale, l’Italia promuoverà una serie di importanti investimenti infrastrutturali, dalla costruzione dell’autostrada costiera, meglio nota come “via Balbia”, alle numerose opere di bonifica, passando per la fondazione di nuovi villaggi dai nomi italianizzati e la riscoperta delle vestigia d’epoca romana a Leptis Magna e Sebratha. Nel 1935, sull’onda dei fermenti diplomatici antecedenti la seconda guerra mondiale, l’Italia stipulerà con la Francia un accordo che, tra le altre cose, integrava alla Libia la cosiddetta “Striscia di Azou”, un territorio localizzato a ridosso del confine con il Chad. Accordo la cui ratifica, tuttavia, non verrà perfezionata, lasciando aperta la contesa che si agganciava all’ambizione italiana di collegare la colonia libica alle colonie africane orientali. Le ambizioni italiane traspariranno anche dalle iniziative di propaganda con cui Benito Mussolini cercherà di sostituirsi alle autorità ottomane, accreditandosi anche come garante della comunità islamica, ricevendo da una delegazione berbera la “spada dell’islam”.

L’INDIPENDENZA LIBICA

All’inizio del 1939, il governo di Roma ingloberà ufficialmente i territori libici al Regno d’Italia, introducendo una forma di cittadinanza speciale riservata a tutti gli abitanti della colonia, compresi quelli autoctoni, a cui verrà addirittura concessa l’adesione al Partito Nazionale Fascista. Nel corso della seconda guerra mondiale, l’Italia sfrutterà la Libia come piattaforma d’attacco dell’Egitto, dove l’Italia puntava a scalzare il dominio britannico, aprendosi le porte del Medioriente. Ambizione, tuttavia, frustrata dalle forze armate britanniche, che nel 1943 riusciranno a sottrarre all’Italia prima la Cirenaica, e dopo la Tripolitania, mentre i francesi prendevano il controllo della regione meridionale del Fezzan.

In conseguenza della ritirata delle forze italiane, e soprattutto dell’esito della seconda guerra mondiale, la Libia verrà sottratta al controllo coloniale italiano. Nel 1947, le potenze europee proveranno a concordare la spartizione della Libia, ipotizzando l’assegnazione di protettorati regionali che, tuttavia, anche sull’onda del malcontento popolare locale, verranno rigettati da Stati Uniti e Unione Sovietica, intenzionate a sostenere un processo di indipendenza libico. In quel frangente, il Regno Unito sfrutterà i propri contatti privilegiati con l’ex-emiro, Idris al-Senussi, delegandogli il controllo della regione della Cirenaica, nella speranza di poterla controllare indirettamente influenzando un reggente amico; mentre, più avanti, la Francia promuoverà la formazione di un governo provvisorio nel Fezzan, confidando di agganciarlo al Chad. La contesa verrà risolta dall’intervento delle Nazioni Unite, che nel 1949 emaneranno una risoluzione che fissava una road map finalizzata alla fondazione di uno stato libico unitario. Proposito che vedrà gli Stati Uniti convergere sulla strategia britannica, sostenendo la prospettiva di un regno libico guidato da una personalità amica come Idris al-Senussi, con cui tenere i sovietici lontani da questo quadrante strategico.

Libia Idris Senussi
( Re Idris al-Senussi )

Nonostante mancasse una forte identità libica condivisa, Idris al-Senussi accetterà il suggerimento anglo-americano, proclamando la costituzione del Regno di Libia a Bengasi, nel 1951. E proprio a causa della debole identità nazionale, e dei fermenti autonomisti tribali, che il nuovo monarca libico imposterà una struttura statale federale, rassicurando così le regioni della Cirenaica e del Fezzan circa la prospettiva di finire assoggettati al dominio della Tripolitania, dove, invece, si sosteneva la necessità di un forte stato unitario e centralizzato, capace di opporsi all’influenza coloniale britannica e francese. Pur in mancanza di interessi concreti da difendere, il dualismo tribale tra la moderna e aperta regione della Tripolitania e la più conservatrice, e legata alla tradizione religiosa islamica, della Cirenaica, continuerà a caratterizzare il clima politico libico. La diffidenza tra Tripolitania e Cirenaica sarà tale da indurre il parlamento a riunirsi sia a Tripoli che a Bengasi, configurando un regime a doppia capitale, integrata da Bayda, la sede della residenza di Re Idris, a cui la costituzione del 1951 assegnerà il diritto di veto legislativo, il diritto di nomina del 50% dei senatori e quello di sciogliere il parlamento. Successivamente alle elezioni del 1952, dinnanzi ai crescenti fermenti politici, Idris al-Senussi promuoverà la messa al bando dei partiti politici, accusandoli di alimentare divisioni settarie nocive per la stabilità del regno. Iniziativa che porterà all’arresto di Bashir Saadawi, successivamente esiliato in Libano, il cui partito sosteneva la necessità di un forte stato centralizzato, anziché di impostazione federale. E sempre per puntellare la stabilità alla monarchia libica, nel 1953, Re Idris, sopperirà alla mancanza di un erede, designando come suo successore il nipote Hasan al-Rida.

