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CONOSCIAMO LA LIBIA (2° Parte)

Ripercorriamo le fasi che porteranno al rovesciamento della monarchia di Idris al-Senussi e l’ascesa della Repubblica araba libica, retta dal consiglio rivoluzionario organizzato dai liberi ufficiali capeggiati dal giovane capitano Muammar Gheddafi.

I LIBERI UFFICIALI ROVESCIANO RE IDRIS

Sul finire degli anni sessanta, nonostante la prepotente ascesa dell’industria petrolifera nazionale, la monarchia retta da Re Idris al-Senussi inizierà a perdere il controllo sul paese, alienandosi in particolar modo le simpatie delle masse popolari. Nello specifico, la popolazione libica inizierà a mal tollerare la corruzione della cerchia di potere dell’anziano monarca libico, peraltro accusato di non essere sufficientemente solidale alla causa palestinese, mantenendo posizioni ritenute fin troppo speculari a quelle occidentali. Queste dinamiche interne contribuiranno ad incoraggiare l’intraprendenza di un piccolo gruppo di ufficiali sensibili all’ideologia socialista panaraba teorizzata dal leader egiziano Gamal Abdel al-Nasser. La debolezza della monarchia libica, convincerà questi militari panarabisti a riunirsi sotto la sigla di “Liberi ufficiali”, elaborando un piano finalizzato al rovesciamento di Re Idris al-Senussi. La crescente insoddisfazione nei confronti dell’anziano monarca libico, non passerà inosservata nemmeno alla sua cerchia di potere, tanto da indurla a valutare l’opportunità di un golpe conservativo, affidandone l’esecuzione al colonnello Abdul Aziz Shelhi, personalità nota e relativamente gradita anche agli anglo-americani, desiderosi di mantenere la Libia lontana dall’orbita sovietica in cui era stato inglobato il vicino Egitto. La divergenza ideologica e strategica di questi due gruppi golpisti configurerà un concorrenza che verrà risolta il 1 settembre 1969, quando i liberi ufficiali di stanza a Bengasi anticiperanno gli avversari, approfittando della visita in Turchia del monarca per assumere il controllo delle principali città del paese. Tuttavia, va menzionata anche la teoria che vuole Re Idris non in Turchia, ma bensì in Grecia, dove la locale giunta militare avrebbe appoggiato indirettamente il golpe, precludendogli le vie di comunicazioni necessarie a mobilitare i suoi fedelissimi in Libia. Comunicazione che, invece, sfrutteranno a dovere i liberi ufficiali, che per voce dell’allora capitano Muammar Gheddafi divulgheranno a mezzo radio un comunicato in cui sostenevano di dar compimento al desiderio di cambiamento della popolazione libica, ponendo fine a quello che veniva considerato un regime corrotto, traditore e decadente. Colpo di stato che i liberi ufficiali libici riusciranno ad attuare in maniera del tutto incruenta, arrestando tempestivamente il principe ereditario Hasan al-Rida al-Senussi. Immediatamente dopo la riuscita del loro golpe, i dodici liberi ufficiali riuniti nel “Consiglio del comando rivoluzionario” proclameranno la costituzione della Repubblica Araba Libica, prontamente riconosciuta dal vicino Egitto di Nasser, seguito dai governi di Siria e Iraq.

Libia Idris Senussi
( Re Idris al-Senussi )

