GeneraleIranKurdistanMedio Oriente

CONOSCIAMO I CURDI D’IRAN

Dopo aver analizzato la realtà dei curdi di Turchia e di Iraq, adesso passiamo a quella dei curdi iraniani.

La Turchia, l’Iran è il paese con la popolazione curda più estesa, contando una popolazione di circa 12 milioni, appartenenti prevalentemente alle confessioni sciita e sunnita dell’islam. la comunità curda è distribuita prevalentemente nel nord-ovest dell’Iran, anche se si registra una cospicua presenza anche lungo i confini nord-orientali prossimi al Turkmenistan.

LE PRIME RIVENDICAZIONI CURDE

La comunità curda residente nei territori iraniani ha tentato per secoli di affrancarsi, con scarso successo, dal dominio delle potenze regionali come l’Impero Ottomano e quello Safavide. Verso la fine del 1880, la comunità curda persiana tenterà di ribellarsi alla dinastia Qajar, affidandosi alla leadership dello Sceicco Ubaydullah, senza, tuttavia, riuscire ad avere la meglio. Nonostante la sconfitta, i curdi approfitteranno dell’indebolimento della dinastia Qajar, per organizzare la loro causa nazionalista, ponendola sul piano politico. L’attivismo politico curdo verrà catalizzato soprattutto dall’assassinio di Cewer Agha, un’importante dignitario curdo caduto vittima di un’imboscata a tradimento ordinata dall’allora Shah Mozafar al-Din. L’assassinio di Cewer Agha verrà seguito a stretto giro da quello di suo padre Muhammad Agha, caduto vittima di una nuova congiura finalizzata ad impedire il coinvolgimento dell’Impero Ottomano nella sua rappresaglia contro la dinastia Qajar.

L’assassinio dei due leader indignerà la comunità curda, scuotendo il clima politico persiano, dove, intanto, cominciava ad imporsi la leadership di Simko Shikak. Il nuovo leader curdo riuscirà a sopravvivere ad una trappola esplosiva occultata dentro un dono inviatogli dal governatore del Azerbaijan, che dei Qajar era stretto alleato. Messo alle strette, Simko Shikak riorganizzerà la causa nazionalista curda, coinvolgendo la comunità curda residente in Turchia.
Nel 1918, in prossimità del primo dopoguerra, Simko Shikak organizzerà l’assassinio del Patriarca Assiro Mar Shamon, attirandolo in un’imboscata con la scusa di voler discutere una loro possibile cooperazione strategica. L’assassinio del patriarca assiro innescherà una guerra religiosa tra i cristiani ortodossi e i musulmani, il cui caos derivante permetterà a Sinko Shikak di prendere il controllo della provincia di Salamas nel nord della Persia, da dove le sue milizie riusciranno ad espandersi nella regione prossima al lago Urmia, sottraendola alle deboli forze dello Shah, favoriti dalla determinante compiacenza turca.

Leader ribelli curdi iran Simko Shikak
( Il leader dei ribelli curdi Simko Shikak )

La debolezza delle proprie forze militari indurrà la dinastia Qajar ad assecondare le richieste di autonomia avanzate dai curdi fino al 1922, quando riusciranno ad organizzare le forze necessarie a soverchiare le potenti milizie di Sinko Shikak, costringendole a fuggire nella vicina Turchia, dove collaborarono alle persecuzioni contro gli armeni. L’esilio di Sinko Shikak verrà interrotto dopo l’ascesa del nuovo Shah Reza Pahlavi, a cui, inizialmente, assicurò la propria fedeltà, salvo revocarla nel 1926, quando si porrà alla testa di una nuova insurrezione nella regione di Salmas. Ad ogni modo, anche questa nuova insurrezione culminerà in un nuovo fallimento, costringendo Simko Shikak a riparare nel vicino Iraq, dove godrà della complicità britannica fino al 1930, quando, ingannato dalle autorità persiane, cadrà vittima di un’imboscata. Le iniziative di Simko Shikak contribuiranno a compattare la realtà curda, anche se si configureranno più come il tentativo di approfittare della debolezza delle autorità persiane per saccheggiare i villaggi lasciati sguarniti dall’esercito Qajar, compresi alcuni villaggi curdi. Nel 1931, successivamente all’assassinio di Sinko Shikak, la realtà tribale curda abbozzerà un nuovo tentativo di ribellione che l’esercito persiano non esiterà ad annichilire brutalmente.

