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CONOSCIAMO LA COREA (2°Parte)

L’INDIPENDENZA DELLA COREA DEL SUD

syngman rhee corea del sud
( Syngman Rhee )

Dopo aver illustrato il periodo coloniale giapponese e la guerra di liberazione della Corea, in questo articolo analizzeremo le dinamiche che porteranno alla divisione politica della Corea.

Nel 1948 i popolo coreano dovette rinunciare ad ogni prospettiva di reintegrazione, a causa della Dottrina Truman, che cominciò a polarizzare la politica estera americana in funzione anti-comunista. La prospettiva di una Corea integra avrebbe agevolato le prevalenti formazioni comuniste, collocando il paese all’interno dell’orbita sovietica, sicché gli USA ostacolarono il processo di unificazione, patrocinando l’istituzione della Repubblica di Corea, uno stato sudcoreano indipendente, saldamente collocato sotto la propria influenza strategica. Successivamente all’indipendenza furono indette le prime elezioni, vinte dal presidente provvisorio Syngman Rhee con il 92% dei consensi, un risultato turbato dal clima interno, fortemente ostile ai movimenti socialisti, accusati di essere al soldo dei nordcoreani. Anche lo sfidante di Rhee, Kim Gu, venne accusato di complottare con il governo comunista di Pyongyang, con cui effettivamente dialogava in funzione nazionalista. Il neo-presidente Rhee dominò la tornata elettorale, essenzialmente grazie allo scudo politico americano, a cui si sommava l’appoggio dei ceti notabili sudcoreani, intimoriti dalla retorica comunista.

Il clima interno in Corea del Sud immediatamente dopo le elezioni, cominciò a soffrire la deriva dispotica di Rhee, intenzionato a far terra bruciata attorno ai leader dell’opposizione, i cui leader principali vennero perseguitati ed assassinati, come nel caso di Kim-Gu e Lyuh Woon-Hyung, senza contare le sistematice stragi perpetrate dalle forze di sicurezza contro le ricorrenti insurrezioni popolari, dove i cittadini sudcoreani contestavano apertamente la scelta del governo di rinunciare alla reintegrazione della nazione coreana. Anche Rhee ambiva alla reintegrazione della penisola coreana, tuttavia era ben conscio che il processo sarebbe stato verosimilmente dominato dalla compagine comunista, ben più organizzata, sia politicamente che militarmente. La debolezza militare sudcoreana fu dovuta essenzialmente alla scelta americana di limitare il riarmo, data la forte instabilità interna, che rischiava di precipitare repentinamente in uno stato di vera e propria guerra civile, pertanto Washington preferì organizzare la difesa militare marginalizzando il ruolo dell’esercito locale, avente il potenziale offensivo di una banale forza di polizia, dotata esclusivamente di armi leggere.

LA REAZIONE DELLA COREA DEL NORD

Nel 1946, in Corea del Nord il governo provvisorio guidato da Kim il-Sung, attendeva l’avvio dell’iter di integrazione patrocinato dal leader nazionalista Kim-Gu, confidando nel rispetto degli accordi siglati dalle potenze alleate nel vertice del Cairo del 1943, che garantivano la nascita di uno stato coreano libero ed indipendente. Nel 1947 in Corea del Nord si tennero le prime elezioni dominate dal Partito dei Lavoratori Coreani (PLC), capace di conquistare circa il 58% dei consensi. I rapporti di forza nel PLC premiavano la leadership di Kim il-Sung, favorita dall’appoggio determinante dei militari, mentre l’ala civile del partito preferiva supportare Pak Hon-Yong e Kim Tu-Bong, la cui rilevanza politica era tuttavia circoscritta alla sola realtà sudcoreana. Kim il-Sung continuò a godere dell’appoggio dei ranghi militari, grazie agli ottimi rapporti instaurati con i vertici dell’armata rossa sovietica nel corso della guerra, che agevolarono l’afflusso di mezzi militari pesanti, con cui riuscì a strutturare un potenziale militare decisamente superiore a quello sudcoreano. La Corea del Nord, al contrario della Corea del Sud, poteva contare su un solido apparato militare, composta in larga parte da veterani della resistenza anti-giapponese, addestrati da ufficiali dell’armata rossa sovietica, da cui ricevette ingenti forniture militari pesanti, dagli obici ai carri armati, passando per i primi caccia a reazione Mig-15.

