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CONOSCIAMO L’IRAN (5° Parte)

Il duopolio Khamenei-Rafsanjani guida la rivoluzione islamica iraniana di Khomeini all’indomani della guerra del golfo.

La fine della guerra con l’Iraq e la contemporanea dipartita dell’ayatollah Ruhollah Khomeini lasciò il potere ad duopolio Khamenei-Rafsanjani. Nello specifico il governo presieduto da Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, pur mantenendo l’impalcatura islamica impostata da Khomeini, implementerà una serie di riforme con cui tenterà di liberalizzare progressivamente l’economia iraniana. Riforme che susciteranno la crescente opposizione degli ambienti più conservatori, vicini alle Guardie della Rivoluzione (Pasdaran). Durante questo periodo, il governo consoliderà la sua politica estera, allacciando proficui rapporti con paesi come il Sudan, soprattutto in ambito militare, suscitando ulteriormente l’ostilità degli Stati Uniti, che arriveranno a classificare il paese africano tra i paesi sponsor del terrorismo internazionale. Questa iniziativa strategica verrà preceduta dal riconoscimento dell’indipendenza post-sovietica dell’Azerbaijan nel 1991, cercando di restaurare gli antichi legami storico-culturali, che a Teheran intendevano sfruttare per inglobarlo all’interno della propria sfera di influenza regionale. Ambizioni che il governo proverà a concretizzare facendosi promotore della ripresa dei negoziati tra Azerbaijan e Armenia nel corso del conflitto del Nagorno-Karabakh.
Tuttavia, più avanti, le ambizioni nazionaliste sui territori a netta prevalenza azera del nord Iran avanzati dal Presidente azero Abulfaz Elchibey degraderanno i rapporti tra Baku e Teheran, inducendo gli iraniani a privilegiare i rapporti con l’Armenia. Approccio a cui l’Azerbaijan reagirà intensificando i propri rapporti con Israele, il nemico numero uno dell’establishment iraniano.
Parallelamente a questi eventi, la Russia post-sovietica continuerà a collaborare al programma nucleare iraniano, riprendendo lo sviluppo della centrale di Bushehr.
Sul quadrante orientale, nel 1995, l’Iran ospiterà i vertici del governo Pakistan, avviando una serie di negoziati finalizzati alla stabilizzazione del vicino Afghanistan e alla promozione di alcuni ambiziosi progetti energetici. Propositi che verranno turbati dall’ascesa dei talebani in Afghanistan, dove in quel periodo si renderanno protagonisti di feroci persecuzioni a danno della locale minoranza sciita, inducendo l’Iran a sostenere strategicamente l’Alleanza del Nord.

Mappa Iran Azerbaijan regione minoranza azera
( Mappa esplicativa della cospicua minoranza azera presente in Iran )

LA PRESIDENZA DEL MODERATO KHATAMI 

Le elezioni presidenziali del maggio 1997 verranno vinte con il 70% dei consensi dall’ex-ministro per la cultura islamica Mohamed Khatami, che sebbene fosse figlio di un importante ayatollah, sosteneva la necessità di riformare il paese sia economicamente che culturalmente, riaprendosi progressivamente all’occidente. Khatami, favorito dalla mancata candidatura dell’ex-Premier moderato Mir-Hosein Mousavi, riuscirà a battere agevolmente Ali Akbar Nateq-Nouri, il Ministro degli interni uscenti, sostenuto dagli ambienti conservatori più vicini alla Guida suprema Ali Khamenei. Le riforme economiche di Khatami stimoleranno l’iniziativa privata, riducendo la disoccupazione, riuscendo ad incrementare il PIL, nonostante la dura opposizione politica dei conservatori. Riforme che, tuttavia, non riusciranno ad arrestare la svalutazione del rial iraniano nei confronti del dollaro USA.
Il nuovo governo di Khatami inaugurerà anche un nuovo corso delle relazioni internazionali iraniane, archiviando l’aspro scontro culturale che aveva caratterizzato l’era Khomeini. Approccio conciliante che, tuttavia, manterrà l’aperta ostilità nei confronti di Israele, pur ribadendo la distinzione di Khomeini tra ebraismo e sionismo.
Nell’estate del 1998, i talebani si renderanno protagonisti di un feroce massacro a danno di alcuni villaggi afghani abitati dalla locale minoranza sciita, prendendo in ostaggio anche alcuni diplomatici iraniani ivi residenti. Iniziativa che indurrà l’Iran mobilitare il proprio esercito lungo i confini orientali in vista di un imminente intervento militare promosso dall’ayatollah Khamenei, disinnescato provvidenzialmente dal tempestivo intervento di Khatami, abile nel coinvolgere l’ONU nella mediazione che porterà alla liberazione dei propri ostaggi diplomatici.

Presidente Iran Khatami ayatollah Khamenei
( Il Presidente iraniano Khatami con l’ayatollah Khamenei )

Sempre nel 1998, Khatami promuoverà un percorso di armonizzazione delle relazioni diplomatiche con la vicina Arabia Saudita, che visiterà l’anno successivo, discutendo in particolar modo di cooperazione energetica, impegnandosi a incrementare i prezzi del petrolio, concordando il taglio tagliando della produzione. Aperture che verranno accolte con una certa enfasi dall’allora Re Fahd al-Saud e dal futuro Re Abdullah, nonostante il disappunto degli Emirati Arabi Uniti, che continuavano a contestare l’occupazione iraniana di alcune isole nel Golfo Persico che ritenevano di propria pertinenza. Ad ogni modo, le aperture di Khatami incontreranno una timida accoglienza persino negli Stati Uniti.
Nell’estate del 1999, la chiusura di un giornale vicino all’opposizione disposta dalla magistratura, susciterà una serie di manifestazioni studentesche animate dagli stessi principi moderati del Presidente Khatami. Le proteste degenereranno rapidamente in aperti scontri con le fazioni tradizionaliste, facendo sprofondare nel caos la capitale Teheran, e altre importanti città del paese. Durante questo turbolento periodo, Khatami ospiterà il Presidente venezuelano Hugo Chavez, ponendo le basi di una relazione che verrà consolidata ulteriormente dai successivi governi. Sempre nel 99, il generale golpista pakistano Pervez Musharraf si recherà in Iran per rassicurare il governo iraniano circa i motivi che hanno lo hanno portato a prendere il controllo del governo di Islamabad, ribadendo l’impegno nella stabilizzazione del vicino Afghanistan, dove, tuttavia, i due paesi perseguivano interessi strategici diversi. Differenze che non impediranno di progredire i negoziati per la costruzione di un gasdotto che Teheran cercherà di promuovere provando a coinvolgere persino l’India.
Malgrado il corso moderato avviato da Khatami, nel 2000, la Guida suprema Khamenei tornerà a ribadire la necessità di estirpare Israele dalla regione mediorientale. Sempre nello stesso anno, Khatami presenzierà alle esequie dell’ex-Presidente siriano Hafez al-Assad, supportando apertamente l’ascesa di suo figlio Bashar al-Assad alla guida della Repubblica Araba di Siria, l’unico vero alleato iraniano nella regione.

