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CONOSCIAMO LA LIBIA (4° Parte)

Sul finire degli anni ottanta Muammar Gheddafi si ritroverà a guidare una Libia sostanzialmente in stato di quarantena internazionale, soprattutto per via della sua spregiudicata strategia di proiezione strategica adottata tra il Medio Oriente prima ed il nord Africa dopo. Uno degli elementi caratteristici della postura internazionale del leader libico sarà la risoluta ostilità a Israele, e all’ancora più risoluto sostegno alla resistenza palestinese, compresa le fazioni più radicali e contigue alle logiche del terrorismo. Ma parallelamente al sostegno, più o meno pubblicizzato, ufficialmente Gheddafi contesterà la soluzione dei due stati, auspicando la costituzione di un unico stato palestinese inclusivo che andasse oltre la suddivisione su faglie etnico-religiose. Questo approccio, come abbiamo avuto modo di rilevare precedentemente, è stato uno dei motivi che hanno portato all’azzeramento delle relazioni con il vicino Egitto, soprattutto durante l’era Sadat. Ma a partire dal 1988, Gheddafi riuscirà a superare le antiche incomprensioni con l’Egitto, ospitando il nuovo presidente Hosni Mubarak, con cui inaugurerà una nuova stagione delle relazioni tra i due paesi confinanti. Visita che il leader libico ricambierà l’anno successivo, recandosi in Egitto, archiviando definitivamente una crisi che perdurava da ben 16 anni. Le relazioni tra i due paesi arabi verrà completamente normalizzata in occasione del vertice libico del marzo del 1990, in cui Gheddafi ospiterà sia Mubarak che il presidente siriano Hafez al-Assad. Sull’onda di questo rinnovato clima d’intesa, il governo egiziano inizierà a patrocinare l’alleggerimento della situazione libica presso il governo statunitense. Dinamiche che si intersecheranno con la richiesta britannica di estradizione di esponenti dell’intelligence libica, come Abdelbaset al-Megrahi, ritenuti i registi dell’attentato terroristico contro il volo Pan-Am 103, precipitato nei pressi della cittadina scozzese di Lockerbie nel dicembre del 1988. Richiesta di estradizione rigettata dal governo libico, e per questo sanzionata con un rigido embargo disposto dalle Nazioni Unite, che finirà col pregiudicare la posizione economica del paese per molti anni a seguire. Sanzioni economiche che, tuttavia, non impediranno alla Germania di diventare il principale partner commerciale della Libia, soprattutto per quanto concerne il settore petrolifero. Le considerazioni economiche saranno anche alla base degli sforzi con cui la Libia promuoverà libici la fondazione dell’Unione del Maghreb Arabo, insieme ad Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia.

Libia Gheddafi Egitto Mubarak
( Il presidente egiziano Hosni Mubarak insieme al leader libico Muammar Gheddafi )

GHEDDAFI TRA MINACCE E SOSPETTI

La ricomposizione degli attriti con i paesi vicini, puntellerà la posizione di potere interna di Gheddafi, anche se proprio nel corso 1989 verrà reso oggetto di alcuni fallimentari attentati attribuiti ad ambienti islamisti locali. Minacce a cui le autorità libiche reagiranno mettendo sotto stretto controllo le moschee del paese, monitorandone attentamente le personalità di spicco. Clima di sospetti a cui non sfuggiranno nemmeno i principali ufficiali militari del paese, ridimensionando drasticamente i fondi destinati al comparto militare, in modo da ridurre di conseguenza anche il potenziale offensivo del circolo ufficiali. Logica che, sommata alle sanzioni internazionali e alla crisi dell’URSS, limiterà anche il potenziale dell’arsenale delle forze armate libiche, che al pari di altri paesi mediorientali dipendeva essenzialmente dalle forniture militari inoltrate da Mosca. Queste fibrillazioni interne finiranno per intensificare la deriva autocratica di Gheddafi, al punto da allontanare anche i suoi più fidati collaboratori originari come l’ex-premier Abdessalam Jalloud, a cui nel 1995 verrà ritirato persino il passaporto, sottoponendolo al rigido controllo dell’intelligence. Fermenti interni che, tuttavia, non impediranno a Gheddafi di realizzare importanti opere infrastrutturali come il “Grande fiume artificiale”, la colossale infrastruttura idrica che permetterà di dirottare le ingenti riserve di acqua fossile rinvenute nel profondo entroterra desertico libico all’interno dei sempre più popolosi centri urbani costieri, dove l’approvvigionamento idrico assumeva un valore decisamente più rilevante di quello del petrolio grazie a cui il governo di Tripoli riuscirà a finanziare uno degli apparati di welfare più all’avanguardia del continente africano. Welfare che, tenuto conto della pressione fiscale pressoché nulla, garantiva ai libici un tenore di vita decisamente più agiato di quello vigente in molti altri paesi della regione.

