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CONOSCIAMO LA COREA (1° parte)

Quante volte abbiamo sentiamo parlare in Tv o sui giornali della Corea?

Ebbene, così come fatto con la Siria ( Siria 1Siria 2Siria 3Siria 4 ), dedicheremo una serie di articoli per conoscere anche la Corea, provando ad analizzarne le peculiarità storiche e politiche di questo enigmatico paese. Per farci un idea dell’attuale crisi coreana riteniamo indispensabile comprendere il background socio-culturale del popolo coreano, decisamente lontano dagli standard occidentali. Nel dettaglio, approfondiremo la realtà politica aggregata, considerando i presupposti geopolitici che la renderanno un paese diviso e polarizzato ideologicamente.

LA STORIA MODERNA DELLA COREA 

Storicamente la Corea ha prediletto l’isolazionismo, temendo le ingerenze dei potenti suoi potenti vicini, dalla Cina al Giappone, passando per la Russia, tutti paesi dalle spiccate velleità imperialiste. Nel 1800, consequenzialmente alla guerra dell’oppio, anche le potenze occidentali cominciarono ad insidiare la regione asiatica, mettendo in allarme la monarchia coreana, retta dalla dinastia Joseon. I regnanti coreani, per quanto gelosi della propria indipendenza, cominciarono a rettificare la loro politica estera allentando progressivamente il corso isolazionista, dialogando con gli occidentali. Tuttavia nel 1866 la dinastia Joseon, cominciò a mal tollerare la crescente presenza di missionari cattolici francesi, varando misure restrittive nei loro confronti, perseguendo i sudditi che abbandonavano il confucianesimo per il Cristianesimo. Le pesanti vessazioni ai danni della comunità cattolica indusse i francesi ad intervenire militarmente, ponendo fine alle violenze nel paese, senza tuttavia riuscire a detronizzare i Joseon, rimasti saldamente al potere di un paese bramato dalle varie potenze imperialiste, regionali ed occidentali.

All’ingerenza francese nel 1871, seguì il tentativo americano di estendere la propria influenza commerciale in Corea, progetto perseguito inviando un’apposita delegazione diplomatica scortata da un contingente militare dissuasivo. Tuttavia anche la presenza americana suscitò il disinteresse dei Joseon, da cui ottennero l’esplicito invito a lasciare il paese, esortazione a cui gli americani reagirono assediando alcune città coreane, ingaggiando alcune battaglie l’esercito locale, culminate con l’affondamento del USS Sherman, evento che segnò la sconfitta degli USA, costretti a ritirarsi dalla Corea. Successivamente alla crisi con gli USA, la Corea si ritrovò a far fronte alla prepotente ascesa militare giapponese, la cui minaccia indusse i Joseon a ricercare l’appoggio di Cina e Russia, due paesi ostili all’espansionismo giapponese nella regione. Le nuove alleanze ressero fino al 1894, quando lo scoppio di una rivolta popolare mise in discussione la sovranità della dinastia Joseon, sostenuta dai cinesi ed ostracizzata dai giapponesi. La Cina raccogliendo la richiesta di soccorso dei regnanti coreani, predispose l’invasione del paese, suscitando la reazione militare del Giappone, culminata proprio con la vittoria di questi ultimi, a danno degli odiati cinesi, privati del loro protettorato coreano. L’esito della guerra sino-nipponica collocò la Corea sotto l’influenza giapponese, nonostante le ritrosie della Regina Mia, assassinata qualche anno dopo da alcuni sicari nipponici, evento che costrinse la dinastia Joseon a fuggire in Russia, privando i cinesi del loro principale sponsor locale.

LA COLONIZZAZIONE GIAPPONESE DELLA COREA 

L’influenza giapponese in Corea seppur riconosciuta dai cinesi, veniva invece fortemente contestata dalla Russia, contraria a qualsiasi ipotesi di rafforzamento geopolitico giapponese nel continente asiatico, dove gli Zar temevano la superiorità numerica nipponica. Il Giappone dinnanzi alla risoluta posizione russa cominciò ad approntare una strategia militare finalizzata a ridimensionare l’influenza russa nella regione, l’Impero del sol levante riuscì ad ottenere persino l’appoggio del Regno Unito. Anche gli USA favorirono i piani giapponesi, agevolando l’afflusso di finanziamenti occidentali attraverso l’intermediazione della banca di investimento Khun & Loeb, di proprietà del finanziere ebreo Jacob Schiff, personaggio ostile alla condotta antisemita della dinastia Romanov. Nel 1904, grazie alle importanti coperture politico-finanziarie acquisite in ambito internazionale, i giapponesi si decisero ad attaccare la Russia, costringendola alla resa nel giro di un solo anno, acquisendo l’egemonia regionale, assoggettando il regno di Corea ai loro interessi. Nel 1910 i giapponesi predisposero l’iter di annessione della Corea all’Impero, ignorando deliberatamente l’opposizione dei Joseon, che contestò fermamente l’illegittimità del trattato di integrazione. Ben presto il Giappone prese possesso della Corea, dissolvendone l’esercito e installando ufficiali nipponici in tutti gli ambiti amministrativi, mentre intanto cominciava a coagularsi il primo nucleo di resistenza coreana.

