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CONOSCIAMO IL VENEZUELA (1° Parte)

La recente crisi politica ha catalizzato l’attenzione dei mass-media sul Venezuela, polarizzando l’opinione pubblica lungo una faglia ideologica che contribuisce ad offuscare il giudizio politico inerente questa particolare questione politica. Ecco perché come fatto con Siria, Corea, Yemen e Kurdistan riteniamo essenziale conoscere la complessa realtà di questo paese, così da comprendere meglio gli sviluppi dell’attuale crisi politica, facendoci un’opinione ben ponderata sulla vicenda.

Il Venezuela è uno stato sudamericano che si affaccia sul Mar dei Caraibi, confinante con Colombia, Brasile e Guyana. La popolazione totale del Venezuela è di circa 30 milioni di abitanti, di cui circa 6 milioni abitanti solo nella popolatissima capitale Caracas. Caracas, al pari delle principali città del Venezuela, sorge sulla costa, dove vive più dell’80% della popolazione venezuelana. Il nome Venezuela si deve all’esploratore italiano Amerigo Vespucci, il quale scandagliando la costa del paese sudamericano associò le palafitte indigene costruite lungo il litorale alla città di Venezia, inducendolo a definire quelle terra “Venezziola” (piccola Venezia), termine successivamente rimodulato dai colonizzatori spagnoli in Venezuela.
Come la storia ci ricorda, i legami tra il Venezuela e l’Europa sono strettissimi, e non sorprende che molti cittadini venezuelani vantino origini europee, soprattutto spagnole, ma anche italiane. Sempre dall’Europa hanno ereditato la religione cristiana cattolica, e la lingua spagnola, divenuta nel corso degli anni lingua ufficiale del paese latino-americano. L’economia venezuelana dipende sostanzialmente dalle esportazioni di petrolio estratto dagli immensi giacimenti di cui il paese è provvisto, le cui riserve sono stimate tra le più vaste al mondo, mentre la valuta nazionale è il bolivar. Di certo sull’economia venezuelana ci sarebbe molto da dire, soprattutto oggi che la situazione interna sta portando il paese sull’orlo di una guerra civile, ma preferiamo, almeno per il momento, concentrarci sulla conoscenza del suo interessante background storico-politico.

Il Venezuela è uno stato relativamente moderno, messo in piedi solo nel corso del 1800, da alcuni importanti personaggi come Simon Bolivar, il cui nome è parte della denominazione ufficiale del paese, oggi noto come Repubblica Bolivariana del Venezuela. Pertanto, per farci un’idea di questo paese riteniamo essenziale conoscere il suo percorso storico, partendo proprio dagli eventi salienti che hanno portato alla sua indipendenza, culminata proprio durante la leggendaria epoca bolivariana. Infatti, una disamina della sola storia contemporanea venezuelana ci avrebbe impedito di comprendere il significato ed i valori che l’epoca bolivariana ha avuto e continua ad avere per questo importante paese. Ad ogni modo, invitiamo coloro i quali ritenessero superflua la conoscenza di questo periodo storico a passare direttamente alla seconda parte del nostro focus venezuelano, dove analizziamo gli eventi più contemporanei che porteranno all’odierna crisi politica.

DA COLOMBO ALLA COLONIZZAZIONE SPAGNOLA

Gli odierni territori venezuelani vennero scoperti da Cristoforo Colombo nel 1498, e successivamente annessi all’allora potentissimo Regno di Spagna, nonostante la popolazione indigena rigettasse fermamente il processo di colonizzazione avviato dalle autorità di Madrid, interessate a sfruttare i ricchi giacimenti auriferi della regione. Più avanti, i territori venezuelani verranno integrati insieme a quelli colombiani, in quello che diverrà il “Regno di Nuova Granada”, un entità governativa governata da emissari della corona spagnola.
Malgrado la loro resistenza, ben presto gli indigeni si ritrovarono schiavizzati dalle autorità coloniali spagnole, che li destinarono allo sfruttamento intensivo delle miniere aurifere locali. Nel corso de tempo, gli schiavi indigeni verranno affiancati da schiavi africani deportati appositamente dal continente nero per iniziativa dei latifondisti spagnoli, giunti nel nuovo mondo per sfruttarne le immense ricchezze naturali.
Nel 1717, la monarchia spagnola incrementerà il grado di autonomia dei governatori del Regno di Nuova Granada, rendendolo un Vice-Reame formalmente indipendente, ma comunque sostanzialmente subordinato alla madre patria. La crescente autonomia concessa da Madrid alle sue colonie sudamericane, favorirà l’intraprendenza dei coloni spagnoli, incentivando ulteriormente lo sviluppo agricolo della regione, incrementando esponenzialmente la produzione di fagioli, cacao e tabacco destinata al mercato europeo. Ad ogni modo, le autorità madrilene affideranno la gestione dei promettenti territori venezuelani del Vice-reame di Granada ad un apposito Capitanato militare deputato a garantire la sicurezza della ricca realtà economica locale. Nel 1777, la corona spagnola avvierà un processo di riorganizzazione coloniale che estenderà le competenze militari del Capitanato Generale del Venezuela delegandogli anche funzioni amministrative, rendendolo una realtà distinta dal Vice-Reame di Granada, a cui comunque rimase strettamente legata.