La situazione libica interna verrà scossa nel settembre del 1995, quando un gruppo militante islamista composto da reduci della guerra afghana si renderà protagonista di un attacco terroristico a Bengasi, provocando numerose vittime. Attacco che più avanti verrà rivendicato dal “Gruppo combattente islamico libico” (LIFG), un’organizzazione islamista fondata da Abu Laith al-Libi. Nel febbraio dell’anno successivo la stessa organizzazione attenterà anche alla vita di Gheddafi. Attentato fallito, e che alcune speculazioni riterranno in qualche misura supportato dai servizi britannici. Minaccia, quella islamista, che in ogni caso l’intelligence libica riuscirà a circoscrivere entro il 1998, soprattutto dopo la rivolta del famigerato carcere di Abu Salim, che secondo alcune fonti locali le forze di sicurezza avrebbero disarticolato in maniera brutale al fine di evitare un’evasione di massa.

LA NUOVA LIBIA: PANAFRICANA E MODERATA

Sul piano esterno, la Libia recepirà le conseguenze del crollo dell’URSS, prendendo atto che la sua spregiudicata condotta internazionale non avrebbe più potuto contare sullo schermo strategico di Mosca. Considerazione che indurrà Gheddafi ad inaugurare un rapido processo di moderazione che lo porterà a ripristinare progressivamente le relazioni con il mondo occidentale. Questo processo agevolerà lo scongelamento delle relazioni con l’Italia, con cui Tripoli porrà le basi per la progressiva risoluzione degli antichi contenziosi di epoca coloniale. Questi timidi progressi verranno rilevati anche sul versante britannico, favorendo l’ulteriore allentamento del regime sanzionatorio internazionale contro la Libia. Sviluppo su cui influirà in maniera determinante il presidente sudafricano Nelson Mandela, legato a Gheddafi da un rapporto di amicizia risalente ai tempi in cui il suo movimento anti-apartheid aveva nella Libia uno dei pochi sponsor internazionali. La mediazione sudafricana favorirà l’intesa culminata con la risoluzione della contrapposizione tra Libia e Regno Unito, permettendo l’estradizione di al-Megrahi alla corte scozzese dei Paesi Bassi, dove verrà condannato per il suo ruolo nella strage di Lockerbie. Condanna che Gheddafi commenterà sostenendo di essere all’oscuro di quella che riterrà un’iniziativa autonoma di al-Megrahi.

Libia Gheddafi Nelson Mandela Sudafrica
( Il leader libico Gheddafi con il presidente sudafricano Mandela )

In coerenza con i suoi rinnovati propositi panafricani, nell’estate del 1999 Gheddafi farà aderire la Libia alla Comunità degli stati sahel-sahariani. E sempre coerentemente a tali propositi, il leader libico sosterrà dinnanzi all’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) la necessità di promuovere un processo di integrazione politica panafricana che a suo dire sarebbe dovuto sfociare nella costituzione degli Stati Uniti d’Africa, un’entità dotata di moneta e apparato di difesa comune. L’impegno panafricano di Gheddafi rilancerà anche la cooperazione con Chad, Egitto e Sudan, con cui nel 2000 la Libia sottoscriverà un’intesa finalizzata al coordinamento dello sfruttamento delle preziosissime riserve idriche della regione nord-africana. Due anni dopo, la Libia sarà tra i principali paesi promotori dell’Unione Africana, l’organizzazione panafricana che succederà all’OUA, e di cui Gheddafi sarà tra i principali finanziatori. E proprio facendo leva sull’Unione Africana che il leader libico esorterà gli stati membri a limitare le relazioni con l’occidente, così da schermare il continente dal pericolo di una nuova deriva neo-coloniale.

LA LIBIA POST 11 SETTEMBRE

In occasione degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, la Libia di Gheddafi esprimerà la propria solidarietà agli Stati Uniti, condannando nettamente l’attacco perpetrato dagli islamisti di al-Qaeda. In quel frangente, Gheddafi si adopererà per dissipare i sospetti circa un suo possibile coinvolgimento negli attentati, facendo pervenire a Re Abdallah II di Giordania la sua presa di distanze dall’attacco, assicurando la piena collaborazione alla lotta al terrorismo islamico che da lì a poco gli Stati Uniti avrebbero intrapreso. Posizione che contribuirà a favorire la risoluzione con cui, il mese successivo agli attentati, il Consiglio Sicurezza ONU classificherà il LIFG tra le organizzazioni terroristiche associate ad al-Qaeda. Sempre nel 2001, Gheddafi disporrà lo scarceramento di Ahmed al-Senussi, il pronipote erede al trono di Re Idris al-Senussi, liberato dopo oltre trent’anni dal golpe dei liberi ufficiali.