LA DISTENSIONE DI KHATAMI E LA MORSA USA

Nel giugno del 2001, Khatami riuscirà a riconfermarsi presidente con il 76% dei consensi, battendo l’ex-Ministro del lavoro Ahmad Tavakkoli. Risultato che sorprenderà lo stesso Khatami, convinto che l’ondata di omicidi mirati, che l’intelligence iraniana aveva predisposto nei mesi precedenti contro alcuni importanti esponenti dell’opposizione all’estero, avesse compromesso la sua popolarità, al punto da mettere in dubbio persino la propria ricandidatura, fiaccata anche dalle proteste studentesche degli anni precedenti. Risultato che, tuttavia, verrà caratterizzato da un’affluenza del 66%, in marcato calo rispetto al 79% delle elezioni del 1997. Durante l’estate di quell’anno, le forze armate iraniane ostacoleranno le operazioni della compagnia petrolifera britannica BP nei pressi di un’area del Mar Caspio contesa con l’Azerbaijan. Più avanti, l’ayatollah Ali Khamenei condannerà gli attentati terroristici dell’11 Settembre, pur mettendo in guardia dal proposito americano di invadere l’Afghanistan, sebbene fosse governato dai comuni nemici talebani. Guerra che poco dopo si realizzerà, portando all’instaurazione di un nuovo governo a Kabul presieduto da Hamid Karzai, con cui gli iraniani si impegneranno a riallacciare le relazioni bilaterali, ostacolate solo dalle accuse di collaborazione con i talebani avanzate strumentalmente dagli Stati Uniti, la cui vicinanza militare inizierà a preoccupare seriamente l’Iran. Infatti, malgrado la solidarietà espressa dal governo di Khatami in occasione degli attentati terroristici del 11 Settembre, il governo americano presieduto da George Bush inasprirà nuovamente i rapporti con l’Iran, annoverandolo tra i paesi dell’asse del male contrapposti agli Stati Uniti.

Nel 2002, l’Iran avvierà l’estrazione di gas naturale dal maxi giacimento South Pars in condominio con il vicino Qatar. Produzione in cui è stata coinvolta anche l’italiana ENI. Sempre nello stesso anno, il Presidente Khatami visterà il Pakistan, discutendo con il Presidente Musharraf, il possibile coinvolgimento dell’India nella costruzione del gasdotto a cui i due paesi stavano lavorando in partnership.
Nel 2003, l’ayatollah Ali Khamenei emetterà una fatwa contro la produzione e l’uso di armi di distruzione di massa, sanzionandole come incompatibili con la religione islamica, in quanto configurano una seria minaccia esistenziale all’umanità. Fatwa che tuttavia verrà considerata insincera da molti ambienti occidentali. Poco dopo, il governo iraniano si opporrà all’invasione americana dell’Iraq, temendo il crescente accerchiamento militare, divenuto evidente dopo l’invasione dell’Afghanistan. Tuttavia, nonostante i comuni avversari strategici, Khatami si rifiuterà di incontrare il leader religioso sciita iracheno, Moqtada al-Sadr, preferendo interagire con una figura istituzionale come quella del Presidente Jalal Talabani.
Nel 2004, dopo l’elezione di Mahmud Ahmadinejad a sindaco di Teheran, un docente universitario dalle umili origini e con un trascorso giovanile tra le fila della milizia Basij, lancerà i conservatori verso la conquista della maggioranza parlamentare del 2004, ridimensionando la base di potere del Presidente Khatami. Messo alle strette, il governo promuoverà le ultime riforme, abrogando l’articolo costituzionale che garantiva il primato dello stato in economia, permettendo l’implementazione di un progressivo processo di riforma economica. Riforme economiche che permetteranno alla Cina di operare massicci investimenti nel settore energetico, incrementando le importazioni di petrolio iraniano e programmando lo sviluppo dei giacimenti di gas naturale del paese.

Presidente Iraq Talabani ayatollah Khamenei Iran
( Il Presidente iracheno Talabani in visita dall’ayatollah Khamenei )

Nel 2005, in occasione delle esequie di Papa Giovanni Paolo II, Khatami si recherà in Vaticano, dove avrà modo di incontrare informalmente il Presidente israeliano Moshe Katsav, discutendo delle sue origini iraniane. Questo contatto informale contraddirà la tradizionale posizione ostile nei confronti di quello che tutt’oggi l’Iran considera “entità sionista”, infiammando la retorica ostile dei conservatori, al punto da indurre il Presidente iraniano a sconfessare l’incontro. Le posizioni critiche di Khatami lo porteranno a scontrarsi sempre di più con gli ambienti conservatori, arrivando addirittura a sminuire il prestigio della Guida Suprema, e promuovendo il dialogo con religioni diverse dall’islam. Sempre nel 2005, Khatami effettuerà una storica visita in Venezuela, accolto trionfalmente dal Presidente Chavez. Sempre in quell’anno, successivamente ad una controversa incursione aerea iraniana in Azerbaijan, Khatami riuscirà a convincere il neo-presidente azero Aliyev a stipulare un trattato di non aggressione che impedendo la costruzione di basi straniere, vietasse reciprocamente qualsiasi forma di cooperazione ad iniziative aggressive straniere. Accordo che contribuirà a normalizzare le relazioni bilaterali tra i due paesi. Nel novembre del 2005, l’Iran supererà le ostilità con il vicino Iraq, permettendo la storica visita del Presidente iracheno Jalal Talabani, ponendo le basi per la costruzione di un rapporto nuovo e sinergico tra i due paesi, sia in campo economico che politico. Partnership rilanciata dal governo presieduto dal Premier iracheno Ibrahim al-Jafaari, appartenente al partito islamista Dawa, storicamente vicino agli ambienti sciiti iracheni contigui all’Iran.

L’ASCESA DEL CONSERVATORE AHMADINEJAD 

Le elezioni presidenziali del 2005 verranno vinte a sorpresa con il 61% dei consensi dal Sindaco di Teheran Mahmud Ahmadinejad, sostenuto dagli ambienti conservatori vicini alla Guida Suprema Khamenei, e dai ceti popolari meno abbienti. Ahmadinejad, dato per sconfitto dai sondaggisti, riuscirà a conseguire il 19% dei consensi, guadagnandosi l’accesso ai ballottaggi contro il favorito ex-presidente Rafsanjani premiato dal 21%. Al successivo ballottaggio Ahmadinejad riuscirà nell’impresa di ribaltare i sondaggi, conquistando la presidenza con il 61% dei consensi.
L’anno successivo alla sua sconfitta elettorale, Rafsanjani verrà eletto nell’Assemblea degli Esperti, dove ricoprirà la carica di Presidente, da dove inizierà a sostenere la necessità di garantire maggiori libertà di espressione alle forze di opposizione. In questo frangente, la Guida suprema Khamenei minaccerà per la prima volta il blocco del traffico petrolifero dallo stretto di Hormuz in caso di aggressione americana, ribadendo il diritto dell’Iran ad arricchire il combustibile nucleare destinato al proprio programma nucleare nazionale. Sempre nel 2005, Ahmadinejad contesterà l’ordine internazionale, contestando il privilegio del diritto di veto di cui alcuni paesi godevano all’interno del Consiglio di Sicurezza ONU, avanzando la necessità di estenderlo alla comunità islamica. Posizioni che verranno accompagnate ribadendo il diritto dell’Iran a sviluppare il proprio programma nucleare nazionale.

ayatollah Khamenei Presidente Iran Ahmadinejad
( L’ayatollah Khamenei con il Presidente iraniano Ahmadinejad )