LA PARENTESI AUTONOMISTA

Durante la seconda guerra mondiale, i curdi residenti in Persia tenteranno inutilmente di convincere i britannici ad integrarli nel loro protettorato iracheno, dove contavano di integrarsi alla numerosa comunità curda della regione del Kurdistan. Il governo persiano reagirà alle pretese curde avanzando alcune concessioni autonomiste che, tuttavia, verranno giudicate inadeguate dalle élite tribali curde, fortemente contrariate dalla confisca dei loro terreni, precedentemente disposta dallo Shah.
La risolutezza delle posizioni curde verrà favorita dalla debolezza del governo dello Shah Reza Pahlavi, fortemente osteggiato anche dalle minoranze azere ed armene che, come i curdi, ambivano all’indipendenza. Nel 1941, in piena seconda guerra mondiale, il leader ribelle curdo Hama Rashid approfitterà della debolezza governativa per assumere il controllo di alcuni villaggi curdi, tentando addirittura di espandersi, salvo essere bloccato dalle fortissime pressioni britanniche che nel 1942, dopo aver occupato la persia insieme agli alleati, riusciranno a mediare un fragile accordo tra il governo persiano e i ribelli curdi, riconoscendo a questi ultimi una larga autonomia amministrativa, con cui speravano di stabilizzare una regione fondamentale per le sorti del secondo conflitto mondiale, poiché proprio dalla Persia, passavano gli indispensabili rifornimenti occidentali necessari a supportare il fronte sovietico assediato dalla Germania nazional-socialista. Nel frattempo, anche un altro gruppo ribelle curdo, guidato da Kanisanan, riuscirà ad ottenere le medesime concessioni amministrative riconosciute ai ribelli curdi di Hama Rashid, con cui intratteneva rapporti contrastanti. Il governo persiano approfitterà di questo dualismo interno alla comunità curda, supportando la fazione di Kanisanan, permettendogli di respingere l’aggressione di Hama Rashid, costringendo le sue milizie a ritirarsi nel vicino Iraq. Ad ogni modo, poco dopo la cacciata dei ribelli di Rashid, il governo persiano ne approfitterà per cacciare anche i ribelli di Kanisanan, revocando l’autonomia amministrativa precedentemente accordatagli.

LA REPUBBLICA DI MAHABAD DEL PDKI

Nel 1945, con la fine della seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica, che all’epoca occupava il nord della Persia, supporterà la costituzione di due repubbliche popolari amiche governate dalle locali comunità azere e curde, proprio a sud della Repubblica Socialista Sovietica Azera. Nello specifico, Mosca supporterà la causa curda, patrocinando la costituzione della “Società per la Rinascita del Kurdistan”, affidandone la leadership a Qazi Muhammad, un’esponente di una nota famiglia di giuristi religiosi attivi a Mahadab, una città del nord-ovest della Persia, dove nel 1946 verrà proclamata la Repubblica di Mahabad. La proclamazione della Repubblica di Mahabad susciterà la reazione del debole esercito persiano, sconfitto agevolmente dalle abili milizie peshmerga curde comandate da Mustafa Barzani. Il conflitto tra gli indipendentisti curdi e l’esercito persiano verrà “congelato” per effetto di un accordo tra URSS e Iran circa lo sfruttamento dei pozzi petroliferi della regione caspica. Ad ogni modo, la Repubblica di Mahabad verrà egemonizzata dal nascente “Partito Democratico del Kurdistan” (PDKI), un’organizzazione politica promossa dai sovietici per espandere la propria influenza in Medioriente, a discapito delle monarchie mediorientali sostenute dall’occidente.

qazi muhamed e Mustafa barzani leader curdi pdk pdki iran iraq
( i due leader del PDK Qazi Muhamed e Mustafa Barzani )