Tra le prime iniziative del Consiglio rivoluzionario libico ci sarà l’organizzazione del processo che condannerà circa 200 esponenti del vecchio regime, accusati di aver corrotto le elezioni, le amministrazioni pubbliche e l’opinione pubblica. Lo stesso Re Idris al-Senussi verrà condannato in contumacia alla pena capitale, che comunque non sconterà mai, esiliandosi ancora una volta in Egitto. Al netto degli accesi proclami, la rivoluzione libica si manterrà incruenta, e nessuna condanna capitale verrà eseguita, nemmeno contro il principe ereditario Hasan al-Senussi, condannato a soli tre anni di reclusione, anche se dopo aver rinunciato pubblicamente ad ogni pretesa politica, esortando la popolazione a rispettare il nuovo governo. Il trattamento della famiglia Senussi verrà agevolato dalle rassicurazioni che l’ex-Re Idris farà pervenire al Consiglio rivoluzionario, informandolo della sua intenzione di rinunciare al potere, allontanando la temuta prospettiva di un suo ritorno agevolato da un rumoreggiato intervento armato britannico. Dal canto loro, gli anglo-americani riconosceranno il nuovo regime libico, confidando così di poter tutelare la loro posizione in Libia, senza pregiudicare la storica partnership costruita con il vecchio Re Idris. Solo per dare una misura dei rapporti libico-americani, solo qualche anno prima, nel 1967, gli Stati Uniti avevano accordato all’aeronautica militare libica una fornitura di un consistente numero di Northrop F-5, i primi caccia in dotazione al paese, ed i cui piloti stavano ultimando le fasi di addestramento negli states. Prospettive di collaborazione, tuttavia, deluse dalla retorica anti-imperialista di Gheddafi, risolutamente convinto della necessità di chiudere le basi occidentali in Libia, accelerando l’iter già avviato da Re Idris sull’onda dei malumori della questione palestinese. Trattamento migliore verrà, invece, riservato alla Francia, da cui il nuovo governo libico acquisterà un centinaio di moderni caccia Dassault Mirage VI, successivamente integrati anche da 38 esemplari di Mirage F1. Forniture militari ancora più sostanziose verranno inoltrate dall’Unione Sovietica, da cui la Libia acquisirà una vasta panoplia di armamenti: dai rodati caccia Mig-19 ai modernissimi intercettori Mig-25, passando per i bombardieri supersonici Tu-22.

IL BACKGROUD DI MUAMMAR GHEDDAFI

Sebbene, il potere interno al Consiglio rivoluzionario libico fosse equamente ripartito tra i suoi dodici membri, ben presto la carismatica figura di Gheddafi, nel frattempo autoproclamatosi colonnello, si imporrà su tutte le altre, conquistandosi il ruolo di presidente. A tal scopo riteniamo utile approfondire il background di questo importante personaggio.

Muammar Gheddafi, nato nel 1942, durante l’occupazione coloniale italiana, in un’umile famiglia di origine berbere nei pressi della città di Sirte, dove il padre viveva da allevatore di capre e cammelli. Per la cronaca, alcune fonti sostengono che il nonno di Gheddafi fosse stato ucciso in occasione dell’invasione italiana. Ad ogni modo, nonostante, le ristrettezze economiche e l’analfabetismo, la sua famiglia permetterà al giovane Muammar di frequentare le scuole elementari a Sirte, resistendo ostinatamente alle vessazioni dei compagni di scuola che irridevano le sue origini beduine. Nonostante l’ostracismo dei compagni, il giovane Gheddafi riuscirà ad emergere da questo clima poco costruttivo, distinguendosi per il suo carisma, la sua riflessività, e soprattutto il suo temperamento intraprendente, stringendo una solida amicizia con Abdul Salam Jalloud, un altro futuro membro del Consiglio rivoluzionario. Fin da giovane, Gheddafi si dimostrerà particolarmente sensibile alle dinamiche politiche, seguendo assiduamente via radio gli sviluppi nel vicino Egitto: dalla guerra arabo-israeliana alla rivoluzione socialista panaraba di Nasser, di cui diverrà un grande estimatore. Tuttavia, pur apprezzando il pensiero di Michel Aflaq, il fondatore del Partito socialista panarabo Baath, Gheddafi non aderirà mai a nessun partito nazionalista arabo, contestandone l’effimera faziosità fine a se stessa della partitocrazia.