Nel 2005, nel corso di un’intervista, Ahmadinejad inviterà provocatoriamente la Germania a cedere parte del suo territorio agli ebrei, permettendogli di costruire uno stato israeliano laddove avevano radici che invece non tutti gli odierni israeliani avevano in Palestina. Posizioni che susciteranno lo sdegno di Germania e Israele e di molti paesi europei come la Francia. Malgrado le tensioni internazionali, l’Italia coltiverà ottime relazioni economiche con l’Iran, diventando il suo primo partner commerciale europeo. Più avanti Ahmadinejad sosterrà la necessità di eliminare Israele dalle mappe geografiche, suscitando dure critiche in occidente, dove in molti hanno interpretato le sue parole come un proposito genocida. Interpretazione che in più di un‘occasione il Presidente iraniano rigetterà come strumentalizzazioni fuorvianti, puntualizzando di riferirsi a quello che considera regime sionista e non al popolo ebraico. Le controverse posizioni di Ahmadinejad sull’eliminazione di Israele dalle carte geografiche, verranno commentata anche dall’ayatollah Ali Khamenei, il quale puntualizzerà che l’Iran non ha intenzione di minacciare nessuno stato.
Ad ogni modo, favorito dagli alti prezzi del petrolio, l’amministrazione Ahmadinejad riuscirà a conseguire ottimi risultati economici, promuovendo una formula ibrida tra socialismo e liberismo, con cui riuscirà ad abbassare considerevolmente il tasso di disoccupazione, incrementando la spesa sociale a sostegno dei ceti meno abbienti attraverso l’introduzione di numerosi sussidi, con cui manterrà bassi i prezzi dei carburanti. Risultati economici, limitati delle sanzioni internazionali, e dalla ritrosia della ritrosia straniera ad investire nel paese. Cosa che aggraverà il debito pubblico nazionale. Isolamento internazionale che verrà rotto dal Venezuela di Chavez, con cui Ahmadinejad potenzierà le relazioni bilaterali tra i loro due paesi, sfruttando la loro comune ostilità nei confronti dell’imperialismo americano.

LA PROIEZIONE DELL’EGEMONIA CONSERVATRICE

Al termine del 2005, Ahmadinejad parteciperà insieme al Presidente azero Aliyev alla cerimonia di inaugurazione di una gasdotto proveniente dall’Azerbaijan. Sempre nel corso dello stesso anno, Ahmadinejad scamperà ad un attentato predisposto dal Movimento di Resistenza Popolare Iraniano (Jundallah), un organizzazione terroristica sunnita, considerata da Teheran come espressione di paesi terzi ostili, intenzionati a destabilizzare le regioni del Sistan e del Belucistan, situate al confine con il Pakistan. Pakistan che non nasconderà all’AIEA di collaborare al programma nucleare iraniano, condividendo informazioni di natura non militare, esortando a più riprese il governo iraniano a rispettare il Trattato di Non Proliferazione (TNP). Sintonia che continuerà a svilupparsi anche in campo energetico, avanzando la possibile partecipazione della Cina alla costruzione del gasdotto in studio.
Nel 2006, i conservatori di Ahmadinejad riusciranno a piazzare Mohammad Taghi Mesbah Yazdi, il loro ayatollah di riferimento, all’interno dell’Assemblea degli Esperti, dove farà il suo ingresso anche l’attuale presidente Hassan Rouhani. Malgrado il cambio della guardia, Teheran ospiterà una controversa conferenza di storici revisionisti della seconda guerra mondiale, i cui dibattiti susciteranno una nuova ondata di critiche internazionali sul paese. Sempre nello stesso anno, l’Iran ospiterà il Presidente sudanese Omar al-Bashir, consolidando ulteriormente la partnership avviata negli anni 90, riscontrando il supporto del governo di Khartum al proprio programma nucleare. Programma nucleare che incontrerà anche il sostegno del Presidente venezuelano Chavez, che in quel periodo arriverà a ventilare la possibilità di vendere alcuni caccia americani F16 proprio all’Iran, suscitando il plateale disappunto di Washington, che alla fine riuscirà a impedire la concretizzazione dell’affare. L’affaire F16 rilancerà ulteriormente l’ostilità USA nei confronti del governo iraniano, inducendo l’amministrazione statunitense ad incrementare il proprio sostegno finanziario alle forze di opposizione iraniane, sotto la forma di assistenza alle ONG impegnate nella promozione dei diritti umani. Mentre sul piano esterno, Washington non mancherà di accusare l’Iran di sostenere l’insurrezione irachena guidata dal religioso sciita Moqtada al-Sadr. Queste dinamiche si svilupperanno parallelamente al conflitto libanese, dove l’Iran sosterrà il movimento sciita Hezbollah guidato da Hassan Nasrallah, fornendogli assistenza militare attraverso i canali di approvvigionamento gestiti dalle IRGC. Partnership strategica agevolata dall’accordo militare che Teheran stipulerà con Damasco proprio nel 2006. Approccio che verrà replicato anche con il Sudan, da cui l’Iran otterrà il supporto strategico necessario a rifornire Hamas e le altre formazioni della resistenza palestinese attive a Gaza.

Presidente Venezuela Chavez e Ahmadinejad Iran
( Il Presidente venezuelano Chavez con il Presidente iraniano Ahmadinejad )

Nel 2007, Khamenei esorterà il governo ad accelerare il processo di liberalizzazione economica del paese, sostenendo la necessità di sviluppare l’economia privata. In quel frangente, la Guida suprema insisterà sulla necessità di insistere sul programma nucleare nazionale, ritenendolo fondamentale per il futuro del paese, soprattutto in vista dell’esaurimento delle fonti energetiche fossili. In quel frangente, Ali Khamenei non mancherà di accusare gli Stati Uniti di aver destabilizzato l’Iraq, auspicando un processo internazionale per punire l’invasione illegale perpetrata dall’amministrazione Bush attraverso l’ausilio di prove false circa la presenza di armi di distruzione di massa nel paese mediorientale. Ostilità che verrà amplificata dall’assalto americano al consolato iraniano di Erbil, nel Kurdistan iracheno, culminato con il rapimento di alcuni diplomatici che verranno liberati solo qualche mese dopo.
Sempre nel corso dello stesso anno, successivamente ad una nuova serie di schermaglie retoriche con l’Azerbaijan, Ahmadinejad inaugurerà un gasdotto diretto in Armenia. Nonostante la sua aggressività retorica, il Presidente iraniano avrà poi modo di visitare l’Arabia Saudita, dove esorterà l’allora Re Abdallah al-Saud a impegnarsi a difendere la comunità islamica dalle insidie poste dai suoi nemici. Proposito che rinnoverà anche al Presidente siriano Bashar al-Assad, in occasione della sua visita a Teheran.
Le elezioni parlamentari del 2008 verranno dominate dal fronte conservatore di Ahmadinejad, con il 67% dei seggi a fronte di un’affluenza del 51%. Risultato che verrà favorito anche dalle esclusioni di molti candidati riformisti sanzionati come soggetti ostili alla rivoluzione islamica dal Consiglio dei Guardiani, l’organo deputato a vagliare la coerenza della condotta socio-politica dei candidati con i principi fondamentali della costituzione della Repubblica islamica iraniana. Sempre nel 2008, Khamenei tornerà a ribadire la distinzione tra ebrei e sionisti avanzata da Khomeini, circoscrivendo la lotta ai soli usurpatori della terra palestinese. Nello specifico, Khamenei sosterrà la necessità di uno stato palestinese unitario abitato da cristiani, musulmani ed ebrei non immigrati. Sempre nello stesso anno, Ahmadinejad, partecipando all’Assemblea Generale ONU, tornerà a criticare lo stato di Israele, auspicandone il crollo. L’ostilità con Israele toccherà il suo apice a seguito dell’intensificazione delle relazioni istituzionali tra Iran e Libano.

