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CONOSCIAMO LO YEMEN (2° Parte)

CONOSCIAMO LO YEMEN 2

L’indipendenza del “Regno zaydita Mutawakkilita dello Yemen” venne accolta favorevolmente da paesi come l’Italia, ma anche dal Regno Hashemita d’Iraq, dove, tra l’altro, si formeranno i primi ufficiali yemeniti. Infatti, tra i primi atti dell’allora imam Yahia ci fu quello di riformare la realtà feudale del paese, favorendo la strutturazione di una reale struttura statale, protetta da un esercito regolare, e non più da bande armate fedeli a fluide logiche tribali. Parallelamente all’addestramento degli ufficiali in Iraq, l’imam Yahia patrocinerà la formazione di un’adeguata classe dirigente, favorendo l’istruzione di molti giovani presso le rinomate istituzioni formative libanesi.
Successivamente alla fine della seconda guerra mondiale, lo Yemen aderirà alla Lega Araba, un’organizzazione internazionale promossa da paesi arabi intenzionati a confrontarsi su questioni di interesse comune, condividendo strategie come nel caso della gestione della questione palestinese. Nel 1947, lo Yemen continuerà ad aprirsi al mondo, entrando a pieno titolo all’interno della comunità internazionale, aderendo formalmente alle Nazioni Unite.
Le aperture verso la comunità internazionale tuttavia non convinceranno del tutto l’imam Yahia che imposterà il suo governo si di un corso marcatamente conservatore, ben agganciato alla tradizione religiosa zaydita, che pur agevolando lo sviluppo del paese, non permetterà una piena modernizzazione, ostacolando qualsiasi tentativo di cooperazione con paesi stranieri, di cui temeva l’influenza sulla plurisecolare tradizione zaydita.

Sul piano interno, l’imam Yahya favorirà con ogni modo l’ascesa politica del suo intemperante figlio Ahmad, particolarmente ostile ai modernisti, legati agli ambienti liberali cosmopoliti del protettorato coloniale britannico di Aden, dove avevano base i principali leader riformisti yemeniti. I riformisti yemeniti cominciarono a coagularsi all’interno di un “Comitato di Lotta Shabab” guidato da Ahmad al-Muta, un pubblico ufficiale di idee riformiste. I riformisti yemeniti avevano come punto di riferimento la scuola fondata da Ahmad Numan, membro di una famiglia sunnita precedentemente legata all’amministrazione ottomana. Ben presto, le attività sovversive del Comitato di Lotta Shabab attireranno le attenzioni della polizia segreta al servizio dell’imam, che disinnescherà la minaccia posta dai riformisti, smantellando la scuola di Numan, e arrestando i personaggi più esposti.
Dopo qualche tempo, successivamente al giro di vite operato dalle autorità dell’imamato, Ahmad Numan si sposterà verso l’Egitto, dove avrà modo di frequentare la prestigiosa Università di Al-Azhar del Cairo, entrando in contatto con l’organizzazione dei Fratelli Musulmani. Al Cairo, Numan collaborerà anche con il poeta al-Zubayri, costituendo un nucleo di riformisti yemeniti, che abbandonerà nel 1941, quando deciderà di ritornare in patria, dove verrà nominato ispettore scolastico, accantonando, senza tuttavia abbandonare, i propri propositi riformisti, attendendo tempi migliori.

Imam Yahya dello Yemen con il presidente dell'Egitto panarabo Nasser
( L’imam Yahya dello Yemen con il presidente dell’Egitto Nasser )

Se Numan ridurrà il proprio impegno, al-Zubayri continuerà godendo del supporto del Clan al-Wazir, contestando aspramente l’imamato, finendo per essere arrestato, nonostante i reiterati inviti di Numan a procrastinare quello che riteneva un progetto acerbo, confidando di poter convincere l’imam ad avviare un progressivo iter di riforma in un futuro prossimo. Tuttavia, successivamente all’arresto del movimento riformista guidato da al-Zubayri, le speranze di Numan verranno disattese dal risoluto approccio autoritario dell’imam, costringendolo a fuggire dal Regno zaydita insieme ad altri riformisti, rifugiandosi nel protettorato britannico di Aden.
Nel 1948, il periodo di relativa stabilità yemenita verrà interrotto bruscamente dall’assassinio dell’imam Yahia, perpetrato dal clan rivale degli al-Wazir, che ne approfitteranno per conquistare l’imamato, affidandolo alla guida di Abdullah bin Ahmad al-Wazir. Tuttavia, malgrado il successo del colpo di stato, il Clan Al-Wazir non riuscirà a conquistarsi la fiducia delle tribù zaydite, che preferiranno coalizzarsi contro di loro, sostenendo Ahmad bin Yahia, il figlio del precedente imam assassinato, che con il loro determinate supporto riuscirà a sconfiggere i golpisti, riconquistando l’imamato, dopo una breve, ma feroce battaglia, culminata con l’epurazione dei leader dell’opposizione liberale sodali del Clan al-Wazir.