Muammar Gheddafi Libia
( Muammar Gheddafi )

Gli studi di Gheddafi proseguiranno all’Università di Bengasi, dove, prima di fare il proprio ingresso in accademia militare, seguirà il corso di storia. Come per molti leader mediorientali, anche nel caso di Gheddafi l’ingresso tra i ranghi delle forze armate rappresenterà l’unica possibilità di ascesa sociale e di rilevanza politica. Durante il suo addestramento, Gheddafi si distinguerà in particolar modo per il disprezzo nutrito verso gli addestratori britannici, rifiutandosi persino di imparare la lingua inglese. La spregiudicata condotta di Gheddafi, sebbene censurata dagli ufficiali britannici e locali, gli varrà le simpatie di molti suoi commilitoni, convincendoli ad aderire all’organizzazione clandestina del futuro movimento dei “Liberi ufficiali”, fondato intorno al 1964, un anno prima della sua laurea. Ma sebbene i suoi propositi politici fossero noti all’intelligence libica, questa non vi presterà particolare attenzione, non ritenendoli una minaccia degna di nota per la monarchia di Re Idris. Nel 1964, avrà modo di trascorrere un periodo di addestramento in Italia presso la scuola di artiglieria contraerea di Bracciano. Nel 1966, metterà da parte il suo idealismo, accettando di trascorrere un breve periodo di addestramento in Regno Unito, dove per seguire i corsi dell’aeronautica militare sarà costretto ad imparare la lingua inglese. Alcune fonti sostengono che durante il suo soggiorno britannico, Gheddafi sfiderà il razzismo degli ufficiali locali, prendendo l’abitudine di girare per Londra con indosso gli abiti tradizionali libici. Nel 1969, una volta rientrato in Libia, sposerà con Fatiha, una insegnante che, si narra, avrebbe conosciuto solo al ridosso del matrimonio, e da cui avrà una figlia. La relazione sarà di breve durata, giacché nel 1971, complice un viaggio in Bosnia, conoscere Safiya Farkash, una infermiera libica di origini ungheresi, da cui avrà quattro figli.

LA LIBIA POST GOLPE

Successivamente al golpe, il Consiglio rivoluzionario libico eserciterà una funzione di garante supervisore di un governo affidato a Mahmud Sulayman al-Maghribi, un ex-prigioniero politico del precedente regime, con un background tecnico affinato negli Stati Uniti. Tuttavia, nei fatti, il nuovo governo libico, la cui capitale verrà spostata da Beida a Tripoli, si configurerà come un mero organo ratificatore di quanto deliberato dal Consiglio rivoluzionario egemonizzato dal colonnello Muammar Gheddafi, divenuto il referente libico del corso panarabista solcato da Nasser in Egitto. Corso politico incardinato sui principi del panarabismo, l’anticolonialismo e la solidarietà alla causa palestinese. Il periodo successivo al rovesciamento della monarchia di Re Idris si rivelerà irto di insidie, soprattutto a causa del tentativo di golpe che Adam Said Hawwaz e Musa Ahmad, rispettivamente ministro della difesa i ministri della difesa e degli interni, proveranno ad organizzare nel dicembre 1969 per svincolarsi dal ferreo controllo esercitato dal Consiglio rivoluzionario. Proposito intuito dai liberi ufficiali, e tempestivamente sventato, arrestando i due ministri sovversivi. Iniziativa che indurrà Gheddafi ad assumere la presidenza del governo e l’interim alla difesa, palesando il suo primato politico. Funzioni in cui il colonnello libico verrà coadiuvato dall’amico Abdel Salam Jallud, nominato suo vice e ministro degli interni. Nel frattempo, nel giugno del 1970, il movimento dei liberi ufficiali assumerà la nuova denominazione di Unione Socialista Araba, replicando quella assunta dai liberi ufficiali egiziani, rendendola l’unica organizzazione politica legittimata ad operare in Libia, anche se nei fatti non si configurerà mai come un vero e proprio partito politico.

Gheddafi Jalloud Libia
( Gheddafi e Jalloud )

Parallelamente a queste dinamiche politiche, le forze armate statunitensi concluderanno il ritiro dalla base di Wheelus, ottemperando alle disposizione del precedente regime di Re idris al-Senussi. Ritiro che si completerà l’11 giugno del 1970, data successivamente annoverata tra le festività nazionali. Ritiro accelerato dal pressante negoziato guidato da Abdel Salam Jallud (VAGLIA STORIA PISTOLA). Il ritiro americano verrà completato successivamente a quello britannico, completato il 27 marzo 1970. Il ritiro anglo-americano dalla Libia sembrerà assecondare la linea neutrale del nuovo governo libico, intenzionato a collocarsi in maniera equidistante all’imperialismo americano e al comunismo sovietico. Sempre a Jallud è attribuita una missione diplomatica in Cina, dove avrebbe cercato di convincere i vertici di Pechino a condividere il loro know-how nucleare, e secondo alcune fonti, arrivando persino a perorare l’acquisto di una testata nucleare da impiegare sul piano diplomatico per risolvere la questione palestinese.