kim il-sung corea del nord
( Kim il-Sung )

 

Dinnanzi all’indipendenza della Corea del Sud, i nordcoreani reagirono proclamando la nascita della Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDK), con capitale provvisoria Pyongyang, in attesa del trasferimento a Seul, considerata capitale della futura Corea unificata. Kim il-Sung, conscio della supremazia militare nordcoreana, cominciò a considerare un operazione militare finalizzata a reintegrare la penisola coreana, chiedendo, ed ottenendo, dopo lunghe trattative l’assenso della URSS di Stalin, che garantì sostegno indiretto ad un eventuale invasione della Corea del sud, a condizione che la riluttante Cina di Mao garantisse il proprio appoggio diretto all’intervento. Stalin e Mao, nonostante diffidassero dei piani di Kim il-Sung, li assecondarono lo stesso, confidando in una blanda resistenza americana, data la prevalenza numerica del blocco comunista nella regione, mentre intanto i sovietici cominciavano a colmare il gap nucleare con gli Stati Uniti.

Nel 1949, sia i sovietici che gli americani cominciarono a smobilitare i propri contingenti militari dalla penisola coreana, nonostante lungo il confine del 38° parallelo si verificassero regolarmente incidenti di frontiera tra le forze dei due regimi coreani. Gli USA non consideravano queste manovre come il preludio ad un operazione militare nordcoreana su vasta scala, anche perché in quel periodo stavano tentando di convincere i sudcoreani a convergere su di un iter di integrazione condiviso, a cui tuttavia Rhee continuava ad opporsi.

LA GUERRA DI COREA

Le supposizioni americane crollarono repentinamente il 25 Giugno del 1950, quando Kim il-Sung ordinò l’invasione della Corea del Sud, una data che vendicava simbolicamente l’abolizione del Partito Comunista Coreano disposta precedentemente dal presidente Rhee, costretto a fuggire da Seul dopo solo tre giorni di combattimenti, ma non prima di aver ordinato l’esecuzione sommaria di tutti i suoi nemici politici. La travolgente avanzata nordcoreana sbaraglio le deboli difese sudcoreane, spiazzando il contingente militare statunitense, mentre intanto a New York si riuniva d’urgenza il Consiglio di Sicurezza ONU, dove si registrò un paradossale smacco diplomatico che cambiò le sorti del conflitto, permettendo agli USA di ottenere un mandato sulla crisi coreana, agevolato dalla paradossale scelta della delegazione sovietica di abbandonare i lavori a causa della mancata presenza della Cina comunista. L’assenza sovietica in Consiglio di sicurezza permetterà agli USA di scavalcare lo scontato veto di Mosca a qualsiasi intervento internazionale in Corea.

Corea 38° parallelo
( Corea divisa sul 38° parallelo )

Successivamente al mandato ONU, il Presidente USA, Truman ordina i primi bombardamenti sulla Corea del Nord, che intanto dilagava in Corea del Sud, travolgendo il modesto contingente militare americano. Gli USA riusciranno a riprendere il controllo della situazione solo dopo l’allestimento di una coalizione internazionale, a cui aderirono paesi alleati come il Regno Unito, il Canada, l’Australia, il Sudafrica, la Francia, la Thailandia e la Turchia, coordinati dal generale MacArthur. Le forze della coalizione internazionale si attestarono nella regione provincia di Busan, dove sorgeva l’unico porto strategico ancora sotto il controllo degli americani. Anche nel cielo gli Stati Uniti incontrarono parecchie difficoltà contro l’aviazione militare nordcoreana, dotata dei modernissimi Mig-15 sovietici, impegnati nelle prime battaglie aeree tra caccia turbogetto.