All’interno del PDK, la leadership di Qazi Muhammad verrà successivamente contesa da Mustafa Barzani, il principale leader del Kurdistan iracheno, costretto a rifugiarsi in Persia per sfuggire alle persecuzioni dalle autorità hashemite di Baghdad. In particolar modo, Barzani sostenne la necessità di costituire un Partito Democratico del Kurdistan dell’Iraq, nonostante la ferma opposizione del Partito Comunista Iracheno e di Qazi Muhammad, secondo cui tale mossa avrebbe vanificato la causa nazionalista curda, legittimando la presenza di un confine tra Iran e Iraq. Nonostante l’opposizione riscontrata, nel giro di qualche mese, Barzani riuscirà comunque a fondare il suo “Partito Democratico del Kurdistan Iracheno” (PDK), facendo leva sulla sua popolarità, rimasta immutata nonostante l’esilio. Nello specifico, il PDK di Barzani avanzerà un programma incentrato sulla richiesta di autonomia amministrativa, limitando al minimo la retorica socialista, al fine di non inimicarsi i grandi proprietari terrieri del Kurdistan iracheno. Detto questo, la piccola Repubblica di Mahabad, seppur guidata da un partito alleato dell’URSS, rifiutò la proposta di annessione all’interno della Repubblica Socialista Sovietica Azera, e a seguito delle forti pressioni occidentali su Mosca, finirà per perdere rapidamente anche il suo appoggio, ritrovandosi costretta a fare affidamento sulle sole milizie peshmerga di Barzani che, tuttavia, nel 1947 decideranno di lasciare l’Iran per ritornare in Iraq, prendendo atto dell’insostenibilità del conflitto contro l’esercito dello Shah senza il supporto sovietico. Saranno proprio le controverse relazioni con l’Unione Sovietica ad erodere il consenso popolare attorno alla leadership di Qazi Muhammad, che alla fine della crisi iraniana verrà giustiziato come traditore dalle autorità di Teheran, disarticolando la resistenza curda locale.

L’ALLEANZA FALLITA TRA IL PDKI E GLI AYATOLLAH

Nel 1965, il PDK iracheno di Barzani opererà fortissime pressioni sui vecchi alleati del PDKI iraniano affinché desistessero dal continuare a contrastare il governo di Teheran. L’influenza del PDK iracheno verrà contestata dalle correnti rivoluzionarie interne al PDKI, che ne approfitteranno per epurare le componenti più conservatrici dai ranghi del partito, dove si imporrà un quadro dirigente radicale di estrazione comunista, responsabile di una svolta rivoluzionaria che rilancerà le attività militari contro l’esercito iraniano, senza, tuttavia, riuscire a conseguire risultati degni di nota, proprio a causa del mancato sostegno del meglio organizzato PDK iracheno.
Nel 1979, i curdi sosterranno, almeno inizialmente, la rivoluzione islamica promossa dall’ayatollah Ruhollah Khomeini culminata con la deposizione del governo dello Shah Reza Pahlavi. Il sostegno del PDKI agli ayatollah verrà meno quando le loro aspettative autonomiste verranno marginalizzate all’interno del processo costituzionale, inducendoli a contestare apertamente la bozza costituzionale che istituiva la Repubblica Islamica d’Iran. La situazione politica precipiterà quando gli Ayatollah impediranno al leader del PDKI Abdul Ghassemlou di partecipare al processo di redazione costituzionale, perché accusato da Khomeini di essere a capo di una un’organizzazione di opportunisti controrivoluzionari strumentalizzati da potenze straniere. Successivamente, l’Ayatollah Khomeini chiederà ai curdi del PDKI di disarmarsi per aderire alle nuove forze armate rivoluzionarie iraniane, esortandoli ad abbandonare definitivamente ogni velleità autonomista. Invito rigettato fermamente dal PDKI che, addirittura, reagirà scatenando una rivolta curda a cui, a loro volta, il governo iraniano rispose proclamando una “guerra santa” contro i ribelli curdi, accusati di essere degli infedeli nemici della rivoluzione islamica.

curdi pdki iran Abdul Ghassemlou
( Il leader del PDKI curdo Abdul Ghassemlou )