Nel luglio del 1970, il nuovo governo libico verrà nuovamente minacciato da una presunta congiura, questa volta orchestrata dalla famiglia Senussi, con a capo Ahmed al-Senussi, uno dei cugini del vecchio Re Idris. Minaccia che indurrà il Consiglio rivoluzionario a mettere al bando l’ordine religioso della Senussia, stringendo ulteriormente il proprio controllo sul governo. E sull’onda di questi eventi che il governo libico disporrà la totale espulsione delle comunità italiane ed ebraiche dal paese, espropriandone le proprietà. Sarà così che nell’ottobre del 1970, circa 12.000 italiani verranno costretti a lasciare la Libia, in un giorno che le nuove autorità libiche classificheranno come il “giorno della vendetta”. Nel settembre del 1970, Abdel Salam Jallud contesterà alle major petrolifere le inique condizioni commerciali negoziate con il precedente regime, minacciando di tagliare la produzione in caso di mancata revisione delle condizioni economiche relative allo sfruttamento degli idrocarburi libici, inducendo gli altri stati OPEC a fare lo stesso, contribuendo ad incrementare il prezzo del petrolio pagato dalle multinazionali. Addirittura, nel dicembre del 1971, il governo libico promuoverà un drastico piano di nazionalizzazioni, espropriando anche alcune pertinenze della British Petroleum. Iniziative seguite dal massiccio ritiro di fondi dagli istituti di credito britannici. Sul piano politico interno, il nuovo corso libico conserverà il ruolo fondamentale della religione islamica, oltre che la messa al bando dei partiti politici decretate dal precedente regime. E proprio in ossequio alla tradizione islamica che Gheddafi si rifiuterà di importare la dottrina atea comunista, preferendo sviluppare una via autoctona al socialismo, armonizzandola, a suo modo, con i dettami coranici. La teorizzazione del socialismo-panarabo di Gheddafi e la sua crescente attenzione per le dinamiche internazionali verranno compensate a livello meramente amministrativo dall’amico Jallud, che nel 1972 assumerà le funzioni di Presidente del consiglio.

L’ESPERIMENTO PANARABO

L’improvvisa dipartita di Nasser del settembre 1970, priverà il panarabismo del suo principale promotore, spiazzando in particolar modo i paesi che, come la Libia, confidavano di potersi integrare all’interno di un’unica entità governativa araba. L’eredità panaraba di Nasser passerà al suo successore Anwar Sadat, il quale, tuttavia, preferirà promuovere una federazione araba, e non quello stato unitario auspicato da Gheddafi, le cui idee verranno pregiudicate dalla sua inesperienza, dal suo idealismo e, soprattutto, dal limitato rango internazionale della sua Libia. E sebbene la soluzione federale scontentasse i panarabisti più puri, il 1 settembre 1971, Egitto, Libia e Siria terranno dei referendum che approveranno a larghissima maggioranza la costituzione della Federazione delle Repubbliche Arabe, formalmente costituita il 1 gennaio 1972. Alla federazione verranno successivamente invitati ad aderire anche il Sudan e l’Iraq, che, tuttavia, rimarranno fuori dal progetto. Ciononostante, i panarabisti non rinunceranno all’idea di integrarsi, promuovendo un accordo con cui i governi della federazione si impegnavano a confluire in un’unica entità statale. Propositi, tuttavia, delusi dalla scarsa considerazione che Sadat nutriva nei confronti dell’approccio radicale di Gheddafi, ritenuto uno scomodo interlocutore funzionale all’accesso degli ingenti proventi petroliferi libici.