( Mappa dell’Impero Giapponese )

L’influenza giapponese in Corea si concretizzò innanzitutto in ambito economico, industrializzando le regioni settentrionali e destinando all’agricoltura quelle meridionali, dalla cui produzione dipendevano le forniture alimentari dell’impero del sol levante. Ad ogni modo, le attività economiche erano comunque gestite essenzialmente da ditte giapponesi, a cui vennero affidati molti progetti di sviluppo infrastrutturali, da quelli inerenti il potenziamento dei porti commerciali a quelli inerenti alla costruzione delle vie stradali e ferroviarie. Le autorità imperiali giapponesi, una volta insediatesi in Corea, cambiarono la denominazione del paese in Chòsen, nel tentativo di nipponizzare il paese, obiettivo perseguito con ogni mezzo, anche a costo di limitare i diritti della popolazione autoctona, dissuasa dal perseguire le proprie tradizioni, mediante l’apposizione di alcuni divieti sul diritto di parola o sulla libertà di stampa e di associazione. A tali vincoli, si aggiunse anche la colonizzazione culturale, concretizzatesi con l’abrogazione del calendario cinese, sostituito da quello gregoriano occidentale, senza contare l’obbligo del saluto ad est, in ossequio all’imperatore nipponico, addirittura lo shintoismo venne imposto quale culto di stato, in sostituzione del confucianesimo.

Queste misure coloniali, sommate al dispotismo giapponese, irritarono considerevolmente la popolazione coreana, suscitando alcune contestazioni popolari, culminate con l’insurrezione della resistenza in occasione della morte del Re Gojong, ultimo sovrano della dinastia Joseon. Lo sviluppo delle proteste popolari catalizzò le istanze indipendentiste coreane, a cui i giapponesi reagirono duramente disperdendo con la forza gli insorti. Ad ogni modo, nel 1919 la dura rappresaglia giapponese, finì col consolidare ulteriormente il consenso popolare attorno alla causa indipendentista, organizzata da alcuni esuli residenti in Cina, sostenuti dall’Internazionale Socialista, come nel caso di Kim Gu, divenuto uno dei primi leader della resistenza all’estero. Ben presto l’indipendentismo cominciò a preoccupare seriamente le autorità giapponesi, costringendole ad operare alcune concessioni per rasserenare il clima interno, come il permesso di insegnare la lingua coreana, mentre venne allentata la censura sula stampa, consentendo ai coreani una seppur limitata partecipazione politica.

LA FINE DEL DOMINIO GIAPPONESE SULLA COREA 

Il nuovo corso conciliante si interruppe repentinamente nel 1937, consequenzialmente alla seconda guerra sino-giapponese, quando l’impero del sol levante riprese la sua politica di assimilazione coercitiva, vincolando considerevolmente lo stile di vita coreano, addirittura l’80% della popolazione dovette adottare nomi di origine nipponica, per sfuggire alle pesanti limitazioni amministrative poste dalle autorità coloniali di Tokyo. Durante il corso della seconda guerra mondiale le condizioni di vita coreane peggiorarono ulteriormente, configurando una situazione di umiliante semi-schiavitù, che all’atto pratico sconfessava la retorica giapponese, che considerava la Corea una regione dell’Impero, ridenominata per l’appunto Chòsen, ad ogni modo, al netto della propaganda, i coreani rimanevano un popolo distinto, sostanzialmente privato di qualsiasi diritto politico all’interno delle istituzioni parlamentari di Tokyo.

( Kim il-Sung )

L’occupazione dispotica giapponese suscitò l’animosità della resistenza coreana, che già nel 1932 arrivò ad attentare, senza successo, alla vita dell’imperatore. Tuttavia solo dopo l’attacco di Pearl Harbor la resistenza cominciò ad operare con una certa costanza, cooperando con l’armata rossa sovietica in Manciuria, sotto la direzione di un governo provvisorio installatosi in Cina. Nello specifico, tra le fila dell’armata rossa si formò un nucleo di miliziani coreani, guidati dal capitano Kim il-Sung, uno dei fondatori del Partito Comunista Coreano, formazione politica organizzata da Pak Hong-Yong. Mentre Kim il-Sung si concentrò alla liberazione militare del paese, Pak Hong-Yong si occupò principalmente di strutturare il partito in patria, collocandone la sede nella città di Seul.