Malgrado gli sporadici assalti alle caserme, i militari iraniani riusciranno a riprendere il controllo dei villaggi controllati dai ribelli curdi, che ben presto, oltre alle persecuzioni governative, finiranno per essere bersagliati anche dalla comunità azera del nord del paese. Le ultime roccaforti ribelli curde, come quella storica di Mahabad, verranno assediate dall’esercito iraniano, durante la delicata crisi degli ostaggi diplomatici americani. Khomeini esorterà più volte i curdi ad abbandonare i loro propositi autonomisti, invitandoli ad accantonare le logiche etniche in virtù della loro comune identità musulmana, a suo dire minacciata da ideologie occidentali come il nazionalismo e il socialismo.
Nonostante la tregua ordinata dal governo di Teheran, durante la guerra Iran-Iraq, i “Guardiani della Rivoluzione” (IRGC/Pasdaran) continueranno a bersagliare i ribelli curdi assediati a Mahbad, sostenuti strategicamente dall’Iraq di Saddam Hussein, che in patria si ritrovava a fare i conti con i peshmerga curdi sostenuti dall’Iran, configurando una situazione paradossale in cui i curdi di Iran e Iraq si combattevano a vicenda, subordinando la loro comune identità alle logiche geopolitiche di paesi stranieri, in disaccordo su tutto, eccetto che nel rigettare qualsiasi ipotesi di autonomia politica curda. Ad ogni modo, la crisi curdo-iraniana rientrerà nel 1982, con il ridimensionamento del potenziale politico e militare dei ribelli curdi del PDKI, che tuttavia continueranno ad effettuare operazioni di guerriglia fino al 1983.

L’ANNICHILIMENTO DEI QUADRI DEL PDKI

Successivamente alla sconfitta dei ribelli curdi, il PDKI aderirà al “Consiglio Nazionale di Resistenza Iraniana” (CRNI), salvo abbandonarlo nel 1985, quando Ghassemlou rivendicherà la propria autonomia nel trattare direttamente con il governo iraniano, riducendo il CRNI ad un semplice pseudonimo dei Mojahedin del Popolo Iraniano (MEK), una formazione ribelle islamo-comunista composta da esuli iraniani.
Nel 1989, Il leader del PDKI verrà assassinato in Austria dai servizi segreti di Teheran proprio durante uno degli incontri con la delegazione governativa iraniana con cui era in trattativa da qualche mese. L’assassinio di Ghassemlou innescherà una nuova insurrezione curda, mentre, intanto, il suo vice Sadegh Sharafkandi si apprestava a sostituirlo alla guida del PDKI. La nuova insurrezione curda promossa dal PDKI si avvarrà della complicità dell’UPK iracheno e delle milizie del PKK, finendo per irritare la vicina Turchia, che reagirà coordinando con Teheran le iniziative predisposte a contrasto dei ribelli curdi lungo la porosa linea di confine. Nello specifico, l’Iran reagirà alle iniziative curde, potenziando il proprio dispositivo militare dispiegato, predisponendo addirittura alcune operazioni speciali all’estero, soprattutto in Germania, dove verranno colpiti alcuni importanti esponenti del PDKI in esilio, tra cui il leader Sharafkandi, sostituito da Abdullah Hasanzadeh poco dopo il suo assassinio. Durante questa turbolenta parentesi politica, si costituirà “l’Unione Rivoluzionaria del Kurdistan”, una nuova organizzazione politica curda espressione della sinistra, che perseguiva una formula costituzionale democratica e federale per l’Iran.

Sadegh Sharafkandi curdi iran pdki
( Il leader del PDKI Sadegh Sharafkandi )

Nel 1993, approfittando della sconfitta di Saddam Hussein nella guerra del golfo e della no-fly zone imposta dagli Stati Uniti, l’Iran ne approfitterà addirittura per operare alcune incursioni nel Kurdistan iracheno contro le postazioni locali del PDKI, coperte dai loro alleati locali dell’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK). Nel 1996, la pressione militare esercitata dai pasdaran indurrà i curdi iraniani a concludere l’insurrezione, forzando il PDKI ad annunciare una tregua unilaterale con cui garantirono la fine delle incursioni dalla frontiera irachena. Nello specifico, i servizi segreti iraniani approfittarono dell’acceso dualismo tra il PDK di Barzani e l’UPK di Talabani, alimentandolo al punto tale da rendere sconveniente il supporto al PDKI, la cui presenza finì per configurarsi come una insidiosa fonte di instabilità interna, di cui i due principali partiti del Kurdistan non avevano affatto bisogno in quel frangente storico. Tuttavia, sarà la sconfitta dei loro alleati dell’UPK nella guerra civile curda in Iraq a ridimensionare il PDKI, mettendolo nelle condizioni di non nuocere in Iraq, come in Iran.