LA COLLOCAZIONE STRATEGICA LIBICA

Durante la reggenza di Idris al-Senussi, la Libia aderirà alla Lega Araba. Ma al netto dei propositi panarabi, il regime di Senussi si ancorerà ancora di più all’orbita occidentale, ricevendo ingenti aiuti finanziari dagli Stati Uniti, con cui cercherà di intervenire sul precario stato socio-economico in cui versava il paese dalla fine della seconda guerra mondiale. Supporto finanziario che Re Idris ricambierà, permettendo a Stati Uniti e Regno Unito di usufruire degli aeroporti militari al-Adem e Wheelus, costruiti durante il periodo coloniale italiano. La situazione economica libica verrà completamente ribaltata verso la fine degli anni cinquanta, quando le compagnie petrolifere inizieranno a rilevare l’immensa ricchezza dei giacimenti di idrocarburi libici, che contribuiranno in maniera particolarmente rilevante ad alimentare la domanda energetica occidentale. Sull’onda della poderosa espansione dell’industria petrolifera nazionale, nel 1961 la Libia aderirà all’OPEC. Ricchezza che farà la fortuna della cerchia di potere di Re Idris, caratterizzata da un alto tasso di corruzione, con cui il monarca libico cercherà di conquistarsi il difficile consenso delle principali tribù del paese. E sarà proprio la necessità di centralizzare le crescenti entrate petrolifere ad indurre Re Idris a smantellare la struttura federale del paese, implementando quel modello statale centralizzato osteggiato fino a qualche anno prima. Iniziativa che, tuttavia, gli alienerà gran parte dei consensi tribali periferici, soprattutto nella regione della Tripolitania, dove, al netto della svolta centralizzata, la sua leadership non si era mai del tutto consolidata.

Conseguentemente all’ascesa del movimento socialista-panarabo guidato dal leader egiziano, Gamal Abdel Nasser, Il regno di Re Idris al-Senussi comincerà a soffrirne l’influenza ideologica, verso cui si dimostreranno particolarmente sensibili i giovani ufficiali del paese. Fermenti ideologici, amplificati soprattutto dalla questione palestinese, che contribuiranno a degradare i rapporti con i paesi occidentali, considerati contigui alle posizioni israeliane. Clima di ostilità che nel 1964 indurrà il governo libico ad espellere le forze armate britanniche dal paese, precludendogli l’uso delle basi militari precedentemente accordatogli. Addirittura, durante la “guerra dei sei giorni” del 1967, le ambasciate di Regno Unito e Stati Uniti verranno prese di mira dalle feroci manifestazioni pubbliche di solidarietà alla Palestina. Fermenti sociali accompagnati da scioperi organizzati dagli operatori del comparto petrolifero. Ma al netto di questi episodi, e della formale solidarietà con il fronte arabo, Re Idris manterrà la relazione speciale con i suoi partner occidentali, anche a costo di deludere i sentimenti prevalenti dell’opinione pubblica solidale al fronte arabo. In particolar modo, i sentimenti panarabi attecchiranno tra un gruppo di ufficiali, ideologicamente contigui al leader egiziano Nasser, tra cui spiccherà la leadership del giovane Muammar Gheddafi, di cui avremo modo di trattare approfonditamente nella seconda parte di questo focus libico.