LA “RIVOLTA VERDE” DEI RIFORMISTI DI MOUSAVI

Nel 2009, i propositi di ricalibrare le relazioni bilaterali con l’Iran avanzate dal neo-presidente americano Barak Obama verranno accolte freddamente da Khamenei, che tuttavia si riserverà di vagliare la futura coerenza delle sue parole nella realtà, ponendo fine alle interferenze negli affari interni di paesi sovrani terzi, a cui gli Stati Uniti avevano abituato il mondo. Alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2009, l’ex-Presidente Khatami avanzerà la sua candidatura, salvo ritirarla per sostenere quella dell’ex-Premier riformista Mir-Hossein Mousavi, promotore di un ambizioso piano di riforma che partiva dalla privatizzazione delle emittenti televisive passando dalla normalizzazione delle relazioni con l’occidente e per la tutela dei diritti individuali, senza tuttavia rinnegare il controverso programma nucleare nazionale. Forte di questi propositi, Mousavi contesterà al Presidente Ahmadinejad la sua gestione finanziaria, rimproverandogli inoltre le sue controverse dichiarazioni contro gli ebrei. La campagna elettorale presidenziale culminerà con il primo duello televisivo tra i due principali contendenti, dove Ahmadinejad arriverà a mettere in discussione la fedeltà di Mousavi e del suo alleato Rafsanjani ai principi della rivoluzione islamica di Khomeini.

Khatami Mousavi Rafsanjani e Ahmadinejad Iran Presidente
( I leader riformisti Khatami, Mousavi e Rafsanjani insieme al Presidente Ahmadinejad )

In questo clima politico altamente polarizzato, il governo disporrà l’oscuramento di Facebook durante le fasi finali della campagna elettorale, temendone l’influenza politica a vantaggio di uno dei candidati. Ad ogni modo, al termine della consultazione Ahmadinejad verrà riconfermato al primo turno con il 62% dei consensi, a fronte di un’affluenza dell’85%, contro il 33% di Mousavi, che dopo aver denunciato brogli ha chiamato in piazza i suoi sostenitori contro il governo, incontrando l’enfasi idei mass-media occidentali. I sostenitori di Mousavi scenderanno in strada indossando capi di abbigliamento di colore verde, dando inizio ad una serie di proteste antigovernative esponendosi alle accuse di sedizione filo-occidentale degli ambienti conservatori espressione del governo, che da parte sua reagirà disponendo l’arresto di numerosi oppositori coinvolti nella rivolta. Arresti che si svilupperanno parallelamente ai raid delle milizie Basij contro i principali poli dell’opposizione rivoltosa, in un clima di censura generale, spezzato solo dai media occidentali e delle petro-monarchie arabe del golfo. Proteste che verranno accolte con particolare enfasi da Reza Pahalavi, il figlio dello Shah, che dal suo esilio estero solidarizzerà con i manifestanti, esprimendo il desiderio di aiutarli a riconquistare la libertà che a suo dire avevano perso con la rivoluzione culminata con la deposizione dell’autocrazia assoluta retta da suo padre. Solidarietà espressa anche da Maryam Rajavi, la moglie del leader dei Mujahedin del Popolo Iraniano, i terroristi comunisti del MEK, che dall’estero continueranno a sostenere la necessità di superare il regime islamico istituito da Khomeini, ma che fino a quel momento non era stato messo veramente in dubbio dai manifestanti. Ad ogni modo, parallelamente ai sostenitori di Mousavi, presto per le strade iraniane si mobiliteranno anche i sostenitori del Presidente Ahmadinejad, registrando numeri ben maggiori dei loro avversari, distinguendosi per gli inni contro gli USA e Israele.

A livello internazionale gli sviluppi conseguenti alle proteste verranno accolti con preoccupazione relativamente tiepida dai paesi occidentali, soprattutto da Stati Uniti e Regno Unito, timorosi di essere associati nuovamente a tentativi di colpo di stato, mentre altri paesi si dimostreranno più radicali come nel caso della Francia di Sarkozy e dell’Italia di Berlusconi, dove i governi ricalcheranno le posizioni estremamente critiche tenute da Israele, che ne approfitterà per compattare la comunità internazionale contro il programma nucleare iraniano. Dal resto del mondo, invece, i risultati elettorali verranno riconosciuti di buon grado da molti paesi, a partire dai vicini Afghanistan, Armenia, Azerbaijan, Bahrein, Kuwait, Iraq, Libano, Oman, Pakistan, Qatar, Siria, Turchia, Turkmenistan, Emirati Arabi Uniti oltre che dal Segretario della Lega Araba. Posizione condivisa da altri importanti paesi come la Bielorussia, il Brasile, la Cina, la Corea del Nord, la Russia e il Venezuela, oltre che dalle stesse Nazioni Unite. Ad ogni modo, al culmine delle proteste Mousavi verrà posto agli arresti domiciliari per il ruolo di catalizzatore assunto nella sedizione. Accuse che l’ayatollah Khamenei lancerà anche contro il Regno Unito, disponendo l’espulsione dell’ambasciatore britannico dal paese, perché considerato il fulcro di una rete di spie intenzionate a destabilizzare l’ordine del paese. Provvedimento che successivamente verrà replicato anche da Londra contro i diplomatici iraniani. In questo stesso periodo, la Camera di Commercio Internazionale dell’Aia accorderà all’Iran il diritto ad essere risarcito dal Regno Unito per la mancata consegna di una commessa militare multimilionaria precedentemente stipulata dallo Shah. Tuttavia, il risarcimento di 650 milioni di dollari verrà congelato da Londra a causa delle sanzioni internazionali che nel frattempo aveva contribuito ad imporre contro l’Iran. Questi eventi radicalizzeranno la retorica dell’ayatollah Khamenei, esplicitando il sostegno iraniano a tutti gli attori impegnati a contrastare la “minaccia sionista”. Esortazione condivisa da Ahmadinejad, e rilanciata con un appello a tutti i paesi della regione contro il processo di disgregamento delle nazioni islamiche promosso dall’occidente al fine di rafforzare la posizione di forza di Israele in Medioriente. Posizioni enfatizzate ulteriormente dalla sua storica visita in Libano.

