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CONOSCIAMO LA COREA (4°Parte)

LE DUE COREE ALL’INDOMANI DELLA GUERRA FREDDA
Dopo aver illustrato la guerra di liberazione coreana dall’occupazione coloniale giapponese, ed analizzato le dinamiche geopolitiche alla base della separazione politica della Corea, considerandone il controverso rapporto dualistico all’interno della cornice della guerra fredda, giungiamo a questo 4° articolo, l’ultimo della serie “Conosciamo la … “, cn cui intendiamo riepilogare le ultime tappe dello sviluppo di questo paese , diviso artificialmente da logiche geopolitiche straniere. 

Alla vigilia del nuovo millennio, le due Coree sembrarono sul punto di superare le consolidate contrapposizioni ideologiche, subordinandole alla comune volontà di riconciliazione, favorita dalla “Sunshine Policy” promossa dal presidente sudcoreano Kim Dae-Jung, i cui sforzi diplomatici furono premiati nel 2000 con il premio Nobel per la pace. Il governo di Seul intendeva approfittare del crollo dell’URSS, permettendo alla Corea del Nord di smarcarsi dalle difficoltà post-guerra fredda, inaugurando un nuovo corso politico fondato sul rispetto reciproco. Malgrado la perdita del tradizionale sostegno internazionale sovietico, Kim Jong-il continuava comunque a godere di una solida base di potere, mettendo i sudcoreani in una posizione scomoda, decisamente diversa da quella che permise alla Germania Ovest di dominare il processo di reintegrazione, inglobando sostanzialmente e formalmente la Germania Est. Ai sudcoreani non restò altro che instaurare un rapporto paritetico, basato sulla cooperazione bilaterale. Ad ogni modo, i rapporti tra i due regimi coreani furono inevitabilmente condizionati dal poderoso potenziale economico sudcoreano, con cui Seul contava di ammorbidire le posizioni di Pyongyang, alle prese con una congettura economica particolarmente difficile, a cui la tradizionale formula autarchica “Juche” non riusciva più a far fronte.

 

Kim dae jung e kim jong il
( Kim Dae-Jung e Kim Jong-il )

Sulla base di questi presupposti, la Sunshine Policy sembrò instaurare un clima di reale e proficua fiducia costruttiva, permettendo addirittura al presidente sudcoreano Kim Dae-Jung di incontrarsi a Pyongyang con il leader nordcoreano Kim Jong-il, compiendo un piccolo, ma storico, passo avanti verso la reintegrazione della penisola coreana, che le due parti erano intenzionate a perseguire concordando un iter progressivo, scandito da iniziative di natura economica e culturale, con cui amalgamare le reciproche differenze ideologiche. Nello stesso periodo, la Corea del Nord riallaccerà i rapporti con la Russia post-sovietica, approfittando della volontà del neo-presidente Vladimir Putin, di restaurare le antiche relazioni bilaterali, compromesse dai suoi predecessori, Gorbacèv ed Eltsin.

LA STABILIZZAZIONE POLITICA DELLA COREA DEL SUD

Nel 2003, Kim Dae-Jung verrà sostituito dal collega di partito Roh Moo-Hyun, un avvocato noto per la sua opposizione ai precedenti regimi militari. L’indirizzo politico del nuovo presidente sudcoreano confermò la Sunshine Policy, coltivandola parallelamente alle iniziative interne finalizzate ad accompagnare i poderosi ritmi di crescita economica sudcoreani, zavorrati solo dagli endemici fenomeni corruttivi, che accompagneranno lo sviluppo del paese fino ai giorni nostri. Per superare la corruzione dilagante, Roh Moo-Hyun promosse una serie di profonde riforme fortemente osteggiate dal parlamento sudcoreano, che alla prima occasione tenterà di estrometterlo promuovendo una controversa accusa di impeachment, rigettata tra le polemiche dopo il verdetto della Corte Costituzionale di Seul.