L’INTERVENTO DELLA CINA

Con l’ingresso degli americani, la situazione venne ribaltata nel giro di due mesi, grazie ad una serie di formidabili strategie militari finalizzate ad interrompere le linee di rifornimento nordcoreane all’altezza di Seul, dove venne organizzato un efficacacissimo sbarco che costrinse l’esercito della Corea del Nord a ripiegare repentinamente, agevolando la controffensiva della coalizione internazionale. L’avanzata americana una volta liberata l’intera Corea del Sud, continuò oltrepassando il confine del 38° parallelo occupando Pyongyang, costringendo alla fuga il governo comunista. Dinnanzi alla prepotente avanzata americana, Kim il-Sung richiese l’intervento della Cina, che rispose positivamente dislocando un poderoso contingente militare a ridosso del confine con la Corea, mentre intanto Mao cercava di dissadere gli USA dall’avanzare ulteriormente verso nord, minacciando di intervenire nel caso in cui gli americani si fossero presentati sul loro confine. I cinesi temevano che la presenza americana in Corea li avrebbe presto o tardi indotti a rovesciare il loro governo, restaurando il governo nazionalista riparato precedentemente a Taiwan.

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( Kim il-Sung e Mao )

Malgrado le minacce cinesi, gli americani continuarono ad avanzare, convinti dell’incapacità dell’esercito popolare di Mao di reggere un nuovo conflitto, sicché il generale MacArthur continuò ad avanzare giungendo a ridosso dei confini cinesi, scatenando la reazione dell’esercito cinese, supportata indirettamente dall’URSS, che continuò a mantenere un basso profilo. L’oceanica controffensiva cinese sbaragliò le forze americane, costringendole a ripiegare riconsegnando Seul nuovamente alla coalizione comunista. Il generale MacArthur dinnanzi alla superiorità numerica sino-coreana, valutò persino il ricorso all’arma nucleare, tuttavia la paura di allargare il conflitto indusse il presidente americano Truman ad esonerarlo dal comando, sostituendolo con il più moderato generale Ridgway, scelta che deluse il presidente sudcoreano Rhee, che confidava nell’occupazione della Corea del Nord. La scelta strategica di Truman risultò azzeccata, in quanto ben presto la travolgente avanzata cinese cominciò a segnare il passo, recedendo progressivamente fino ad attestarsi sul vecchio confine del 38° parallelo, dove venne allestita una linea di difesa fortificata.

IL NEGOZIATO DELL’ARMISTIZIO

Lo stallo militare lungo il 38° parallelo agevolò la soluzione diplomatica avanzata dall’URSS, che dalla guerra traeva un duplice obiettivo, il ridimensionamento delle ambizioni della Cina di Mao e il deperimento delle forze americane, costrette a sobbarcarsi il carico di un nuovo conflitto, che drenava risorse dal teatro europeo. La guerra di Corea indebolì tutti gli attori coinvolti, senza maturare alcun vantaggio sostanziale, fatta eccezione per l’Unione Sovietica, premiata dalla lungimirante strategia di Stalin, abile nel sostenere la coalizione sino-coreana, senza tuttavia invischiarsi in un conflitto su larga scala con gli USA. Stalin subordinò la retorica ideologica comunista ai suoi obiettivi strategici, assicurando comunque una determinate linea di rifornimento agli alleati, che permise loro di tenere testa alle forze della coalizione americana.

Nel 1951, Cina e USA avviarono i primi negoziati, culminati con un armistizio che sanciva la restaurazione dei due stati coreani, divisi nuovamente dal confine fittizio del 38° parallelo, dove venne istituita una zona demilitarizzata. L’esito dei negoziati accontentò sia gli USA che la Cina, deludendo profondamente le ambizioni egemoniche dei due regimi coreani, costretti a recedere alla prospettiva di riunificare il paese, oramai ancorato alle logiche della guerra fredda. Il popolo coreano dovette rinunciare alla reintegrazione nazionale, ritrovandosi ancora una volta subordinato ad interessi stranieri, occultati da una pesante cortina ideologica che esasperò i rapporti tra i due regimi coreani, al punto da impedirgli di stipulare un accordo di pace definitivo, cha manca tutt’oggi. L’armistizio venne contestato apertamente dal presidente sudcoreano Rhee, che dopo aver minacciato una paradossale espulsione dell’esercito americano, si rifiuto di firmare l’atto di tregua, sottoscritto in sua vece dagli USA, in qualità di paese guida della coalizione internazionale ONU. L’armistizio firmato nel 1953 imponeva l’obbligo per le due coree di non dislocare nuovi armamenti, vincolo finalizzato ad impedire il posizionamento di armi nucleari.