L’imamato guidato dall’autocratico e turbolento Ahmad bin Yahia si manterrà sostanzialmente chiuso verso l’esterno, pur rimanendo aperto al dialogo con le potenze straniere, accusate di impedire la realizzazione del progetto del “Grande Yemen”. In particolar modo, l’imam Ahmad sospettava che dietro il golpe che depose il padre si celasse una regia britannica, ricollegabile anche al crescente movimento riformista degli Shabab, che aveva base proprio all’interno del loro protettorato di Aden. Il Regno Unito, in particolar modo, verrà percepito come un avversario da debellare, soprattutto a causa della sua intenzione di integrare all’interno del proprio protettorato coloniale di Aden le realtà tribali meridionali.
L’isolamento internazionale in cui versava il regno zaydita dello Yemen, convinse l’imam Ahmad a normalizzare i rapporti bilaterali con la vicina Arabia Saudita, con cui stipulò vantaggiosi trattati commerciali che agevolarono l’afflusso di lavoratori yemeniti all’interno della nascente industria petrolifera saudita. Nel 1955, i buoni rapporti instaurati tra Re Saud e l’imam Ahmad agevolarono l’integrazione dello Yemen all’interno dell’alleanza panaraba che paesi arabi come l’Egitto, la Siria e l’Arabia Saudita stavano cercando di imbastire in funzione anti-occidentale. Proprio mentre si sviluppavano queste dinamiche internazionali, l’imamato di Ahmad verrà scosso da un nuovo fallimentare colpo di stato, questa volta promosso da alcuni ufficiali fedeli ad alcuni fratelli dello stesso imam.
In questo periodo la crisi arabo-israeliana riverberò i suoi effetti anche all’interno dello Yemen, dove la cospicua comunità ebraica locale (50.000 ebrei) riuscì a concordare con l’imamato condizioni relativamente ragionevoli per la loro migrazione di massa verso il nascente stato israeliano.

Imam Ahmad dello Yemen e Re Saud d'Arabia Saudita
( Re Saud d’Arabia Saudita e l’Imam Ahmad dello Yemen )

Con il passare del tempo l’imam Ahmad prenderà coscienza delle opportunità derivanti da un approccio aperto alle relazioni internazionali, instaurando proficui rapporti persino con l’Unione Sovietica, da cui, al netto dell’ateismo di stato, riuscirà ad ottenere cospicui aiuti economici e militari, soprattutto grazie all’intraprendenza dal Ministro degli esteri Muhammad al-Badr, uno dei figli dell’imam, che tra l’altro promuoverà l’accordo di mutua difesa con l’Egitto panarabista guidato da Nasser, con cui condividerà il progetto della Repubblica Araba Unita. Il potere di Muhammad al-Badr crescerà progressivamente in questo periodo, soprattutto durante il periodo di convalescenza che l’imam Ahmad trascorrerà in Italia, quando sotto l’influenza dell’Egitto e dell’URSS comincerà a varare alcune importanti riforme ostracizzate dal padre, che tuttavia non avrà tempo di revocare a causa dei gravi postumi derivanti da un attentato che nel 1961 lo costringeranno a devolvere i propri poteri proprio al figlio.

Nel 1959, il Regno Unito concretizzerà i suoi propositi di aggregare le realtà tribali meridionali all’interno del proprio protettorato coloniale, costituendo una Federazione degli Emirati Arabi del Sud, che sul finire del 1962, conseguentemente all’integrazione di Aden muterà denominazione in Federazione dell’Arabia Meridionale, una realtà formalmente autonoma, ma sostanzialmente agganciata al governo di sua maestà, intimorito dalla crescente influenza dei panarabisti di Nasser, sostenuti dall’Unione Sovietica.
Nel 1962, la dipartita dell’imam Ahmad formalizzò la successione di suo figlio Muhammad al-Badr alla guida del Regno zaydita, tuttavia una settimana dopo l’insediamento ufficiale, la storica residenza ufficiale dell’imam (Dar al-Bashair) a Sana’a verrà bombardata dai ribelli panarabisti guidati da Abdallah al-Sallal, l’allora comandante della guardia reale. L’imam al-Badr riuscirà a sfuggire all’assalto del palazzo presidenziale di Sana’a, rifugiandosi nelle regioni montuose del nord dello Yemen, dove aggregherà una coalizione di tribù ostili ai golpisti guidati dal comandante al-Sallal, che nel frattempo aveva abolito il Regno zaydita, proclamando la nascita della Repubblica Araba dello Yemen.

Presidente Yemen Abdullah al-Sallal 1962 panarabista
( Il primo Presidente dello Yemen al-Sallal )

Il colpo di stato seguirà l’esempio delle rivoluzioni predisposte da molti liberi ufficiali panarabisti in tutto il Medioriente, ispirati dalla carismatica leadership di Nasser, a cui al-Sallal era politicamente legato, ricevendo in cambio importanti aiuti militari. L’integrazione dello Yemen all’interno del movimento socialista panarabo allertò la vicina Arabia Saudita, che si prodigò suo malgrado, nel supportare la resistenza zaydita guidata dall’imam al-Badr, sperando di contrastare l’ondata rivoluzionaria che rischiava di rovesciare anche la loro ricca monarchia agganciata all’orbita occidentale.
Il supporto saudita ai vecchi nemici zayditi sciiti, verrà emulato strategicamente anche dagli israeliani, che si prodigheranno nel supportare indirettamente il fronte monarchico zaydita, sperando di drenare risorse all’Egitto, che in Yemen aveva dislocato anche un proprio contingente militare a sostegno dei liberi ufficiali di al-Sallal. Il panarabismo filo-egiziano di al-Sallal verrà contestato aspramente da Abdul Rahman al-Iryani, uno dei leader riformisti precedentemente incarcerati dall’imam per attività sovversive, personalità politica controversa, su cui si è lungamente speculato circa la sue presunte discendenze ebraiche. A sostegno dei riformisti di al-Iryani si schierò dall’influentissima tribù Hashid, guidata dal Clan al-Ahmar, progressivamente allontanatosi dall’imamato zaydita, a causa dell’approccio autoritario dei suoi leader.
Le divisioni interne al fronte repubblicano, permetterà all’imam al-Badr di ricompattare attorno a se la realtà sciita zaydita, contrapponendola ideologicamente al secolarismo dei ribelli panarabi, galvanizzando il clima delle tribù del nord dello Yemen, profondamente legate alla loro plurisecolare tradizione politico religiosa, scatenando una feroce guerra civile.