( Kim Jong-il e Roo Moo-Hyun )

Una volta ristabilita la propria legittimità politica, il presidente Rho tentò di spostare la capitale della Corea del Sud, da Seul verso il sud del paese, tentando di sottrarla all’incombente minaccia dell’artiglieria nordcoreana, che in caso di guerra avrebbe decapitato facilmente la propria catena di comando, tuttavia questo progetto finì per essere affossato ancora una volta dall’intervento della Corte Costituzionale. La bocciatura del provvedimento relativo allo spostamento della capitale, sommato al rallentamento dell’economia, dovuto all’incremento della pressione fiscale, compromisero seriamente la popolarità del presidente Rho, il cui elettorato gli contestava il tradimento della sua retorica anti-americana, prontamente smorzata all’indomani della sua elezione, mantenendo la Corea del Sud saldamente agganciata all’alleanza con gli Stati Uniti, inviando addirittura un contingente militare sudcoreano a supporto della loro controversa occupazione dell’Iraq. Ad ogni modo, il presidente sudcoreano tentò di placare l’elettorato nazionalista, polarizzando la politica estera contro il Giappone, a cui contestò la mancanza di un congruo risarcimento per la criminale occupazione coloniale, posizione che agevolò il progresso della Sunshine Policy, ponendo le condizioni per un secondo incontro tra il neo-presidente sudcoreano Rho ed il leader nordcoreano Kim Jong-il.

L’ASCESA POLITICA DEI CONSERVATORI SUDCOREANI

Nel 2008, la debole base di potere di Rho Moo-Hhyun venne sgretolata da una serie di accuse di corruzione, spianando la strada verso la presidenza di Lee Myung-Bak, il sindaco conservatore di Seul. Il neo presidente Lee una volta al potere, tentò di indirizzare la cooperazione con Corea del Nord su di un corso marcatamente liberista, plasmato sul modello di integrazione predisposto dalla Comunità Economica Europea, sperando di forzare la mano della establishment comunista di Pyongyang, fortemente contrariato dal nuovo approccio unilaterale promosso dal nuovo governo di Seul, considerato reo di aver compromesso i rapporti paritetici alla base della Sunshine Policy. L’indirizzo politico liberista inaugurato da Lee, oltre a degradare le relazioni con la Corea del Nord, scatenò feroci critiche anche in Corea del Sud, dove l’opinione pubblica contestò apertamente l’accordo di libero scambio siglato con gli USA ed il massiccio programma di privatizzazioni delle società pubbliche.

LA SFIDA NORDCOREANA

Il nuovo indirizzo politico del governo sudcoreano, sommato all’invasione americana dell’Iraq, convinse Kim Jong-il dell’inaffidabilità dei suoi interlocutori, obbligandolo a ricalibrare la propria politica estera, polarizzandola su di un binario più aggressivo. Nel giro di qualche mese il clima di apertura verso la comunità internazionale venne vanificato dalla fallita messa in orbita di un satellite, che in fase di proiezione sorvolerà il Giappone, scatenando numerose critiche, accompagnate dal congelamento degli aiuti finanziari precedentemente accordati dal governo di Tokyo. Il nuovo approccio provocatorio della Corea del Nord convinceranno  il neo-presidente americano Bush a ripudiare i negoziati promossi dalla precedente amministrazione Clinton, annoverando il governo di Pyongyang tra i “paesi dell’asse del male“, denunciando il mancato rispetto degli accordi che prevedevano il congelamento del programma nucleare. I nordcoreani in effetti continuarono a sviluppare il proprio programma nucleare, a causa della lentezza con cui gli americani fornivano la tecnologia con cui riconvertirlo a fini esclusivamente energetici civili, tale scelta fu inoltre consequenziale alla scelta americana di continuare ad eseguire esercitazioni militari congiunte con la vicina Corea del Sud.

(Lee Myung-Bak e George Bush )

Consequenzialmente a queste reciproche provocazioni, la Cina prenderà l‘iniziativa diplomatica, intavolando un negoziato che riaprirà uno spiraglio sull’intesa nucleare, che i nordcoreani continuavano a subordinare alla normalizzazione delle relazioni bilaterali, accompagnata da congrui aiuti economici, con cui sopperire allo smantellamento del programma nucleare civile. La Corea del Nord qualche mese dopo lancerà un ultimatum, esortando gli americani a venire incontro alle sue richieste, pena l’avvio di un programma nucleare militare, con cui intendeva mettersi al riparo dalle loro ingerenze, all’indomani dell’invasione illegale dell’Iraq di Saddam Hussein. L’offerta nordcoreana venne rigettata dall’amministrazione Bush, invitando Pyongyang a smantellare unilateralmente il programma nucleare senza porre condizione alcuna. Ad ogni modo, al netto della retorica gli americani continueranno a sostenere i negoziati multilaterali promossi da Cina, Corea del Sud, Giappone e Russia. Gli USA infatti contavano di convincere la Corea del Nord a rinunciare al loro programma nucleare, indirizzandoli su di una soluzione politica simile a quella che aveva portato la Libia di Gheddafi a smantellare le centrifughe del loro programma nucleare, permettendogli di evitare un’invasione simile a quella irachena.