L’IRAN ALLE PRESE CON LE PRIMAVERE ARABE

Nei mesi seguenti, l’ayatollah Khamenei prenderà posizione nel conflitto del Kashmir, sostenendo la causa della locale comunità islamica, suscitando l’irritazione del governo indiano. Sostegno che non lesinerà ai ribelli sciiti Houthi dello Yemen, suscitando l’irritazione dell’Arabia Saudita. Nello specifico, Ahmadinejad contesterà ai sauditi l’incapacità di esercitare la loro leadership nella regione, preferendo percorrere la via del conflitto a quella della mediazione diplomatica. In questo frangente, l’Iran concorderà con Qatar e Russia alcune linee guide inerenti il livello di produzione di gas naturale, proprio mentre il governo annunciava l’emissione di obbligazioni finalizzate a raccogliere fondi da destinare allo sviluppo del maxi-giacimento South-Pars. Tuttavia, malgrado i buoni rapporti coltivati con l’Iran, successivamente alle sanzioni comminate dalle Nazioni Unite per il suo programma nucleare, la Russia congelerà la consegna del sistema antiaereo precedentemente commissionato dall’Iran. Nello stesso periodo, l’Iran inaugurerà un gasdotto finalizzato all’importazione di gas naturale dal Turkmenistan, divenuto necessario a causa della mancanza degli investimenti necessari ad avviare l’estrazione del gas naturale di cui paradossalmente sono ricchi.
Nel 2011, l’influenza politica dell’ex-presidente Rasfanjani verrà ridimensionata dai conservatori, favorendo l’ascesa dall’ayatollah Mohammad-Reza Mahdavi Kani alla presidenza del Consiglio dei Guardiani, personalità vicina al Presidente Ahmadinejad. Sempre nel 2011, Khamenei criticherà l’aggressione NATO nei confronti della Libia, senza tuttavia dimostrarsi solidale nei confronti del leader libico Muammar Gheddafi, sostenendo una soluzione diplomatica della crisi. Tuttavia, in quell’occasione contraddirà la sua fatwa contro le armi di distruzione di massa, sostenendo che Gheddafi avrebbe fatto meglio a non smantellare il suo programma nucleare, diffidando delle rassicurazioni occidentali.

Nello stesso periodo, una serie di omicidi mirati contro alcuni scienziati iraniani coinvolti nel programma nucleare iraniano, metterà in crisi il progetto, sabotato anche da alcuni attacchi informatici verosimilmente predisposti da Israele. Iniziative che faranno da cornice ad una vera e propria guerra tra i servizi segreti di Iran e Israele, che coinvolgerà numerosi paesi del mondo.
In occasione delle “primavere arabe“, il governo iraniano si distinguerà per il proprio sostegno alla rivoluzione egiziana, accogliendo l’ascesa dei fratelli musulmani al governo, al pari della Turchia. Sempre durante il 2011, l’inasprimento delle sanzioni da parte del Regno Unito, susciterà un assalto all’ambasciata britannica a Teheran, inducendo Londra a chiudere la propria rappresentanza diplomatica in Iran.
Le elezioni legislative del 2012 si apriranno con la richiesta dell’ex-Presidente Khatami della fine degli arresti domiciliari per Mousavi e gli altri oppositori riformisti protagonisti delle manifestazioni antigovernative del 2009, patrocinandone il reintegro nel sistema politico nazionale. Presupposti che tuttavia non si realizzeranno, favorendo il mantenimento della maggioranza dei conservatori, tra i cui ranghi, i sostenitori di Ahmadinejad cercheranno progressivamente di svincolarsi dallo stretto controllo della Guida suprema Ali Khamenei. Il crescente dualismo tra il Presidente iraniano e la Guida suprema verterà in particolar modo sul controllo degli apparati di intelligence e sul ruolo dei religiosi nella vita politica del paese.

Sempre nel 2012, l’intensificazione delle sanzioni internazionali porteranno Khamenei a sostenere che queste avranno come unico effetto quello di alimentare ulteriormente l’odio degli iraniani nei confronti degli Stati Uniti. Sanzioni che questa volta verranno accolte dal vicino Azerbaijan, secondo cui l’Iran era coinvolto nel finanziamento del Partito Islamico dell’Azerbaijan (AIP), messo al bando da Baku, e nell’organizzazione di attentati contro cittadini israeliani presenti nel paese. A ridosso di questa crisi regionale, gli iraniani contesteranno al governo azero di collaborare all’organizzazione di un’imminente aggressione israeliana, permettendo a una aerocisterna camuffata da aereo civile di supportare un gruppo di attacco aereo contro le sue infrastrutture nucleari. Nello stesso anno, Ahmadinejad sosterrà che la fine dello stato di Israele avrebbe permesso la pacificazione della Palestina e del mondo, archiviando definitivamente il controllo pervasivo che gli agenti sionisti possiedono sui media e istituti finanziari globali. Posizioni che susciteranno le critiche del Segretario ONU Ban Ki-Moon, dell’Unione Europea, degli USA e che porteranno il Canada a chiudere la propria ambasciata a Teheran. Tra gli ultimi atti di Ahmadinejad ci sarà il riallacciamento delle relazioni diplomatiche con l’Egitto del neo-Presidente Mohammed Morsi, con cui, a dispetto delle differenze confessionali, condivideva l’impostazione politica islamica. Questa contiguità ideologica permetterà ai due paesi di superare l’annoso nodo di Camp David, permettendo ai due leader di scambiarsi due storiche visite di stato, prima in Iran e qualche mese dopo in Egitto. A queste seguirà la partecipazione di Ahmadinejad alle esequie di Hugo Chavez in Venezuela, dove ritornerà pochi giorni dopo per congratularsi con il neo-Presidente Maduro. Ahmadinejad tornerà poi ancora una volta sulla questione palestinese, auspicando un referendum aperto a tutti gli abitanti della Palestina per risolvere il conflitto, ribadendo l’impraticabilità della soluzione dei due stati. Mentre durante le prime fasi della guerra civile siriana, l’Iran inizierà a fornire consulenza militare alle forze armate siriane fedeli al Presidente Bashar al-Assad, alle prese con l’insurrezione ribelle.
Nel 2013, l’Iran contesterà apertamente il colpo di stato che porterà il generale al-Sisi al potere in Egitto.

Presidente Siria Bashar al-Assad guida suprema Iran ayatollah Ali Khamenei
(Il Presidente siriano Bashar al-Assad e la Guida suprema iraniana Khamenei )

ROUHANI RISTABILISCE LO STATUS-QUO

Alla vigilia delle elezioni presidenziali, sia l’ex-Presidente Rafsanjani che l’ex-Presidente Khatami prenderanno in considerazione una loro ridiscesa in campo, salvo ritirarsi per favorire la candidatura di Hassan Rouhani, contribuendo a schermare la sua fazione moderata dalle fortissime pressioni conservatrici. Rohuani, un politico religioso sostenitore della prima ora dell’ayatollah Khomeini, con trascorsi accademici scozzesi, e noto per essere stato tra i vertici del comando militare iraniano durante la guerra con l’Iraq. Rouhani si distinguerà anche per il sostegno alla linea dura adottata contro i manifestanti del movimento verde scesi in piazza all’indomani della rielezione di Ahmadinejad, posizioni che gli permetteranno di conquistarsi un posto sia all’interno dell’Assemblea degli Esperti che nel Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, ricoprendo un ruolo negoziale di primo piano nella questione del dossier nucleare contestato dall’occidente. Rouhani, pur partendo da posizioni conservatrici, assumerà una linea più moderata dopo l’ascesa di Ahmadinejad, acquisendo la fama di riformista. Alla candidatura di Rouhani, i conservatori contrapporranno quella di Mohammad Bagher Ghalibaf, un ex-comandante delle IRGC, subentrato ad Ahmadinejad alla carica di Sindaco di Teheran dopo la sua elezione. Al culmine della tornata elettorale, Rohani verrà eletto Presidente al primo turno, con il 50% dei consensi, contro il 16% del suo principale sfidante conservatore, a fronte di un’affluenza del 72%. Una volta entrato in carica, il nuovo governo permetterà alle IRGC comandate dall’influente Generale Qasem Soleimani di impegnarsi ulteriormente nella crisi siriana, inviando milizie e consulenti militari da affiancare alle forze regolari siriane falcidiate dalle numerose defezioni delle prime fasi del conflitto.