Nel 1967, mentre nel sud dello Yemen l’insurrezione antibritannica trionfava, l’Egitto ridimensionò il suo impegno in Yemen, per concentrarsi nel confronto con Israele, ciononostante l’imam al-Badr abbandonò le sue roccaforti montuose, spostando il suo comando nella più sicura Arabia Saudita. Il ritiro egiziano indebolì la base di potere del comandante al-Sallal, che verrà deposto e costretto all’esilio in Egitto da un colpo di stato organizzato da Abdul Rahman al-Iryani, fortemente ostile all’influenza egiziana all’interno del paese.
L’indebolimento del fronte repubblicano, sembrò favorire le forze fedeli all’imamato, tuttavia nel 1970, la situazione mutò repentinamente quando i sauditi e i britannici decideranno di riconoscere la Repubblica Araba dello Yemen, preferendo il debole governo di al-Iryani, all’incognita zaydita, costringendo l’imam al-Badr a ritirarsi dalla scena politica, convincendolo ad esiliarsi nel Regno Unito.
Infatti, per i britannici e i sauditi, il sostegno al fronte monarchico fedele all’imamato zaydita era sempre stato strumentale al contenimento del panarabismo di Nasser, che successivamente alla disfatta della guerra dei sei giorni, diventò una minaccia meno prioritaria.

Nel nord dello Yemen, la turbolenta realtà tribale faticherà a stabilizzarsi, soprattutto per lo scontento persistente all’interno delle roccaforti zaydite, caos a cui il governo di Sana’a non riuscirà a porre rimedio, inducendo l’esercito a promuovere un movimento rivoluzionario correttivo culminato con la rimozione di Abdul Rahman al-Iryani dalla presidenza del paese, che nel 1974 passò sotto la guida del Colonnello Ibrahim al-Hamdi. Il nuovo governo darà impulso allo sviluppo del nord dello Yemen, ridimensionando l’egemonia della potente tribù Hashid guidata dal clan al-Ahmar, costringendola a subordinarsi al potere governativo centrale, fautore di un proficuo ciclo di riforme, accompagnate dal finanziamento di importanti opere infrastrutturali, che assicurarono importanti tassi di crescita economici annui, ponderati senza contrarre massicci indebitamenti presso le istituzioni finanziarie straniere. La lungimirante governance del colonnello al-Hamdi si interromperà repentinamente nel 1977, quando verrà assassinato all’interno della residenza del Generale Ahmad al-Ghashmi, che lo sostituirà alla guida della Presidenza della Repubblica, trovando il pieno sostegno dell’Arabia Saudita, lasciando ipotizzare un verosimile ruolo saudita nell’assassinio di al-Hamdi. Ad ogni modo, la presidenza di al-Ghashmi si interromperà l’anno successivo il suo insediamento, quando il generale cadrà vittima di un ordigno esplosivo occultato all’interno di una valigia contenete informazioni inviate dal presidente dello Yemen del Sud Rubai Ali.

Successivamente all’assassinio di al-Ghashmi, la presidenza passerà provvisoriamente a Abdul Karim Abdullah al-Arashi, fino alla nomina del Colonnello Ali Abdullah Saleh, l’allora Capo di Stato maggiore dell’esercito nord-yemenita. Sotto la presidenza di Saleh il corso di sviluppo avviato precedentemente da al-Hamdi si arresterà, lasciando il posto ad una fitta rete di potere clientelare su base tribale, dominato da esponenti vicini alla famiglia dello stesso Saleh, appartenente alla potente tribù Hashid, legame che gli consentirà di stringere un’alleanza strategica con il potente clan al-Ahmar guidato dallo sceicco Abdullah bin Huseyn al-Ahmar, nel frattempo legatosi ad ambienti islamisti wahhabiti contigui agli interessi dell’Arabia Saudita. Sotto la presidenza di Saleh lo Yemen del nord instaurò uno strettissimo rapporto con l’Iraq di Saddam Hussein, sostenendone le pretese sul Kuwait.