LA FRAGILE TREGUA DEL 2007

Alla fine del 2004, la Corea del Nord si ritrovò con una quantità di plutonio sufficiente a sviluppare un piccolo arsenale nucleare, con cui mettersi al riparo dalle loro iniziative militari finalizzate all’esportazione del loro modello liberal-democratico. A partire dal 2005, la Corea del Nord effettuerà una serie di lanci missilistici culminati con il clamoroso test nucleare del 2006, che sebbene parzialmente riuscito, susciterà comunque la ferma condanna del Consiglio di Sicurezza ONU, sotto forma di sanzioni economiche, accompagnate dal divieto di importare o esportare armi. Nel 2007, Kim Jong-il attenuerà le sue posizioni, favorendo la ripresa dei negoziati internazionali, offrendo il congelamento del reattore nucleare di Yongbyon sotto la supervisione dell’AIEA, in cambio di un determinato quantitativo di risorse energetiche da destinare all’uso civile interno. Tali progressi porteranno ad una distensione delle relazioni bilaterali tra nordcoreani e americani, portando al cancellamento della Corea del Nord dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo internazionale.

( Centrale Nucleare di Yongbyon )

Nel 2009, malgrado l’intesa trovata tra gli l’amministrazione americana Bush e la Corea del Nord, il reciproco ostracismo riprese il sopravvento , vanificando il precario clima di distensione raggiunto nella regione, favorendo la ripresa delle provocazioni missilistiche nordcoreane, culminate con il lancio di un missile finalizzato alla messa in orbita di un satellite, a cui seguiranno due clamorosi test nucleari sotterranei, che segneranno la ripresa del programma nucleare di Pyongyang, scongelato a causa delle persistenti esercitazioni militari che gli americani si ostinavano a tenere in prossimità dei suoi confini. La nuova escalation nordcoreana indurrà gli USA ad incrementare le forniture militari alla Corea del Sud, a cui verranno vendute bomber anti-bunker (bunker-buster), oltre ad un nuovo lotto di F-16, da aggiungere al preventivato acquisto di 40 caccia-bombardieri stealth F-35.

I PREPARATIVI PER LA SUCCESSIONE DI KIM JONG-IL

Nel frattempo, le precarie condizioni di salute di Kim Jong-il lo indussero a predisporre l’ascesa politica di Kim Jong-Nam, il suo figlio primogenito, collocandolo nel gotha dei servizi segreti nordcoreani, posizione da cui provvederà all’epurazione dei suoi avversari politici presenti all’interno del Partito dei Lavoratori Coreani (PLC). Kim Jong-Nam si distinse per la sua particolare attenzione verso le nuove tecnologie informatiche, passione che tra l’altro condivideva con suo padre, tuttavia l’accesso alla rete continuò ad essere sostanzialmente precluso al resto della popolazione nordcoreana, soggetta ad un rigidissimo regime di censura.
La carriera di Kim Jong-Nam si sviluppò senza particolare enfasi mediatica, mantenendo un bassissimo profilo pubblico, al punto da risultare pressoché ignoto ai principali servizi di intelligence regionali, almeno fino al 2001, quando venne arrestato in Giappone con l’accusa di essere entrato illegalmente nel paese, avvalendosi di un falso passaporto dominicano, suscitando uno scandalo che comprometterà irrimediabilmente la sua carriera politica, obbligandolo a lasciare il paese, trasferendosi in Cina.

( Kim Jong-Un e Kim Jong-il )

L’allontanamento del primogenito di Kim Jong-il, tra l’altro, venne anche favorito dalle sue idee riformiste, con cui intendeva agganciare la Corea del Nord, ad un modello di socialismo di mercato simile a quello cinese, ripudiando l’autarchia dell’ideologia Juche. Ad ogni modo, le vicissitudini di Kim Jong-Nam indussero Kim Jong-il a revisionare i suoi piani di successione, favorendo l’ascesa di Kim Jong-Un, il suo figlio terzogenito, formatosi in Svizzera ed inserito nella influentissima Commissione Nazionale di Difesa, posizione che lascerà con il rango di generale nel 2009, quando verrà designato futuro successore di Kim Jong-il alla guida del PLC, sotto l’appellativo di “Brillante Compagno”, nonché figlio del “Carlo Leader”.