A partire dal 2002, Gheddafi inizierà a riconsiderare la sostenibilità della struttura socialista dell’economia libica, aprendo ad alcune timide riforme di stampo capitalista che in poco tempo lasceranno ipotizzare la prospettiva di un rapido processo di privatizzazione. Aperture che il leader libico sonderà innanzitutto con la Cina, ospitando l’allora presidente Jiang Zemin. Queste premesse verranno ampliate anche alla sfera occidentale, contribuendo a catalizzare il volume degli investimenti nel paese a partire dall’anno successivo, anche se tali propositi faticheranno a concretizzarsi per via di una certa opposizione locale, contraria ad abbandonare il regime di welfare di matrice socialista a cui la società libica si era abituata. In armonia con queste aperture, nell’estate del 2003 Libia ed Egitto stipuleranno un accordo finalizzato alla rimozione reciproca dei dazi doganali, integrato da una procedura semplificata per dirimere le dispute commerciali. Intesa che negli anni successivi determinerà un significativo incremento del commercio tra i due paesi confinanti. Questi accordi verranno preceduti dai colloqui esplorativi con cui i due paesi ipotizzeranno l’integrazione delle rispettive reti di trasporto del gas naturale al fine di agganciarli alle infrastrutture di trasporto che dall’Algeria inoltravano metano verso la Spagna via Marocco. Tra le ipotesi prese in analisi ci sarà anche la bozza di un ambizioso progetto che prefigurava la costruzione di un oleodotto libico diretto alle raffinerie egiziane situate lungo la costa prossima alla città di Alessandria.

Libia Gheddafi Lega Araba
( Il leader libico in occasione del turbolento vertice della Lega Araba di Doha )

Nel settembre del 2003, la Libia cederà alle pressioni internazionali, cooperando con le autorità che indagavano sulla strage di Lockerbie, ottenendo in cambio la rimozione delle sanzioni da parte dell’ONU. L’alleggerimento della posizione libica verrà verosimilmente suggerito dall’invasione statunitense dell’Iraq. In quel frangente, Gheddafi, pur avendo intrattenuto gelide relazioni con Saddam Hussein, ne condannerà il rovesciamento, mettendo in guardia dalle conseguenze derivanti dalla sua rimozione in un contesto caratterizzato da profonde etniche e religiose. Per la cronaca, nel 2004 Ayesha Gheddafi, la figlia del colonnello, farà parte della squadra legale che difenderà il leader iracheno nel corso del processo che culminerà con la sua condanna capitale. Nel contestare l’iniziativa americana, Muammar Gheddafi si scaglierà con particolare veemenza contro l’Arabia Saudita, accusandola di lasciar profanare il suolo del suo paese ad un esercito infedele. Rimostranze che il leader libico non esiterà a ribadire nel corso del vertice della Lega Araba ospitato dall’Egitto, accusando platealmente la monarchia saudita di essere un’entità ideata e custodita dagli anglo-americani. Presa di posizione a cui poco dopo i sauditi reagiranno accusando Gheddafi di complottare per l’assassinio dell’allora principe ereditario Abdallah al-Saud contro cui Gheddafi aveva precedentemente scagliato la sua accesa retorica.

GHEDDAFI NEGOZIA CON L’OCCIDENTE

Al netto della retorica, il rovesciamento del governo baathista di Saddam Hussein renderà chiaro a Gheddafi la necessità di revisionare il rapporto antagonistico con cui si era misurato per circa trent’anni con il mondo occidentale. L’occasione per rettificare i trascorsi verrà fornita dall’intercettazione di una nave carica di componentistica nucleare effettuata dall’intelligence italiana in cooperazione con quella statunitense. Caso che Gheddafi sfrutterà per negoziare un accordo con cui si impegnerà a smantellare definitivamente sia il programma nucleare libico che il sostanzioso arsenale chimico, in cambio la prospettiva di una piena reintegrazione del suo paese all’interno della comunità internazionale. Questi sviluppi agevoleranno l’intesa con cui i governi di Tripoli e Roma concorderanno la costruzione del gasdotto Greenstream, promosso dall’italiana Eni e dalla National oil Company libica. Il gasdotto Greenstream, lungo circa 500 km, collega i giacimenti libici alle coste italiane della Sicilia, inoltrando a regime massimo 11 miliardi di metri cubi annui, contribuendo a diversificare l’approvvigionamento energetico italiano.

Libia Gheddafi Regno Unito Tony Blair
( Il premier britannico Tony Blair e Gheddafi )

Il nuovo corso avviato da Gheddafi verrà accolto dagli Stati Uniti, ma anche dal Regno Unito, favorendo la storica visita di Tony Blair del marzo 2004, al culmine della quale il governo libico si assumerà la responsabilità della strage di Lockerbie, offrendo un indennizzo in favore delle famiglie delle vittime, archiviando definitivamente il regime sanzionatorio internazionale. Sanzioni che l’Unione Europea revocherà sulla scia della visita che poco dopo Gheddafi farà alle autorità comunitarie Bruxelles. In quel frangente, Gheddafi passerà dall’essere una minaccia ad un partner essenziale per mitigare gli ingenti flussi migratori provenienti dall’Africa. Pochi mesi dopo, gli Stati Uniti revocheranno le gran parte delle sanzioni contro la Libia, sbloccandone i beni congelati e avviando le procedure per la riattivazione dell’ambasciata a Tripoli, avvenuta due anni dopo la rimozione del paese dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo internazionale. La collaborazione tra la Libia e gli Stati Uniti verrà certificata dalla consegna alle autorità libiche di Abdelhakim Belhaj, un terrorista islamista libico arrestato in Malesia nel 2004, e successivamente recluso nel famigerato carcere di Abu Salim. A tal proposito va segnalato il videomessaggio con cui nel novembre del 2007 Ayman al-Zawahiri e Abd Laith al-Libi avanzeranno il proposito di integrare il LIFG ad al-Qaeda.