Nel 2014, Khamenei accuserà USA e Regno Unito di favorire l’ascesa dell’ISIS per mettere in difficoltà l’Iran e destabilizzare la regione. Sempre nello stesso anno, Khamenei avanzerà dubbi circa le reali dinamiche dello sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, condividendo alcune teorie storiche revisioniste. Nel frattempo grazie alla storica partnership con il Sudan, l’Iran intensificherà il proprio sostegno all’insurrezione dei ribelli sciiti Houthi in Yemen. Parallelamente a questi conflitti, il neo-presidente Rouhani riuscirà a ricalibrare positivamente le relazioni bilaterali con l’Azerbaijan, arrivando anche a prospettare una possibile futura adesione iraniana al progetto del gasdotto TANAP destinato ad esportare il gas naturale azero in Turchia ed Europa. Sempre nello stesso anno, l’Iran concorderà con il Pakistan il potenziamento del coordinamento militare, collaborando nella lotta al terrorismo nelle regioni di confine. Cooperazione che l’Iran intensificherà sul piano energetico anche con il vicino Qatar, raccogliendo l’invito a collaborare allo sviluppo armonico del giacimento South Pars. Nel 2015, al culmine di un lungo e controverso processo negoziale diretto da Hassan Rouhani, l’Iran siglerà gli accordi JCPOA sul nucleare, insieme a USA, Francia, Cina, Unione Europea, Regno Unito, Russia e Germania, ottenendo la revoca delle sanzioni internazionali. Programma nucleare (che contiamo di approfondire, come già fatto con quello nordcoreano, in un prossimo articolo) che il governo iraniano ha sempre considerato essenziale per lo sviluppo civile del paese, e non militare come temuto da Israele e Stati Uniti.

Guida suprema Iran ayatollah Ali Khamenei Presidente Iran Rouhani Rohani
( La Guida suprema Ali Khamenei con il Presidente iraniano Rouhani )

In questo stesso periodo, l’Iran comincerà a coordinare il proprio impegno in Siria insieme alla Russia, permettendo all’esercito siriano di capovolgere progressivamente la situazione militare a proprio vantaggio, contribuendo a ridimensionare anche l’avanzata dell’Isis nell’est del paese. In particolar modo, l’Iran permetterà ai bombardieri strategici russi di sorvolare il proprio spazio aereo per colpire le postazioni terroristiche, concedendo occasionalmente persino l’uso degli aeroporti della base aerea di Hamadan. La stipula dell’accordo sul nucleare verrà accolto freddamente da Khamenei, secondo cui il JCPOA non cambiava il rapporto con gli Stati Uniti, arrivando a sostenere che tra 25 anni lo stato di Israele non esisterà più. Sempre nel 2015, successivamente allo scongelamento delle relazioni con l’Azerbaijan, il governo iraniano prenderà le distanze dall’Armenia, disconoscendo le elezioni in Nagorno-Karabakh. Sempre nello stesso anno l’incidente che ucciderà numerosi cittadini iraniani in pellegrinaggio alla Mecca, esaspererà ulteriormente le relazioni con l’Arabia Saudita, già protagonista di reiterati maltrattamenti a danno di fedeli sciiti iraniani. Relazioni che verranno deteriorate l’anno seguente dall’esecuzione dell’influente religioso sciita Nimr al-Nimr. Evento che scatenerà l’assalto dell’ambasciata saudita a Teheran da parte di numerosi manifestanti indignati. Evento seguito pochi giorni dopo dal bombardamento dell’ambasciata iraniana nello Yemen ad opera di cacciabombardieri sauditi.
Nel 2016, il raffreddamento delle relazioni tra Russia e Occidente indurrà il Presidente Putin a scongelare la fornitura del sistema antiaereo S-300 all’Iran, autorizzandone la consegna. Iniziativa che ha rilanciato i negoziati propedeutici all’adesione dell’Iran all’Unione Economica Eurasiatica promossa da Mosca. Sempre sotto la guida del moderato Rouhani, il Regno Unito concorderà la riattivazione della propria ambasciata a Teheran.
Successivamente al colpo di stato in Turchia, l’Iran si schiererà a sostegno del Presidente Erdogan, con cui inizierà a consolidare le relazioni diplomatiche, iniziando a cooperare insieme alla Russia alla risoluzione della crisi siriana che li vedeva contrapposti, agganciandosi al processo di pacificazione promosso dal Presidente Putin.

Presidente Iran Rouhano Rohani Russia Putin Turchia Erdogan Siria
Presidente Iran Rouhano Rohani Russia Putin Turchia Erdogan Siria

TRUMP AFFOSSA IL CORSO RIFORMISTA DI ROUHANI

Alle elezioni presidenziali del 2017, il principale sfidante di Rouhani sarà Ebrahim Raisi, un religioso e giurista iraniano. Al culmine della tornata elettorale Rouhani verrà riconfermato al primo turno con il 57% dei consensi, contro il 38% di Raisi, a fronte di un’affluenza del 73%. Periodo successivo al quale, l’Azerbaijan si è riallineato agli USA aderendo alle sanzioni contro l’Iran, verso cui ha interrotto tutte le forniture di gas e petrolio. La rielezione di Rouhani ha rilanciato la partnership con la Cina, agganciandola al progetto della via della seta. In occasione della rimozione dello status autonomo della regione del Kashmir, l’ayatollah Khamenei rinnoverà il proprio sostegno ai musulmani locali, incontrando il plauso del Presidente pakistano Imran Khan. Nel 2017, l’Iran aiuterà il Qatar a superare lo stato di isolamento concordato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, rilanciando le relazioni bilaterali. Sempre nel 2017 l’Iran risponderà ad un attentato Isis lanciando alcuni missili contro le loro postazioni in Siria, dove le proprie milizie inizieranno ad essere regolarmente bersagliate dai raid israeliani. Alla fine del 2017, il peggioramento dell’economia indotto dalle sanzioni internazionali, renderà le città iraniane nuovamente teatro di manifestazioni più o meno antigovernative, destabilizzando l’ordine interno.
Situazione che nel 2018, verrà aggravata dalla decisione del Presidente americano Trump ripudierà l’accordo JCPOA sul nucleare, annunciando il ripristino del regime sanzionatorio contro l’Iran, almeno fino alla stipula di un nuovo accordo inclusivo di vincoli al programma missilistico. L’iniziativa americana spiazzerà gli altri partner dell’accordo, che secondo i supervisori dell’AIEA era stato scrupolosamente rispettato dagli iraniani.

Qatar al-Thani Presidente Iran Rouhani Rohani golfo persico
( L’Emiro del Qatar al-Thani con il Presidente iraniano Rouhani )

Nel 2019 gli USA designeranno le IRGC come un’organizzazione terroristica, suscitando il disappunto iraniano. Successivamente, l’assalto predisposto dalla marina britannica ai danni di una petroliera iraniana diretta in Siria, irriterà il governo iraniano, inducendolo a rispondere con il sequestro di una petroliera britannica nei pressi dello strategico stretto di Hormuz, innescando una crisi diplomatica tra i due paesi. Crisi che indurrà i britannici ad aderire alla coalizione che gli USA promuoveranno al fine di garantire la sicurezza del traffico commerciale nel golfo persico, in conseguenza di alcuni incidenti verificatisi proprio in quel periodo. Eventi che porteranno alla reciproca liberazione delle due petroliere sequestrate. Durante questo controverso periodo l’Iran abbatterà un drone di sorveglianza americano entrato per qualche istante all’interno del proprio spazio aereo, contribuendo ad incrementare la tensione nel golfo persico. Tensione che verrà amplificata sul pianto interno da una nuova tornata di proteste antigovernative. La situazione precipiterà pericolosamente all’inizio del 2020, quando gli Stati Uniti uccideranno il Generale delle IRGC Qasem Soleimani, attraverso un raid terroristico all’uscita dell’aeroporto di Baghdad. Evento che pochi giorni dopo è stato vendicato dall’Iran con il lancio di decine di missili balistici contro una delle principali basi militari americane in Iraq, dove a stretto giro il Parlamento approverà a larga maggioranza una risoluzione per l’espulsione delle truppe americane dal paese, obiettivo strategico di Teheran. Da quel momento, l’Iran ha classificato l’esercito americano come organizzazione terroristica, replicando il provvedimento che designava tali le forze delle IRGC, il vero fulcro strategico della Repubblica islamica.