LA PARABOLA DEI CONSERVATORI SUDCOREANI

Nel 2012, a causa delle impopolari politiche economiche e dei clamorosi scandali, il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak perdette popolarità, preferendo lasciare il testimone alla popolarissima Park Geun-Hye, la figlia dell’ex-Presidente Park Chung-Hee, sarà lei la prima donna a diventare Presidente della Corea del Sud. La presidenza di Park consolidò la tradizionale alleanza con gli USA, riproponendo alla Corea del Nord il piano di pace precedentemente promosso dall’ex-presidente Lee, incentrato su di un iter di integrazione progressiva, da implementare mediante la promozione di un modello di cooperazione economica di impronta liberista, avallato persino dal placet del Presidente cinese Xi Jinping.

( Park Geun-Hye e Xi Jinping )

Le iniziative sudcoreane vennero respinte ancora una volta dai nordcoreani, risolutamente contrari a subordinare il proprio modello socialista agli standard di libero mercato sudcoreani, sicché Pyongyang riprese a provocare i vicini del sud effettuando nuovi test missilistici, con cui contava di intimorire il debole governo di Park Geun-Hye, fiaccato dalle accuse di corruzione che nel 2017, porteranno al suo clamoroso arresto, evento che segnerà la fine dell’egemonia politica dei conservatori in Corea del Sud. Sull’onda degli scandali, verrà eletto Moon Jae-In, il leader del Partito Democratico, costretto a ripudiare i sui propositi pacifisti, accodandosi, suo malgrado, alle posizioni aggressive del neo-presidente americano Donald Trump, alle prese con l’escalation provocatoria innescata dalla nuova leadership nordcoreana.

L’ASCESA POLITICA DI KIM JONG-UN

Il clima di tensione venne inframezzato dalla dipartita di Kim Jong-il nel 2011, evento che sconvolse la sensibilità del popolo nordcoreano, abituato a concepire la sua leadership alla stregua di una divinità, a cui la propaganda riconosceva doti e qualità eccezionali, da cui dipendeva il progresso della nazione, approccio questo, del tutto antitetico al razionalismo scientifico tipico dei regimi marxisti. D’altronde, la Corea del Nord si configurava come un regime politico più unico che raro, una sorta di regno eremita decisamente distante dagli standard tipici degli altri regimi comunisti presenti nel mondo, presentandosi come una particolare forma di monarchia nazional-socialista, dove il patriottismo prevale sull’ortodossia ideologica marxista.

( Kim Jong-Un e Kim Jong-il con il Premier cinese Li Keqiang )

Ad ogni modo, successivamente alla sua dipartita, Kim Jong-il verrà imbalsamato e collocato all’interno del Palazzo del Sole, il mausoleo dove precedentemente erano state collocate anche le spoglie del padre Kim il-Sung. La successione al “Caro Leader” si articolò come programmato, con la nomina del giovanissimo Kim Jong-Un alla guida della segreteria del PLC, affiancato dallo zio Jang Song-Thaek, personalità controversa, precedentemente messa ai margini del regime per via delle le sue ambizioni politiche, che nel 2000 gli costarono addirittura l’allontanamento dai ranghi del Partito, a causa della sua sospetta contiguità all’establishment comunista cinese, salvo poi essere reintegrato nel 2009, dopo essersi riconciliato con Kim Jong-il, la cui salute cominciava a degradarsi progressivamente, rendendo necessario un traghettatore da affiancare al giovanissimo Kim Jong-Un.