Vice reame spagnolo nuova granada colombia venezuela ecuador
( Mappa del Vice-Reame di Nuova Granada )

LA LOTTA PER L’INDIPENDENZA 

Nel 1800, l’indebolimento continentale della Spagna, sotto occupazione francese, degraderà la presa coloniale di Madrid sui territori sudamericani, dove, intanto, il trionfo indipendentista dei coloni nordamericani degli Stati Uniti d’America iniziò a suscitare i primi fermenti indipendentisti. Addirittura, nel 1806, Francisco De Miranda, un influente personaggio, di presunta origine ebraica, precedentemente coinvolto nella rivoluzione americana e francese, riuscirà ad ottenere dagli Stati Uniti il supporto indiretto necessario ad organizzare una spedizione militare finalizzata al rovesciamento del Capitanato del Venezuela e alla conseguente proclamazione dell’indipendenza del paese sotto l’attuale vessillo tricolore, da lui stesso ideato. Ad ogni modo, la spedizione di Miranda risultò alquanto prematura, finendo per avere la peggio contro le meglio organizzate forze armate realiste spagnole. Successivamente a questa maldestra iniziativa, gli USA incrimineranno i fiancheggiatori americani di De Miranda, salvo proscioglierli poco dopo dall’accusa di pirateria, ma non prima di aver tirato in ballo il governo, accusandolo di aver avallato tacitamente l’iniziativa ribelle in Venezuela.

Nonostante il fallimento di De Miranda, la sua spedizione riuscirà ad indebolire il controllo spagnolo sul Sudamerica, permettendo di sperimentare un inedito periodo di autogoverno che convincerà un gruppo di coloni spagnoli ad approfittarne per rendersi autonomi da Madrid sotto l’insegna della “Giunta Suprema di Caracas”, organo politico con cui costringeranno il governatore realista locale, Vicente Emparàn, a dimettersi. La giunta di Caracas incaricherà alcune importanti personalità legate alla massoneria, come Simon Bolivar (33° grado del rito scozzese), di recarsi in Europa per assicurarsi il tacito supporto britannico. Fu così che, nel 1811, i ribelli proclameranno l’indipendenza della Confederazione Venezuelana che, almeno inizialmente, si manterrà fedele alla corona spagnola, sebbene personalità come De Miranda, nel frattempo rimpatriato, non condividessero affatto questa prospettiva. Nello specifico, la fedeltà a Madrid verrà apertamente contestata dalla fazione rivoluzionaria guidata da alcuni ufficiali ispanici legati alla massoneria come Simon Bolivar, Santiago Marino e lo stesso De Miranda. Tutte personalità che, negli anni precedenti, si erano prodigati nella ricerca del sostegno strategico degli Stati Uniti e del Regno Unito alla loro causa indipendentista repubblicana.

Francisco de miranda venezuela
( Il leader indipendentista Francisco De Miranda )

Ad ogni modo, la nuova Confederazione Venezuelana faticherà ad imporsi su tutto il territorio del vecchio capitanato, soprattutto a causa dell’embargo che gli spagnoli imporranno al paese, con cui riusciranno ad erodere il relativamente basso consenso popolare che i leader repubblicani di origine ispanica riscontravano nel paese. L’embargo spagnolo riuscirà a degradare l’inflazionata economia confederata, pesantemente dipendente dalle comunque scarse importazioni americane. Sarà proprio la precaria situazione economica dei confederati guidati da De Miranda, sommata agli effetti negativi di alcune calamità naturali, a privarli del consenso popolare, inducendo molti dei loro alleati a riconciliarsi con le autorità realiste spagnole, inducendo il leader repubblicano, ormai assediato a Caracas, a negoziare la resa che porrà termine all’esperienza della prima repubblica venezuelana. La resa di De Miranda verrà accolta come un tradimento dai suoi molti dei suoi sostenitori, tanto da indurre Bolivar ad arrestarlo, per poi consegnandolo alle autorità reali spagnole, in cambio di un salvacondotto per la vicina isola di Curacao. Bolivar, tuttavia, giustificò l’arresto di De Miranda come una punizione comminata ad un disertore, e non come una forma di collaborazione con le autorità monarchiche spagnole.

L’EPOCA BOLIVARIANA 

Conseguentemente alla disfatta della confederazione venezuelana, Simon Bolivar riorganizzerà la causa repubblicana trasferendosi nella vicina “Nuova Granada” (l’odierna Colombia), da dove lancerà una nuova campagna militare contro le autorità realiste spagnole, sgretolando il loro controllo sulle province venezuelane occidentali, dove autorizzò le sue truppe a giustiziare chiunque osasse supportare le autorità fedeli alla corona spagnola. Il clima di terrore impostato da Bolivar, agevolerà la sua avanzata verso Caracas, dove, nel 1813, ripristinerà la Repubblica del Venezuela. Il successo di Bolivar verrà favorito dalla campagna militare parallela che Santiago Marino e Manuel Piar coordinarono autonomamente sul versante venezuelano orientale, mettendo in seria difficoltà le forze realiste spagnole. Bolivar e Marino, dopo un’iniziale diffidenza, decideranno di collaborare al progetto di integrazione con le province della Nuova Granada, con cui intendevano promuovere un grande stato colombiano unitario. Ad ogni modo, l’esperienza repubblicana si interromperà nel 1915, quando la fine dell’occupazione napoleonica, permetterà al Regno di Spagna di organizzare una vasta operazione militare finalizzata al ripristino del proprio controllo sulle colonie sudamericane, ponendo fine alla seconda repubblica venezuelana. L’iniziativa realista spagnola verrà favorita dal supporto strategico delle milizie “llaneros” comandate da Josè Tomàs Boves.