Il Presidente dello Yemen Saleh con il Ppresidente dell'Iraq Saddam Hussein
( Il Presidente dello Yemen Saleh con il Presidente dell’Iraq Saddam Hussein )

LA REPUBBLICA DELLO YEMEN DEL SUD

Parallelamente alla guerra civile nel nord dello Yemen, anche all’interno della Federazione dello Yemen Meridionale la situazione cominciò a destabilizzarsi sotto l’impulso di alcuni gruppi nazionalisti ostili al controllo coloniale britannico, soprattutto dopo l’invasione dell’Egitto promossa da Francia, Israele e Regno Unito. L’ostilità yemenita nei confronti dei britannici venne organizzata dal Congresso Sindacale di Aden (ATUC) di Abdullah Asnag, organizzazione ideologicamente contigua all’ideologia socialista panaraba dell’Egitto di Nasser. La situazione precipiterà nel 1963, quando un attentato predisposto dal Fronte di Liberazione Nazionale (FNL) contro l’Alto commissario britannico innescherà una crisi anche nel sud dello Yemen, a cui un dimesso Regno Unito non riuscirà a far fronte. Ben presto il FNL comincerà ad assumere posizioni marcatamente marxiste, che convinceranno Asnag a lasciare l’organizzazione, per fondare il Fronte per la Liberazione dello Yemen Meridionale (FLOSY), un’organizzazione marcatamente panaraba e contigua all’Egitto di Nasser. Successivamente all’abbandono di Asnag il FLN potenzierà le operazioni di guerriglia sia contro gli inglesi, che contro gli avversari interni del FLOSY.

Il caos scatenato dalla poderosa escalation promossa dal FLN indurrà il Regno Unito a ritirarsi dallo Yemen del Sud, nonostante l’opposizione degli Stati Uniti, che ritrovandosi impelagati nel conflitto del Vietnam, temevano che un ritiro britannico avrebbe consegnato il Medioriente all’Unione Sovietica. I britannici decisero di ritirarsi conseguentemente alla vittoria di Israele nella guerra dei sei giorni, quando il sostegno britannico agli israeliani infiammerà ulteriormente il clima sfavorevole all’interno dello Yemen, tanto da indurre le forze di sicurezza sud-yemenite ad insorgere contro le autorità coloniali, aderendo all’insurrezione nazionalista, costringendo gli inglesi ad abbandonare la loro roccaforte di Aden, consegnando il paese ai nazionalisti marxisti del FLN. La guerra dei sei giorni, oltre a danneggiare la popolarità britannica nel mondo arabo, ridimensionò anche l’influenza dell’Egitto di Nasser, costretto a ritirare del tutto il contingente militare precedentemente dislocato nello Yemen, abbandonando i suoi alleati del FLOSY in balia delle preponderanti milizie marxiste del FLN, la cui conquista del potere fu addirittura informalmente favorita dal Regno Unito, che considerava i comunisti del FLN una minaccia meno rilevante di quella costituita dal panarabismo di Nasser. Privato del fondamentale supporto egiziano, il FLOSY venne rapidamente sconfitto dalle milizie del FLN, che nel 1967 proclamerà la nascita della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen del Sud, agganciandola al blocco socialista sovietico.

La guida del paese venne affidata a Qahtan Muhammad al-Shaabi, un’esponente della corrente nazionalista di destra interna al FLN, il cui approccio moderato verrà fortemente osteggiato dalle fazioni marxiste più radicali, che nel 1969 sotto la leadership di Salim Rubai Ali prenderanno il sopravvento, ponendo fine alla sua presidenza. Una volta al potere Rubai Ali accentrò i poteri, mettendo al bando tutti i partiti politici attivi nello Yemen del Sud, instaurando un regime a partito unico, la cui leadership venne ostacolata solo dal suo collega di partito Abdul Fattah Ismail, di cui respingerà il progetto di costituzione di un Partito Socialista Yemenita. Più tardi, nel 1978, la radicale leadership di Rubai Ali verrà messa in discussione dal Primo Ministro Ali Nasir Muhammad, che guiderà un colpo di stato, culminato con l’assassinio del presidente sud-yemenita all’interno del palazzo presidenziale. Successivamente all’esecuzione di Rubai Ali, la presidenza passò ad Abdul Fattah Ismail, posizione di forza che gli permetterà di fondare il Partito Socialista Yemenita (YSP), contribuendo al potenziamento delle relazioni bilaterali con l’Unione Sovietica.

I leader del FLN dello Yemen Rubai Ali, Ismail e Ali Naser
( I leader del FLN dello Yemen Rubai Ali, Ismail e Ali Naser )

Il governo di Ismail seguirà comunque un’impostazione marcatamente comunista, coltivando un leadership forte, prossima al culto della personalità, alimentato dalle milizie del FLN a lui fedeli, instaurando un rapporto fortemente ostile alle monarchie filo-occidentali del Golfo Persico, e sostenendo gruppi marxisti all’interno dello Yemen del nord, confidando di annetterlo, costituendo un unico stato comunista yemenita. La politica estera aggressiva impostata da Ismail finì col destabilizzare i confini con lo Yemen del Nord, aggravando la situazione socio-economica interna, soprattutto dopo che l’URSS iniziò a ridurre gli aiuti finanziari, temendo l’imprevedibilità dell’intraprendente Presidente Ismail, che a quel punto si ritrovò isolato. Nel 1980, la perdita del sostegno sovietico, convinse Ismail ad abbandonare la vita politica, temendo di essere assassinato, sicché decise di esiliarsi volontariamente a Mosca, ufficialmente per motivi di salute. Nonostante l’esilio, Ismail conservò la presidenza del YSP, continuando a godere di un discreto seguito politico, soprattutto tra le fazioni più radicali del Partito Socialista, ostile all’approccio moderato inaugurato dal nuovo Presidente Ali Naser Muhammed, fautore di un corso politico meno radicale e soprattutto più conciliante con gli attori regionali e internazionali.