L’EPURAZIONE DELLA CERCHIA DI JANG SONG-THAEK

Ben presto i solidi rapporti tra Jang Song-Thaek e l’establishment cinese, finirono con intimorire Kim Jong-Un, preoccupato dall’eventualità di un asse tra lo zio ed il fratello Kim Jong-Nam, accomunati da posizioni riformiste, se non proprio ostili al modello socialista autarchico Juche, con cui Pyongyang aveva tenuto tradizionalmente a bada le ingerenze politiche di Pechino. Nel 2013, la paura di un colpo di mano dello zio, induce Kim Jong-Un a silurarlo, disponendone l’arresto plateale in occasione di una sessione plenaria del Politburo del PLC, con l’accusa di tradimento e sabotaggio dell’unità del partito. A Jang Song-Thaek oltra alla contiguità con ambienti cinesi, venne contestata anche l’arbitraria chiusura di alcuni campi di lavoro coatto e la reintegrazione di alcuni elementi sovversivi precedentemente epurati da Kim Jong-il, accuse estese alla sua cerchia di potere rappresentata all’interno dello stato maggiore dell’esercito nordcoreano. All’interno di questa strategia va verosimilmente ricondotto il controverso assassinio di Kim Jong-Nam, il fratello del leader nordcoreano rimasto vittima dei servizi segreti di Pyongyang nel corso del 2017.

( L’arresto di Jang Song-Thaek nel Politburo del PLC )

Successivamente a questa profonda opera di epurazione, Kim Jong-Un riuscirà ad imporre la propria leadership all’interno del PLC, avvalendosi del sostegno determinate di Pak Pong-Ju e Kim Yong-Nam, due fedelissimi esponenti della cerchia di potere del padre Kim Jong-il. L’assestamento degli equilibri di potere, permetterà al leader nordcoreano di dedicarsi alla fase finale del programma nucleare, ordinando un nuovo test sotterraneo, a cui la comunità internazionale reagirà varando nuove sanzioni, revocando gli aiuti alimentari precedentemente concessi, come incentivo alla denuclearizzazione. Sempre nello stesso periodo, la Corea del Nord arriverà a mettere in discussione persino il trattato di armistizio del 1953, che per la cronaca era stato disatteso dagli americani dislocando per un certo periodo di tempo armi nucleari in Corea del Sud.

L’IMPROVVISA ACCELERAZIONE DEL PROGRAMMA NUCLEARE

Nel corso del 2014 e del 2015, la Corea del Nord manterrà una condotta meno provocatoria, per poi interromperla improvvisamente nel 2016, effettuando un nuovo test nucleare che darà il via ad una lunga serie di provocazioni missilistiche, accompagnate da una massiccia campagna di propaganda, finalizzata a divulgare alla comunità internazionale la reale portata dell’arsenale nucleare nordcoreano. Nel 2017, i nordcoreani esorteranno i cinesi a non vanificare la loro storica alleanza, intralciando lo sviluppo del loro programma nucleare, considerato come l’unico mezzo per sfuggire alle sorti che gli Stati Uniti hanno riservato all’Iraq di Saddam Hussein e alla Libia di Gheddafi, paesi illusi e distrutti dopo aver rinunciato ai loro programmi nucleari. Il rapporto tra Cina e Corea del Nord per la prima volta sembrò vacillare, sensazioni, tra l’altro, confermate dal mancato incontro tra il Segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping e Kim Jong-Un, leaders di due paesi legati da un trattato di mutua difesa, tutt’oggi valido.

( Presentazione missile intercontinentale H-14 )

Malgrado ciò, la Corea del Nord riuscirà ad importare dalla Cina alcuni mezzi eccezionali, adibiti al trasporto di missili intercontinentali (Hwasong-14), esibiti in occasione del 105° anno dalla nascita di Kim il-Sung, che per la cronaca, continuava ad essere riconosciuto come il presidente de iure del paese. La presentazione dei missili Hwasong-14, spiazzò le intelligence occidentali, data la loro impressionante somiglianza con gli ICBM che solitamente sfilano su TEL in Russia e Cina. Ad ogni modo, al netto delle speculazioni circa il loro effettivo potenziale, in occasione della festa dell’indipendenza americana, la comunità internazionale dovette prendere atto della loro reale efficacia, dimostrata con un lancio che seppur simulato, registrò parametri compatibili con la gittata di un missile intercontinentale vero e proprio, seppur caratterizzato da una tecnologia propulsiva non particolarmente innovativa, come l’alimentazione a combustibile liquido, formula che limita l’operatività temporale dei missili nordcoreani, soprattutto se paragonati con gli arsenali strategici delle principali potenze nucleari mondiali, dotate di vettori a propellente solido.