IL DOPOGUERRA DEI DUE REGIMI COREANI

Al termine della guerra l’impopolarissimo presidente sudcoreano Rhee, ne approfittò per estendere i suoi poteri proponendo una contestatissima riforma costituzionale, affossata dall’Assemblea Nazionale. La bocciatura della riforma provocò l’ira del presidente sudcoreano, che non esitò ad ordinare l’arresto dei parlamentari a lui ostili, confermando il suo approccio autocratico, simile a quello che caratterizzava il regime nordcoreano di Kim il-Sung. Rhee riuscì a confermare la sua leadership dominando elezioni farsa, che gli attribuivano regolarmente più del 90% dei consensi, rendendo la Corea del Sud un autocrazia che nulla aveva a che fare con gli standard democratici che legittimavano la presenza USA nel paese.

In Corea del Nord invece, la fine della guerra venne accolta come una vittoria da Kim il-Sung, uscito fuori da un conflitto che dopo le iniziali vittorie rischiava di porre fine al suo regime. Successivamente alla stipula dell’armistizio Kim disporrà l’arresto dei suoi avversari interni al PLC, come Pak Hon-Yong, accusato di essere troppo legato agli ambienti democratici sudcoreani. La governance nordcoreana plasmò la struttura politico-economica del paese sugli standard collettivistici sovietici, mantenendosi tuttavia equidistante dal dualismo sino-russo, agevolando il consolidamento della leadership di Kim il-Sung, sul cui prestigio si costruì un vero e proprio culto della personalità staliniano, ben più forte di quello che Mao stava strutturando in Cina.

L’EGEMONIA POLITICA DI KIM IL-SUNG

Successivamente alla dipartita di Stalin, gli effetti della destalinizzazione inaugurata da Kruscev riverberarono i suoi effetti anche sulla leadership di Kim il-Sung, accusato di distorcere la dottrina marxista, tuttavia queste prese di posizioni diedero al leader nordcoreano la scusa per una nuova epurazione all’interno del PLC, dove vennero epurate la componente più legate alle posiziono straniere, accusate di voler assoggettare la Corea del Nord agli interessi stranieri. L’espulsione delle fazoni filo-cinesi e filo-sovietiche, pose le basi della dottrina patriottiche “Juche”, un ideologia plasmata da Kim il-Sung che affermava il primato della Corea, da perseguire mediante una forma autarchica di socialismo, sganciata dalle contaminazioni straniere e fondata sul principi di indipendenza e autosufficienza. Il Partito dei Lavoratori Coreani, si distinse dagli altri partiti comunisti, per la particolare attenzione che attribuiva all’istruzione, da cui dipendeva la mobilitazione popolare verso il socialismo, a riprova di tale sensibilità, nel PLC oltre alla tradizionale falce e martello trovava spazio anche il tradizionale pennello calligrafico, simbolo del riscatto intellettuale delle masse proletarie.

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( Propaganda nordcoreana di Kim il-Sung )

Nel 1958, la consolidata leadership interna di Kim il-Sung convinse la Cina di Mao, a ritirare il proprio contingente militare, restituendo alla Corea del Nord la piena sovranità. La mossa cinese venne considerata come una debolezza dagli USA che ne approfittarono per dislocare armi nucleari in Corea del Sud, in aperta violazione del trattato di armistizio. La strategia americana esasperò nuovamente il clima nella penisola coreana, provocando la rimilitarizzazione del versante nordcoreano, dove il gap nucleare con gli USA venne colmato con il dislocamento di un vasto dispositivo militare convenzionale lungo il confine del 38° parallelo, anche se va segnalato il l’effimero tentativo di ottenere tecnologia nucleare da URSS e Cina.