LA LIBERAZIONE DELLA COREA 

La prepotente avanzata sovietica nel continente sommata al dominio pacifico americano, privò il Giappone delle forze per continuare l’occupazione della penisola coreana, le cui ambizioni indipendentiste trovarono, almeno inizialmente, il favore degli USA e dell’URSS. Nello specifico sovietici ed americani nel 1943 concordarono il riconoscimento di uno stato coreano, libero ed indipendente dal Giappone, che intanto cominciava a cedere il controllo coloniale della penisola alle preponderanti truppe sovietiche, il cui numero dissuase la presenza militare americana in loco, almeno fino al bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, evento che ribaltò i rapporti di forza nella regione, permettendo agli USA di rivendicare l’amministrazione della parte meridionale della Corea. Al termine della guerra la Corea si ritrovò divisa dal confine fittizio del 38° parallelo, che separava temporaneamente un paese occupato a sud dagli americani e a nord dai sovietici, un po’ come avvenne in Germania. Malgrado l’occupazione, i coreani confidavano di ricongiungersi non appena la situazione post-bellica si fosse stabilizzata, riprendendo possesso della propria sovranità, sottratta per anni dall’imperialismo giapponese, finalmente debellato.

( Divisione penisola coreana )

LA SEPARAZIONE AMMINISTRATIVA DELLA COREA 

L’occupazione della Corea venne amministrata con criteri diversi, infatti i sovietici agevolarono la formazione di un governo civile affidato ad una compagine comunista guidata da Kim il-Sung, mentre gli USA mantennero una governance militare, affiancata dalla burocrazia coloniale giapponesi, nonostante questa fosse osteggiata dalla popolazione. Gli USA una volta occupata la regione meridionale della Corea, preferirono non coinvolgere il governo provvisorio coreano, perché considerato fin troppo allineato alle posizioni comuniste sino-russe, sicché disconobbero qualsiasi legittimità a questo organo politico, guidato da Kim-Gu.

Ben presto la condotta anti-comunista delle autorità militari americane si riverberò negativamente sull’organizzazione politica del Partito Comunista Coreano, collocato precedentemente nella città di Seul, nel frattempo finita sotto occupazione americana. Nel 1946, la rigida divisione amministrativa del paese costrinse i comunisti a scindere il partito in due formazioni parallele, una operativa al sud sotto la guida di Pak-Hong-Yong, e una operativa al nord sotto la guida di Kim il-Sung. I comunisti coreani, benché divisi, dominavano comunque la scena politica del paese, forti del consenso delle masse popolari, anche se tra i ceti notabili tale ideologia veniva percepita come una minaccia ai loro interessi, finalmente liberi dai vincoli giapponesi.

LINFLUENZA USA SULLA COREA DEL SUD 

Malgrado la marginalizzazione del governo provvisorio coreano, l’amministrazione militare americana si ritrovò a contrastare la prepotente avanzata politica dei comunisti, favorendo l’ascesa politica di Syngman Rhee, un rampollo coreano esiliato negli Stati Uniti nel 1904, dove ebbe modo di formarsi nella prestigiosa università di Princeton. Rhee una volta laureatosi, ritornò in patria, prendendo parte alla resistenza anti-giapponese, aderendo al governo provvisorio coreano, divenendone il presidente nel 1919, posizione da cui venne rimosso qualche anno dopo, a causa del suo approccio autocratico. L’ostilità di Rhee all’establishment del governo provvisorio, sommata al suo background culturale, lo rese compatibile agli interessi degli USA, che lo sostenerono in funzione anti-comunista, favorendone la nomina a presidente provvisorio della Corea del Sud.

Il mandato di Rhee, per quanto favorito dagli Stati Uniti, rimaneva pur sempre temporaneo, inoltre la prossima integrazione della penisola avrebbe verosimilmente premiato i comunisti, egemoni nel nord e presenti in buon numero anche nel sud, dove inoltre l’ex presidente del governo provvisorio Kim-Gu organizzava l’iter di riunificazione delle due coree, nonostante l’irritazione americana. Kim-Gu veniva percepito come la minaccia principale agli interessi americani, giacché il suo approccio nazionalista, trovava consensi sia in Corea del nord che in Corea del sud, a prescindere dall’appartenenza politica di riferimento. L’impegno politico di Kim-Gu tentò di favorire l’integrazione del paese, armonizzando le posizioni comuniste con tutte le altre, sorvolando i veti posti dal presidente provvisorio Rhee, che non esitò a varare limitazioni sempre più stringenti ai comunisti, costringendoli a riparare in Corea del Nord, dove intanto le forze di sinistra si stavano aggregando attorno al Partito Comunista Nordcoreano, ridenominato Partito del Lavoro di Corea (PLC). La convergenza delle organizzazioni di sinistra nel PLC, nei piani di Kim il-Sung, avrebbe permesso ai comunisti di dominare le future elezioni, forti del consenso popolare che la sua leadership incontrava nel paese.