Simon Bolivar venezuela grande colombia
( Simon Bolivar, il principale artefice dell’indipendenza sudamericana )

Successivamente a questa nuova sconfitta, Bolivar lascerà Caracas per rifugiarsi nuovamente in Nuova Granada, da cui sarà costretto a fuggire dopo il ritorno degli spagnoli. Bolivar si trasferirà in Giamaica, dove tenterà inutilmente di convincere i britannici a sostenere una nuova campagna militare repubblicana. Supporto che troverà da Haiti, da poco divenuta indipendente, grazie al cui sostegno riuscirà a sbarcare in Venezuela, prendendo il controllo della città di Angostura. Malgrado la comune ambizione indipendentista, il fronte repubblicano sconterà le divisioni politiche tra le sue principali fazioni, incontrando serie difficoltà nel coordinare la lotta contro le autorità spagnole. In particolar modo, nel 1817, l’intolleranza di Piar e Marino nei confronti della leadership di Bolivar crescerà al punto da convincere quest’ultimo ad ordinare l’esecuzione di Piar, temendone un colpo di mano.
Conseguentemente a questi sviluppi, le tensioni interne al fonte repubblicano si smorzeranno, permettendo a Bolivar di trovare una sintesi politica con cui riuscirà ad assicurarsi la cooperazione di Marino e dell’influente comandante Josè Antonio Paez.

Il ricompattamento del fronte repubblicano permetterà così di coordinare efficacemente gli sforzi militari, riuscendo nell’impresa di piegare le forze spagnole su più fronti, sia in Venezuela che in Nuova Granada. Sull’onda di questi successi militari, nel 1819, Simon Bolivar convincerà i repubblicani di Nuova Granada ed Ecuador a convergere sul suo progetto della “Repubblica della Grande Colombia”, un grande stato sudamericano fondato dopo il congresso di Cúcuta, una città situata sull’odierno confine tra Colombia e Venezuela. Ad ogni modo, i repubblicani conquisteranno la piena indipendenza dalla Spagna solo nel 1921, dopo l’iconica battaglia di Carabobo, vinta dall’armata venezuelana comandata dal generale Paez. Gli spagnoli abbozzeranno un ultimo fallimentare tentativo di ribaltare la situazione militare nel 1823, perdendo la battaglia navale combattuta nei pressi del lago Maracaibo.

LA GRANDE COLOMBIA BOLIVARIANA

La Grande Colombia avrà come sua capitale Bogotá, e ingloberà i territori riconducibili agli odierni stati di Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela, mentre Perù e Bolivia preferiranno non aderire all’unione promossa da Simon Bolivar. Subito dopo la sua fondazione, la presidenza della Grande Colombia verrà affidata proprio al suo promotore Bolivar, coadiuvato dal vice-presidente Francisco Santander. La sconfitta degli spagnoli e il conseguimento dell’indipendenza aprirono la contesa politica all’interno del fronte repubblicano, dove unionisti, federalisti e secessionisti alimenteranno un aspro dibattito costituzionale, che Bolivar non riuscirà a gestire nelle sue prime fasi, perché impegnato a dirigere personalmente le ultime fasi della campagna di liberazione del Perù dove, tra l’altro, racimolerà risorse finanziarie saccheggiando le chiese cattoliche locali. Nel 1925, a suggello della sua campagna militare meridionale, il congresso peruviano omaggerà Bolivar dedicandogli la Repubblica di Bolivia. Ad ogni modo, in assenza di Bolivar, la crisi politica relativa al futuro dell’unione verrà gestita dal suo vice Santander.

Nel 1826, durante l’inadeguata reggenza del Vice-Presidente Santander, la questione politica degenererà a causa di alcuni malintesi sorti tra il generale Paez e le autorità di Bogotà, che lo accuseranno di gestire arbitrariamente le forze armate, eludendo gli ordini governo, e alimentando sentimenti federalisti in Venezuela. La crisi politica verrà risolta solo dal provvidenziale ritorno a Bogotá del carismatico Presidente Bolivar che, deludendo le aspettative di Santander, decreterà la riabilitazione della posizione di Pàez. Malgrado il sostegno fornito a Pàez, Bolivar allontanò qualsiasi ipotesi di federalizzazione della Grande Colombia, promuovendo il rafforzamento delle autorità centrali, obiettivo sostanzialmente condiviso da Santander che, tuttavia, non mancherà di contestare la sua egemonia politica, ostacolando ogni suo tentativo di riformare la costituzione colombiana, temendo una deriva autocratica di stampo napoleonico. In questo aspro clima politico, Bolivar verrà reso oggetto di un fallimentare attentato, la cui responsabilità verrà sommariamente addebitata proprio al suo avversario Santander, la cui pena capitale verrà successivamente commutata in esilio per volontà dello stesso Presidente. La linea conciliante inizialmente varata da Bolivar non riuscirà, tuttavia, a placare i suoi avversari politici, le cui accuse di deriva autocratica lo indurranno a liquidarli politicamente istituendo un’apposita corte marziale.