CONCLUSIONI

La Libia, intesa come entità nazionale, è un prodotto relativamente moderno. L’agglomerato tribale libico ha trovato sostanza unitaria solo su impulso straniero, dall’Impero Romano a quello arabo, passando per quello ottomano, senza dimenticare la parentesi italiana e anglo-americana. Ciononostante, pur in mancanza di una marcata identità nazionale, la Libia ha giocato un ruolo importante nella storia moderna e contemporanea, soprattutto per via della sua collocazione geografica. E proprio questa sua caratteristica a rendere questa realtà particolarmente rilevante, data la particolare rilevanza del Mar Mediterraneo per i traffici commerciali di ieri e di oggi. Centralità strategica sfruttata a proprio vantaggio dai corsari barbareschi, le cui scorribande forniranno lo stimolo ai nascenti Stati Uniti per sviluppare quella che diventerà la marina militare più potente del mondo. Volendo avanzare un’iperbole, potremmo dire che le radici della marina militare statunitense sono libiche. La Libia è stata, infatti, la prima minaccia strategica ad aver indotto il governo di Washington a proiettare la propria potenza oltre il quadrante atlantico, nel Mediterraneo, dove la “terra dei liberi” attingeva per rifornirsi di schiavi deportati a forza dal continente africano, ma questa è un’altra storia che varrebbe la pena approfondire in un’altra occasione. E proprio attraverso l’ausilio della propria giovane marina militare che gli Stati Uniti riusciranno a costringere i Karamanli a ridimensionare le loro esose richieste tributarie, minacciando di rovesciarne la leadership, avvalendosi del contributo di milizie mercenarie arabe provenienti dall’Egitto. Va poi evidenziato il ruolo strategico che l’allora Regno di Sicilia ricoprirà nell’iniziativa americana nel Mediterraneo. Corsi e ricorsi storici che evidenziano come certe dinamiche non sono affatto una novità.

La storia della religione islamica in Libia risale all’epoca dell’Impero Arabo, ma sarà la confraternita dei Senussi a consolidarla, soprattutto nella regione della Cirenaica. Organizzazione i cui dettami non si differenziavano molto dai tratti salienti del movimento wahhabita dell’Hijaz. E non sorprende constatare come i due movimenti condividessero anche la stessa ostilità nei confronti delle autorità islamiche dell’epoca, considerate fin troppo appiattite sulle posizioni moderniste del sultanato ottomano. Ad ogni modo, seppur in momenti diversi, i due movimenti riusciranno a condizionare il corso politico della penisola araba e del Maghreb, contribuendo a ridimensionare il dominio ottomano nella regione. Ma nel caso libico, malgrado la crescente autorevolezza del movimento senussita, questo non sembrerà intenzionato a strutturare un identità nazionale libica, preferendo esercitare la propria influenza religiosa sull’agglomerato tribale libico.

All’inizio del 1900, la rilevanza strategica della Libia catalizzerà l’attenzione dell’Italia, intenzionata ad esercitare un controllo più marcato delle rotte mediterranee, rilanciate dall’inaugurazione del Canale di Suez. Ambizione strategica assecondata da larghi strati dell’opinione pubblica, fatta eccezione per alcuni settori sul cui background varrebbe la pena approfondire, cose che vi consigliamo di fare autonomamente, così da rilevare la filigrana di certe dinamiche politiche interne ed esterne. Perché, per quanto il mondo sia cambiato, certi sostrati sub-politici non sono affatto mutati. Dinamiche contraddittorie interne che all’epoca si accorderanno con il repentino riposizionamento strategico dei Senussi al fianco dei britannici di stanza in Egitto, da cui trarranno risorse sufficienti a contrastare il dominio coloniale italiano sulle coste libiche. E proprio grazie al supporto britannico, che Idris al-Senussi riuscirà a farsi accreditare, persino dagli italiani, come Emiro di Cirenaica. Ma malgrado queste premesse, i Senussi continueranno ad insidiare l’amministrazione coloniale italiana, organizzando una guerriglia disarticolata solo dalla brutale campagna militare disposta dal nuovo governo fascista, culminata con l’eliminazione di Omar al-Mukhtar, il primo vero mito nazionale libico. L’esito del conflitto tra l’Italia ed i Senussi porrà le basi del moderno stato libico, finalmente integrato in un’unica entità politica, e soprattutto titolare di un retaggio comune rappresentato proprio da al-Mukhtar, eliminato fisicamente, ma archiviato a rango di primo mito nazionale libico. Va infatti considerato come le sconfitte passano, ma i miti restano, e quello del “leone del deserto” sopravvivrà a lungo, riuscendo addirittura a calcare le strade della Roma del nuovo millennio.