CONCLUSIONI

All’indomani della dipartita Khomeini, l’Iran verrà guidato da due figure vicine alla Guida suprema, parliamo di Khamenei e Rafsanjani. Due personalità espressione di due concezioni diverse della rivoluzione islamica, quella più moderata e pragmatica di Rafsanajani, e quella più conservatrice e radicale di Khamenei, capace di conquistarsi la posizione precedentemente occupata dal carismatico Khomeini. All’inizio degli anni novanta, queste due componenti riusciranno a coesistere, guidando il dopoguerra della Repubblica islamica impostata da Khomeini, a cui la guerra con l’Iraq aveva impedito la possibilità di concretizzare la sua visione politica. Durante il dopoguerra, il nuovo governo iraniano attenuerà l’approccio rivoluzionario alle relazioni internazionali inaugurato da Khomeini, armonizzando i rapporti con il vicino Iraq, con l’Armenia e con il nascente Azerbaijan, senza tuttavia rinunciare all’impostazione della propria proiezione strategica, potenziando le relazioni con Siria e Sudan. Propositi che resisteranno alle insidie nazionaliste poste dal Presidente azero Elchibey, che tuttavia indurranno Teheran a riconsiderare le proprie relazioni con l’Armenia. Tensioni regionali in cui si incuneeranno abilmente gli israeliani, stringendo una partnership strategica con Baku che dura tutt’oggi. In questo contesto, gli iraniani riusciranno poi a convincere la Russia post-sovietica a riprendere l’assistenza allo sviluppo del proprio programma nucleare civile. Mentre sul versante orientale l’ascesa dei talebani inizierà a preoccupare seriamente l’Iran, particolarmente sensibile alle vicissitudini della minoranza sciita afghana.

Nel 1997 si giocherà la prima vera partita politica interna all’establishment iraniano, culminata con la conservazione dello status-quo post-Khomeini, lasciando il governo alla fazione riformista di Rafsanjani, guidata alle elezioni dal moderato Mohamed Khatami. Con l’elezione di Khatami, i riformisti riusciranno a controbilanciare la posizione preminente che i conservatori riuscirono a guadagnarsi affidando il ruolo di Guida suprema all’ayatollah Ali Khamenei. A Khatami spetterà il compito di concretizzare il progetto della rivoluzione islamica sul piano politico ed economico, senza i vincoli della guerra che avevano pregiudicato l’azione dei suoi predecessori. Sul piano esterno, Khatami riuscirà a ricalibrare le relazioni internazionali iraniane, attenuando la retorica islamista di Khomeini, facendosi apprezzare dai suoi diffidenti vicini arabi e dai paesi occidentali. Aperture che tuttavia non riuscirà ad estendere a Israele, che continuerà ad avversare, pur ribadendo la distinzione tra sionismo e ebraismo. Sarà proprio l’approccio moderato di Khatami ad impedire all’Iran di ingaggiare un nuovo conflitto con i talebani in Afghanistan nel 1998, frenando i falchi di Khamenei. Cautela particolarmente apprezzata anche dalla vicina Arabia Saudita, dal Pakistan, e in misura minore persino dagli Stati Uniti. Addirittura, Khatami riuscirà a proiettare la sua influenza in Sudamerica, gettando le basi del solido rapporto che attualmente lega l’Iran al Venezuela, senza dimenticare il consolidamento delle relazioni con la Siria di Assad. L’amministrazione di Khatami riuscirà a conseguire risultati apprezzabili che gli consentiranno di riconfermarsi alle elezioni del 2001, conservando lo status-quo con i conservatori vicini alla Guida suprema. Risultato comunque non scontato, soprattutto perché conseguente ai fermenti studenteschi del 1999.

L’Iran solidarizzerà con gli Stati Uniti in occasione degli attentanti dell’11 Settembre, pur contestando la scelta di invadere l’Afghanistan, sebbene fosse governato dai nemici talebani che stavano contrastando indirettamente sostenendo l’Alleanza del Nord. Malgrado il nuovo corso moderato avviato da Khatami, l’amministrazione americana Bush tornerà ad osteggiare l’Iran inserendolo tra i paesi sponsor del terrorismo internazionale, ostacolando il suo reintegro nella comunità internazionale, soprattutto all’indomani della scoperta del maxi-giacimento di gas naturale South Pars, condiviso con il vicino Qatar. Successivamente all’invasione dell’Iraq, l’Iran comincerà a temere l’accerchiamento militare americano, iniziando a soffrire la campagna di sospetti sulla presunta matrice militare del proprio programma nucleare che USA e Israele cominceranno ad alimentare a livello internazionale, promuovendo l’imposizione di sanzioni sempre più pesanti. Sospetti che l’ayatollah Khamenei allontanerà emettendo una fatwa contro la produzione e l’uso di armi di distruzione di massa. La crescente ostilità americana, indurrà le fazioni più radicali prossime alle IRGC a sostenere l’insurrezione sciita di Moqtada al-Sadr, in aperta dissonanza con il governo di Khatami che si rifiuterà di incontrare il leader della resistenza sciita irachena, preferendo interagire sul piano istituzionale con il Presidente Jalal Talabani. Il dossier iracheno, rappresenterà la prima crepa nello status-quo iraniano, iniziando a contrapporre riformisti e conservatori. Dualismo politico che comincerà a palesarsi all’indomani dell’elezione di Mahmud Ahmadinejad a sindaco di Teheran. Evento a cui seguiranno le ultime riforme dell’amministrazione Khatami, che inizieranno a liberalizzare l’economia, aprendola agli investimenti esteri, soprattutto cinesi in ambito energetico. Tra gli ultimi atti dell’amministrazione Khatami ci sarà la partecipazione alle esequie di Papa Giovanni Paolo II, occasione che gli permetterà di interagire con il Presidente israeliano Moshe Katsav. Evento che gli attirerà le feroci critiche dell’establishment conservatore, che inizierà ad insidiare la rielezione del favoritissimo ex-presidente moderato Rafsanjani, sostenendo la candidatura del popolarissimo Ahmadinejad, che riuscirà sorprendentemente a imporsi alle elezioni del 2005.