Simon Bolivar e Francisco De Santander indipendenza gran colombia
( Simon Bolivar e Francisco De Santander )

L’approccio autocratico impostato da Bolivar finì per alimentare i consensi attorno alle fazioni federaliste che, nel 1828, domineranno il processo costituzionale, bocciando la bozza unionista promossa dallo stesso Bolivar che, nel 1830, dinnanzi a questi deludenti risultati, deciderà di dimettersi, aprendo la crisi della “Grande Colombia”. Successivamente alle dimissioni di Bolivar, il dualismo tra colombiani e venezuelani si esasperò, dando luogo ad alcuni scontri tra milizie, dominati dalle fazioni fedeli a Bolivar che, tuttavia, senza il loro leader, si ritrovarono costrette a subordinarsi al nuovo governo provvisorio presieduto dal Generale Urdaneta, intenzionato a pacificare il clima politico, tentando inutilmente di convincere un ormai esausto Bolivar a ripristinare la sua presidenza. Il caos politico interno alla Repubblica della “Grande Colombia” finì per favorire le spinte secessioniste in tutta l’unione, da cui derivarono gli odierni stati di Colombia, Ecuador, Panama e Venezuela, vanificando il sogno di un grande stato latino americano sognato da Bolivar, e affossato da lotte per il potere mascherate sotto fittizie rivendicazioni federaliste. Infatti, successivamente al disfacimento della Grande Colombia, in tutti i nuovi stati “post-colombiani” gli stessi critici dell’approccio autocratico di Bolivar instaureranno dittature non diverse da quella che contestarono allo stesso Bolivar.

L’INDIPENDENZA DEL VENEZUELA

Nello specifico, nel 1831, il Venezuela proclamerà la sua indipendenza sotto la leadership del Generale Josè Antonio Pàez, agevolato dal suo prestigio popolare e dal sostegno dell’oligarchia venezuelana e delle sue fedeli milizie. La prima fase dell’indipendenza venezuelana sarà all’insegna dello sviluppo economico. Sull’onda della sua popolarità, Pàez otterrà il rimpatrio dalla Colombia dei resti di Simon Bolivar, accolto con tutti gli onori nella capitale Caracas.
Nel 1846, Pàez favorirà l’ascesa alla presidenza di Josè Tadeo Monagas, confidando di poter controllare indirettamente il governo del paese. Tuttavia, nel 1848, Monagas si svincolerà dal suo mentore conservatore, stringendo un’alleanza con i liberali, con cui esautorerà il Congresso, instaurando la propria dittatura. La spregiudicata manovra politica di Monagas verrà ostacolata da un’effimera rivolta predisposta da Pàez, successivamente arrestato dal Colonnello filo-liberale Ezequiel Zamora, e costretto all’esilio negli Stati Uniti.
Nel 1851, il Presidente Josè Tadeo Monagas regolarizzerà il suo dominio politico passando la guida del paese a suo fratello José Gregorio Monagas, il cui governo si distinguerà per l’abolizione della schiavitù in Venezuela.

Mappa gran colombia indipendenza venezuela ecuador
( Mappa dei tre stati sudamericani post-Grande Colombia )

Nel 1855, la staffetta politica concordata dai due fratelli riporterà ancora una volta alla presidenza Josè Tadeo Monagas, intenzionato ad estendere la durata del mandato presidenziale a 6 anni. I propositi dei fratelli Monagas verranno vanificati nel 1858 dall’ascesa del generale filo-conservatore Juliàn Castro, che dopo averlo costretto a dimettersi, conquisterà la presidenza del paese, avvalendosi del determinante supporto dell’ex-presidente Pàez, nel frattempo rientrato dagli Stati Uniti. Ad ogni modo, il governo di Castro si sfalderà rapidamente a causa di alcuni scandali e da una serie di rivolte culminate in una vera e propria guerra civile tra il suo governo conservatore e i ribelli liberali riuniti sotto la causa federalista capeggiata dal Colonnello Ezequiel Zamora e dal Maresciallo Juan Falcón. Nel corso della guerra civile, in cui perderà la vita Zamora, la presidenza del Venezuela passerà a Paez, che nel 1963, dopo l’arresto di Castro, verrà costretto a cedere il potere ai liberali di Falcon, che si distingueranno per l’abolizione della pena capitale.