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( Anwar Sadat, Muammar Gheddafi e Hafiz Assad )

Tra i pochi punti di convergenza strategica dei due leader arabi ci sarà il supporto al tentativo di colpo di stato predisposto dai ribelli del “Fronte di liberazione nazionale del Chad” (FROLINAT) nell’estate del 1971. Golpe che indurrà il presidente ciadiano a rompere le relazioni con la Libia, invitando i dissidenti libici a rifugiarsi nel suo paese, avanzando, al contempo, rivendicazioni sulla regione libica del Fezzan. Sviluppi a cui Gheddafi risponderà a sua volta, rilanciando le pretese sulla Striscia di Azou, e riconoscendo il FROLINAT come unico rappresentante governativo del Chad. La crisi tra la Libia e il Chad rientrerà nell’aprile del 1972, sette mesi prima che il presidente ciadiano Tombalbaye revocasse il riconoscimento dello stato di Israele. Addirittura, Tolmbalbaye avrebbe stipulato un accordo segreto con Gheddafi, in cui si impegnava a cedere alla Libia la striscia di Azou, in cambio di ingenti finanziamenti. Successivamente a questi sviluppi, l’esercito libico stabilirà un proprio presidio poco a nord della Striscia di Azou, ritenendola parte integrante del proprio territorio nazionale, sebbene manchino riferimenti oggettivi e definiti circa l’effettivo status giuridico della regione rivendicata dai libici. Risoluzione politica che indurrà Gheddafi a revocare l’asilo ai leader del FROLINAT, patrocinandone lo spostamento del comando in Algeria.

GHEDDAFI CONTRO SADAT

Nel febbraio del 1973, gli israeliani abbatteranno un aereo civile della Lybian Arab Airlines che dall’Egitto era sconfinato in Israele durante una tempesta di sabbia. Evento che susciterà le ire di Gheddafi, contribuendo a degradare il pessimo rapporto intrattenuto con il presidente egiziano Sadat. E sarà proprio Sadat a dissuadere il leader libico dal vendicarsi contro Tel Aviv, convincendolo a desistere dal suo proposito di distruggere una nave britannica noleggiata da alcuni ebrei americani diretti ad Haifa per il 25° anniversario della fondazione di Israele. Iniziativa, quella egiziana, verosimilmente suggerita dalla necessità di non turbare i piani dell’attacco a sorpresa che l’Egitto e la Siria lanceranno contro Israele nell’ottobre 1973. Attacco da cui, tra l’altro, Gheddafi verrà tenuto all’oscuro fino all’ultimo, relegando la Libia ad un ruolo marginale nel conflitto, a cui parteciperà mettendo a disposizione solo alcuni caccia Mirage II recentemente acquisiti dalla Francia. Tuttavia, va anche considerato il ruolo determinante che il governo di Tripoli giocherà nella decisione dei paesi arabi dell’OPEC di bloccare le forniture petrolifere ai paesi ritenuti contigui a Israele, quadruplicando nel giro di pochi mesi il prezzo del greggio su scala globale. Iniziativa che vedrà la Libia tra le prime nazioni arabe a mettere sotto embargo gli Stati Uniti. Ad ogni modo, l’esito della guerra dello Yom Kippur verrà aspramente contestato da Gheddafi, assolutamente contrariato dalla decisione di Sadat di negoziare una pace culminata con il riconoscimento dello Stato di Israele, ritenuto un tradimento consumato a danno della comunità araba. Contrapposizione che pregiudicherà le prospettive della Federazione panaraba.