LO SFALDAMENTO DELLA DITTATURA DI RHEE

Mentre gli USA consolidavano la loro posizione militare in Corea del Sud, la posizione del presidente Rhee cominciava a scricchiolare, a causa dello stato di polizia che aveva introdotto nel paese, che rendeva impossibile la vita alle opposizioni, tacciate regolarmente di comunismo. Il clima interno precipitò in conseguenza allo scandalo delle elezioni truccate del 1956, quando le forze di opposizione organizzarono una serie di proteste popolari, che non si arrestarono neanche dinnanzi all’approccio efferato che le forze di polizia tenevano, in ottemperanza della legge marziale promulgata dal presidente Rhee, costretto comunque a fuggire in esilio negli USA, dopo anni di dittatura incontrastata.

Successivamente alla fuga di Rhee, l’opposizione patrocinò la riforma della costituzione sudcoreana, strutturandola in senso parlamentare. Per la prima volta l’opposizione di sinistra ebbe modo di partecipare alla vita politica del paese, eleggendo il primo ministro Myon, responsabile dell’epurazione dei burocrati e degli ufficiali compromessi con il regime di Rhee. Il governo Myon pianificò addirittura un controverso piano economico quinquennale di ispirazione socialista che allertò l’establishment militare, preoccupato dalle imprevedibili conseguenze di un corso politico ideologicamente contiguo al regime nordcoreano.

LA GIUNTA MILITARE SUDCOREANA

La minaccia di un governo comunista, nel 1961 convinse i militari ad operare un colpo di stato, propedeutico alla restaurazione della costituzione presidenziale, stilata su indicazione del generale Park Chung-Hee, eletto presidente nel 1963. Il neo-presidente sudcoreano rassicurò gli USA legittimando politicamente e giuridicamente la permanenza delle loro forze militari di occupazione, firmando un trattato di mutua difesa. Il consolidamento delle relazioni con gli Stati Uniti venne ricompensato con ingenti aiuti finanziari, determinanti per il progresso economico della Corea del Sud, che successivamente si avvalse dell’intermediazione di Washington per riconciliarsi con gli storici nemici giapponesi.

Park Chung-Hee corea del sud
( Park Chun-Hee )

Negli anni settanta la Corea del Sud sostenne attivamente l’intervento militare americano in Vietnam, dove la trionfante avanzata dei Vietcong galvanizzava il leader nordcoreano Kim il-Sung, che tentò inutilmente di coinvolgere i cinesi in una nuova campagna militare sudcoreana. Malgrado ciò, nel 1968 i nordcoreani approfittarono dell’impegno americano in Vietnam per infiltrare in Corea del Sud un commando incaricato dell’assassinio del presidente sudcoreano Park, scampato fortunosamente al tentato assalto del palazzo presidenziale. Successivamente all’operazione i sudcoreani organizzarono una rappresaglia simile a danno di Kim il-Sung, salvo cancellarla qualche anno dopo, in seguito alla distensione delle relazioni bilaterali tra i due regimi coreani, disposti addirittura a discutere nuovamente dei presupposti di un futuro iter di reintegrazione politica condiviso, da sviluppare senza il coinvolgimento di attori internazionali.

Nel 1979, questa scelta, sommata all’approccio autocratico del presidente sudcoreano Park, destabilizzò il clima interno, deteriorando i rapporti con gli USA ed i servizi segreti, che ne commissionarono l’assassinio, ricollocando la Corea del Sud su di un corso stabile e prevedibile, stavolta agganciato su di un reale binario democratico. Nello stesso periodo in Corea del Nord, Kim il-Sung comincerà a spianare l’ascesa politica di suo figlio Kim Jong-il, che coniugava la sua vita di operaio a quella di futuro leader del PLC.