L’ERA LIBERALE DI GUZMAN BLANCO

La parentesi liberale di Falcon verrà interrotta nel 1868 da una rivoluzione conservatrice promossa da Josè Tadeo Monagas. Dinnanzi alla rivolta conservatrice, il Presidente Falcon tenterà di salvare la posizione di potere dei liberali, affidando l’interim al Ministro della difesa Manuel Bruzal, che, tuttavia, verrà costretto a cedere il potere al Ministro degli esteri Gullermo Tell Villegas. Durante il suo breve governo, il Presidente Villegas si distinguerà per il consolidamento dei diritti civili e per il ripristino della costituzione federale, sfuggendo ad un fallito attentato contro la sua persona. Ad ogni modo, alcuni mesi dopo il suo insediamento, il governo di Villegas verrà rovesciato dal liberale Antonio Guzmán Blanco, che imporrà la propria dittatura al paese per circa un decennio, periodo nel quale patrocinerà la costruzione dell’attuale palazzo dell’Assemblea Nazionale, la stessa istituzione protagonista dell’attuale crisi politica venezuelana. Nel 1877, Guzmán Blanco cederà il potere a Francisco Linares Alcántara, suo fidato collega di partito, salvo poi riprenderlo l’anno successivo, a causa della sua prematura dipartita. Durante il suo secondo governo, Guzmán Blanco avvierà un’efficacissima campagna di alfabetizzazione, costruendo centinaia di scuole e garantendo l’istruzione gratuita e obbligatoria a tutti i minori. Parallelamente all’istruzione, Guzmán Blanco darà anche un notevole impulso alla cultura venezuelana, costruendo numerosi teatri. Sempre sotto il suo governo liberale, si realizzeranno importanti opere infrastrutturali, come la costruzione della prima ferrovia del paese. Lo sviluppo economico venezuelano verrà agevolato dal rapporto di proficua collaborazione che il governo riuscirà ad instaurare con alcune importanti personalità dell’oligarchia economica del paese, come l’influente finanziere Manuel Antonio Matos, la cui autorevolezza era riconosciuta anche a livello internazionale.

Antonio Guzman Blanco Venezuela
( Antonio Guzman Blanco )

Nel 1883, Guzmán Blanco deciderà di lasciare il governo, assumendo l’incarico di Ambasciatore venezuelano in Francia, patrocinando l’ascesa politica del Generale Joaquin Crespo, suo amico e collega di partito. Ad ogni modo, due anni dopo la sua elezione, Crespo cederà nuovamente il potere a Guzmán Blanco, che una volta ritornato al governo conierà il Bolivar, dando ulteriore slancio all’economia venezuelana trainata dalle esportazioni di caffè e dall’afflusso di capitali stranieri. Nelle ultime fasi della sua vita politica, il Presidente Guzmàn Blanco, appartenente alla massoneria, entrerà in aperto contrasto con i rappresentanti locali della Chiesa Cattolica, confiscandone i beni, decretando lo spostamento delle spoglie di Simon Bolivar all’interno del Pantheon Nazionale. Nel 1887, Guzmàn Blanco abbandonerà definitivamente il potere, cedendolo al suo collega di partito Juan Pablo Rojas, scelta che contrarierà l’ambizioso Joaquìn Crespo, che reagirà auto-esiliandosi, meditando la futura rivalsa. Durante il suo mandato, il Presidente Rojas tenterà inutilmente di riconciliarsi con Crespo, parallelamente al processo di normalizzazione delle relazioni con la Chiesa Cattolica.

L’ASCESA DI CRESPO E LA CONTESA CON I BRITANNICI

Il governo di Rojas verrà indebolito dalla fallimentare insurrezione promossa da Joaquin Crespo, e dalle proteste contro l’ex-presidente Guzman Blanco, di cui era considerato espressione politica. La crisi politica che ne conseguì, indurrà Rojas a cedere il potere al debole compagno di partito Raimundo Andueza Palacio, il cui governo durerà appena due anni a causa della mancanza degli indispensabili sponsor militari. Lacuna, questa, che nel 1892, permetterà all’ex-Presidente Crespo di riconquistare la guida del paese fino al 1898, periodo nel quale si ritroverà a gestire la disputa con i britannici inerente la sovranità sulla regione orientale della Guyana, in prossimità della quale sorgevano importanti miniere aurifere. La contesa con i britannici indurrà il Presidente Crespo a richiedere l’intervento degli Stati Uniti, confidando nella cosiddetta “dottrina Monroe”, con cui il governo di Washington intendeva respingere ogni tentativo europeo di riassoggettare il continente americano alla propria influenza coloniale.

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( Joaquin Crespo )

Gli Stati Uniti accoglieranno la richiesta del governo venezuelano, promuovendo un arbitrato internazionale che, a dispetto delle aspettative di Crespo, finirà per subordinare il Venezuela alla volontà statunitense. Nello specifico, l’arbitrato verrà composto da 2 rappresentanti britannici e da 2 rappresentanti del Venezuela nominati da Washington, i quali, nel 1899, assegneranno, senza fornire alcuna motivazione, circa il 90% dei territori contesi, e le relative miniere d’oro, al Regno Unito, con cui a Washington intendevano ricostruire un rapporto strategico. La gestione della disputa territoriale venezuelana rappresenterà solo la prima di una lunga serie di interferenze statunitensi in America latina, sancendo l’inizio dell’ascesa degli USA come potenza mondiale, sebbene all’epoca il suo potenziale militare fosse ancora irrisorio. A Crespo si dovrà la costruzione di “Palazzo Miraflores”, l’attuale residenza presidenziale venezuelana, situata nella capitale Caracas. In questo clima internazionale, Crespo favorirà l’ascesa politica di Ignacio Andrade, che nel 1898 lo sostituirà alla guida del paese, dopo una serie di rivolte di cui alla fine egli stesso rimarrà vittima.