IL RIFORMISMO DI SAIF AL-ISLAM GHEDDAFI

Libia Saif al-Islam Gheddafi
( Saif al-Islam Gheddafi )

A distanza di trent’anni di governo incontrastato, Muammar Gheddafi sperimenterà la prima sfida rilevante alla sua leadership, ritrovandosi alle prese con le ambizioni politiche del figlio Saif al-Islam. Poco dopo la sua laurea in ingegneria conseguita presso l’Università di Tripoli, il figlio del colonnello affinerà i suoi studi all’estero, prima in Austria e dopo presso la celeberrima London School of Economics. E proprio durante la sua esperienza britannica che il giovane rampollo del clan Gheddafi avrà modo di accreditarsi come il leader capace di riformare la Libia sincronizzandola ai canoni politici ed economici occidentali. Ma se da un lato Muammar Gheddafi ritenesse necessario abbandonare il radicalismo del passato, le posizioni sempre più critiche nei confronti dell’architettura che aveva dato alla Libia avanzate da suo figlio Saif lo inizieranno ad irritare. Irritazione rilevabile dal provvedimento con cui nel 2009 il governo disporrà la nazionalizzazione delle emittenti fondate proprio dal figlio. Ciononostante, il riformismo di Saif Gheddafi sarà determinante per l’allentamento della morsa che il padre Muammar aveva stretto sull’opposizione, favorendo il rilascio di numerosi esponenti, compresi molti di quelli riconducibili alla galassia islamista radicale, con in testa il leader del LIFG, Abdelhakim Belhadj. Sviluppo in cui il Qatar e l’organizzazione dei Fratelli Musulmani ricopriranno un ruolo determinante, soprattutto per via del loro legami con Ali al-Sallabi, un esponente islamista libico che negli anni novanta aveva tramato contro la vista di Muammar Gheddafi. Nonostante le riserve del padre, Saif al-Islam riuscirà comunque a mantenere un certo margine di autonomia politica che sfrutterà per potenziare le relazioni politiche con numerosi governi occidentali, da quello francese a quello britannico, fino a quello statunitense. Significativa sarà in tal senso la visita che il presidente francese Nicolas Sarkozy effettuerà nell’estate del 2007, posando insieme al colonnello sullo sfondo delle macerie del suo compound di Bab al-Aziziya.

Libia Gheddafi Francia Sarkozy
( Il presidente francese Nicolas Sarkozy e il leader libico Gheddafi )

LA RELAZIONE SPECIALE LIBICO-ITALIANA

Nel 2008, qualche mese dopo la visita del presidente russo Putin in Libia, Muammar Gheddafi riceverà a Bengasi il premier italiano Silvio Berlusconi, la cui visita verrà propiziata in una certa misura anche da Saif Gheddafi, il quale ricoprirà un ruolo determinante nella gestione dei negoziati inerenti le dispute di epoca coloniale. E proprio in occasione della visita di Berlusconi a Bengasi che i due paesi stipuleranno un trattato di amicizia in cui il governo di Roma si assumerà la responsabilità dell’epoca coloniale, impegnandosi a risarcire la Libia sul piano finanziario, in cambio di cooperazione nella gestione degli ingenti flussi migratori che dal Mediterraneo si sviluppavano in direzione del versante europeo meridionale. Impegno inerente le politiche migratorie che paleserà l’inadeguatezza libica nel gestire una problematica le cui dimensioni si riveleranno a dir poco proibitive per un singolo paese come la Libia, su cui si riverseranno le conseguenze e le responsabilità di quella che diverrà una complicatissima e gravissima crisi umanitaria strutturale. Carenze certamente serie, ma che più avanti non impediranno al governo libico di sfruttare la questione migratoria come leva politica strumentale da esercitare sull’Italia e l’Europa in generale. Ad ogni modo, l’intesa italo-libica permetterà di superare l’epoca coloniale, e le più recenti criticità sollevate in occasione delle provocazioni contro la religione islamica avanzate dal ministro leghista Calderoli, che nel 2006 suscitarono addirittura un’insurrezione che prenderà di mira il consolato italiano di Bengasi, regione in cui la tradizionale sensibilità islamica comincerà a radicalizzarsi sul piano politico. Tra i contenuti salienti del trattato italo-libico ci sarà l’impegno reciproco a non compiere atti ostili, e a precluderne l’attuazione dai propri territori a soggetti terzi. Tali propositi verranno rafforzati dagli ingenti investimenti che il fondo sovrano libico accorderà a numerose imprese italiane.