L’elezione di Ahmadinejad vanificherà lo status-quo post-Khomeini, permettendo ai conservatori di raggiungere uno status di egemonia politica addirittura superiore a quella goduta dall’ayatollah Khomeini, esprimendo sia la Guida suprema (Khamenei) che il Presidente (Ahmadinejad). Infatti, negli anni 80, l’egemonia di Khomeini rimarrà comunque fortemente condizionata dalla frazione moderata capeggiata da Rafsanjani e Mousavi, che dopo l’elezione di Ahmadinejad verrà posta ai margini dell’establishment iraniano. La marginalizzazione dei riformisti, tuttavia, non si trasformerà in epurazione, permettendo a Rafsanjani di ricoprire il ruolo di Presidente dell’Assemblea degli Esperti, posizione da cui inizierà a sostenere la necessità di garantire maggiori libertà di espressione alle forze di opposizione.
La Presidenza di Ahmadinejad radicalizzerà la proiezione internazionale dell’Iran come ai tempi di Khomeini, contestando apertamente l’ordine internazionale e la posizione prevalente assunta dagli Stati Uniti a schermo di Israele in Medio Oriente, contro di cui accentuerà la retorica ostile, esponendosi alle facili strumentalizzazioni dei mass-media occidentali. Ostilità che inizierà ad essere mal tollerata dai paesi arabi del golfo, che inizieranno a temere la riproposizione delle velleità regionali khomeiniste. A livello internazionale, troverà supporto tra pochi paesi, tra cui spiccherà il Venezuela di Hugo Chavez, con cui intensificherà le relazioni avviate durante l’era Khatami. Mentre in Iraq incrementerà le risorse delle IRGC, al fine di sostenere l’ascesa e delle formazioni sciite locali, seguendo lo spartito libanese. Sul piano interno, Ahmadinejad riuscirà a farsi apprezzare dai ceti popolari, garantendo un esteso sistema di welfare a tutela degli stati sociali più deboli del tessuto sociale iraniano. Mentre non mancherà di contrastare le sfide che i terroristi del Jundallah lanceranno dalle regioni del Sistan e del Belucistan, intensificando la cooperazione con il vicino Paskistan lungo le instabili regioni di confine. In questo contesto Hassan Rouhani inizierà la sua ascesa politica, facendo il proprio ingresso nell’Assemblea degli Esperti.

Nel 2008, i conservatori consolideranno la loro egemonia, conquistando la maggioranza parlamentare. L’anno successivo, l’elezione di Barak Obama negli Stati Uniti sembrerà riaprire il dialogo con l’Iran. Dinamica che indurrà i riformisti a convergere sulla candidatura unitaria dell’ex-premier Mir-Hossein Moiusavi al fine di scardinare l’egemonia conservatrice del duopolio Khamenei-Ahmadinejad. Mousavi avanzerà un programma estremante aperto all’occidente, contestando aspramente la condotta internazionale del Presidente Ahmadinejad, censurando soprattutto i suoi atteggiamenti nei confronti degli ebrei, sfruttando il potenziale dei social network occidentali. Ad ogni modo, nonostante la sua campagna elettorale aggressiva, Mousavi non riuscirà a sconfiggere Ahmadinejad, arrivando a scatenare una rivolta antigovernativa finalizzata a delegittimare la rielezione del suo avversario. Rivolta che gli costerà l’epurazione dal panorama politico, con l’accusa di sedizione, sostenuta da paesi stranieri. In quel frangente, la “rivolta verde” di Mousavi, oltre all’aperto sostegno dei mass-media occidentali, incontrerà l’ingombrante sostegno dei terroristi comunisti del MEK e della famiglia dello Shah. Rivolta prototipo di tutte quelle che seguiranno sincronicamente pochi mese dopo sotto la definizione fenomenica di “primavere arabe”, che a ragion veduta avranno un nucleo persiano, costituito dalla rivolta verde, che potremmo benissimo considerare come una fallimentare prova generale. La spallata dei riformisti finirà così per incrementare l’egemonia politica dei conservatori, che tuttavia inizieranno a polarizzarsi tra fazioni filo-Khamenei e fazioni filo-Ahmadinejad. Mentre intanto, a livello internazionale, l’Iran inizierà a sostenere l’insurrezione dei ribelli Houthi in Yemen, ingaggiando l’Arabia Saudita in un conflitto strategico che dura tutt’oggi. Tensioni che si sommeranno a quelle con il vicino Azerbaijan, che contesterà all’Iran il sostegno alle formazioni politiche sciite bandite nel paese. La nuova situazione internazionale, sommata al dossier nucleare, isolerà nuovamente l’Iran, ostacolando l’afflusso degli investimenti necessari a sfruttare le immense risorse energetiche del paese. Tuttavia, malgrado questo clima pesante, l’Iran riuscirà ad approfittare della fase iniziale della primavera araba, riallacciando i rapporti con il nuovo presidente egiziano Morsi, espressione della fratellanza musulmana sostenuta da Turchia e Qatar, paesi con cui intratterrà rapporti relativamente buoni, nonostante le differenze confessionali che si paleseranno nella crisi siriana che li vedrà contrapposti. Crisi siriana che Rouhani cercherà di risolvere collaborando proficuamente con la Russia di Putin con cui riuscirà a coinvolgere la Turchia di Erdogan impegnandola in un complicato processo di pace tutt’ora in atto.

Guida suprema Iran ayatollah Ali Khamenei Hassan Nasrallah Hezbollah Libano Generale Qasem Soleimani IRGC Pasdaran
Guida suprema Iran ayatollah Ali Khamenei Hassan Nasrallah Hezbollah Libano Generale Qasem Soleimani IRGC Pasdaran

Le elezioni presidenziali del 2013 permetteranno ai riformisti di ristabilire lo status-quo interno con i conservatori, sostenendo la candidatura vincente di Hassan Rouhani, un riformista atipico, con un passato da conservatore. Una personalità capace di riconciliare le due fazioni iraniane, e dimostratasi capace di interagire positivamente persino con l’occidente. Sotto la sua amministrazione, le IRGC guidate dal Generale Qasem Soleimani otterranno l’autorizzazione ad intervenire in Siria a sostegno del governo di Bashar al-Assad, svolgendo un ruolo chiave nella sconfitta dell’Isis in Iraq e nell’ascesa di Hezbollah in Libano. Il tutto mentre riusciva a ripristinare i rapporti con il vicino Azerbaijan, risolvendo la contesa del nucleare, stipulando l’accordo JCPOA, grazie all’utile coinvolgimento diplomatico di Russia, Cina e Unione Europea. Successi diplomatici che, tuttavia, non riuscirà a replicare con i sauditi e gli israeliani. I successi di Rouhani gli permetteranno di riconfermarsi nel 2017, quando la rielezione di Donald Trump porterà gli Stati Uniti a ripudiare gli accordi JCPOA, riaprendo la contesa sul nucleare che rigalvanizzerà il fronte conservatore sul fronte interno, ripristinando il clima precario dei tempi dell’amministrazione Bush, egemonizzata dalla potente lobby neocon. Mentre, intanto, il ripristino delle sanzioni inizieranno a rianimare gli strati sociali insoddisfatti dalla perdurante crisi economica vigente nel paese, catalizzando contro il governo l’astio dei ceti popolari, incapaci di fare a meno dei sussidi sociali in economia a cui gli aveva abituati la precedente amministrazione Ahmadinejad. Clima esasperato dalla pressione internazionale esplosa tra la crisi delle petroliere di quest’estate e l’inizio di quest’anno, conseguentemente all’assassinio del Generale delle IRGC Qasem Soleimani, da parte degli Stati Uniti, figura chiave per la proiezione strategica iraniana nella regione. Eventi altamente plateali che sembrano annunciare periodi turbolenti per la regione, come preannunciato dal raid missilistico predisposto contro una delle principali basi americane in Iraq, proprio all’indomani oceaniche esequie del leader delle forze Quds.