La decisione egiziana di scendere a patti con Israele, degraderà ai minimi termini i sempre più pessimi rapporti tra il presidente egiziano Anwar Sadat e Muammar Gheddafi, compromettendo seriamente le relazioni tra i due paesi confinanti. Facendo leva su quello che nel mondo arabo verrà considerato un tradimento della causa palestinese, Gheddafi ne approfitterà per tentare di accreditarsi come l’erede del panarabismo di Nasser. Ambizione che il leader libico perseguirà investendo una considerevole quota dei sostanziosissimi proventi petroliferi nell’acquisto di armi di produzione sovietica. Strategia integrata dal sostegno, più o meno discreto, alle formazioni dissidenti egiziane, come l’organizzazione islamista dei “Fratelli musulmani”, nel tentativo di precarizzare la posizione politica dell’odiato Sadat, il quale non sarà da meno, replicando la strategia destabilizzatrice del suo avversario. All’inizio del 1974, gli attriti tra Gheddafi e Il Cairo arriveranno ad un livello tale da indurre Sadat a considerare il governo di Tripoli una minaccia peggiore di quella israeliana, tanto da indurlo a chiedere agli Stati Uniti di persuadere Tel Aviv a non attaccare il suo paese in caso di conflitto con la Libia. Le tensioni tra i due paesi cresceranno fino all’inizio del 1976, quando le forze armate libiche inizieranno a presidiare provocatoriamente i confini orientali, rendendosi protagoniste di alcune schermaglie con le truppe egiziane. Provocazioni a cui il governo del Cairo reagirà mobilitando sul confine occidentale un’armata numericamente più consistente di quella libica: 40.000 effettivi contro appena 5.000, peraltro poco addestrati, sebbene motivati dalla prospettiva di scontrarsi con un paese considerato traditore della causa araba. E del resto, anche tra le truppe egiziane serpeggiava il malcontento per la prospettiva di uno scontro con un paese arabo amico, anziché concentrarsi contro gli storici nemici israeliani.

IL CONFLITTO LIBICO-EGIZIANO

Dinnanzi alla minaccia di un confronto militare impari, Gheddafi reagirà portando il conflitto sul piano politico, imponendo la chiusura del consolato egiziano di Bengasi. E sebbene questo clima suggerisse la prospettiva di un’imminente invasione egiziana della Libia, la realtà politica e militare costringerà Sadat a desistere dal realizzare i suoi propositi. Sul piano meramente politico, infatti, un’invasione della Libia avrebbe contribuito ad isolare ulteriormente l’Egitto dalla comunità araba, compromettendo al contempo anche le delicate relazioni con l’Unione Sovietica. Considerazioni arricchite dalle difficolta logistiche che l’esercito egiziano avrebbe incontrato per portare a termine una complicatissima avanzata verso Tripoli, il cui esito era tutt’altro che scontato. Considerazioni strategiche di cui Gheddafi era ben consapevole, e che lo convinceranno a ritenere altamente improbabile l’eventualità di un’offensiva egiziana, sebbene dall’intelligence sovietica arrivassero segnali contrastanti. Sulla base di queste convinzioni, l’esercito libico continuerà a provocare le forze egiziane dislocate lungo il confine, mentre Gheddafi arriverà ad organizzare persino una marcia civile che avrebbe dovuto forzare i confini egiziani, marciando fino al Cairo, dove confidava di suscitare la solidarietà della popolazione locale, aizzando le masse panarabe contro Sadat. Marcia, tuttavia, intercettata e respinta dalle autorità frontaliere egiziane. Ma nonostante l’esito scontato di questa spregiudicata iniziativa, il 21 luglio, Gheddafi rilancerà la sua strategia, ordinando un’incursione militare nella città di confine di Sallum. L’incursione libica verrà respinta prontamente dall’esercito egiziano, reagendo con un raid aereo contro una delle principali basi dell’aeronautica militare libica, paradossalmente intitolata a Gamal Nasser. La controffensiva egiziana si articolerà in modo limitato, astenendosi dal colpire la popolazione civile libica, senza configurare la temuta invasione della Libia, concludendo le operazioni il 24 luglio.

Aeronautica militare Libia Dassault Mirage
( Un Dassault Mirage dell’aeronautica militare libica )