Libia Gheddafi Italia Berlusconi
( Il premier italiano Silvio Berlusconi con Muammar Gheddafi )

La cooperazione italo-libica verrà approfondita nell’estate del 2009, in occasione della storica e clamorosa visita ufficiale di Gheddafi in Italia, dove verrà accolto dall’ostracismo dei partiti di opposizione riconducibili al centro-sinistra, e da un certo imbarazzo rilevabile tra alcuni ambienti in quota centro-destra. Visita che il leader libico inaugurerà in modo clamoroso sin dal suo sbarco a Roma, presentandosi con indosso una vistosa divisa militare con appuntata sul petto la foto di Omar al-Mukhtar, il leader della resistenza anticoloniale, di cui abbiamo avuto modo di trattare nei focus precedenti. L’eccentricità di Gheddafi catalizzerà inevitabilmente l’opinione pubblica italiana, soprattutto per via della solita tenda berbera in cui era solito soggiornare ovunque si trovasse, e dell’ancor più singolare gruppo di amazzoni che curavano la sua sicurezza personale. Ma a suscitare particolare clamore saranno alcuni passaggi del suo discorso al Senato, in cui contesterà platealmente la condotta internazionale degli Stati Uniti, facendo particolare riferimento ai bombardamenti contro il suo paese e contro l’Iraq. E sempre nell’estate del 2009, Gheddafi avrà modo di partecipare al G8 dell’Aquila in rappresentanza dell’Unione Africana. La partecipazione al summit sancirà la piena reintegrazione di Muammar Gheddafi all’interno della comunità internazionale, come evidenzierà la stretta di mano con l’allora presidente statunitense Barack Obama, ponendo apparente fine ad un rapporto caratterizzato da una profonda e reciproca sfiducia reciproca.

Libia Gheddafi USA Obama
( Il leader libico e il presidente USA Obama )

IL CANTO DEL CIGNO LIBICO

Sviluppo conseguente al processo di normalizzazione che Muammar Gheddafi aveva avviato già nel corso del vertice della Lega araba del 2009 ospitato dal Qatar, in cui si riconcilierà con Re Abdallah d’Arabia Saudita, pur senza rinunciare allo stile supponente e megalomane che lo caratterizzava, rivendicando la magnanimità imposta dal titolo di “Re dei Re” d’Africa che gli era stato riconosciuto l’anno precedente da un gruppo di monarchi tradizionali africani.  Tra i soliti eccessi e le nuove esigenze di moderazione, Gheddafi non rinuncerà ad auspicare la necessità di un’alleanza tra i paesi africani e quelli dell’America latina da contrappore in prospettiva alla NATO, facendo leva sul proficuo rapporto istaurato con il presidente del Venezuela Hugo Chavez con cui svilupperà un proficuo rapporto di amicizia, temprata dalla comune retorica ostile agli Stati Uniti. Retorica che il leader libico faticherà a dismettere, nonostante fosse risoluto a sfruttare l’immenso potenziale finanziario derivante da un settore energetico trainato in maniera non certo trascurabile dai mercati occidentali, da cui contava di trarre le risorse necessarie a rendere la Libia una potenza capace di rivaleggiare con le ricchissime petro-monarchie del golfo persico. Ma per quanto controverse, le relazioni libico-americane progrediranno come dimostrerà la visita del Consigliere per la sicurezza nazionale libico Mutassim Gheddafi a Washington del 2009, dove verrà ricevuto dall’allora segretaria di stato Hillary Clinton. In quell’occasione, il figlio del colonnello incontrerà anche alcune importanti figure repubblicane come il senatore John Mccain, a cui avanzerà la necessità di attingere all’industria bellica americana per ristrutturare le vetuste forze armate libiche, prendendo le distanze dallo storico fornitore russo. L’impegno politico di Mutassim, al pari di quello del fratello Saif al-Islam, si realizzerà dopo una contrastata fase in cui il leader libico arriverà ad allontanare per qualche tempo i due figli dalle leve di potere.

Libia Mutassim Gheddafi USA Hillary Clinton
( Mutassim Gheddafi e Hillary Clinton )

Il 1 settembre del 2009 la Libia celebrerà con una grande parata militare i quarant’anni della rivoluzione che portò Gheddafi al potere, invitando a marciare anche formazioni militari provenienti da Algeria, Australia, Egitto, Etiopia, Francia, Kenya, Messico, Malta, Pakistan, Russia, Tunisia, Ucraina e Regno Unito. In quell’occasione l’Italia parteciperà inviando la Brigata meccanizzata Sassari. Tra i leader politici internazionali che vi prenderanno parte spiccheranno il presidente yemenita Saleh, il presidente serbo Tadic, il presidente algerino Boutefilka, il presidente tunisino Ben Ali, il presidente venezuelano Chavez, l’emiro del Qatar Hamad al-Khalifa, lo sceicco del Kuwait al-Sabah, il Re Abdallah II di Giordania, il presidente sudanese Bashir, il presidente chadiano Deby, il presidente palestinese Abbas, il presidente bielorusso Lukashenko e lo sceicco al-Nayan per gli Emirati Arabi Uniti. La reintegrazione di Muammar Gheddafi all’interno della comunità internazionale sembrerà lanciare la Libia verso un futuro radioso, garantito da una solidità economica certificata da un reddito pro-capite tra i più alti della regione, a fronte di un debito pubblico pressoché inesistente. Prospettive economiche radicalmente diverse da quelle che all’inizio del 2001 faranno implodere la coesione socio-politica dei paesi di mezzo Medioriente, implosa per effetto del fenomeno delle cosiddette “primavere arabe”, i cui sviluppi in Libia saranno oggetto nella quinta e ultima parte di questo focus.