LA DITTATURA CASTRO E LO SCONTRO CON L’EUROPA

Senza il sostegno di Crespo, il debole governo di Andrade si ritroverà costretto a cedere il potere all’ex-generale Cipriano Castro, inizialmente sostenuto dagli ambienti liberali venezuelani. Il nuovo Presidente Castro, una volta al governo, emenderà la costituzione del paese, instaurando una brutale dittatura caratterizzata da un pesantissimo clima di terrore politico. Una volta insediato, Castro cercherà di convincere l’oligarchia economica venezuelana a finanziare la propria visione di paese. Tuttavia, le esose pretese finanziarie del nuovo Presidente verranno respinte dall’oligarchia guidata dal finanziere Manuel Antonio Matos, che dell’ex-presidente Andrade era sostenitore. Il presidente Castro reagirà alla mancata collaborazione dell’oligarchia finanziaria, vessando l’establishment venezuelano, arrivando ad arrestare alcune importanti personalità del paese. La condotta di Cipriano Castro verrà contestata apertamente dai giornali di proprietà di Matos, che contribuiranno al degradamento della sua credibilità internazionale, accusando il suo governo di trasformare il Venezuela in una nazione incivile. L’ostilità nei confronti del governo indurrà Matos a ricercare il sostegno di sponsor europei per l’organizzazione di una rivolta liberale finalizzata al rovesciamento dell’odiato Presidente Castro. Matos riuscirà a raccogliere finanziamenti e risorse per allestire un’insurrezione che, tuttavia, non riuscirà a scardinare la solida base di potere del presidente Castro che, da buon caudillo, continuava a godere dell’indispensabile sostegno militare.

Cipriano Castro Venezuela
( Cipriano Castro )

Il fallimento della rivolta liberale, costringerà Matos a lasciare il paese, trasferendosi nella vicina isola di Curacao. Immediatamente dopo la rivolta di Matos, Castro entrerà in contrasto con l’Europa, rifiutandosi di ripagare i debiti contratti con Germania, Italia e Regno Unito, confidando nel soccorso degli Stati Uniti che, invece, sotto la presidenza di Theodore Roosevelt manterranno una linea neutrale, avallando tacitamente il blocco navale che le potenze europee nel frattempo imposero al Venezuela. Il governo americano, infatti, mal tollerava il governo di Castro, e decise di non attivare la dottrina Monroe, riservandosi l’intervento nella crisi solo nel caso in cui la schermaglia militare culminasse in una vera e propria occupazione europea del Venezuela. Gli statunitensi interverranno nella crisi solo nel 1902, conseguentemente ad alcuni scontri tra le marine militari di Germania e Venezuela, al fine di scongiurare un escalation indesiderata del conflitto, facendosi promotori di una soluzione diplomatica negoziata, che ribadì agli europei i principi della dottrina Monroe. Nel 1908, il governo di Castro entrerà in contrasto anche con l’Olanda, ritrovandosi a fare i conti con un nuovo blocco navale, che verrà revocato solo dopo successivamente ad una rivolta che porterà alla sua deposizione.

Durante questo turbolento periodo, l’anziano e malandato Castro, tra l’altro osteggiato dal governo statunitense, verrà sostituito alla presidenza dal suo vice Juan Vicente Gomez, la cui ascesa al potere verrà favorita proprio dal determinante supporto degli Stati Uniti, che lo aiuteranno nella risoluzione della contesa sorta con gli olandesi. Sempre su impulso americano, il nuovo governo di Gomez si riappacificherà con l’establishment venezuelano, permettendo il rimpatrio di Matos, successivamente nominato Ministro degli esteri. I buoni uffici diplomatici e finanziari di Matos contribuiranno alla normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti e l’Europa, favorendo l’afflusso di nuovi investimenti stranieri nel paese. Durante il governo di Gomez verranno rinvenuti i primi giacimenti petroliferi venezuelani nei pressi del Lago Maracaibo, da cui il governo riuscirà a trarre ingenti risorse con cui riuscirà a ripagare gli ingenti debiti contratti con i paesi europei, e con cui finanzierà l’implementazione di moltissime opere pubbliche, passando per la strutturazione di un vero e proprio esercito nazionale.