Il conflitto rientrerà così a vantaggio dell’Egitto, lasciando sul campo circa 400 militari libici, e alcuni tecnici sovietici. Lo scontro proseguirà solo sul piano diplomatico, alimentato dalle accuse reciproche lanciate da Gheddafi e Sadat. Alla risoluzione della contesa coopereranno sia alti esponenti dell’OLP, che il presidente algerino Houari Boumeidène. Si ritiene che sulla scelta di non proseguire l’invasione della Libia abbia influito il governo degli Stati Uniti, convinto che l’inadeguatezza delle linee di approvvigionamento egiziane avrebbe pregiudicato il tentativo di rovesciare Gheddafi, e con esso la stabilità politica dello stesso Sadat, ritenuto indispensabile per concludere qualsiasi accordo di pace con Israele, spettatore soddisfatto di una crisi che pregiudicherà seriamente la coesione del fronte arabo. Oltre ciò, a Washington si temeva la possibilità che un’iniziativa di un Egitto sempre più prossimo alle frequenze americane potesse indurre i sovietici ad intervenire a sostegno di Gheddafi, puntellando la propria posizione strategica in Libia. Dal canto libico, sebbene il conflitto avesse palesato la scontata prevalenza dell’esercito egiziano, Gheddafi si rivelerà relativamente soddisfatto della tenuta delle sue forze armate, e soprattutto dalla sua posizione strategica. Considerazioni che comunque non impediranno al colonnello libico di pianificare l’ammodernamento delle proprie forze armate, potenziando in particolar modo la cooperazione militare con l’Unione Sovietica. Tra gli strascichi strategici del breve conflitto libico-egiziano ci sarà il degrado delle relazioni tra la Libia ed il Sudan, dove la decisione del presidente Gaafar Nimeriry di sostenere l’Egitto indurrà Gheddafi a sostenere i ribelli dell’Esercito di liberazione del popolo sudanese, esortandolo a rovesciare il governo di Khartoum.

Successivamente al congelamento della contesa con l’Egitto, Gheddafi proverà a convincere la vicina Tunisia ad integrarsi con la Libia che, tuttavia, alla fine sfumerà a causa dei malumori popolari che costringeranno il presidente Bourghiba ad abbandonare i negoziati. Qualche anno dopo, la Libia si ritroverà nuovamente in contrasto con il vicino Chad, complice il colpo di stato con cui, nell’aprile del 1975, i militari guidati dal generale Felix Malloum rimuoveranno Tombalbaye dal potere. Golpe animato da forze ostili alla pacificazione con la Libia, e che indurrà Gheddafi a riprendere a sostenere attivamente le incursioni del FROLINAT nel nord del Chad. Addirittura, l’anno successivo, Gheddafi avrebbe sostenuto il tentativo di assassinio di Malloum. Alleanza quella con Gheddafi non del tutto condivisa all’interno del FROLINAT, dove la fazione minoritaria guidata da Hissène Habrè si sgancerà, promuovendo le “Forze Armate del Nord” (FAN), che qualche tempo dopo deciderà di allearsi con le forze governative del generale Malloum, che nel frattempo aveva cercato di portare la questione all’attenzione dell’ONU, avvalendosi del supporto francese. L’alleanza tra Malloum e Habrè porterà all’instaurazione di un nuovo governo di unità nazionale, patrocinato dal Sudan e dall’Arabia Saudita, paesi intimoriti dall’incremento del peso strategico della Libia in Africa.

CONCLUSIONI

Nonostante i crescenti proventi petroliferi, la monarchia di Re Idris al-Senussi non reggerà alla pressione interna ed esterna, rivelandosi incapace di arginare il processo di decomposizione di un regime essenzialmente clientelare. La corruzione, il mancato sviluppo, sommati all’approccio defilato alla questione palestinese, condanneranno la debole leadership di Idris, decisamente più portato per le questioni dottrinali che a quelle di natura politica. La debolezza di Re Idris non verrà adeguatamente compensata dalla sua cerchia di potere, incapace di prevenire la mobilitazione politica con cui un ristretto numero di ufficiali si sintonizzerà sulle frequenze del socialismo panarabo teorizzato dal leader egiziano Nasser. La scarsa reattività della cerchia di potere governativa pregiudicherà il golpe del colonnello Shelhi, agevolando il più tempestivo gruppo dei “liberi ufficiali”. Sviluppo verosimilmente intuito dalle intelligence anglo-americane, consapevoli dell’insostenibilità di una presenza militare in un contesto divenuto sempre più complesso, soprattutto per via della crescente ostilità popolare nei confronti di un occidente ritenuto palesemente compromesso con Israele, all’epoca considerato l’avversario irriducibile della comunità araba. Sentimenti di solidarietà panaraba confermati dall’entusiasmo popolare verso un golpe che incontrerà una resistenza pressoché nulla, sviluppandosi in modo sostanzialmente incruento. Sviluppo che gli anglo-americani cercheranno di gestire, nella speranza di poter conservare rapporti pragmatici con la nuova dirigenza libica, sebbene i legami con l’Egitto di Nasser lasciassero intuire uno scivolamento verso il polo sovietico. E del resto, l’espulsione delle forze anglo-americane dalla Libia, si consumerà rapidamente, come del resto l’adeguamento delle concessioni petrolifere precedentemente accordate alle major occidentali. La cartina tornasole che rivelerà l’effettiva collocazione strategica della nuova Libia verrà fornita dalle forniture militari, essenzialmente dominate dall’Unione Sovietica, alla cui ombra troverà spazio la Francia, da cui il nuovo governo di Tripoli importerà un consistente numero di caccia Dassault. Ad un giudizio più pratico, la partnership con l’URSS sarà più strategico-militare che ideologica, soprattutto alla luce dell’ostilità di Gheddafi al comunismo ateo, considerato antitetico alla religione islamica, a cui non intenderà rinunciare.