IL DECLINO DEL PDKI E L’ASCESA DEL PJAK

Ad ogni modo, la tregua promossa del PDKI, segnerà una svolta politica del movimento curdo, assecondata dal nuovo governo iraniano presieduto dal moderato Mohammad Khatami, favorendo l’instaurazione di un clima politico relativamente pacificato, turbato solo nel 1999 dalla notizia dell’arresto del leader del PKK Abdullah Ocalan, evento che susciterà l’attivismo di un gruppo di simpatizzanti comunisti che nel 2004 si riuniranno sotto sotto la sigla del “Kurdistan Free Life Party” (PJAK), un movimento caratterizzato dalla stessa impostazione liberal-socialista con cui il PKK turco stava tentando di occultare le proprie origini marxiste. A partire dal 2004, i ribelli curdi del PJAK, guidati da Mustafa Hijiri, scateneranno una nuova insurrezione curda, rendendosi protagonista di una serie di attentati contro le forze di sicurezza iraniane, a cui il governo di Teheran reagirà disponendo il dispiegamento dell’esercito nel nord-ovest del paese, bersagliando le postazioni ribelli situate lungo i confini con la regione del Kurdistan iracheno occupato dagli Stati Uniti, dopo il rovesciamento del governo baathista presieduto da Saddam Hussein.
Oltre che in Iraq, il PJAK agirà sporadicamente anche all’interno dei confini turchi, rendendosi protagonista del sabotaggio di un gasdotto al confine con il vicino Azerbaijan. Nel 2008, il governo regionale del Kurdistan iracheno cederà alle fortissime pressioni iraniane, ostacolando le operazioni del PJAK all’interno del proprio territorio, inducendo l’organizzazione a terroristica curda a congelare per qualche tempo il conflitto con l’Iran, spostando la propria attenzione sul versante turco, supportando gli alleati del PKK.

curdi pjak iran Hijri
( Il leader curdo del PJAK curdi Mustafa Hijri )

Nel 2011, dopo una breve ma intensa ripresa delle ostilità tra il PJAK e l’esercito iraniano, caratterizzate da numerosi scontri, e dal nuovo sabotaggio di un gasdotto al confine con la Turchia, il leader dei ribelli curdi, Haji Ahmadi, avanzerà la possibilità di avviare un negoziato di pace con il governo di Teheran, che ne approfitterà per chiedere il disarmo dell’organizzazione terroristica marxista, favorendo l’esfiltrazione dei suoi miliziani verso le postazioni del PKK in Turchia, dietro la garanzia della parallela smobilitazione delle proprie postazioni nel Kurdistan iracheno dove, secondo il governo iraniano, godevano della complicità americana. Nel 2012, la tregua tra Teheran e il PJAK verrà destabilizzata da alcuni sporadici scontri, che a detta del governo iraniano sarebbero stati ispirati dai loro sponsor americani, arabi e israeliani, tutti paesi antagonisti della Repubblica Islamica Iraniana. Nello specifico, il governo iraniano contesterà all’amministrazione americana presieduta da George Bush Jr il finanziamento dei guerriglieri comunisti del PJAK, con cui nel 2009 la nuova amministrazione Obama chiuderà i contatti, classificandola come un’organizzazione terroristica, cedendo alle pressioni degli alleati turchi, che la considerano un’emanazione del PKK. Durante l’insurrezione del PJAK, l’Unione Rivoluzionaria del Kurdistan, si evolverà nel “Partito della Libertà del Kurdistan” (PAK), dotandosi di proprie milizie peshmerga denominate “Freedom Falkons”.

Nel 2016, il PJAK ripristinerà la propria presenza militare nel nord-ovest dell’Iran, puntualizzando la propria intenzione di ricorrere alle armi solo se attaccati, garantendo al governo di Teheran di non voler provocare una nuova escalation che, tuttavia, verrà innescata poco dopo dalle milizie peshmerga del PAK, il cui leader Hussein Yazdanpana, noto per la sua impressionante somiglianza con Stalin, minaccerà di destabilizzare nuovamente l’ordine politico iraniano. La mobilitazione del PAK susciterà la pronta reazione delle forze di sicurezza iraniane, sia contro il PAK che contro il PJAK, ponendo fine alla tregua stipulata nel 2011. Sebbene l’escalation sia stata provocata dal PAK, finirà per coinvolgere esclusivamente i membri del ben più potente PJAK. L’offensiva contro il PJAK venne privilegiata dai Pasdaran iraniani a causa dei loro stretti legami che intrattenevano con i loro avversari regionali come l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti e Israele, che il governo i Teheran accuserà a più riprese di finanziare la ribellione curda, triangolando fondi e armi dal Kurdistan iracheno. Ad oggi, nella regione del Kurdistan iraniano è in atto una guerra a bassa intensità, che il governo iraniano riesce a controllare con una certa agevolezza, ma che rischia comunque di esasperarsi da un momento all’altro, scuotendo l’ordine interno del paese.