CONCLUSIONI

Così come i britannici colonizzarono il nord America, la Spagna colonizzò il sud America, schiavizzando le popolazioni indigene e saccheggiando le immense risorse locali. All’epoca, i territori venezuelani e colombiani facevano parte di un’unica realtà, quella del Regno di Nuova Granada. Il vicereame spagnolo farà le fortune della corona spagnola, ma la distanza di collegamento costringerà il governo di Madrid ad estendere progressivamente il grado di autonomia amministrativa della sua ricca colonia sudamericana. L’organizzazione di un territorio così vasto, lontano dalla madre patria, privo delle più basilari infrastrutture di collegamento, costringerà gli spagnoli a separare l’amministrazione dei territori venezuelani dal Regno di Nuova Granada, istituendo un apposito Capitanato militare. Il ridimensionamento della posizione europea del Regno di Spagna, allenterà la presa sulle colonie sudamericane, dove i coloni locali erano seriamente intenzionati a seguire l’esempio dei coloni nordamericani, attivandosi per il conseguimento dell’indipendenza. Nello specifico, l’indipendentismo venezuelano verrà animato da personalità ispaniche come Francisco del Miranda, legato ad ambienti massonici, gli stessi in cui è maturata la rivoluzione indipendentista americana. A De Miranda si deve l’ideazione del tricolore che tutt’oggi contraddistingue i vessilli nazionali di Colombia, Ecuador e Venezuela. Sarà proprio De Miranda ad organizzare la prima fallimentare insurrezione indipendentista contro le autorità fedeli alla corona spagnola.

Gli indipendentisti venezuelani riusciranno ad insidiare il dominio spagnolo grazie al discreto supporto fornito degli Stati Uniti. La fallimentare insurrezione promossa da De Miranda, sarà comunque sufficiente a scardinare la posizione di dominio spagnola, permettendo al fronte indipendentista di proclamare la prima repubblica venezuelana. Tuttavia, ben presto il fronte verrà indebolito dal dualismo sorto tra chi voleva continuare a riconoscersi nella corona spagnola, e chi invece voleva chiudere ogni rapporto con Madrid. La disputa tra realisti e repubblicani favorì così il ripristino dell’ordine monarchico sul Venezuela, peraltro fiaccato da un pesantissimo embargo spagnolo che indurrà De Miranda alla resa. Resa fortemente contestata come un tradimento da alcuni suoi alleati come Simon Bolivar, il quale, al dire il vero, non esiteranno a negoziare con gli spagnoli in cambio di un salvacondotto.
Ad ogni modo, nonostante il fallimento della prima repubblica, Bolivar, rifugiatosi nella vicina Nuova Granada, non rinuncerà all’ideale indipendentista, facendosi promotore di una nuova campagna militare. La risolutezza di Bolivar, lo indurrà a impostare una brutale condotta militare applicata ai civili anche solamente sospettati di collaborare con le autorità spagnole. La rigida condotta di Bolivar, verrà poi favorita dai fronti paralleli aperti dalle milizie guidati da Marino e Piar nell’est del paese. La spregiudicata strategia di Bolivar permetterà al fronte indipendentista di avere la meglio sugli spagnoli, spiazzati dopo l’occupazione napoleonica della madrepatria.

Sull’onda di questo successo militare, Bolivar riuscirà a convincere il fronte indipendentista venezuelano a convergere sul suo progetto di un grande stato colombiano unitario, che integrasse il Venezuela alla Nuova Granada (Colombia). Tuttavia, il progetto di Bolivar verrà sgretolato dal prepotente ritorno degli spagnoli, galvanizzati dalla fine dell’occupazione francese. Il ripristino del controllo spagnolo sulle colonie sudamericane, costringerà Bolivar a fuggire ancora una volta dal Venezuela, rifugiandosi in Giamaica, dove tenterà inutilmente di convincere i britannici a supportare una nuova insurrezione. Ad ogni modo, nonostante le difficoltà, Bolivar riuscirà ad ottenere il supporto necessario da Haiti, grazie al cui supporto riuscirà a sbarcare sulla costa venezuelana, prendendo il controllo della città di Angostura. Malgrado il successo della spedizione, la lotta per il potere dividerà nuovamente il fronte indipendentista, almeno fino a quando Bolivar non prenderà l’iniziativa, ordinando l’esecuzione di Piar, reo di ostacolare la sua leadership. Dopo questa sua mossa, Bolivar riuscirà ad imporre la sua leadership incontrastata sul fronte indipendentista, ricompattandolo al punto tale da mettere alle corde gli spagnoli. Bolivar riuscirà a vincere una battaglia dietro l’altra, convincendo la vicina Nuova Granada a convergere nel suo progetto di un unico grande stato colombiano indipendente.

Le prime fasi della “Grande Colombia” saranno caratterizzate dalla disputa tra federalisti e unionisti, mal gestita dal Vice-Presidente Santander, privo del carisma di Bolivar, impegnato ad ultimare la lotta di liberazione nei territori più a sud. L’incapacità politica di Santander rischierà di innescare la secessione del Venezuela controllato dalle milizie dell’influente Generale Pàez. Crisi che rientrerà solo dopo il provvidenziale ritorno di Bolivar a Bogotà, dove inizierà ad esercitare la carica di Presidente. La leadership di Bolivar sarà assimilabile a quella di George Washington, seppur gravata da alleati meno lungimiranti, dotati di una cultura politica decisamente inferiore. La scarsa lungimiranza politica degli avversari di Bolivar gli indurrà a strumentalizzare la questione costituzionale inerente il futuro assetto del grande stato colombiano, al fine di ridimensionarne l’indiscutibile leadership, che personalità critiche come Santander scambieranno per cesarismo. Le fazioni vicine a Santander arriveranno perfino ad organizzare un fallito attentato contro Bolivar, per poi ritrovarsi epurati dalla vita politica. Ad ogni modo, l’attentato, pur non riuscendo ad eliminare Bolivar, ne sgretolerà la fama, contribuendo ad alimentare le accuse di dispotismo ventilate dall’opposizione celata dietro la fazione federalista che alla fine riuscirà ad affossare il progetto di unione perorato da Bolivar.