Libia Gheddafi Venezuela Chavez
( Il leader libico Gheddafi con il presidente venezuelano Chavez )

IL DISCORSO DI GHEDDAFI ALL’ONU

Muammar Gheddafi avrà modo di partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre 2009, tenendo un discorso lungo quasi due ore. Il leader libico aprirà il suo discorso all’Assemblea Generale salutandone i partecipanti a nome dell’Unione Africana, cogliendo l’occasione per ringraziare l’ospitalità del presidente statunitense Barack Obama, ritenendolo un figlio dell’Africa. Tra le sfide che si presentavano alla comunità internazionale, il leader libico segnalerà: il cambiamento climatico, la crisi alimentare e idrica dei paesi in via di sviluppo, il declino del modello economico capitalista, l’immigrazione, l’immoralità, l’ipocrisia, il materialismo, la povertà, la pirateria, il terrorismo e il sorgere di nuove epidemie, lasciando intendere la possibilità che il virus H1N1 potesse essere fuoriuscito da qualche laboratorio sperimentale, mettendo anche in guardia sia dalle sperimentazioni sui virus, che dalle logiche capitalistiche che subordinano l’accesso ai vaccini ai paesi meno sviluppati al fine di trarre profitti economici

Dopo aver accennato a queste questioni generali, Gheddafi ha contestato il privilegio del diritto di veto che alcuni paesi appartenenti all’ONU godono nei confronti della maggioranza degli altri paesi associati, evidenziando la disuguaglianza di fondo su cui si regge l’architettura della stessa organizzazione. Gheddafi contesterà le modalità anti-democratiche con cui Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti si sono riservati diritti superiori a quelli degli altri paesi associati all’organizzazione, a suo dire viziata da un vizio di disuguaglianza originale consolidato nel tempo che ha assegnato privilegi di appartenenza essenzialmente legati al possesso di armi nucleari. A tal proposito il leader libico ha contestato persino la prospettiva di allargare il Consiglio di Sicurezza ONU ad altri paesi, poiché oltre a ribadire l’ingiustizia di fondo del diritto di veto di alcuni, si rischierebbe di innescare dinamiche concorrenziali peggiori di quelle già viste.

Libia Gheddafi ONU
( Gheddafi parla all’ONU )

Gheddafi evidenzierà come le 65 guerre che si son susseguite dopo la fine della seconda guerra mondiale abbiano contraddetto il preambolo della Carta delle Nazioni Unite che subordinava l’uso della forza militare all’interesse comune di tutte le nazioni associate, provocando milioni di vittime. Guerre che il leader libico definirà ipocrite, e sostanzialmente legate agli interessi di un piccolissimo gruppo di paesi che hanno agito unilateralmente, disattendendo i principi fondanti dell’organizzazione a cui spetta il diritto esclusivo di esercitare collettivamente l’uso della forza militare per impedire o scoraggiare atti di aggressioni posti da alcuni paesi a danno di altri. Proseguendo, Gheddafi ha rilevato le ricorrenti interferenze che alcuni paesi hanno operato nelle questioni interne di altri paesi, adducendo a variegate motivazioni di natura politica o ideologica, turbando logiche e dinamiche di cui erano estranei. Secondo Gheddafi l’architettura che regola il primato del Consiglio di Sicurezza ha configurato una prassi in cui i paesi che vi sono rappresentati lo usano sistematicamente contro i paesi che non vi sono rappresentati, e lo ignorano altrettanto sistematicamente quando l’oggetto delle crisi riguarda loro stessi. Per tali ragioni Gheddafi arriverà a definire il potere di veto dei paesi del Consiglio di Sicurezza ONU un’ingiustizia intollerabile assimilabile al terrorismo.

Al fine di superare i vizi che pregiudicano l’uguaglianza all’interno delle Nazioni Unite, Gheddafi sosterrà che anziché allargare il numero di superpotenze, si dovrebbe andare verso la democratizzazione delle Nazioni Unite, e ciò passa per il riconoscimento del primato dell’Assemblea Generale ed il carattere vincolante delle sue risoluzioni, la cui implementazione dovrebbe essere delegata ad un Consiglio di Sicurezza opportunamente riformato nella logica di ripartizione dei seggi, archiviando così il regime di dominio autocratico che attualmente subordina l’ordine internazionale agli interessi di soli cinque paesi. Per il leader libico chi si oppone al primato dell’Assemblea Generale lo fa perché si ritiene superiore ad essa, ragion per cui dovrebbe essere escluso dalle Nazioni Unite. Per Gheddafi in mancanza di un simile sviluppo, l’Assemblea Generale continuerà ad essere un ornamento decorativo privo di sostanza integrato accessoriamente al Consiglio di Sicurezza da cui deriva un ordine internazionale di stampo feudale. Solo così, nella logica di Gheddafi, la riforma del Consiglio di Sicurezza potrebbe culminare con l’allargamento della rappresentanza a entità diverse da quelli già presenti, tra cui menzionerà l’Unione Africana al pari dell’Unione Europea. Tra le altre critiche che Gheddafi muoverà alle Nazioni Unite è la localizzazione della sede a New York, auspicandone lo spostamento in una regione equidistante a tutti i paesi membri, in modo da andare incontro alle esigenze di comodità dei paesi membri periferici e svincolarne le delegazioni dalle rigide misure di sicurezza che sono state implementate negli Stati Uniti dopo l’11 settembre.