Hussein Yazdanpana PAK curdi iran Mustafa Barzani kurdistan
( Il leader del PAK Hussein Yazdanpana e il leader del PDK del Kurdistan iracheno Mustafa Barzani )

CONCLUSIONI

A differenza che in Turchia e Iraq, in Iran la causa nazionalista curda non si imporrà fino al primo dopoguerra, sotto la guida di Sinko Shikak che, tuttavia, al netto delle sue origini curde, più che un leader indipendentista, in realtà può essere considerato alla stregua di un ribelle o di un bandito, più interessato al potere che alla causa nazionalista curda. Ad ogni modo, il rigetto di qualsiasi forma di autonomia da parte dell’allora governo persiano, indurrà i curdi iraniani a chiedere, inutilmente, ai britannici di essere integrati all’interno del Regno d’Iraq, dove risiedeva l’intraprendente comunità curda locale guidata dal clan Barzani. Solo durante la seconda guerra mondiale, i curdi iraniani, riusciranno ad imporsi politicamente, costringendo il debole governo dello Shah a concedere loro una larga autonomia amministrativa locale. La scelta di riconoscere l’autonomia chiesta dai curdi verrà imposta dagli alleati anglo-sovietici, che necessitavano del corridoio iraniano per rifornire il fronte sovietico assediato dalla Germania nazional-socialista. Ad ogni modo, questa importante conquista verrà vanificata dal dualismo sorto tra le due fazioni interne al fronte curdo, dove Hama Rashid e Mahmud Kanisanan si contendevano la leadership. La contrapposizione tra le due formazioni curde, permetterà allo Shah di approfittarne, sostenendo la fazione più debole di Kanisanan per sconfiggere il più pericoloso Rashid, per poi chiudere i conti definitivamente la pratica curda liquidando cinicamente quel che restava delle milizie fedeli a Kanisanan.

Nonostante la disarticolazione del fronte curdo, i curdi iraniani, sotto la guida di Qazi Mohammed, riusciranno ad accreditarsi presso l’Unione Sovietica ottenendo il supporto necessario a rendersi indipendenti, fondando la Repubblica di Mahabad. Durante la breve esperienza della Repubblica di Mahabad, la leadership di Qazi Mohammed all’interno del PDKI verrà insidiata dall’ascesa di Mustafa Barzani, convinto della necessità di creare un PDK iracheno, distinto dal PDKI iraniano. Qazi Mohammed contrasterà la scelta di Barzani di fondare un partito iracheno, poiché contraddiceva l’intento di perseguire l’istituzione di un unico stato curdo, al di fuori delle realtà nazionali esistenti in Medioriente, in cui si ritrovavano intrappolate le varie comunità curde. La scelta di Barzani, fu probabilmente ispirata dalla revoca del supporto dell’URSS, che dinnanzi alle crescenti pressioni occidentali deciderà di abbandonare Qazi Mohammed, agevolando la reintegrazione dei territori amministrati dal PDKI all’interno dello stato persiano. La fine della Repubblica di Mahabad convincerà Barzani dell’insostenibilità di uno stato curdo indipendente, inducendolo a preferire una ben più sostenibile autonomia regionale all’interno dello stato iracheno.

Mappa della Repubblica di Mahabad
(Mappa della Repubblica di Mahabad)

L’approccio pragmatico promosso dal PDK di Barzani verrà aspramente contestato dal PDKI che, anzi, ne approfitterà per radicalizzare le proprie posizioni, allineandosi su posizioni marxiste più estremiste. Tuttavia, il radicalismo del PDKI darà scarsi risultati, almeno fino al 1979, quando l’organizzazione deciderà di sostenere la rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeini, contribuendo al rovesciamento del governo dello Shah. Nello specifico, il PDKI confiderà di ottenere dal nuovo governo islamista una maggiore autonomia regionale, che, tuttavia, le nuove autorità iraniane negheranno fermamente, condannando addirittura la loro connotazione ideologica socialista. Ben presto, la contrapposizione politica tra gli ayatollah e il PDKI degenerò in un aperto conflitto che verrà vinto dai governativi, nonostante il supporto strategico che l’Iraq di Saddam Hussein assicurerà alle milizie del PDKI. In quel frangente, le milizie curde iraniane del PDKI e irachene del PDK non esiteranno a combattersi, agendo da vere e proprie milizie mercenarie diversive al servizio di alleati che, in realtà, convergevano paradossalmente proprio sull’opposizione a qualsiasi ipotesi di indipendentismo curdo.