Il trionfo dei federalisti, innescherà le spinte secessioniste sgretolando il sogno della Grande Colombia di un ormai malandato Bolivar, a cui non rimase altra scelta che dimettersi, pur raccomandando ai suoi successori la salvaguardia dell’unità faticosamente conquistata dopo anni di lotta contro gli spagnoli. Speranza delusa dagli egoismi politici dei vari caudillos che disgregheranno la Grande Colombia dando luogo agli odierni stati di Colombia, Ecuador e Venezuela, tutti governati con metodi autocratici non diversi da quelli contestati strumentalmente allo stesso Bolivar. Con il fallimento di Bolivar, il Sudamerica perderà l’occasione di conquistarsi quella posizione internazionale di primo livello che la classe dirigente statunitense riuscirà a conseguire, anche se al costo di una feroce guerra civile.
Nello specifico, il Venezuela si renderà indipendente sotto la leadership del Generale Pàez, forte del sostegno delle sue potenti milizie e dell’oligarchia creola locale. Il dominio di Pàez verrà scalzato solo conseguentemente al tradimento del suo delfino Josè Tadeo Monagas, abile nell’allearsi con il movimento liberale, che a una volta al potere si distinguerà per l’abolizione della pena capitale nel paese. Liberali e conservatori si contenderanno la guida del paese per tutta la seconda metà del 1800, facendo leva sulla potenza militare dei vari caudillos.

Josè Antonio Pàez Venezuela
( Josè Antonio Pàez il primo Presidente “Caudillo” del Venezuela )

Probabilmente, l’esperienza di governo più importante di questo controverso periodo sarà quella del Presidente liberale Guzman Blanco, favorito dalla proficua collaborazione instaurata con l’oligarchia venezuelana guidata dall’influente finanziere Manuel Antonio Matos. La fine dell’era Guzman Blanco ripristinerà le vecchie contese politiche, contrapponendo i suoi due delfini, Joaquin Crespo e Juan Pablo Rojas. Contesa che alla fine vedrà vincitore Crespo, a cui toccò affrontare la disputa con i britannici inerenti la sovranità sulla Guyana. Contesa che costringerà il debole governo venezuelano a chiedere l’intervento degli Stati Uniti, appellandosi alla dottrina Monroe. Durante l’era Crespo, il Venezuela si ritroverà a fare i conti con quella debolezza internazionale che a suo tempo Bolivar aveva cercato inutilmente di evitare, ritrovandosi a dipendere dagli Stati Uniti, che da quel momento inizieranno a considerare il Sud America come il loro cortile di casa. Dopo la disputa con i britannici, Crespo verrà deposto da una rivolta, culminata con l’instaurazione della dittatura del Generale Castro, personalità autoritaria, fortemente osteggiata dall’establishment venezuelano.

L’oligarchia venezuelana, infatti, si rifiuterà di finanziare la sua visione di paese, ingaggiando un contrasto con il governo, sotto la leadership del finanziere Matos. I media controllati dall’oligarchia fedele a Matos, riusciranno a screditare la posizione internazionale del presidente Castro, catalizzando l’afflusso di risorse finanziarie destinate ad organizzare un fallimentare colpo di stato. La solidarietà internazionale nei confronti del golpe di Matos, inciderà molto sulla scelta del presidente Castro di non ripagare i debiti contratti con alcuni importanti paesi europei, considerati come sponsor dei suoi avversari politici. Castro, come il suo predecessore Crespo, on si curerà della risposta europea, confidando ancora una volta sulla dottrina Monroe statunitense. E infatti, al netto di alcune schermaglie con le marine europee, il Venezuela non si ritroverà minacciato seriamente dai suoi potenti creditori d’oltreoceano. Ad ogni modo, l’anziano presidente Castro verrà accantonato dal suo Vice Gomez, sostenuto dal governo americano, con cui collaborerà sia alla risoluzione della contesa finanziaria ingaggiata con gli europei, che nella risoluzione della crisi politica interna, favorendo il rimpatrio di Matos, e la riconciliazione tra il governo e l’oligarchia venezuelana. Riconciliazione che favorirà il ricompattamento del paese, ed il consolidamento delle relazioni commerciali con Stati Uniti ed Europa.

PS:

Il prossimo articolo che dedicheremo alla conoscenza della realtà venezuelana più contemporanea, partirà da questo punto, ovvero dal governo Gomez, ripercorrendo gli eventi che hanno portato all’intricata situazione odierna.