Nel 1986, la tensione fra la fazione comunista radicale fedele ad Ismail e quella fedele al nuovo pragmatico presidente, scatenerà una nuova breve, ma intensa, guerra civile, culminata con la sconfitta dei sostenitori di Ali Naser Muhammed e l’assassinio di Ismail. La guerra civile consegnò così la leadership politica alla fazione marxista più radicale del YSP, che conseguentemente all’assassinio del suo leader Ismail, si coagulò attorno al Segretario generale del Partito Ali Salem al-Beidh. Ad ogni modo dalla guerra civile, uscì vittoriosa la fazione del YSP fedele allo scomparso Ismail, sostituito dal Segretario generale del Partito Ali Salem Beidh, che si impegnerà a concludere l’iter di integrazione con lo Yemen del Nord, promuovendo la smilitarizzazione del confine.

Il Presidente dello Yemen del sud al-Beidh
( Il Presidente dello Yemen del sud al-Beidh )

L’UNIFICAZIONE DELLO YEMEN

Successivamente al rovesciamento dell’imamato zaydita nel nord e all’espulsione britannica dal sud, i due governi yemeniti proveranno ad instaurare reciproche relazioni bilaterali, tuttavia a livello internazionale, i comunisti dello Yemen del Sud riusciranno ad ottenere maggiori aiuti dall’URSS, mentre la Repubblica Araba del Nord sconterà il declino dell’Egitto panarabo di Nasser. Nel 1972, le ambizioni egemoniche dei due governi yemeniti innescheranno una nuova guerra, interrotta solo dopo il provvidenziale intervento della Lega Araba, promuovendo negoziati culminati con la comune intenzione di rilanciare il processo di riunificazione. L’iter di reintegrazione yemenita farà progressi durante le presidenze di al-Hamdi al nord e di Rubai Ali al sud, leader accomunati da un proficuo rapporto di reciproca fiducia, vanificato nel 1977 dall’assassinio del presidente nord yemenita al-Hamdi, verosimilmente architettato dai servizi segreti dell’Arabia Saudita, che insieme ai suoi alleati occidentali osteggiava la reintegrazione yemenita, perché promossa da due governi sostanzialmente contigui agli interessi sovietici. Ad ogni modo, il dialogo tra i due governi yemeniti continuò a progredire nonostante le difficoltà derivanti dall’assassinio del presidente al-Hamdi, sostituito dal Generale al-Ghashmi, che tuttavia, nel1978, cadrà vittima di un nuovo attentato, che verrà seguito tre giorni dopo da un colpo di stato che porrà fine alla presidenza sud-yemenita di Rubai Ali.

Nel 1979, conseguentemente ad un vertice diplomatico in Kuwait, i due governi yemeniti riprenderanno l’iter di integrazione, godendo dell’intermediazione della Lega Araba. Successivamente alla crisi politica sud-yemenita del 1986, i due governi yemeniti rilanciarono nuovamente i negoziati per l’integrazione, divenuta prioritaria dopo che si ventilò la possibile presenza di alcuni giacimenti petroliferi proprio lungo i confini disputati, che i due governi si smilitarizzeranno rapidamente. Sarà proprio l’interesse per le esplorazioni petrolifere lungo il confine, ad indurre i due governi yemeniti ad accelerare sull’iter di integrazione nazionale, promuovendo la costituzione congiunta di una compagnia petrolifera nazionale. Nel 1989, i due governi Yemeniti concordarono una bozza costituzionale comune, che riconobbe Sana’a come capitale del futuro stato unito, il cui iter di integrazione istituzionale si sarebbe dovuto completare nei successivi 30 mesi. Il caos politico dello Yemen del sud, dovuto alla faida interna al YSP, garantì al presidente nord-yemenita Saleh una posizione di forza nei negoziati di integrazione nazionale, ottenendo che la capitale del nuovo stato yemenita unificato fosse proprio Sana’a, riuscendo addirittura ad imporsi come nuovo Presidente del paese, lasciando ad al-Beidh la Vice-Presidenza. Nel 1991, il progetto di costituzione elaborato dai due governi yemeniti venne ratificato dal popolo yemenita attraverso una consultazione referendaria. La costituzione della Repubblica Unita dello Yemen approvata dal popolo yemenita, si basava su di una struttura democratica e pluripartitica, che garantiva diritti umani e principi come giuridici a tutela della proprietà privata, mantenendosi lontana dagli standard comunisti prevalenti nel sud del paese.

Nel 1993, le prime elezioni parlamentari comuni, verranno dominate dal Congresso Generale del Popolo, la formazione politica nazionalista araba guidata da Saleh, che riuscirà ad assicurarsi il doppio dei rappresentanti del Partito Socialista Yemenita, che scontava il sotto-popolamento del Sud dello Yemen. I socialisti di al-Beidh si ritrovarono dietro persino al Partito Islamista al-Islah, formazione contigua all’organizzazione dei Fratelli Musulmani, composta da reduci del Fronte Islamico che l’Arabia Saudita aveva precedentemente finanziato per controbilanciare l’ascesa dei comunisti sud-yemeniti del FNL, subito dopo la cacciata dei britannici da Aden. L’Islah si configurerà come un partito conservatore composto da tre componenti: quella tribale facente capo all’influentissimo sceicco Abdullah al-Ahmar, quella legata all’organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani, e quella legato all’islamismo salafita sunnita di derivazione wahhabita, prossimo agli interessi della corona saudita. La contiguità fra Saleh ed il partito islamista al-Islah rianimerà la comunità zaydita, ostile all’eccessiva accondiscendenza del governo nei confronti dei wahhabiti filo-sauditi. Gli zayditi, indeboliti dopo l’esilio dell’imam al-Badr cominceranno a riorganizzarsi, fondando l’al-Haqq (Partito della Verità), formazione politica che non riuscirà a conseguire risultati degni di nota.
Parallelamente a queste tre principali formazioni politiche alleate, troviamo poi formazioni minori come il Partito Socialista Panarabo Baath e l’Unione Popolare Nasseriana. I tre principali partiti si spartiranno le posizioni di potere della nascente Repubblica Unita dello Yemen, con Saleh alla Presidenza, al-Beidh alla Vice-Presidenza, e il leader islamista Huseyn al-Ahmar alla Presidenza del Parlamento.