Almeno inizialmente, i “liberi ufficiali” proveranno a condividere il potere con esponenti civili, pur subordinandone la condotta ai dettami del consiglio rivoluzionario egemonizzato da Muammar Gheddafi, il quale accentrerà su di se un potere crescente. Potere che, tuttavia, esercitava per procura, avendo ben chiara la prospettiva di convergere in un unico grande stato arabo guidato dalla carismatica figura di Nasser. Anche per questo che il consiglio rivoluzionario non permetterà ai partiti politici, peraltro banditi dal precedente regime, e alla stessa Senussia, di influenzare il corso panarabista intrapreso dalla Libia. Il corso libico, verrà stravolto, al pari della prospettiva di integrazione panaraba, dalla prematura dipartita di Nasser, il cui erede, Sadat, intratterrà con Gheddafi relazioni al dir poco contrastate. Diffidenza che pregiudicherà irrimediabilmente il progetto della Federazione delle Repubbliche Arabe. E del resto, se non fosse stato per il peso finanziario della industria petrolifera libica, Sadat avrebbe fatto a meno di relazionarsi con Gheddafi, ritenuto una figura fin troppo radicale, ma soprattutto antitetica alla sua ambizione di incanalare l’Egitto su di un corso strategico antitetico a quello solcato da Nasser. Diffidenza certificata dalla marginalizzazione della Libia dai preparativi della guerra dello Yom Kippur. Conflitto culminato con la decisione egiziana di normalizzare le proprie relazioni con Israele. Decisione che evidenzierà la spaccatura tra l’Egitto di Sadat e la Libia di Gheddafi, che da quel momento in avanti proverà a raccogliere l’eredità panarabista di Nasser, sebbene la consistenza strategica della sua Libia non gli consentisse di esercitare una leadership vagamente simile a quella del suo mentore. Ambizione che lo indurrà a delegittimare Sadat dinnanzi al suo stesso popolo, aizzandogli contro l’opposizione. La contrapposizione tra i due leader arabi sfocerà in un breve conflitto di confine, che nella sostanza alleggerirà la pressione su Israele, ritenuto da Sadat una minaccia meno rilevante della Libia di Gheddafi, perché diretta contro la sua leadership interna. Di certo, se tra Sadat e Gheddafi non ci fossero stati un migliaio di chilometri di deserto a separarli, il leader egiziano non avrebbe esitato a marciare su Tripoli, per rimuovere lo scomodo leader libico. Sadat era, infatti, conscio che Gheddafi fosse a capo di un paese dal peso demografico ridotto, ma dal poderoso potenziale economico, per di più amministrato da un leader spregiudicato e imprevedibile. Caratteristiche, quelle del colonnello libico, che lo renderanno noto in tutto il mondo, dove avrà modo di giocare un sempre più intraprendente ruolo internazionale, sostenendo a vario titolo numerosi movimenti ribelli, da quelli più moderati a quelli decisamente più radicali.