Nonostante la sua proposta di riforma delle Nazioni Unite, Gheddafi sosterrà l’urgenza dell’assegnamento di un seggio al Consiglio di Sicurezza all’Unione Africana come compensazione della colonizzazione a cui i suoi popoli sono stati sottoposti nei secoli precedenti, in modo da evitare la possibilità di una nuova usurpazione delle sue risorse. A detta di Gheddafi, i flussi migratori provenienti da tutto il mondo sono diretti in Europa, perché è l’Europa che li ha colonizzati, derubandoli delle loro risorse materiali e umane i cui ambiscono a rientrare in possesso. Secondo Gheddafi dunque la soluzione alla questione migratoria dipende dalla restituzione di quanto sottratto nei secoli precedenti, avanzando la stratosferica stima prossima ai 777 trilioni di dollari di indennizzi derivanti dall’era coloniale. Indennizzi relativamente simili a quelli che il governo di Tripoli aveva negoziato poco prima con l’Italia, per risolvere le dispute relative all’occupazione coloniale dell’allora Regno d’Italia.

Gheddafi continuerà il suo discorso commentando l’elezione di Barack Obama negli Stati Uniti, ritenendolo uno sviluppo storico per un paese che abituato a discriminare la comunità afro-americana. Gheddafi loderà la condotta politica di Obama, ritenendolo diverso dai sui predecessori abituati a minacciare regolarmente il suo paese al pari di altri perché rei di divergere dalla loro visione strategica, contestando apertamente l’imposizione coercitiva della democrazia nel mondo. A tal proposito il leader libico elencherà la lista degli interventi militari effettuati dagli Stati Uniti nel corso dei decenni scorsi, contestandone gli esiti ed evidenziandone la palese contraddizione della Carta delle Nazioni Unite. Gheddafi ha poi rilevato la discrepanza delle indagini volte a giudicare i crimini internazionali, perseguendo quelli dei perpetrati dai paesi più piccoli ignorando quelli dei paesi più grandi. A tal proposito Gheddafi contesterà la detenzione inumana del presidente iracheno Saddam Hussein e degli esponenti del suo governo, e le modalità della loro stessa esecuzione. Proseguendo Gheddafi contesterà anche l’assimilazione dei talebani ai terroristi di al-Qaida, contestando il mancato perseguimento egli altri paesi legati ai terroristi effettivamente responsabili degli attentati dell’11 settembre. Il discorso di Gheddafi spazierà fino a reclamare la verità sulle circostanze relative agli assassinii del premier congolese Patrice Lumumba e del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy e di Martin Luther King. Recriminazioni che il leader libico estenderà anche contro Israele e la sua logica coloniale, contestando ancora una volta l’inattuabilità del piano dei due stati e due popoli, ribadendo quella dell’unico stato palestinese inclusivo non confessionale, accennando alla storica coesistenza che caratterizzava il clima della Palestina fino agli sviluppi della seconda guerra mondiale. Gheddafi, infine, sosterrà anche la necessità di riconoscere l’indipendenza del Kashmir, agendo da cuscinetto tra India e Pakistan.