Ad ogni modo, la guerriglia curda continuerà fino al 1983, quando la dirigenza del PDKI deciderà di scendere a patti con il governo di Teheran, abbandonando “Consiglio Nazionale di Resistenza Iraniana” (CRNI), riducendo questo organo di ribelli esuli iraniani a mera emanazione politica del MEK. Nonostante il dialogo aperto con il governo iraniano, l’establishment del PDKI finirà per essere bersagliato dai servizi segreti iraniani, che ne approfitteranno per annichilirne la loro minaccia. Addirittura, gli iraniani approfitteranno della caduta del governo di Saddam Hussein, per effettuare alcune incursioni nel Kurdistan iracheno, dove prenderanno di mira le postazioni locali del PDKI, e dei loro alleati dell’UPK e del PKK, probabilmente godendo del tacito supporto del PDK di Barzani. La risolutezza iraniana, costringerà il PDKI a proclamare una tregua unilaterale, che verrà accompagnata dall’ascesa del PJAK, una formazione indipendentista curda sospettata di essere un’emanazione del PKK turco, che si renderà protagonista della ripresa del conflitto curdo-iraniano, e di numerose incursioni in Turchia. Il PJAK riuscirà a minacciare l’ordine iraniano grazie alla complicità del Kurdistan iracheno dove, secondo le autorità di Teheran, godevano anche del supporto degli Stati Uniti, sebbene anche questi classificassero l’organizzazione curda come terroristica.

Ad oggi, la minaccia del PJAK, dopo una fase di stallo, sembra essersi riproposta, coordinandosi con la nuova formazione del PAK, che il governo iraniano considera sostenute dai suoi nemici strategici come l’Arabia Saudita e Israele, accomunati dalla complicità delle autorità del Kurdistan iracheno. Il consolidamento della regione del Kurdistan iracheno sponsorizzato dagli Stati Uniti, e l’ascesa del movimento curdo in Siria, anch’esso sponsorizzato da Washington, suggerirebbero la possibilità di una mobilitazione curda anche in Iran, alle prese con una fase di isolamento internazionale. Le possibilità che la situazione politica iraniana possa precipitare sono aumentate recentemente per effetto del ripudio statunitense degli accordi sul nucleare, scelta che ha degradato ulteriormente le relazioni bilaterali tra l’Iran e gli USA. Ad ogni modo, uno scontro militare diretto tra i due paesi, andrebbe quantomeno giustificato da un qualche elemento umanitario, che, tuttavia, potrebbe rinvenirsi proprio tra le conseguenze negative derivanti dall’acuirsi del conflitto curdo-iraniano.

In ogni caso, nell’eventualità, non certo rara, di una guerra tra Stati Uniti e Iran è più che lecito aspettarsi un ruolo non indifferente delle milizie curde, similmente al ruolo svolto dai peshmerga in Iraq nelle prime fasi dell’invasione americana, quando supportarono l’aggressione statunitense impegnando le forze governative con azioni di sabotaggio dietro le linee nemiche. Di certo, L’Iran è consapevole che l’estrazione comunista delle principali formazioni curde non ostacolerebbe una possibile partnership con gli USA, dal momento che questi in Siria hanno trovato nelle milizie marxiste curde YPG un valido alleato, verso cui si sono dimostrati disposti a marginalizzare un alleato chiave come la Turchia, spiazzata dalla svolta filo-comunista impostata da Washington, tanto da indurla a potenziare le proprie relazioni con l’Iran, contravvenendo alle sanzioni americane. Iran e Turchia sono consapevoli che l’alleanza tra curdi e americani, presto o tardi, metterà a repentaglio l’integrità dei loro stati, e dinnanzi ad un rischio del genere due paesi avversari possono anche ritrovarsi alleati, perché non esiste alleanza più solida di quella ispirata dal bisogno di sopravvivere.

PS:

Nel prossimo articolo tratteremo la realtà dei curdi siriani.