Il Presidente dello Yemen Saleh e il leader di al-Islah lo Sceicco al-Ahmar
( Lo sceicco al-Ahmar leader di al-Islah ed il Presidente dello Yemen Saleh )

Successivamente all’integrazione, lo Yemen si rifiutò di farsi coinvolgere nella guerra del golfo, schierandosi dalla parte dell’alleato iracheno, respingendo le fortissime pressioni esercitate dall’Arabia Saudita, che reagirà espellendo circa 800.000 lavoratori yemeniti, provocando una gravissima crisi umanitaria, derivata dall’incapacità della struttura economica yemenita nel reintegrarli all’interno del tessuto sociale.
Oltre alla sfida saudita, il clima post-unificazione si avvelenò rapidamente a causa delle pretese sud-yemenite sull’amministrazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi situati proprio nell’entroterra yemenita meridionale, senza contare il malcontento dei Fratelli Musulmani di al-Islah nei confronti della costituzione, che pur riconoscendo l’islam come una delle fonti legislative principali, non ne riconosceva i primato assoluto. Nel 1994, l’insofferenza del YSP e la marginalizzazione economica delle regione yemenite meridionali, indurranno il Vice-Presidente al-Beidh a ritirarsi ad Aden aprendo una crisi politica dividerà nuovamente il paese, contrapponendo ai vecchi confini i due eserciti yemeniti, che non avevano ancora avviato l’iter di integrazione, dando luogo ad una serie di schermaglie militari, seguite da reciproci bombardamenti aerei sui rispettivi capoluoghi, nonostante il tentativo di risoluzione mediato dalla Giordania.

L’innesco di questa nuova guerra civile, indurrà Saleh a revocare l’incarico al Premier sud-yemenita al-Attas, che si appellerà alla comunità internazionale, affinché intervenisse, promuovendo le condizioni per una riappacificazione. Successivamente a questi eventi, i sud-yemeniti si sono proclamati indipendenti, sostenuti sommessamente dai sauditi, mentre intanto l’esercito nord-yemenita avanzava verso Aden, conquistandola rapidamente nonostante la tregua ordinata dal Consiglio di Sicurezza ONU. La conquista di Aden da parte dell’esercito nord-yemenita sancirà l’egemonia politica di Saleh, e l’estromissione dei leader del Partito Socialista Yemenita (YSP), condannato all’irrilevanza politica, tanto da essere costretto a disertare le elezioni parlamentari del 1997, e le presidenziali del 1999. Parallelamente alla crisi interna del 1994, lo Yemen normalizzò i rapporti con l’Egitto, entrando in contesa con la vicina Eritrea, sostenuta dagli israeliani nella rivendicazione del controllo delle strategiche isole Hanish nel Mar Rosso, indispensabili per controllare il traffico marittimo prossimo agli stretti di Bab el-Mandeb.

Nel 1997, successivamente alla vittoria del fronte nord-yemenita guidato dal Saleh, la costituzione verrà emendata, introducendo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica Yemenita, togliendo tale prerogativa al Parlamento. Sempre nello stesso anno, si terranno le elezioni parlamentari, dominate dal Congresso Popolare Generale (GPC) di Saleh, attestatosi al 46%, seguito dal partito islamista tribale al-Islah con il 23%, che nel corso della campagna elettorale criticherà aspramente la mancanza di prospettive riformiste da parte del governo di Saleh, soprattutto sul piano economico. Le elezioni verranno legittimate da un tasso di affluenza del 61%, risultato limitato dalla scarsa organizzazione dei comitati elettorali, che non riusciranno a garantire la piena partecipazione politica dei cittadini, riscontrando difficoltà nel recapitare le tessere elettorali all’interno di alcune impervie località del paese, tuttavia va segnalata la candidatura di ben 19 donne, numero eccezionale per una realtà sociale essenzialmente legata ai retaggi della tradizione islamica. Ad ogni modo, le elezioni parlamentari verranno generalmente riconosciute come sufficientemente regolari dagli ispettori internazionali.

Nel 1999, Saleh ventilerà la possibilità di astenersi dal candidarsi alle elezioni presidenziali, intenzione successivamente disattesa, ricandidandosi con successo, sostenendo la necessità di una nuova riforma costituzionale che estenderà di altri due anni il mandato presidenziale, portandolo a sette anni, estendendo da quattro a sei anni quello parlamentare. L’emendamento della costituzione istituirà poi il Consiglio della Shura, una nuova camera composta da 111 membri nominati discrezionalmente dal Presidente, che diverrà un’istituzione predominate all’interno della scena politica yemenita, degradando la democraticità del regime. Durante il processo di riforma costituzionale, la nave militare americana USS Cole, in rifornimento presso il porto di Aden, sarà oggetto di un attentato predisposto da al-Qaida, che riuscirà ad uccidere alcuni membri dell’equipaggio, trovando l’enfasi del leader islamista Osama Bin Laden. Qualche tempo dopo, i terroristi islamisti torneranno ad agire colpendo una petroliera francese nel 2002, quando gli USA risponderanno uccidendo uno degli organizzatori dell’attacco alla USS Cole, utilizzando un drone. Molti dei terroristi coinvolti nell’attacco alla USS Cole verranno presi in custodia dalle autorità yemenite, da cui riusciranno ad evadere nel 2006, ritornando in libertà, godendo della ufficiosa complicità governativa.