CONCLUSIONI

All’indomani del crollo dell’URSS la Libia di Gheddafi si ritroverà spiazzata più che altrove, facendo i conti con un isolamento totale determinato da una spregiudicata condotta strategica non più sostenibile nel nuovo scenario post-guerra fredda. Stagione che la Libia si vedrà costretta ad archiviare in fretta e nelle peggiori delle circostanze, soprattutto alla luce di eventi eclatanti come la strage di Lockerbie, avvenuta poco prima il tracollo sovietico. Strage di cui verrà ritenuta responsabile, e per questo sottoposta ad un rigido embargo disposto dalle Nazioni Unite. Dinnanzi a questa nuova realtà Gheddafi si vedrà costretto a prendere atto che all’interno del nuovo assetto internazionale non ci sarebbero stati più margini per atteggiamenti opaci come quelli a cui aveva abituato per decenni i suoi avversari strategici. La necessità di rimodulare la propria postura internazionale verrà anticipata dalla normalizzazione con il vicino Egitto, archiviando la disputa relativa alla leadership sui ruderi del movimento socialista-panarabo, ripudiato dal nuovo corso del Cairo, e dilaniato dalla contesa tra le fazioni siriane ed irachene del Partito Baath. Processo di normalizzazione che Gheddafi replicherà un po’ con tutti gli altri paesi della regione, iniziando a concentrarsi sugli affari correnti interni, dove la situazione politica interna della Jamahiriya era saldamente sotto il suo sostanziale controllo, soprattutto grazie alle ingenti risorse finanziarie petrolifere con cui riuscirà a dissipare i tradizionali fermenti trasversali alle varie tribù del paese. Ma all’ombra di un’apparente armonia socio-politica covava l’insidia dell’islamismo radicale. Insidia che Gheddafi puntellerà ricorrendo alle sue forze di sicurezza, nei confronti di cui nutrirà sospetti non inferiori, come dimostrerà la limitazione dei mezzi messi a disposizione delle forze armate, e l’affidamento della sua sicurezza a gruppi mercenari stranieri, per lo più provenienti dai paesi del blocco orientale filo-sovietico, sotto sua stretta dipendenza economica. All’interno di questa logica va inquadrata anche l’epurazione di Abdessalam Jalloud dall’élite di governo. Deriva autocratica che annichilirà ogni possibile forma di opposizione politica, ma che d’altro canto agevolerà l’implementazione della sua agenda politica interna, soprattutto sul piano sociale e infrastrutturale, come dimostrerà la realizzazione del “Grande fiume artificiale”. Impegno che il leader libico cercherà di espandere anche all’estero, sovvenzionando numerosi paesi africani.

Agli albori del nuovo millennio Gheddafi riuscirà ad avviare un progressivo processo di scongelamento delle relazioni internazionali, scongelando le relazioni con il Regno Unito prima, e con gli Stati Uniti dopo, complice gli attentati dell’11 settembre. La lotta al terrorismo islamista metterà per la prima volta dopo tanto tempo la Libia e l’occidente dalla stessa parte, arginando sia la portata delle minacce internazionali che quelle dirette al contesto nazionale libico, soprattutto in Cirenaica dove la tradizione islamista era decisamente più forte che nella relativamente più secolarizzata Tripolitania. Questo riavvicinamento tra la Libia e l’occidente non sarà totale, come testimonierà le pesanti critiche che Gheddafi avanzerà nei confronti dell’invasione statunitense dell’Iraq. Ma per quanto le relazioni con l’Iraq fossero state a dir poco fredde, Gheddafi non esiterà a scagliarsi contro la solidarietà che le petro-monarchie del golfo perisco garantiranno all’iniziativa americana, al punto da ingaggiare con i regnanti della regione un confronto retorico aspro all’interno della Lega Araba. Ma al netto della retorica, dagli sviluppi iracheni Gheddafi comprenderà la necessità di svincolarsi dagli ingombranti sospetti inerenti il suo programma nucleare, negoziandone lo smantellamento con gli Stati Uniti, a cui garantirà anche lo smantellamento del suo considerevole arsenale chimico. Decisione che permetterà alla Libia di reintegrarsi a pieno titolo all’interno della comunità internazionale, archiviando il rigido regime sanzionatorio internazionale, così da attingere ai benefici derivanti dal sempre più redditizio un mercato petrolifero. Opportunità che il governo libico approfondirà anche con paesi come l’Italia con cui, tra gli importanti investimenti petroliferi, promuoverà la realizzazione del gasdotto Greenstream. E proprio in questo periodo l’Italia riuscirà a consolidare una partnership strategica plasmata tra fasi alterne nel corso dei decenni, oscillando tra amicizia e ostilità, talvolta vere altre ben simulata sullo scacchiere strategico da una classe dirigente che a Roma praticava un pragmatismo compatibile con l’opportunismo del colonnello libico. Prassi evaporata conseguentemente all’ascesa di una classe dirigente che in Italia ha visto prevalere l’idealismo fine a se stesso sulla ben più lungimirante realpolitik.

Libia Gheddafi G8
( Gheddafi posa insieme ai leader del G8 )

Tra i protagonisti dell’apertura della Libia al mondo ci sarà Saif al-Islam Gheddafi, personalità particolarmente apprezzata nel Regno Unito, il cui approccio riformista verrà tuttavia censurato in più occasioni dal padre. La Libia si stava aprendo al mondo, rapidamente ed efficacemente, come dimostrato dalla partecipazione di Muammar Gheddafi al G8 Dell’Aquila. Progressi rapidi, ma che come spesso accade portano con loro quel genere di insidie che il leader libico si ritroverà ad affrontare pochi mesi dopo in occasione degli eventi che innescheranno la guerra civile che tutt’oggi attanaglia un paese che nel 2008 sembrava avere tutte le carte in regola per rivaleggiare con quelle petro-monarchie del golfo persico che contribuiranno insieme all’occidente al processo di demolizione controllata dello stato libico messo in piedi da Muammar Gheddafi. Nel giro di pochi mesi il leader libico si vedrà costretto a rivedere persino l’opinione che si era fatto di Barack Obama, ritrovandosi minacciato da chi considerava un figlio dell’Africa che confidava avrebbe contribuito a cambiare l’approccio degli Stati Uniti alle relazioni internazionali. Sviluppi che avremo modo di approfondire nella quinta e ultima parte di questo focus sulla Libia.