Ai progressi del Hwasong-14, nel giro di qualche mese si aggiungerà anche quello della prima bomba termonucleare nordcoreana, testata con pieno successo nel sottosuolo adiacente i confini cinesi, evento che coronerà definitivamente il sogno di un arsenale nucleare, perseguito con insistenza da Kim Jong-il. Questi successi misero per la prima volta la Corea del Nord nelle condizioni di minacciare gli USA, con un missile in grado di recapitare una testata nucleare all’interno del suo territorio continentale, riuscendo laddove molti paesi del cosiddetto terzo mondo hanno fallito. Le sanzioni della comunità internazionale pur rallentando questa lunga marcia, non hanno tuttavia impedito ai nordcoreani di aggregarsi all’esclusivo club delle nazioni con capacità nucleare, riuscendo addirittura a registrare un incremento del PIL nel corso del 2016, il resto è storia quotidiana.

( Kim Jong-Un e la bomba termonucleare nordcoreana )

CONCLUSIONI

All’inizio degli anni novanta, la fine della guerra fredda sembrò agevolare la riconciliazione delle due coree, permettendo ai sudcoreani di prendere l’iniziativa con la “Sunshine Policy”, rassicurando i nordcoreani, spiazzati da una realtà internazionale a cui non erano preparati, malgrado il loro tradizionale approccio autarchico. La Corea del Sud facendo leva sul proprio potenziale economico-finanziario contava di dominare il processo di reintegrazione, emulando l’iter predisposto in Europa dalla Germania Ovest, tuttavia la Corea del Nord non si accoderà acriticamente come la Germania Est, preferendo giocarsi la partita da pari, rafforzarsi asimmetricamente sul piano militare, così da smorzare la posizione dominante del governo sudcoreano. Del resto, i nordcoreani non si sentivano sconfitti dagli USA come l’URSS, e pertanto non erano per nulla disposti a sottomettersi ai propri nemici in conseguenza di una sconfitta non loro. L’establishment di Pyongyang pur ritrovandosi indebolito, si ritrovava comunque nelle condizioni di reggere agevolmente all’isolamento internazionale, facendo leva sul consolidato modello autarchico Juche.

I nordcoreani incalzati dalla potenza americana, decisero di scommettere tutto sul proprio programma nucleare, riconvertendolo a fini militari, nonostante i moniti internazionali e i pesanti avvertimenti degli Stati Uniti, che da parte loro tenteranno di convincere Pyongyang a desistere, offrendo garanzie alquanto fumose, soprattutto all’indomani dell’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein, evento che inevitabilmente indusse Kim Jong-il a portare fino in fondo il programma nucleare, insistendo su quello che inizialmente era stato concepito come uno strumento politico, con cui negoziare le condizioni di ricongiungimento con i vicini sudcoreani. Decifrare la Corea del Nord rimane un obiettivo arduo per chiunque, soprattutto perché non si riesce a comprendere fino a che punto la Cina abbia contribuito allo sviluppo del loro programma nucleare, i cui sviluppi recenti lasciano intendere un anomala accelerazione, seguita da successi clamorosi per un paese largamente considerato parte del terzo mondo.

La Corea del Nord sembra essere riuscita laddove molti hanno fallito, smentendo costantemente gli analisti occidentali, che continuano a dipingere questo eccentrico paese alla stregua di una repubblica delle banane. Ebbene dunque considerare Kim Jong-Un come un attore razionale, affiancato da un abilissimo establishment, capace di provocare efficacemente la comunità internazionale, avendo cura di non spezzare la corda, evitando iniziative irreparabili che inevitabilmente porterebbero alla fine della loro egemonia politica, a cui non sono disposti a rinunciare. D’altro canto, difficilmente il vulcanico presidente americano Donald Trump prenderà l’iniziativa, giacché gli USA senza la minaccia nordcoreana non avrebbero più l’alibi per la loro crescente presenza militare a ridosso della vera minaccia asiatica, la Cina. Gli USA, tra l’altro non possono attaccare unilateralmente la Corea del Nord, senza suscitare l’intervento della Cina, legata a Pyongyang da un accordo di mutua difesa, che obbliga Pechino di difendere gli alleati in caso di aggressione. Per quanto concerne gli sviluppi della crisi coreana, non ci resta che attendere le prossime mosse degli attori regionali, alle prese con l’ultimo capitolo della guerra fredda, il cui esito potrebbe paradossalmente rilanciarla, sconfessando la retorica ideologica del passato, palesando i reali interessi geopolitici, che da sempre gravitano attorno alla penisola coreana.