La nave americana USS Cole oggetto dell'attacco qaidista ad Aden
( La nave americana USS Cole oggetto dell’attacco qaidista ad Aden )

Le riforme autoritarie del Presidente Saleh verranno accompagnate dalla sua velata intenzione di non ricandidarsi, accompagnata da esortazioni al rinnovamento delle forze politiche yemenite, affinché si favorisse l’ascesa di una nuova classe dirigente che garantisse al paese la transizione pacifica del potere, tuttavia, queste intenzioni verranno smentite ancora una volta dalla sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2006. Il degradamento dei rapporti politici tra Saleh ed il partito tribale islamista al-Islah, indurrà quest’ultima formazione a promuovere una coalizione con il Partito Socialista Yemenita e altre formazioni minori, sostenendo la candidatura di Faisal Bin Shlaman, un intellettuale riformista sud-yemenita. Il pesante clima delle elezioni presidenziale, verrà enfatizzato da alcuni incidenti, che tuttavia non incideranno sostanzialmente sull’affluenza che si attesterà sul 65%, premiando ancora una volta Saleh con il 77% dei consensi, dato contestato dall’opposizione, ma riconosciuto legittimo dalla comunità internazionale, i cui ispettori considereranno la tornata elettorale relativamente regolare.

CONCLUSIONI

Come abbiamo avuto modo di constatare nello scorso articolo la comunità zaydita è stata un po’ la costante dello sviluppo della nazione yemenita, ostacolata dai sauditi al nord e dai britannici a sud. L’imamato zaydita cercherà di contrastare la minaccia costituita dall’alleanza tra sauditi e britannici, perseguendo l’infido supporto di paesi come l’Egitto e l’Unione Sovietica. Alla minaccia esterna, si aggiungeva l’endemica instabilità interna, dovuta principalmente alle ambizioni tribali e alle crescenti iniziative delle organizzazioni riformiste, facenti capo ad ambienti britannici o riconducibili all’influenza dell’ideologia socialista panaraba dell’Egitto di Nasser. Sarà proprio la prepotente ascesa del panarbismo a minacciare seriamente l’ordine zaydita, regolato da antiche logiche religiose autoctone, totalmente antitetiche a quelle di derivazione socialista impostate da Nasser in Egitto, ed emulate in molti altri paesi mediorientali. L’impetuoso successo della deriva rivoluzionaria panarabista, ed il conseguente colpo di stato dei liberi ufficiali di al-Sallal, indurrà l’imamato a riconsiderare le proprie priorità strategiche, stringendo una scomoda alleanza con l’Arabia Saudita, con cui condivideva la necessità di contrastare l’avanzata del socialismo panarabo, che minacciava i loro ordini monarchici, incentrati sui principi della tradizione islamica. Le due monarchie, si ritrovarono costrette a congelare le loro antiche rivalità confessionali, per fronteggiare la sfida panarabista di Nasser, che rischiava di disintegrare le loro rispettive basi di potere.

L’avversione all’Egitto di Nasser riuscì dunque ad unire due paesi profondamente ostili, inducendo addirittura i britannici e addirittura gli israeliani a sostenere tacitamente le forze fedeli all’imamato zaydita, riuscendo a drenare risorse militari agli egiziani, con cui erano in guerra. L’evanescente intervento israeliano nella crisi yemenita, è stato denunciato da ambienti panarabi in occasione del colpo di stato che rovescerà il governo filo-nasseriano presieduto da al-Sallal, favorendo l’ascesa del nazionalista al-Iryani, accusato di avere origini ebraiche, che fino alla diaspora del 1948, nello Yemen non erano affatto inconsuete, come abbiamo potuto constatare nel precedente articolo. Ad ogni modo, la presidenza di al-Iryani riuscì ad interrompere l’influenza dell’Egitto di Nasser nel nord dello Yemen, mettendo, suo malgrado, l’odiata resistenza zaydita nelle condizioni di riprendere il controllo del nord dello Yemen, prospettiva scongiurata solo grazie alla provvidenziale interruzione del sostegno da parte dei sauditi e dalla corona britannica, che subito dopo la crisi, si affrettarono a riconoscere la sovranità del debole governo repubblicano di al-Iryani. Infatti il supporto britannico e saudita alla resistenza zaydita era sempre stata strumentale al contenimento dell’influenza egiziana, sicché una volta scongiurata, i due alleati non si fecero scrupolo ad abbandonare al proprio destino le forze fedeli all’imam al-Badr, convinto ad abbandonare la vita politica, esiliandosi nel Regno Unito, congelando il fulcro ideologico del fronte zaydita.