CONCLUSIONI

Gli interessi geopolitici successivi alla seconda guerra mondiale lasciano la Corea in balia di USA e URSS, vanificando il prospettato iter di reintegrazione della penisola coreana. In particolar modo gli USA favoriranno con ogni mezzo l’indipendenza della Corea del Sud, sostenendo l’ascesa di Syngman Rhee, protagonista di un corso politico autocratico, corrotto e fortemente anti-comunista. I sovietici dal canto loro, contavano sul preponderante peso dei comunisti coreani dando per scontata l’integrazione di un futuro stato coreano unificato, dominato da una compagine comunista affiliata al blocco socialista internazionale. Una Corea riunificata avrebbe premiato inesorabilmente l’URSS, costringendo gli USA a cedere implicitamente al blocco sovietico il controllo di una regione strategica.

Successivamente all’indipendenza sudcoreana Kim il-Sung predisporrà un piano di annessione, sottoposto al vaglio dei suoi sponsor regionali, per niente allettati dalla prospettiva di una nuova guerra, dopo il devastate secondo conflitto mondiale. Nello specifico Stalin non poteva permettersi una mobilitazione di massa in Asia, senza scoprirsi in Europa, mentre la Cina avrebbe preferito riservare le proprie forze militari per sferrare l’attacco decisivo sui nazionalisti di Taiwan, anche se la prospettiva di una Corea americanizzata a due passi da Pechino preoccupava considerevolmente Mao, che alla fine cedette alle pressioni di Kim il-Sung, a cui rimaneva grato per l’apporto che la resistenza coreana fornì in occasione del conflitto contro i giapponesi ed i nazionalisti cinesi.

La rischiosa strategia nordcoreana senza il sostegno cinese non avrebbe potuto far fronte alla controffensiva americana, arrestata proprio dall’oceaniche masse militari cinesi. I sovietici invece preferirono mantenere un basso profilo, limitandosi a fornire un supporto indiretto, che alla fine risulterà vincente sul piano geopolitico, permettendo a Stalin di evitare un confronto diretto con gli USA, ottenendo tempo prezioso per mettere a punto il proprio arsenale nucleare, disinnescando al contempo le ambizioni della Cina di Mao, costretta a dare fondo alle proprie capacità in Corea.

Il post-guerra permise alle due coree di stabilizzarsi, il Sud sotto l’autocrazia di Rhee ed il Nord con sotto la dittatura comunista di Kim il-Sung, due regimi ideologicamente distanti, ma contraddistinti da una prassi dispotica che si autoalimentava parallelamente agli sviluppi della guerra fredda. Negli anni a seguire la precaria base di potere di Rhee si sfaldò, permettendo all’opposizione di sinistra di conquistare il potere inaugurando un corso politico moderatamente contiguo a quello in auge in Corea del Nord, suscitando la reazione degli USA, i quali ispireranno il colpo di stato militare del generale Park, lasciando percepire ai nordcoreani un clima interno favorevole ad un loro colpo di mano, agevolato dalle difficoltà internazionali che gli USA si ritrovavano a gestire in Vietnam. I tentativi di destabilizzazione nordcoreana si svilupparono autonomamente, senza l’assenso della Cina, risolutamente contraria a qualsiasi azione militare in Corea del Sud, dove gli americani mantennero una condotta estremamente pragmatica, evitando di raccogliere le reiterate provocazioni nordcoreane.

kim il-sung kim jong-il corea del nord
( Kim Jong-il e Kim il-Sung )

Kim il-Sung dovette pertanto accontentarsi dello status-quo, consolidando la propria base di potere, agevolando l’ascesa politica di suo figlio Kim Jong-il, alla guida di un regime che doveva abituarsi a governare uno stato d’emergenza perenne, mentre intanto in Corea del Sud si tentava di avviare un corso democratico reale, seppur subordinato agli interessi strategici americani, che a Seul contavano forse di più di quelli che il frammentato blocco sino-sovietico riusciva ad imporre all’imprevedibile regime di Pyongyang.

PS:

Segue 3° parte.