( Il leader nazionalista Kim-Gu )

LA SVOLTA INDIPENDENTISTA DELLA COREA DEL SUD 

Dinnanzi alla minaccia comunista, gli USA apposero il veto alla riunificazione delle due coree, giacché ciò avrebbe compromesso la propria presenza strategica nel continente asiatico, favorendo inevitabilmente l’URSS, mentre intanto i comunisti cinesi di Mao si apprestavano a cacciare i nazionalisti filo-americani. Nel 1948, dinnanzi a questa prospettiva, gli americani patrocinarono l’istituzione di uno stato sudcoreano indipendente, saldamente sotto il loro controllo strategico, fu così che venne fondata l’attuale Repubblica di Corea. La mossa americana non dissuase l’ex presidente del governo provvisorio Kim-Gu, deciso a continuare l’iter negoziale di riunificazione politica della penisola coreana, nonostante la ferma opposizione della autorità militari americane, fermamente contrarie a subordinare i propri interessi geopolitici alle istanze del popolo coreano. Ad ogni modo successivamente all’indipendenza della Corea del Sud, gli USA predisposero rapidamente le elezioni politiche, da cui uscì vincente Syngman Rhee, agevolato dal boicottaggio della sinistra, che costò la sconfitta allo sfidante Kim-Gu. Le elezioni sudcoreane suggellarono così la separazione artificiosa della Corea, ideata e promossa dagli USA, che inoltre pressarono il neo-presidente Rhee a mettere al bando tutte le organizzazioni comuniste.

( Syngman Rhee )

CONCLUSIONI 

La storia della Corea, come si evince, si è sviluppata all’insegna dell’isolazionismo, date la costante minaccia posta dai propri vicini, sempre pronti a contendersi l’egemonia sul loro territorio, impedendo qualsiasi forma di autodeterminazione. La sofferta occupazione coloniale giapponese, favorì il consolidamento dei rapporti con la Cina e la Russia, paesi che ancora oggi godono della simpatia coreana, soprattutto nel nord. Questa solida partnership è stata consolidata nel corso del novecento, in funzione anti-americana, gli USA infatti sostituirono le forze di occupazione giapponesi, imponendo interessi non loro, che hanno impedito il ricongiungimento di un popolo, che all’indomani della seconda guerra non riscontrava alcuna ragione per rimanere separato, da ideologie che poco avevano a che vedere con la loro storia, ma che comunque si imposero a livello strumentale, perpetuandosi fino ad oggi.

Le responsabilità sulla divisione della Corea sono da addebitarsi essenzialmente agli USA, da cui derivò il discutibile veto alla naturale reintegrazione della penisola. Infatti, al di là dell’approccio ideologico, i coreani avevano tutto il diritto di ricongiungersi, essendo un unico popolo, a cui tra l’altro, le due potenze avevano garantito sia la liberazione che l’indipendenza politica. Verosimilmente, questo processo avrebbe sicuramente favorito i comunisti, ma ciò sarebbe stato comunque un risultato democraticamente legittimo, operato da un popolo sovrano, a cui invece è stata imposta una divisione artificiosa, che avvantaggiava ancora una volta un paese straniero, indisposto a recedere dalla propria posizione di dominio militare.

La Russia, conscia del potenziale elettorale dei comunisti coreani, stava già per implementare il ritiro delle proprie forze di occupazione, sicura dei tradizionali rapporti fiduciari consolidati negli anni con i vicini coreani, il che li avvantaggiava inevitabilmente rispetto agli americani, indipendentemente dalla retorica ideologica. Agli USA non restò altro che mettere alle strette i nazionalisti coreani di Kim-Gu, colpevoli di dialogare con i comunisti del nord, favorendo l’ascesa di Rhee, rivelatosi un autocrate, privo di una reale base di consensi. Le ambizioni politiche di Rhee affossarono il processo di reintegrazione, svendendo il proprio paese agli interessi geopolitici americani, facendosi scudo della retorica ideologica, che ben presto polarizzò la dialettica politica tra le due regioni coreane, costrette ad importare un odio reciproco, prima inesistente, da cui si svilupperà la guerra di Corea, che approfondiremo in un prossimo articolo.