Il “tradimento” che i britannici riserveranno agli zayditi, verrà corrisposto dal fronte riformista all’interno della colonia sud-yemenita, quando il poderoso FLN deciderà di ribellarsi al controllo della corona di sua maestà, agganciandosi all’orbita sovietica, riuscendo nell’impresa di cacciare i britannici dalla loro roccaforte di Aden, che dinnanzi all’inevitabile tracollo, decideranno di ritirarsi ordinatamente, favorendo l’annichilimento dei nazionalisti panarabisti del FLOSY, agevolando l’ascesa del FLN. Successivamente alla guerra dei sei giorni fra Israele ed il fronte arabo, lo Yemen si ritrovò per la prima volta indipendente, seppur diviso in due stati. Tuttavia, poco dopo, nel nord dello Yemen, la debole leadership di al-Iryani verrà superata da un colpo di stato militare guidato dall’abile Colonnello al-Hamdi, fautore di un proficuo processo di sviluppo e riforma, mentre nel sud l’ala moderata del FLN guidata dal Presidente al-Shaabi verrà soppiantata da un colpo di mano della fazione marxista radicale guidata da Rubai Ali. I due governi yemeniti, privilegeranno le relazioni bilaterali con l’Unione Sovietica, che tuttavia preferirà supportare in misura maggiore i sud-yemeniti, totalmente estranei all’influenza dell’Egitto di Nasser, che sebbene alleato di Mosca, perseguiva fini indipendenti, testimoniati dall’adesione al blocco dei paesi non allineati.

Se il governo nord-yemenita di al-Hamdi riuscirà a conseguire risultati importanti, tenendo a bada le endemiche spinte centrifughe tribali, il governo sud-yemenita sarà invece soggetto a fortissime frizioni politiche interne al FLN. Ad ogni modo, i due leader yemeniti si adopereranno per la promozione del processo di integrazione nazionale, facendo fronte all’ostilità dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati occidentali, che sebbene espulsi dal paese, preferivano conservare l’artificiale suddivisione del paese, fonte di instabilità e problemi per i sovietici, al nord, quanto al sud.
Sarò con ogni probabilità proprio l’influenza saudita ad interrompere la proficua esperienza del governo nord-yemenita presieduto da al-Hamdi, interrotta conseguentemente al suo assassinio, presumibilmente architettato dai servizi segreti sauditi, che favorirà l’ascesa del Generale al-Ghashmi, assassinato solo un anno più tardi, a causa della sua intenzione di rilanciare il processo di reintegrazione con i sud-yemeniti, avviato dal suo predecessore. La stretta serie di attentati nel nord dello Yemen, si sviluppò parallelamente all’esplosione della crisi politica nel sud dello Yemen, dove un colpo di stato promosso da Ali Nasir Muhammad, culminerà con l’assassinio del Presidente Rubai Ali, e l’ascesa di Abdul Fattah Ismail, il leader del Partito Socialista Yemenita (YSP).

Nel nord dello Yemen l’instabilità post-golpe verrà risolta dall’ascesa politica del Colonnello Ali Abdullah Saleh, autorità capace di ricompattare la complessa realtà politico-tribale interna, garantendo al contempo anche le prerogative egemoniche della vicina Arabia Saudita, che manterrà la propria influenza nel paese, sostenendo il partito islamista al-Islah, il principale alleato di Saleh. La stabilizzazione del nord dello Yemen, non si verificò anche nel sud, dove l’aggressiva politica estera del Presidente Ismail, indurrà gli alleati sovietici a revocargli la fiducia, convincendolo a lasciare le redini del paese al più pragmatico Ali Naser Muhammed. Tuttavia, nonostante l’avvicendamento politico mediato dall’URSS, la tensione tra la fazione radicale di Ismail e quella moderata di Ali Naser Muhammed degenererà qualche tempo dopo in una nuova guerra civile, vinta dai dall’ala marxista radicale fedele ad Ismail, che tuttavia perderà la vita nel corso delle ostilità, lasciando il testimone al Segretario del YSP Ali Salem al-Beidh.

Saranno proprio Saleh ed al-Beidh a guidare il processo di riunificazione nazionale, godendo tuttavia di posizioni di potere diverse, che privilegiavano il governo nord-yemenita di Saleh, avvantaggiato da un peso demografico maggiore, e da un contesto politico pacificato, privo degli strascichi conseguenti alla guerra civile sud-yemenita. L’iter di reintegrazione verrà favorito dal rinvenimento di pozzi petroliferi al confine tra i due Yemen, oltre che dall’Arabia Saudita, rassicurata dall’amichevole leadership di Saleh, che pur mantenendo buoni rapporti con l’URSS, riuscirà a coltivare proficui rapporti anche con molti paesi occidentali, fra cui gli Stati Uniti, nonostante rimanesse strettamente legato all’alleanza con l’Iraq di Saddam Hussein, che gli costerà una crisi con i sauditi alla vigilia della guerra del golfo. Il governo yemenita continuò a salvaguardare l’antica alleanza con l’Iraq come contrappeso all’insidiosa minaccia costituita dall’Arabia Saudita, condividendone la retorica anti-sionista.
Successivamente alla riunificazione, i sud-yemeniti accuseranno la loro marginalizzazione politica, scatenando una crisi politica che degenererà in una guerra civile che perderanno, sancendo l’irrilevanza del YSP e la conseguente egemonia politica di Saleh, ostacolata solo dal partito islamista tribale al-Islah, che superando i socialisti, riuscirà ad imporsi come la seconda forza politica del paese.

PER SAPERNE DI PIU’:

LA GUERRA CIVILE YEMENITA